6. Quantum
Sufficit
By Xavier
Meno
uno, niente male. Vedo l'idrotenente Alan venir portato dentro,
ammanettato, nell'altra ala del carcere, ben lontano da Ivan che,
gridando disperato il suo nome, si avvinghia alle sbarre della sua
stanza come fosse un vero e proprio Octillery, le scuote con una tale
forza da riuscir quasi a scardinarle, ma ecco che, sfinito da tutto
quel furore, ci rinuncia e scivola sulle ginocchia, ansimando dalla
prostrazione, e poi accorre Maxie a consolarlo, lo stesso Maxie che
in questo momento mi lancia sguardi omicidi, che non mi intimidiscono
per nulla; mi fanno così pena quei due! Mi ricordano
esattamente due
piccole cavie chiuse in gabbia, esauste dopo molteplici test ed
esperimenti alle loro spalle, che tentano in tutti i modi di aprirsi
un varco tra le inferriate, coi denti, con le unghie, con la
violenza…. inutilmente. Ma non sanno che ancora il peggio
deve
arrivare, che non vi è modo di uscirne vivi e illesi dalle
grinfie
di uno scienziato dedito solo e soltanto al proprio lavoro, che non
dà ascolto a nient'altro che non sia la propria ragione o il
proprio
scopo. Ebbene, da quando sono stato catturato anche io, assieme al
mio ex capo, non faccio altro che collaborare con le
autorità per
ricevere uno sconto di pena e tornare al più presto in
libertà. Ad
insaputa di Ghecis, ho confessato loro ogni covo del team Plasma e a
quest'ora tutti i seguaci saranno già stati braccati e
presi. Vorrei
tanto vedere la faccia di Ghecis, quando lo scoprirà! Non
solo, sono
anche riuscito ad ammaliare quel rozzo marinaio di Ivan con le mie
belle parole e i miei gesti raffinati, è stato facilissimo,
che
persona scostumata e disgustosa, per delle piccole e frivole
attenzioni di "un uomo galante e soave" come usava
definirmi, ricorrendo ai più remoti meandri del suo
dizionario, ha
spifferato informazioni segretissime e importanti, come il
nascondiglio del suo sottoposto; l'altra, Ada, è riuscita a
mettersi
in salvo appena in tempo. Mi è stato richiesto dal direttore
di
trovare informazioni anche sui rimanenti del team Magma, ho usato la
stessa tecnica con Maxie ma non ha funzionato. Quell'ometto non pecca
in astuzia certamente, ma il motivo della sua diffidenza risiede nel
muro di rivalità che ha innalzato tra noi due. Evidentemente
non
sopporta la concorrenza di un nuovo "studioso sapientone"
accanto, o ancora, molto più probabilmente, mi odia per il
fatto che
dal mio primo giorno Ivan non fa altro che venirmi dietro come un
depravato, oh la gelosia, che sentimento sciocco e futile!
«Acromio!
Dannazione! Sei diventato sordo? Acromio della malora!».
Ah, quel vecchiaccio vuole qualcosa di nuovo, non posso
rilassarmi un momento. Mi volto verso di lui, poggiando la schiena
alle sbarre: «Ghecis?
Dimmi pure, ti stavo ascoltando, mentre contemplavo quel quadretto
patetico composto dai cattivoni di Hoenn…».
«Non
mi interessa! Vieni subito qua, non riesco ad alzarmi, e una
bastonata in testa non te la leva nessuno! Che sia la volta buona che
tu ti morda quella lingua biforcuta!»
cerco di non ridere, è troppo ridicolo quando sbraita, preda
degli
acciacchi della vecchiaia.
«Ghecis,
se mi dici così io non mi avvicino. Le cose vanno chieste
con una
certa gentilezza, non sono il tuo valletto».
Digrigna i denti nervosamente e prova a calmarsi con un sospiro,
una calma forzata e artificiosa, e mi rivolge nuovamente la parola:
«Acromio,
dammi una mano a tirarmi su. Mi duole il femore, quest'oggi».
Inizia a farmi seriamente pena anche lui adesso, e ancora non sa la
bella sorpresina che gli ho preparato.
«Andiamo
Ghecis, afferra la mia mano e tirati su».
Lo aiuto a mettersi in piedi, nonostante la sua stazza non
indifferente che raggiunge i due metri in altezza, e per motivi di
sicurezza, rimango con lui mentre il resto degli altri detenuti va a
fare colazione. Io mangerò dopo, e sceglierò
personalmente cosa
mangiare, una delle tante piccole comodità che spettano a
chi
collabora con la giustizia! Attendo pazientemente e finalmente le
nostre guardie personali vengono a prelevarci. Le saluto
cordialmente, solo per far arrabbiare Ghecis che continua a
comportarsi in modo ostile verso tutti.
«Ma
buongiorno! Mi auguro siano rimaste uova e pancetta questa mattina,
sarebbero l'unica cosa capace di mettermi in moto stamani»
«Scienziato,
ti stai prendendo troppe libertà, ti ricordiamo che sei pur
sempre
un detenuto accusato di crimini contro i Pokémon. Abbassa le
tue
aspettative».
Sospiro
e mi becco anche uno scappellotto da Ghecis, mi massaggio il capo e
taccio, il vecchio non deve sapere del traffico di informazioni. A
sua insaputa veniamo portati direttamente in sala operatoria, senza
passare dall'infermeria com'era solito avvenire. Leggo il
disorientamento nei suoi occhi.
«Acromio,
perché siamo qui? Non erano questi i patti! Che significa
tutto
ciò?». «Visita
di routine, avanti non fare così, mettiti sul lettino e
attendi
pazientemente che i dottori…».
«Figlio
di un raticate! Oggi ti squarto!»
è pronto a prendermi a bastonate, peccato che sia troppo
lento e che
intanto sia stato bloccato da ben cinque infermieri che tentano in
tutti i modi di tenerlo a letto. Non l'ha presa bene il vecchiaccio,
no no!
Me la svigno rapidamente e mi faccio scortare dal
direttore, mi siedo alla scrivania di fronte a lui e lo ascolto,
mentre consumo la mia deliziosa colazione al bacon. Non mi metto mai
all'opera, se prima non mi danno il mio carburante.
«Scienziato,
innanzitutto ti ringraziamo per la collaborazione, siamo già
riusciti a stanare i restanti del team Plasma e un tenente degli
Idro. Di questo passo, potresti addirittura meritarti gli arresti
domiciliari».
«Arresti
domiciliari? Interessante. Ma non ho una residenza tutta mia, dove mi
stiperete?».
«Spiraria.
Avrai una residenza tutta tua, ma sarai costantemente sorvegliato e
non potrai allontanarti dal raggio di un chilometro».
«Interessante,
ma non basta. Io voglio un laboratorio fornito delle più
sofisticate
attrezzature, dove poter continuare le mie ricerche..»
«Avrai
anche quello».
Rispondo
con un ampio sorriso e mi scintillano gli occhi a quella frase!
Finalmente potrò lavorare per me senza dar conto a nessuno,
pagato e
mantenuto, dedicarmi alla scienza per tutta la vita, non potrei
chiedere di più. «D'accordo
direttore, sono a sua totale disposizione. Qual è il mio
prossimo
compito?».
«Cyrus.
Devi riuscire a scoprire che fine ha fatto il team Galassia,
innanzitutto. Questo non basta però, lui è
l'unico umano ad esser
sopravvissuto al Mondo Distorto e vogliamo saperne qualcosa a
riguardo. Pensi di esserne all'altezza, scienziato?»
mi
porge scartoffie e documenti riguardanti quell'uomo, mi metto a
leggere il tutto con attenzione, so ben poco di Cyrus, ma scopro cose
alquanto allettanti su di lui. Mi sta già simpatico, per il
solo
fatto che dicono sia privo di emozioni ma colmo di risorse ed
intelligentissimo.
Sarà
un piacere farlo cantare. Restituisco piatto e posate e mi alzo, sono
proprio curioso di vedere come se la sta passando il mio vecchio.
Varco la soglia della sala operatoria: sono da poco riusciti a sedare
quel bestione, accanto a lui vi sono ben tre anestesisti pronti ad
agire in caso di risveglio improvviso, un infermiere che gli tiene
bloccate entrambe le gambe ed infine altri quattro chirurghi che si
stanno occupando dell'operazione vera e propria. Indosso anche io uno
di quei camici bianchi sopra alla divisa da carcerato e mi avvicino
cautamente alla scena. Anche a me, durante degli esperimenti mal
riusciti, capitava di dover amputare uno o più arti alle mie
cavie,
ma non sono mai sopravvissute all'intervento. Solo adesso ne capisco
il motivo! I chirurghi hanno innanzitutto bloccato la circolazione
sanguigna del braccio di Ghecis, passaggio che ho sempre sorvolato.
Ah, ad averlo saputo mi sarei risparmiato ore ed ore di pulizia dei
residui delle emorragie fatali di quei Pokémon ormai
inutili. Ecco,
adesso stanno procedendo al taglio vero e proprio a metà
dell'omero,
sarebbe un vero peccato se… uhm! Scaffali ricolmi di
siringhe e
flaconi di ogni tipo. Approfitto della loro distrazione e ne
rubacchio qualcuno che finisce dritto nelle mie tasche, insieme a un
bel bisturi.
«Posso
tenermi il camice, non è vero? Mi fa sentire più
sicuro..».
«Fa'
che vuoi, ma adesso esci di qui, non vedi che siamo occupati?».
«Oh,
perdonate l'intrusione allora».
Me ne esco dalla stanza e intanto noto con piacere che il
trasferimento di cella è avvenuto: ora non sarò
più con Ghecis,
bensì con il comandante del team Galassia, per facilitarmi
l'interrogatorio ma soprattutto per evitare la furia iraconda del
vecchiaccio dopo questa sgradita "sorpresina". Era certo di
poter recuperare la funzionalità del braccio tornando di
nuovo da
Kyurem, ma io ho convinto i medici che si trattasse di gangrena da
curare il prima possibile e che quello che confabulava Ghecis era
frutto della sua immaginazione e della vecchiaia.
Con puntualità
impeccabile, mentre tutto il resto dei detenuti è ancora
fuori a
godersi l'oretta d'aria, Cyrus viene ricondotto in camera come avevo
richiesto, onde evitare di render pubblico il mio operato. Eccolo
lì,
con la sua altezza imponente, spalle larghe e solide, fisico snello
ma incredibilmente robusto, che presenta qualche accenno di
affievolimento dovuto forse alla scarsezza di cibo che vige qui, e
ciò mi lascia immaginare a quanto dovesse esser stato
maestoso
costui prima di finire dietro le sbarre! Ma ciò che
più mi colpisce
è il suo sguardo incredibilmente gelido che schizza per un
istante
su di me, mi scruta, mi contempla, mi analizza… e dopo aver
raccolto informazioni nel giro di un secondo si abbassa e viene
appena appena velato da un battito di palpebre, e così
rimane,
semichiuso, mentre placido egli si accomoda sul letto, accanto a me,
e fissa il pavimento senza apparente motivazione. Ha le mani legate
con una fune dietro la schiena, e questo non va bene! Avevo detto di
lasciarlo libero, perché non mi danno ascolto? Non esito a
sciogliergli il nodo e liberargli i polsi, segnati da escoriazioni
cutanee, mentre noto che per un brevissimo istante la sue pupille si
erano rivolte a me, segno evidente che diffida, di me.
«Un
uomo così alto e forte che fa il timido con questo misero
quattrocchi? Su, non aver timore e guardami in faccia, se proprio
devi. Non fai altro che spararmi occhiatine fugaci da quando sei
entrato!».
Mi alzo dal suo letto e inizio a camminargli davanti, su e
giù,
guardando per terra in modo da lasciarlo libero di studiarmi senza
che si senta in soggezione. Non accenna ad aprir bocca, mi
toccherà
nuovamente rompere il ghiaccio. «Oh,
perdonami, sono stato molto scortese a non presentarmi. Dunque, io
sono Acromio, mente geniale dell'ormai sciolto team Plasma. Sono uno
scienziato anche io, non penserai forse che questo camice ce l'abbia
per bellezza? Anche!»
sfoggio un sorriso per smorzare la tensione, un sorriso che lascia il
tempo che trova. «Sei
più laconico di quanto pensassi. Vuoi che sia io per primo a
parlare, e ti dirò subito che nutro profonda stima per te!
La storia
delle tue eroiche gesta è giunta anche ad Unima, addirittura
il
grande Ghecis ti teme! Sai che onore e che fama? Adesso devi dirmi
come hai fatto a costruire la rossocatena,
forse non uscirò mai fuori di qui, non avrò mai
la possibilità di
farne una tutta per me, ma ti sarei infinitamente grato se mi
svelassi il procedimento».
A quel punto mi blocco esattamente di fronte a lui e mi chino,
alzandogli il mento con un dito per metterlo faccia a faccia con me.
Ci ammiriamo intensamente per un tempo indeterminato, troppo
concentrati l'uno nel carpire le intenzioni dell'altro, due, tre,
quattro battiti di ciglia, Cyrus rimane impassibile, inizio
seriamente a sospettare che abbia, come dicono, qualche problema
psicologico dovuto al trauma. No! Non può essere
così, sta solo
recitando, esperto com'è a nascondere ogni tipo di emozione.
Mi
sento quasi a disagio in questa situazione, sotto scacco, non
otterrò
nulla se continuerà a fingere, e continuerà a
farlo! Sono disposto
a tutto pur di raggiungere i miei obiettivi, e questo caso non
rappresenta per alcun motivo un'eccezione alla regola. Lo afferro con
una certa determinazione per la mandibola e mi avvicino ancor di
più
a lui, prima piano, poi con uno scatto rapido e impercettibile
finalmente le nostre labbra s'intersecano in una sorta di violento
bacio, le mie palpebre automaticamente si serrano. L'azione
è
celere, percepisco appena la bocca di Cyrus schiudersi in un sussulto
e allontanarsi di qualche millimetro dalla mia, sento il suo fiato
spezzarsi sul mio e i suoi occhi puntati su di me. Questo non mi
basta, la mia mano sulla sua mascella è ancora ben salda, lo
avvicino per la seconda volta senza che lui opponga resistenza,
scosso com'è dal mio comportamento, e trovo le sue labbra
ancora
semiaperte ad accogliere le mie. Sta ansimando, la sua lingua tremola
e indietreggia per evitare il contatto con la mia. Mi va bene
così.
Lo mollo immediatamente tornando in posizione eretta e lui riprende a
respirare rumorosamente, lasciando piombare la testa verso il basso
per non farsi vedere in quella condizione. Ritorno seduto accanto a
lui e scorgo sulle sue gote e sui suoi zigomi un lieve rossore in
contrasto alla sua candida pelle, chiara conseguenza di un certo
imbarazzo. Sono soddisfatto al 50%, questo azzardo mi era necessario
per capire se effettivamente fosse privo di emozioni e coscienza, in
modo da evitare un interrogatorio che sarebbe terminato con un buco
nell'acqua. Non gli dò neanche il tempo di realizzare il
tutto e
riprendersi, che la mia mano gelida scorre lungo il suo collo,
traccia il contorno dello sternocleidomastoideo fino a raggiungere il
punto esatto in cui si sente pulsare l'arteria (eccome se pulsa!) ed
infine con l'altra gli conficco l'ago della siringa, iniettandogli
una buona dose di lorazepam rubato in precedenza che lo
terrà
tranquillo e quieto per un bel po'. Lorazepam!
Che sedativo eccezionale. Veloce e duraturo, una sola boccetta
calmerebbe anche un Bouffalant infuriato. Ecco che la mano incerta di
Cyrus si allunga fremendo verso la puntura, gliela afferro
accarezzandone il dorso col pollice e la rimetto come prima, posata
sulla sua coscia. «Non
è niente, non ti ho avvelenato. Ti ho solo somministrato un
calmante, voglio assicurarmi che tu non sia arrabbiato con me e non
voglia vendicarti. Certo che no! Perché mai? Non dirmi che
era il
tuo primo bacio quello..!».
La sua respirazione torna normale, poggia i gomiti alle ginocchia e
si regge la testa, segno dell'effetto imminente del farmaco. «Chi
tace annuisce. Il mio sarà il primo e l'ultimo bacio che
ricevi, se
adesso non collabori. Non penserai certo che ti abbia sedato per
farti dormire, hm?».
Scuote il capo indolenzito e poggia una mano sul bordo del letto,
quindi con le buone lo faccio accomodare sul giaciglio, gli afferro
le caviglie e gli distendo anche le gambe sul materasso, la
comodità
è tutto. «Adesso
va meglio, vero? Vedi di non lasciarti cadere tra le braccia di
Morfeo, o sarò costretto a destarti bruscamente. Fatta
questa
premessa, adesso risponderai a tutte le mie domande. Dovresti ben
sapere che la curiosità per uno scienziato è
tutto, quindi non hai
speranza di sfuggirmi. Primo quesito! Come hai costruito la
Rossocatena?».
Mi allontano da lui e vado a controllare l'orario, ho ancora 55
minuti prima del ritorno degli altri detenuti. «Allora?
Hai avuto parecchio per pensare, esigo una risposta».
Poggio le mani sullo schienale del lettino e lo fisso, mentre si
copre la visuale con un polso, infastidito dalla luce. «Cyrus,
non è il momento di dormire. Se collaborerai ti
lascerò in pace, mi
sembrano chiari i patti».
Che abbia abbondato con la dose? Improbabile, il suo corpo dovrebbe
essere in grado di reggere, ma non si sa mai. Faccio il giro e salgo
sul materasso, sprofondando seduto a cavalcioni sul suo ventre,
facendolo trasalire di colpo.
«Oggi
ho proprio la testa tra le nuvole! Ho dimenticato di dirti una cosa
importantissima. Ascolta, ho fatto occasionalmente disattivare la
telecamera della tua stanza, quindi per ancora 50 minuti potrai
comportarti normalmente senza che nessuno si accorga di te. Avanti,
è
la tua occasione! Là fuori pensano tutti che tu sia
psicopatico, non
sarò certo io a rovinarti la reputazione».
Si stropiccia gli occhi, ormai appannati da un sonno incombente,
arrossati e lacrimanti e tenta con le forzute mani di spodestarmi
dalla mia posizione, ma non mi ci vuole nulla a bloccargli i polsi
per rimetterlo in riga, indebolito com'è. Ma forse ha
ragione, sono
seduto sul suo stomaco e ciò gli dà fastidio.
Scivolo un po' più
dietro e, stufo di attendere, estraggo dalla tasca del mio camice
l'affilatissimo bisturi della sala operatoria, puntandoglielo
esattamente sullo sterno. «Sai,
il fatto che non ci sia sorveglianza è un'arma a doppio
taglio. Non
vedono te, ma neppure me, e quindi sono libero di agire coi metodi
meno ortodossi. Non ti metterai a gridare, certamente, non è
da te.»
Contrae gli addominali, forse tenta di alzarsi, ma si trova stretto
nella morsa delle mie gambe e abbandona l'idea di sollevarsi. «Lascia
stare la Rossocatena,
parliamo di qualcosa di più importante. Ah, e guai a te se
provi a
temporeggiare!»
per fargli capire che faccio sul serio, infilzo la lametta sotto il
pettorale sinistro, tracciandone tutto l'arco di contorno, lasciando
che un piccolo rivolo di sangue prenda a sgorgare. «Ora
quello che ha fretta non sono più io, ma sei tu. E se muori,
dico
che ti sei suicidato e mi crederanno. Non se ne fanno nulla del tuo
corpo, non hai parenti, non hai amici, nessuno verrà a
reclamare la
salma o a sporgere denuncia verso la struttura. Hm? Ora che ci penso,
solo soletto non sei. Gli altri comandanti del Team Galassia? Loro
dove sono, adesso?».
Lascio il bisturi conficcato nella sua carne e osservo il suo viso
contrarsi in uno sbuffo di sofferenza. Potrà anche essere
immune
alle emozioni, ma non al dolore fisico. «Cyrus
allora? Non vorrai porre fine alla tua splendida esistenza qui e
oggi! Voglio sapere che fine hanno fatto i tuoi colleghi, m'interessa
e forse so come contattarli. A loro certamente importerà di
te,
farebbero di tutto per venirti a prendere».
Attendo
ed estraggo la lama, un piccolo fiotto di sangue m'insozza la divisa,
incrocio le braccia al petto e aspetto. Non pare importargliene molto
del suo futuro, tanto meno dei suoi collaboratori, devo far leva su
qualcos'altro. «Sai,
ho iniziato la mia carriera di scienziato come biologo. Avevo
scoperto questa mia passione vivisezionando piccoli e docili
Pokémon
nel mio laboratorio improvvisato nel garage di casa. Non disponevo di
sedativi chimici, quindi mi limitavo a inchiodare i loro arti ad un
pannello ligneo. Pensavo, oggi potrei improvvisamente appassionarmi
all'anatomia umana! Non ho mai riservato lo stesso trattamento ad un
umano, ti andrebbe di essere il primo?»
sfoggio un sorriso tra i più maliziosi e freddi, ma non noto
nessuna
reazione in lui. Stiamo perdendo troppo tempo, con un veloce fendente
gli procuro una lacerazione diagonale lungo tutta la palpebra e parte
dello zigomo, destando di nuovo la sua attenzione. «Con
te non sarebbe divertente una cosa simile, non emetteresti un singolo
gemito. O forse mi sbaglio? Le urla di dolore sono musica per le mie
orecchie!».
Faccio
roteare davanti ai suoi occhi il coltellino, le sue pupille
spalancate seguono ogni mio movimento con evidente terrore,
è
prossimo a confessare?
Invano
muove confusamente la mano sinistra per togliersi l'arnese davanti,
ma la mia è più veloce e ne approfitto per
infliggergli altri
taglietti sul viso e sulle mani. Adesso basta giocare, glielo punto
esattamente sulla trachea lasciando scivolare il gelido fil di lama
sul pomo d'Adamo, senza infierire, quanto basta per tenerlo in
guardia. «Perché
ti opponi in questa maniera? Disprezzi davvero la tua vita? Genitori
assenti, infanzia difficile, forse anche abusi in famiglia…
è quel
che dicono, è per questo che sei così? Avanti
parla!»
sono incerto che la tortura psicologica funzioni con un soggetto
simile, ma tentare non mi costa nulla, il tempo stringe e non ho
ancora ottenuto niente di tutte le cose che voglio sapere. «Forse
si sbagliano. Forse la caduta nel Mondo Distorto ti ha rimbambito,
penserei davvero che tu sia un rimbambito se solo non ci fosse quella
perfetta architettura di specchi sull'architrave che da qui riesco a
vedere. Ingegnoso, davvero ingegnoso. Tranquillo, non dirò
nulla di
tutto questo, nessuno sa niente. Piuttosto, adesso hai risvegliato
un'altra mia curiosità. Com'è il Mondo Distorto?
Cosa c'è laggiù?
Buio? Antimateria? Assenza di tempo?».
Scosto
il bisturi e lo passo, leggermente premuto, lungo tutti i suoi
pettorali marmorei, gli addominali, i fianchi e il costato,
tracciando circonferenze e linee che ben presto si vivificano di
rosso scarlatto e, ordinate e lente, si riversano cremisi sulla sua
pelle eburnea, irrorando ogni solco, ogni fessura, ogni incavo,
mischiandosi le une nelle altre, ribollendo di fredda
vitalità e
terminando il corso in tante piccole cascate che si riversano sul
candido lenzuolo. L'uomo inizia a tremare sotto di me, ma non si
agita per evitare che il battito cardiaco aumenti e perda
più
sangue. Mancano
solo 10 minuti al ritorno degli altri, non posso lasciare le cose
così.
«E
va bene Cyrus, sei stato più bravo di me. Non sono riuscito
ad
estorcerti niente, neppure coi mezzi più illeciti. Questo
è un vero
peccato collega, sai perché? I superiori hanno detto che
vogliono
disfarsi di te, che tu non servi in queste condizioni. Sei solo un
peso inutile e le spese per uno psichiatra costerebbero troppo e
sarebbero di esito incerto. Era la tua ultima chance quella di
collaborare con me, oggi stesso decideranno quando e come condannarti
a morte. Se nel frattempo non muori dissanguato, ovviamente. Ma
dovresti resistere, non ti ho reciso alcuna vena».
Sfogo tutta la mia frustrazione per non esser riuscito nella mia
missione con una sguaiata risata di sadismo, fissandolo trucemente da
dietro le lenti dei miei occhiali: «Speravi
di poter scappare, vero? Carino il tuo piano, ammiro la tua
atarassia, ma non sempre la pazienza è la virtù
dei forti. Ci
rivedremo all'inferno!».
Non mi era mai successo che qualcuno rimanesse zitto sotto le mie
torture, ottengo sempre quello che voglio e proprio per questo sono
uno scienziato ricercatissimo, l'idea che una cavia non abbia ceduto
mi sconforta parecchio, sebbene Cyrus non sia una cavia qualunque.
Con entrambe le mani gli serro la gola in una morsa e inizio a
stringere… Stringo, stringo, premo i miei polpastrelli sui
suoi
nervi, tendini e muscoli, mentre le mie gambe gli immobilizzano il
busto e le braccia distese lungo esso. Spalanca finalmente le
palpebre in un'espressione terribile, glaciale, non più
apatica e
vacua come prima, riesco quasi a percepire i suoi pensieri attraverso
quelle iridi così squisitamente cerulee e delicate da
farmici
perdere! Basterebbe fermarsi un attimo a contemplarlo per venire
irrimediabilmente affascinati dall'aura di imponenza e
solennità che
emana, che sia questo il segreto di tanta adesione al Team Galassia?
In questo momento uno dei suoi occhi è rigato dalla sferzata
di
prima e la sclera s'è tinta di porpora, fiammeggia, rendendo
maledettamente più viva e concreta tutta l'ira e la vendetta
che sta
covando dentro nei miei confronti. Vorrebbe, gli piacerebbe potermi
uccidere, e l'idea che non possa farlo mi aggrada come poche cose in
questo mondo. Inizia a non ricevere abbastanza ossigeno, il suo
fisico freme e finalmente apre anche quelle belle labbra sottili e
armoniose alla ricerca di più aria. Ansima, singhiozza,
soffoca
gemiti nel profondo della trachea che adesso riesco quasi a sentire
sotto la mia pelle, attendo che stia quasi per perdere i sensi e
allento la presa, piano, gradualmente, dandogli appena il tempo di
calmarsi e, a quel punto, alla sua prima distrazione, mi precipito
sulle sue irresistibili labbra, assaporandole con avidità e
malizia
quasi fossero di mia proprietà. La sua fiacchezza gli
impedisce di
reagire e l'occasione fa l'uomo ladro, non mi accontento e
m'impossesso anche della sua bocca ammaliante dal piacevole sapore di
cacao, dei lembi, delle guance, degli zigomi irsuti e appuntiti,
della fronte e delle palpebre, che lambisco bramosamente togliendo
via ogni goccia del suo prezioso sangue dal sapore divinamente
metallico.
Negligo
momentaneamente lo scorrere del tempo, percependo un altro tipo di
scorrere, quello delle mani di Cyrus sui miei fianchi, un tocco
spasmodico, confuso, palpitante, ma estremamente piacevole e
delicato. Lo lascerei fare per tutto il raggio di durata del
Lorazepam, ma la campanella che indica il termine dell'ora d'aria
è
appena squillata e, anzi, sono anche in un certo ritardo. Balzo
giù
dall'uomo e mi prendo la briga di coprirlo fin sopra la testa con il
lenzuolo, per permettergli di dormire e soprattutto di non esser
visto dagli altri, e con "altri" intendo specialmente
Maxie. Cyrus è la MIA cavia e solo io posso occuparmi di
lui. Mi
appendo alle sbarre e richiamo l'attenzione di una guardia, dalla
quale mi faccio scortare nella camera del direttore per fare
rapporto.
«Sono
immensamente desolato dell'insuccesso. Temo di necessitare di qualche
giorno in più per ottenere qualche risultato».
«Ancora
niente? Hai avuto un'ora abbondante. Dunque sentiamo, sei riuscito
almeno a farlo parlare, anche solo una parola?».
Digrigno
i denti quasi a sorridere, in realtà non sto facendo altro
che
celare la mia frustrazione: «Nessuna
parola. Ma gli occhi, i suoi occhi, comunicano più di mille
parole.
Comunicano la pazzia latente che lo divora, giorno dopo giorno, la
totale assenza di ogni sentimento umano, l'atarassia da ogni
emozione. Cyrus è un corpo senz'anima, direttore, le chiedo
una
cortesia. Qualora riuscissi a dimostrarle che è incapace di
intendere e di volere, lei me lo lascerebbe per alcuni…
esperimenti?».
«Cosa?
Che genere di esperimenti? Sai che va contro i diritti umani fare
questo genere di cose, non posso concederti un permesso simile».
«Niente
di crudele o disumano, direttore. Dai documenti risulta che
dall'arrivo di Cyrus in questa struttura mai nessuno si è
recato a
fargli visita. Deduco che non abbia famigliari, ergo nessuno
verrà a
sapere niente e la reputazione del carcere rimarrà al
sicuro.
Allora, me lo concede?»
lo fisso intensamente con fare docile e mite, sperando in un consenso
che ben presto arriva. Mi alzo trionfante dalla scrivania e seguo una
sentinella che mi conduce in una stanza sotterranea del carcere: una
sala enorme, illuminata da potentissimi neon pensili, pavimento
lucidissimo e riflettente, file e file di scaffali metallici
contenenti miriadi di strumenti interessanti e altrettanti tavoli da
autopsia con tutte le attrezzature necessarie. Sarà qui, il
luogo
del prossimo "colloquio". Mi precipito, con la gioia di un
bambino, verso un microscopio elettronico di nuovissima generazione,
capace di ingrandire di sei milione di volte un minuscolo frammento
in osservazione. Mi trovo talmente a mio agio che rimarrò
qui fino
al termine della giornata.