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Autore: KomadoriZ71    17/03/2015    6 recensioni
[ Fan Fiction ~ Giovanni, Ivan, Max, Cyrus, Ghecis & Acromio ]
"Sono passati anni da quando i Leader dei vari Team hanno provato a mettere in ginocchio le regioni dei Pokémon ma, a causa di ragazzini spuntati fuori da chissà dove, ognuno di loro ha visto ogni progetto andare in fumo.
Ma che fine hanno fatto, ora che la pace sembra essere tornata?
Semplice: sono stati arrestati e ora si ritrovano limitati dentro un carcere di altissima sicurezza, il quale è stato costruito sopra a un isolotto posto in punto sperduto del mare.
Cosa mai succederà all'interno delle minuscole celle?"
Genere: Angst, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Cyrus, Ghecis, Giovanni
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
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6. Quantum Sufficit
6. Quantum Sufficit
By Xavier

dannatoacromio


Meno uno, niente male. Vedo l'idrotenente Alan venir portato dentro, ammanettato, nell'altra ala del carcere, ben lontano da Ivan che, gridando disperato il suo nome, si avvinghia alle sbarre della sua stanza come fosse un vero e proprio Octillery, le scuote con una tale forza da riuscir quasi a scardinarle, ma ecco che, sfinito da tutto quel furore, ci rinuncia e scivola sulle ginocchia, ansimando dalla prostrazione, e poi accorre Maxie a consolarlo, lo stesso Maxie che in questo momento mi lancia sguardi omicidi, che non mi intimidiscono per nulla; mi fanno così pena quei due! Mi ricordano esattamente due piccole cavie chiuse in gabbia, esauste dopo molteplici test ed esperimenti alle loro spalle, che tentano in tutti i modi di aprirsi un varco tra le inferriate, coi denti, con le unghie, con la violenza…. inutilmente. Ma non sanno che ancora il peggio deve arrivare, che non vi è modo di uscirne vivi e illesi dalle grinfie di uno scienziato dedito solo e soltanto al proprio lavoro, che non dà ascolto a nient'altro che non sia la propria ragione o il proprio scopo. Ebbene, da quando sono stato catturato anche io, assieme al mio ex capo, non faccio altro che collaborare con le autorità per ricevere uno sconto di pena e tornare al più presto in libertà. Ad insaputa di Ghecis, ho confessato loro ogni covo del team Plasma e a quest'ora tutti i seguaci saranno già stati braccati e presi. Vorrei tanto vedere la faccia di Ghecis, quando lo scoprirà! Non solo, sono anche riuscito ad ammaliare quel rozzo marinaio di Ivan con le mie belle parole e i miei gesti raffinati, è stato facilissimo, che persona scostumata e disgustosa, per delle piccole e frivole attenzioni di "un uomo galante e soave" come usava definirmi, ricorrendo ai più remoti meandri del suo dizionario, ha spifferato informazioni segretissime e importanti, come il nascondiglio del suo sottoposto; l'altra, Ada, è riuscita a mettersi in salvo appena in tempo. Mi è stato richiesto dal direttore di trovare informazioni anche sui rimanenti del team Magma, ho usato la stessa tecnica con Maxie ma non ha funzionato. Quell'ometto non pecca in astuzia certamente, ma il motivo della sua diffidenza risiede nel muro di rivalità che ha innalzato tra noi due. Evidentemente non sopporta la concorrenza di un nuovo "studioso sapientone" accanto, o ancora, molto più probabilmente, mi odia per il fatto che dal mio primo giorno Ivan non fa altro che venirmi dietro come un depravato, oh la gelosia, che sentimento sciocco e futile!

«Acromio! Dannazione! Sei diventato sordo? Acromio della malora!».
Ah, quel vecchiaccio vuole qualcosa di nuovo, non posso rilassarmi un momento. Mi volto verso di lui, poggiando la schiena alle sbarre:
«Ghecis? Dimmi pure, ti stavo ascoltando, mentre contemplavo quel quadretto patetico composto dai cattivoni di Hoenn…».
«Non mi interessa! Vieni subito qua, non riesco ad alzarmi, e una bastonata in testa non te la leva nessuno! Che sia la volta buona che tu ti morda quella lingua biforcuta!» cerco di non ridere, è troppo ridicolo quando sbraita, preda degli acciacchi della vecchiaia.
«Ghecis, se mi dici così io non mi avvicino. Le cose vanno chieste con una certa gentilezza, non sono il tuo valletto».
Digrigna i denti nervosamente e prova a calmarsi con un sospiro, una calma forzata e artificiosa, e mi rivolge nuovamente la parola:
«Acromio, dammi una mano a tirarmi su. Mi duole il femore, quest'oggi». Inizia a farmi seriamente pena anche lui adesso, e ancora non sa la bella sorpresina che gli ho preparato.
«Andiamo Ghecis, afferra la mia mano e tirati su». Lo aiuto a mettersi in piedi, nonostante la sua stazza non indifferente che raggiunge i due metri in altezza, e per motivi di sicurezza, rimango con lui mentre il resto degli altri detenuti va a fare colazione. Io mangerò dopo, e sceglierò personalmente cosa mangiare, una delle tante piccole comodità che spettano a chi collabora con la giustizia! Attendo pazientemente e finalmente le nostre guardie personali vengono a prelevarci. Le saluto cordialmente, solo per far arrabbiare Ghecis che continua a comportarsi in modo ostile verso tutti.
«Ma buongiorno! Mi auguro siano rimaste uova e pancetta questa mattina, sarebbero l'unica cosa capace di mettermi in moto stamani»
«Scienziato, ti stai prendendo troppe libertà, ti ricordiamo che sei pur sempre un detenuto accusato di crimini contro i Pokémon. Abbassa le tue aspettative».
Sospiro e mi becco anche uno scappellotto da Ghecis, mi massaggio il capo e taccio, il vecchio non deve sapere del traffico di informazioni. A sua insaputa veniamo portati direttamente in sala operatoria, senza passare dall'infermeria com'era solito avvenire. Leggo il disorientamento nei suoi occhi.
«Acromio, perché siamo qui? Non erano questi i patti! Che significa tutto ciò?». «Visita di routine, avanti non fare così, mettiti sul lettino e attendi pazientemente che i dottori…».
«
Figlio di un raticate! Oggi ti squarto!» è pronto a prendermi a bastonate, peccato che sia troppo lento e che intanto sia stato bloccato da ben cinque infermieri che tentano in tutti i modi di tenerlo a letto. Non l'ha presa bene il vecchiaccio, no no!
Me la svigno rapidamente e mi faccio scortare dal direttore, mi siedo alla scrivania di fronte a lui e lo ascolto, mentre consumo la mia deliziosa colazione al bacon. Non mi metto mai all'opera, se prima non mi danno il mio carburante.

«Scienziato, innanzitutto ti ringraziamo per la collaborazione, siamo già riusciti a stanare i restanti del team Plasma e un tenente degli Idro. Di questo passo, potresti addirittura meritarti gli arresti domiciliari».
«
Arresti domiciliari? Interessante. Ma non ho una residenza tutta mia, dove mi stiperete?».
«Spiraria. Avrai una residenza tutta tua, ma sarai costantemente sorvegliato e non potrai allontanarti dal raggio di un chilometro».
«
Interessante, ma non basta. Io voglio un laboratorio fornito delle più sofisticate attrezzature, dove poter continuare le mie ricerche..»
«
Avrai anche quello».
Rispondo con un ampio sorriso e mi scintillano gli occhi a quella frase! Finalmente potrò lavorare per me senza dar conto a nessuno, pagato e mantenuto, dedicarmi alla scienza per tutta la vita, non potrei chiedere di più.
«D'accordo direttore, sono a sua totale disposizione. Qual è il mio prossimo compito?».
«
Cyrus. Devi riuscire a scoprire che fine ha fatto il team Galassia, innanzitutto. Questo non basta però, lui è l'unico umano ad esser sopravvissuto al Mondo Distorto e vogliamo saperne qualcosa a riguardo. Pensi di esserne all'altezza, scienziato?» mi porge scartoffie e documenti riguardanti quell'uomo, mi metto a leggere il tutto con attenzione, so ben poco di Cyrus, ma scopro cose alquanto allettanti su di lui. Mi sta già simpatico, per il solo fatto che dicono sia privo di emozioni ma colmo di risorse ed intelligentissimo.

Sarà un piacere farlo cantare. Restituisco piatto e posate e mi alzo, sono proprio curioso di vedere come se la sta passando il mio vecchio. Varco la soglia della sala operatoria: sono da poco riusciti a sedare quel bestione, accanto a lui vi sono ben tre anestesisti pronti ad agire in caso di risveglio improvviso, un infermiere che gli tiene bloccate entrambe le gambe ed infine altri quattro chirurghi che si stanno occupando dell'operazione vera e propria. Indosso anche io uno di quei camici bianchi sopra alla divisa da carcerato e mi avvicino cautamente alla scena. Anche a me, durante degli esperimenti mal riusciti, capitava di dover amputare uno o più arti alle mie cavie, ma non sono mai sopravvissute all'intervento. Solo adesso ne capisco il motivo! I chirurghi hanno innanzitutto bloccato la circolazione sanguigna del braccio di Ghecis, passaggio che ho sempre sorvolato. Ah, ad averlo saputo mi sarei risparmiato ore ed ore di pulizia dei residui delle emorragie fatali di quei Pokémon ormai inutili. Ecco, adesso stanno procedendo al taglio vero e proprio a metà dell'omero, sarebbe un vero peccato se… uhm! Scaffali ricolmi di siringhe e flaconi di ogni tipo. Approfitto della loro distrazione e ne rubacchio qualcuno che finisce dritto nelle mie tasche, insieme a un bel bisturi.

«Posso tenermi il camice, non è vero? Mi fa sentire più sicuro..».
«Fa' che vuoi, ma adesso esci di qui, non vedi che siamo occupati?».
«
Oh, perdonate l'intrusione allora». Me ne esco dalla stanza e intanto noto con piacere che il trasferimento di cella è avvenuto: ora non sarò più con Ghecis, bensì con il comandante del team Galassia, per facilitarmi l'interrogatorio ma soprattutto per evitare la furia iraconda del vecchiaccio dopo questa sgradita "sorpresina". Era certo di poter recuperare la funzionalità del braccio tornando di nuovo da Kyurem, ma io ho convinto i medici che si trattasse di gangrena da curare il prima possibile e che quello che confabulava Ghecis era frutto della sua immaginazione e della vecchiaia.
Con puntualità impeccabile, mentre tutto il resto dei detenuti è ancora fuori a godersi l'oretta d'aria, Cyrus viene ricondotto in camera come avevo richiesto, onde evitare di render pubblico il mio operato. Eccolo lì, con la sua altezza imponente, spalle larghe e solide, fisico snello ma incredibilmente robusto, che presenta qualche accenno di affievolimento dovuto forse alla scarsezza di cibo che vige qui, e ciò mi lascia immaginare a quanto dovesse esser stato maestoso costui prima di finire dietro le sbarre! Ma ciò che più mi colpisce è il suo sguardo incredibilmente gelido che schizza per un istante su di me, mi scruta, mi contempla, mi analizza… e dopo aver raccolto informazioni nel giro di un secondo si abbassa e viene appena appena velato da un battito di palpebre, e così rimane, semichiuso, mentre placido egli si accomoda sul letto, accanto a me, e fissa il pavimento senza apparente motivazione. Ha le mani legate con una fune dietro la schiena, e questo non va bene! Avevo detto di lasciarlo libero, perché non mi danno ascolto? Non esito a sciogliergli il nodo e liberargli i polsi, segnati da escoriazioni cutanee, mentre noto che per un brevissimo istante la sue pupille si erano rivolte a me, segno evidente che diffida, di me.

dannatoacromioistheway

«Un uomo così alto e forte che fa il timido con questo misero quattrocchi? Su, non aver timore e guardami in faccia, se proprio devi. Non fai altro che spararmi occhiatine fugaci da quando sei entrato!». Mi alzo dal suo letto e inizio a camminargli davanti, su e giù, guardando per terra in modo da lasciarlo libero di studiarmi senza che si senta in soggezione. Non accenna ad aprir bocca, mi toccherà nuovamente rompere il ghiaccio. «Oh, perdonami, sono stato molto scortese a non presentarmi. Dunque, io sono Acromio, mente geniale dell'ormai sciolto team Plasma. Sono uno scienziato anche io, non penserai forse che questo camice ce l'abbia per bellezza? Anche!» sfoggio un sorriso per smorzare la tensione, un sorriso che lascia il tempo che trova. «Sei più laconico di quanto pensassi. Vuoi che sia io per primo a parlare, e ti dirò subito che nutro profonda stima per te! La storia delle tue eroiche gesta è giunta anche ad Unima, addirittura il grande Ghecis ti teme! Sai che onore e che fama? Adesso devi dirmi come hai fatto a costruire la rossocatena, forse non uscirò mai fuori di qui, non avrò mai la possibilità di farne una tutta per me, ma ti sarei infinitamente grato se mi svelassi il procedimento». A quel punto mi blocco esattamente di fronte a lui e mi chino, alzandogli il mento con un dito per metterlo faccia a faccia con me. Ci ammiriamo intensamente per un tempo indeterminato, troppo concentrati l'uno nel carpire le intenzioni dell'altro, due, tre, quattro battiti di ciglia, Cyrus rimane impassibile, inizio seriamente a sospettare che abbia, come dicono, qualche problema psicologico dovuto al trauma. No! Non può essere così, sta solo recitando, esperto com'è a nascondere ogni tipo di emozione. Mi sento quasi a disagio in questa situazione, sotto scacco, non otterrò nulla se continuerà a fingere, e continuerà a farlo! Sono disposto a tutto pur di raggiungere i miei obiettivi, e questo caso non rappresenta per alcun motivo un'eccezione alla regola. Lo afferro con una certa determinazione per la mandibola e mi avvicino ancor di più a lui, prima piano, poi con uno scatto rapido e impercettibile finalmente le nostre labbra s'intersecano in una sorta di violento bacio, le mie palpebre automaticamente si serrano. L'azione è celere, percepisco appena la bocca di Cyrus schiudersi in un sussulto e allontanarsi di qualche millimetro dalla mia, sento il suo fiato spezzarsi sul mio e i suoi occhi puntati su di me. Questo non mi basta, la mia mano sulla sua mascella è ancora ben salda, lo avvicino per la seconda volta senza che lui opponga resistenza, scosso com'è dal mio comportamento, e trovo le sue labbra ancora semiaperte ad accogliere le mie. Sta ansimando, la sua lingua tremola e indietreggia per evitare il contatto con la mia. Mi va bene così. Lo mollo immediatamente tornando in posizione eretta e lui riprende a respirare rumorosamente, lasciando piombare la testa verso il basso per non farsi vedere in quella condizione. Ritorno seduto accanto a lui e scorgo sulle sue gote e sui suoi zigomi un lieve rossore in contrasto alla sua candida pelle, chiara conseguenza di un certo imbarazzo. Sono soddisfatto al 50%, questo azzardo mi era necessario per capire se effettivamente fosse privo di emozioni e coscienza, in modo da evitare un interrogatorio che sarebbe terminato con un buco nell'acqua. Non gli dò neanche il tempo di realizzare il tutto e riprendersi, che la mia mano gelida scorre lungo il suo collo, traccia il contorno dello sternocleidomastoideo fino a raggiungere il punto esatto in cui si sente pulsare l'arteria (eccome se pulsa!) ed infine con l'altra gli conficco l'ago della siringa, iniettandogli una buona dose di lorazepam rubato in precedenza che lo terrà tranquillo e quieto per un bel po'. Lorazepam! Che sedativo eccezionale. Veloce e duraturo, una sola boccetta calmerebbe anche un Bouffalant infuriato. Ecco che la mano incerta di Cyrus si allunga fremendo verso la puntura, gliela afferro accarezzandone il dorso col pollice e la rimetto come prima, posata sulla sua coscia. «Non è niente, non ti ho avvelenato. Ti ho solo somministrato un calmante, voglio assicurarmi che tu non sia arrabbiato con me e non voglia vendicarti. Certo che no! Perché mai? Non dirmi che era il tuo primo bacio quello..!». La sua respirazione torna normale, poggia i gomiti alle ginocchia e si regge la testa, segno dell'effetto imminente del farmaco. «Chi tace annuisce. Il mio sarà il primo e l'ultimo bacio che ricevi, se adesso non collabori. Non penserai certo che ti abbia sedato per farti dormire, hm?». Scuote il capo indolenzito e poggia una mano sul bordo del letto, quindi con le buone lo faccio accomodare sul giaciglio, gli afferro le caviglie e gli distendo anche le gambe sul materasso, la comodità è tutto. «Adesso va meglio, vero? Vedi di non lasciarti cadere tra le braccia di Morfeo, o sarò costretto a destarti bruscamente. Fatta questa premessa, adesso risponderai a tutte le mie domande. Dovresti ben sapere che la curiosità per uno scienziato è tutto, quindi non hai speranza di sfuggirmi. Primo quesito! Come hai costruito la Rossocatena?». Mi allontano da lui e vado a controllare l'orario, ho ancora 55 minuti prima del ritorno degli altri detenuti. «Allora? Hai avuto parecchio per pensare, esigo una risposta». Poggio le mani sullo schienale del lettino e lo fisso, mentre si copre la visuale con un polso, infastidito dalla luce. «Cyrus, non è il momento di dormire. Se collaborerai ti lascerò in pace, mi sembrano chiari i patti». Che abbia abbondato con la dose? Improbabile, il suo corpo dovrebbe essere in grado di reggere, ma non si sa mai. Faccio il giro e salgo sul materasso, sprofondando seduto a cavalcioni sul suo ventre, facendolo trasalire di colpo.


«
Oggi ho proprio la testa tra le nuvole! Ho dimenticato di dirti una cosa importantissima. Ascolta, ho fatto occasionalmente disattivare la telecamera della tua stanza, quindi per ancora 50 minuti potrai comportarti normalmente senza che nessuno si accorga di te. Avanti, è la tua occasione! Là fuori pensano tutti che tu sia psicopatico, non sarò certo io a rovinarti la reputazione». Si stropiccia gli occhi, ormai appannati da un sonno incombente, arrossati e lacrimanti e tenta con le forzute mani di spodestarmi dalla mia posizione, ma non mi ci vuole nulla a bloccargli i polsi per rimetterlo in riga, indebolito com'è. Ma forse ha ragione, sono seduto sul suo stomaco e ciò gli dà fastidio. Scivolo un po' più dietro e, stufo di attendere, estraggo dalla tasca del mio camice l'affilatissimo bisturi della sala operatoria, puntandoglielo esattamente sullo sterno. «Sai, il fatto che non ci sia sorveglianza è un'arma a doppio taglio. Non vedono te, ma neppure me, e quindi sono libero di agire coi metodi meno ortodossi. Non ti metterai a gridare, certamente, non è da te.» Contrae gli addominali, forse tenta di alzarsi, ma si trova stretto nella morsa delle mie gambe e abbandona l'idea di sollevarsi. «Lascia stare la Rossocatena, parliamo di qualcosa di più importante. Ah, e guai a te se provi a temporeggiare!» per fargli capire che faccio sul serio, infilzo la lametta sotto il pettorale sinistro, tracciandone tutto l'arco di contorno, lasciando che un piccolo rivolo di sangue prenda a sgorgare. «Ora quello che ha fretta non sono più io, ma sei tu. E se muori, dico che ti sei suicidato e mi crederanno. Non se ne fanno nulla del tuo corpo, non hai parenti, non hai amici, nessuno verrà a reclamare la salma o a sporgere denuncia verso la struttura. Hm? Ora che ci penso, solo soletto non sei. Gli altri comandanti del Team Galassia? Loro dove sono, adesso?». Lascio il bisturi conficcato nella sua carne e osservo il suo viso contrarsi in uno sbuffo di sofferenza. Potrà anche essere immune alle emozioni, ma non al dolore fisico. «Cyrus allora? Non vorrai porre fine alla tua splendida esistenza qui e oggi! Voglio sapere che fine hanno fatto i tuoi colleghi, m'interessa e forse so come contattarli. A loro certamente importerà di te, farebbero di tutto per venirti a prendere».

Attendo ed estraggo la lama, un piccolo fiotto di sangue m'insozza la divisa, incrocio le braccia al petto e aspetto. Non pare importargliene molto del suo futuro, tanto meno dei suoi collaboratori, devo far leva su qualcos'altro. «Sai, ho iniziato la mia carriera di scienziato come biologo. Avevo scoperto questa mia passione vivisezionando piccoli e docili Pokémon nel mio laboratorio improvvisato nel garage di casa. Non disponevo di sedativi chimici, quindi mi limitavo a inchiodare i loro arti ad un pannello ligneo. Pensavo, oggi potrei improvvisamente appassionarmi all'anatomia umana! Non ho mai riservato lo stesso trattamento ad un umano, ti andrebbe di essere il primo?» sfoggio un sorriso tra i più maliziosi e freddi, ma non noto nessuna reazione in lui. Stiamo perdendo troppo tempo, con un veloce fendente gli procuro una lacerazione diagonale lungo tutta la palpebra e parte dello zigomo, destando di nuovo la sua attenzione. «Con te non sarebbe divertente una cosa simile, non emetteresti un singolo gemito. O forse mi sbaglio? Le urla di dolore sono musica per le mie orecchie!». Faccio roteare davanti ai suoi occhi il coltellino, le sue pupille spalancate seguono ogni mio movimento con evidente terrore, è prossimo a confessare?

acromiodellamalora

Invano muove confusamente la mano sinistra per togliersi l'arnese davanti, ma la mia è più veloce e ne approfitto per infliggergli altri taglietti sul viso e sulle mani. Adesso basta giocare, glielo punto esattamente sulla trachea lasciando scivolare il gelido fil di lama sul pomo d'Adamo, senza infierire, quanto basta per tenerlo in guardia. «Perché ti opponi in questa maniera? Disprezzi davvero la tua vita? Genitori assenti, infanzia difficile, forse anche abusi in famiglia… è quel che dicono, è per questo che sei così? Avanti parla!» sono incerto che la tortura psicologica funzioni con un soggetto simile, ma tentare non mi costa nulla, il tempo stringe e non ho ancora ottenuto niente di tutte le cose che voglio sapere. «Forse si sbagliano. Forse la caduta nel Mondo Distorto ti ha rimbambito, penserei davvero che tu sia un rimbambito se solo non ci fosse quella perfetta architettura di specchi sull'architrave che da qui riesco a vedere. Ingegnoso, davvero ingegnoso. Tranquillo, non dirò nulla di tutto questo, nessuno sa niente. Piuttosto, adesso hai risvegliato un'altra mia curiosità. Com'è il Mondo Distorto? Cosa c'è laggiù? Buio? Antimateria? Assenza di tempo?».
Scosto il bisturi e lo passo, leggermente premuto, lungo tutti i suoi pettorali marmorei, gli addominali, i fianchi e il costato, tracciando circonferenze e linee che ben presto si vivificano di rosso scarlatto e, ordinate e lente, si riversano cremisi sulla sua pelle eburnea, irrorando ogni solco, ogni fessura, ogni incavo, mischiandosi le une nelle altre, ribollendo di fredda vitalità e terminando il corso in tante piccole cascate che si riversano sul candido lenzuolo. L'uomo inizia a tremare sotto di me, ma non si agita per evitare che il battito cardiaco aumenti e perda più sangue.
Mancano solo 10 minuti al ritorno degli altri, non posso lasciare le cose così. «E va bene Cyrus, sei stato più bravo di me. Non sono riuscito ad estorcerti niente, neppure coi mezzi più illeciti. Questo è un vero peccato collega, sai perché? I superiori hanno detto che vogliono disfarsi di te, che tu non servi in queste condizioni. Sei solo un peso inutile e le spese per uno psichiatra costerebbero troppo e sarebbero di esito incerto. Era la tua ultima chance quella di collaborare con me, oggi stesso decideranno quando e come condannarti a morte. Se nel frattempo non muori dissanguato, ovviamente. Ma dovresti resistere, non ti ho reciso alcuna vena». Sfogo tutta la mia frustrazione per non esser riuscito nella mia missione con una sguaiata risata di sadismo, fissandolo trucemente da dietro le lenti dei miei occhiali: «Speravi di poter scappare, vero? Carino il tuo piano, ammiro la tua atarassia, ma non sempre la pazienza è la virtù dei forti. Ci rivedremo all'inferno!». Non mi era mai successo che qualcuno rimanesse zitto sotto le mie torture, ottengo sempre quello che voglio e proprio per questo sono uno scienziato ricercatissimo, l'idea che una cavia non abbia ceduto mi sconforta parecchio, sebbene Cyrus non sia una cavia qualunque. Con entrambe le mani gli serro la gola in una morsa e inizio a stringere… Stringo, stringo, premo i miei polpastrelli sui suoi nervi, tendini e muscoli, mentre le mie gambe gli immobilizzano il busto e le braccia distese lungo esso. Spalanca finalmente le palpebre in un'espressione terribile, glaciale, non più apatica e vacua come prima, riesco quasi a percepire i suoi pensieri attraverso quelle iridi così squisitamente cerulee e delicate da farmici perdere! Basterebbe fermarsi un attimo a contemplarlo per venire irrimediabilmente affascinati dall'aura di imponenza e solennità che emana, che sia questo il segreto di tanta adesione al Team Galassia? In questo momento uno dei suoi occhi è rigato dalla sferzata di prima e la sclera s'è tinta di porpora, fiammeggia, rendendo maledettamente più viva e concreta tutta l'ira e la vendetta che sta covando dentro nei miei confronti. Vorrebbe, gli piacerebbe potermi uccidere, e l'idea che non possa farlo mi aggrada come poche cose in questo mondo. Inizia a non ricevere abbastanza ossigeno, il suo fisico freme e finalmente apre anche quelle belle labbra sottili e armoniose alla ricerca di più aria. Ansima, singhiozza, soffoca gemiti nel profondo della trachea che adesso riesco quasi a sentire sotto la mia pelle, attendo che stia quasi per perdere i sensi e allento la presa, piano, gradualmente, dandogli appena il tempo di calmarsi e, a quel punto, alla sua prima distrazione, mi precipito sulle sue irresistibili labbra, assaporandole con avidità e malizia quasi fossero di mia proprietà. La sua fiacchezza gli impedisce di reagire e l'occasione fa l'uomo ladro, non mi accontento e m'impossesso anche della sua bocca ammaliante dal piacevole sapore di cacao, dei lembi, delle guance, degli zigomi irsuti e appuntiti, della fronte e delle palpebre, che lambisco bramosamente togliendo via ogni goccia del suo prezioso sangue dal sapore divinamente metallico.

Negligo momentaneamente lo scorrere del tempo, percependo un altro tipo di scorrere, quello delle mani di Cyrus sui miei fianchi, un tocco spasmodico, confuso, palpitante, ma estremamente piacevole e delicato. Lo lascerei fare per tutto il raggio di durata del Lorazepam, ma la campanella che indica il termine dell'ora d'aria è appena squillata e, anzi, sono anche in un certo ritardo. Balzo giù dall'uomo e mi prendo la briga di coprirlo fin sopra la testa con il lenzuolo, per permettergli di dormire e soprattutto di non esser visto dagli altri, e con "altri" intendo specialmente Maxie. Cyrus è la MIA cavia e solo io posso occuparmi di lui. Mi appendo alle sbarre e richiamo l'attenzione di una guardia, dalla quale mi faccio scortare nella camera del direttore per fare rapporto.

«Sono immensamente desolato dell'insuccesso. Temo di necessitare di qualche giorno in più per ottenere qualche risultato».

«Ancora niente? Hai avuto un'ora abbondante. Dunque sentiamo, sei riuscito almeno a farlo parlare, anche solo una parola?».

Digrigno i denti quasi a sorridere, in realtà non sto facendo altro che celare la mia frustrazione: «Nessuna parola. Ma gli occhi, i suoi occhi, comunicano più di mille parole. Comunicano la pazzia latente che lo divora, giorno dopo giorno, la totale assenza di ogni sentimento umano, l'atarassia da ogni emozione. Cyrus è un corpo senz'anima, direttore, le chiedo una cortesia. Qualora riuscissi a dimostrarle che è incapace di intendere e di volere, lei me lo lascerebbe per alcuni… esperimenti?». «Cosa? Che genere di esperimenti? Sai che va contro i diritti umani fare questo genere di cose, non posso concederti un permesso simile».

«Niente di crudele o disumano, direttore. Dai documenti risulta che dall'arrivo di Cyrus in questa struttura mai nessuno si è recato a fargli visita. Deduco che non abbia famigliari, ergo nessuno verrà a sapere niente e la reputazione del carcere rimarrà al sicuro. Allora, me lo concede?» lo fisso intensamente con fare docile e mite, sperando in un consenso che ben presto arriva. Mi alzo trionfante dalla scrivania e seguo una sentinella che mi conduce in una stanza sotterranea del carcere: una sala enorme, illuminata da potentissimi neon pensili, pavimento lucidissimo e riflettente, file e file di scaffali metallici contenenti miriadi di strumenti interessanti e altrettanti tavoli da autopsia con tutte le attrezzature necessarie. Sarà qui, il luogo del prossimo "colloquio". Mi precipito, con la gioia di un bambino, verso un microscopio elettronico di nuovissima generazione, capace di ingrandire di sei milione di volte un minuscolo frammento in osservazione. Mi trovo talmente a mio agio che rimarrò qui fino al termine della giornata.


   
 
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