Sono davanti
all’ingresso della Kibougamine Gakuen.
Un edificio imponente
che ospita alcune delle menti più acute
dell’intera nazione. Ragazzi come me, anche se solo dal punto
di vista dell’età, che probabilmente saranno i
futuri leader di noi gente comune e che, si spera, ci
porteranno a una nuova era di illuminazione e di prosperità.
E io, che sono il non
plus ultra della mediocrità, cosa ci faccio qui davanti?
Perché mi associo, seppur solo in maniera indiretta, con
questi elementi che con uno con me hanno poco con cui spartire?
Succede quando vinci
un’estrazione casuale fra chissà quante migliaia
di studenti e vieni invitato alla frequentazione di un posto
così esclusivo e che non si adatta a te.
La lettera che stringo
arrotolata nella mano destra dice, in maniera più complessa
di quanto sto per esporre, che ho avuto una fortuna sfacciata e da un
qualche sistema aleatorio è uscito il mio nome. Pertanto
eccomi qui, dove non penso di dover stare per l’evidente
disparità.
Sono un ragazzo
comune. Comunissimo. Noioso. Noiosissimo.
Non ho talenti
particolari. Non ho scritto bestseller in cima alle classifica di
vendite di tutto il Giappone. Non ho battuto alcun record in vasca
corta. Non sono ricco sfondato. Nessuno mi chiama Ogre
perché posso spaccargli la faccia con un dito.
…
No beh, non
è proprio del tutto esatto.
Cioè,
è vero che sono la normalità fatta persona. In
tutto e per tutto. Però...
Mi chiamo Makoto
Naegi. Ho sedici anni. Non sono un mutante, quindi niente raggi laser
dagli occhi o artigli in adamantio che mi spuntano dalle nocche.
Ma ho uno stand.
E tu dirai
“Sul serio, Naegi? Hai uno stand? Ma per favore,
sarà frutto della tua immaginazione che cerca solo di
compensare il resto del tuo banale essere. Uno sfigato come te non
può avere uno stand”.
Eh no, ciccio. Lo
stand ce l’ho eccome.
Cos’è
uno stand, tanto per cominciare. Seguendo la definizione che ne
dà il maestro Araki, lo stand è una
manifestazione più o meno umanoide dell’anima e
dello spirito combattivo del suo portatore. Ce ne possono essere di
vari tipi, forme e dimensioni. Dai poteri più disparati.
Solo i portatori possono vederli, salvo rare eccezioni. E generalmente
vengono usati per riempirsi di botte.
Non il mio.
Perché, per rimanere fedele alla linea, il mio non
è uno stand prettamente portato al combattimento.
Il caro Teenage
Dirtbag, così l’ho ribattezzato -cacchio volete?
In JoJo BISOGNA dare un nome allo stand, meglio se è una
citazione musicale o del mondo della moda- è infatti non
esattamente… diciamo un peso massimo. Non voglio entrare nei
particolari.
Oh beh, basta
rimuginare. Sono in ritardo e la cerimonia d’apertura
starà per cominciare. Meglio sbrigarsi.
Entro.
Appoggio il piede
appena oltre la soglia d’ingresso…
Ehi, chi ha messo
sostanze psicotrope nella mia colazione? No, perché vedo
l’ingresso deformarsi e cominciare a girare su se stesso.
E non è la
sola cosa a girare. La mia testa va presto a fargli compagnia.
Aiuto,
l’equilibrio… mi viene da vomitare…
Sul… serio?
Al primo… passo…
Lo svarione cresce.
Non lo tengo
più.
THUD.
Quando mi sveglio, la
testa mi fa un male cane. È come se avessi un concerto di
tamburi tra le sinapsi e mi sta facendo impazzire… ma anche
con la testa dolorante noto che qualcosa non va.
Sono in
un’aula. Come diamine ci sono arrivato?
Mi guardo attorno
cercando di mettere a fuoco la stanza, quando comincio a ricordare: ero
davanti alla Kibougamine, stavo per varcarne la soglia e…
bum. Black out.
Devo essere svenuto,
anche se non so per quale motivo: la colazione stamattina
l’ho fatta, non ero così nervoso da rischiare un
mancamento… non mi vengono in mente altre ragioni.
Beh, rimanere qui a
farmi domande è inutile, tanto vale uscire e vedere se trovo
qualcun altro. Mentre mi alzo noto il mio stand, Teenage Dirtbag,
fluttuare lungo i muri, e mi accorgo che le finestre sono sbarrate con
lastre d’acciaio e bulloni.
Ma che
diamine…?
Mi avvicino ad
osservarli meglio e provo persino a svitare un bullone, senza successo.
Perché qualcuno si è premurato di sbarrare le
finestre? Non riesco a trovare una ragione, ma non voglio nemmeno
rimanere qui per scoprirlo, quindi mi rivolgo al mio stand:
“Puoi fare qualcosa per queste finestre?”
“Temo
di no.”
“Come
no?”
“Ci
ho provato, ma qualcosa mi impedisce di manipolare gli oggetti sulle
pareti!”
Ecco, ora sono
seriamente nervoso: Teenage Dirtbag in genere può dare vita
agli oggetti inanimati e usarli a piacimento… ma se dice che
“qualcosa glielo impedisce”, cosa cavolo faccio?
“Beh…
possiamo sempre uscire dalla porta, al momento”
continua lui, indicando la porta dell’aula - che proprio mi
era sfuggita. Bravo Makoto, cominciamo bene…
Annuisco imbarazzato e
mi avvio ad aprirla: il corridoio è deserto e anche
decisamente lugubre. Però rimanere chiuso in aula non ha
senso, quindi esco e comincio ad esplorare i dintorni,
finché non mi ritrovo di nuovo all’entrata
dell’accademia… e scopro di non essere solo.
“A quanto
pare siamo in quindici…”
“Oh, ma ne
ha uno anche lui, allora!”
“Ehi, il tuo
cosa fa?”
Che… che
cosa? Di cosa parlano?
“Credo
stiano parlando di me”.
Eh?
Mi volto verso di lui
e lo vedo grattarsi i suoi capelli bianchi con aria corrucciata.
“Quindi…
possono vederti?”.
“Direi
di sì. A meno che non si riferiscano a
qualcos’altro. Ma non credo”.
“Ma questo
vorrebbe dire…”.
“...
che anche loro sono portatori, sì. E l’averti
chiesto cosa faccio te lo avrebbe dovuto far capire subito”.
Non ci voglio credere.
Lo stand, l’unica cosa di cui andavo realmente fiero,
l’unica cosa che mi distingueva dalla massa,
l’unica cosa che potevo sfoggiare col petto gonfio e la testa
alta… e poi mi ritrovo una pletora di coetanei che, con
estrema nonchalance, mi chiedono cosa faccia il mio.
Ma si può
avere una sfiga simile?
“Sai
che sono un maestro, nella sfiga”.
Shhhh. Non
ricominciare con quella stupidaggine del ciclo perpetuo di fortuna e
sfortuna che avresti. Sono tue illusioni prive di fondamento concreto.
Anche perché sei solo un diavolo di stand, mica una persona
in carne ed ossa.
“Tsk. Non
sminuirmi in questo modo. Io ho…”.
E fai un po’
di silenzio. Anzi, tornatene dentro che hai già fatto troppi
danni.
Lo ritiro nonostante
le proteste. Sento gli sguardi degli altri su di me.
“Allora,
nuovo arrivato? Stai abusando la stimata pazienza dello stimato Byakuya
Togami. Ti è stato chiesto che potere ha il tuo stand.
Rispondi” dice un tizio biondo facendosi avanti. Urgh,
com’è che emette questa impressionante aura di
snobismo?
“Togami-san,
lascialo un po’ respirare. Non vedi
quant’è teso?”.
“Io dico che
se la sta facendo addosso da quando ha capito che non è
più l’ometto speciale unico possessore di
stand”.
“Le
capacità sue e del suo stand verranno testate sul campo di
battaglia, come quelle di noi tutti”.
“Naegi-kun!
Naegi-kun!”.
Uh?
Quest’ultima voce che sento della retrovie… mi
sembra di riconoscerla.
Si fa
largo… wow, che bella ragazza.
La riconosco.
È Sayaka Maizono, la Super Idol. Nonché mia
compagna di scuola alle medie.
E, a quanto pare,
portatrice di stand.
“Maizono-san!
Non credevo di rivederti qui, in questa situazione
paradossale”.
“Paradossale
perché siamo imprigionati in questa scuola a prova di
stand… o paradossale perché ti sei appena accorto
che sei circondato da altri portatori?”.
Sì, ma fate
pure. Continuate pure a prendere a colpi di fionda il mio povero ego
ferito.
Timidamente rispondo
che è un po’ di entrambe le cose. E lei,
dimostrando scarsissima empatia, dice che non ci crede e che
è convinta sia solo la seconda.
Grazie, sul serio
grazie. La prima faccia nota che vedo in questa calca di potenziali
nemici si diverte a sfottermi.
“No, non ti
sto sfottendo”.
Eh?
“Maizono-san,
questo…”.
“...
è il potere del mio stand”.
“D-Davvero?”.
Ridacchia:
“No, ho solo un buon intuito. E comunque davvero, non era mia
intenzione ridere di te. Era solo una battuta per stemperare”.
“Capisco…”.
Lascio cadere il discorso, anche perché ho altre cose da
chiederle.
Con gentilezza la
prendo per il braccio e la porto in disparte.
“Ma quindi
è vero?” chiedo, più timoroso di quanto
vorrei “È vero che tutti loro… sono
portatori di stand?”.
Si prende un attimo
prima di rispondere. Probabilmente è per decidere quanto
intende essere brutale: “A quel che ne so sì,
nessuno escluso. Alcuni l’hanno tirato fuori, ovviamente non
mostrandone i poteri, e nessuno si è minimamente stupito del
fatto”.
Male, ciò
è male. Molto male.
Perché non
so quanto mi piace l’idea di essere sigillato in quattro mura
in compagnia di gente potenzialmente molto, molto, molto pericolosa.
Forse sì, forse mi sto calando troppo
nell’atmosfera dello shonen da combattimento… ma
meglio pensar male che ritrovarsi con un buco nello stomaco.
“Non sai
dirmi altro di utile, Maizono-san?”.
“Dipende da
cosa intendi per utile, Naegi-kun”.
Uhm. No, ho idea che
da lei non otterrò niente di più. Vuoi
perché non sa cosa voglio sentirmi dire, vuoi
perché preferisce tenerselo per sé. La seconda
possibilità non è delle più
confortanti.
“Va beh, non
importa. Torniamo dagli altri”.
Sorride nel
concordare. E io reprimo a stento un brivido.
Riprendono i
chiacchericci vari da cui ci eravamo allontanati. Presentazioni, sfide
a chi ha lo stand più sbirluccicoso, prese in giro.
Amenità del genere.
Poi, senza preavviso
alcuno, risuona una voce.
“PIM POM PAM
POOOM! Pronto, pronto? Ma funziona quest’affare? Oh beh,
spero di sì perché non avrei voglia di ripetere.
Salve, cari miei studenti. Sono il vostro preside. Direi che con i
convenevoli avete concluso, quindi perché non vi dirigete a
spasso spedito verso la palestra? È ora della cerimonia
d’apertura”.
Lo schermo da cui ha
origine questo sgraziato ordine non riporta alcuna immagine, solo
disturbi statici.
Andiamo bene. Un
preside misterioso che ci convoca per una fantomatica cerimonia
d’apertura in un’accademia chiusa a tripla mandata.
E piena fino a scoppiare di portatori di stand.
Com’è
che ho una pessima sensazione?
“Suvvia capo, non
temere. Se la situazione attuale, come temi, è davvero la
malasorte che ti perseguita… presto arriverà una
botta di fortuna stratosferica”.
Komaeda, ma vedi di
andare a quel paese. Tu e le tue fissazioni del menga.
“A
parte che solo io posso chiamarmi così perché
è il nome che mi sono scelto… mi offendi. E poi
sai che ho ragione”.
Sì certo
come no.
Con gli altri che pian
piano cominciano a sciamare verso l’obiettivo stabilito dal
nostro preside invisibile, mi ritrovo presto solo
nell’ingresso.
Bof. Vediamo che
succede.
Mi avvio.
Giunti in palestra, ad
attenderci c’è solo un palco con un leggio e un
microfono; mi guardo attorno in attesa che qualcuno venga a parlarci, e
intanto studio i miei compagni di sventura: un biker dal pompadour
più assurdo che abbia mai visto, una ragazza più
muscolosa di Kenshiro, una gothic lolita, un tizio coi rasta che sembra
decisamente più vecchio di noi… di sicuro siamo
un gruppo parecchio eterogeneo. Inevitabilmente comincio a chiedermi
come siano i loro stand, che poteri hanno, che aspetto hanno,
se…
“Se non si
mostrano non lo sapremo mai, e quindi siamo in svantaggio. La sfortuna
incombe su di noi.”
...se hanno la lingua
lunga come il mio.
“PIM POM PAM
POOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOM!”
La stridula voce di
poco prima mi distrae dai miei pensieri. Mi volto verso il palco e
quello che vedo è… un orso.
Un orso bianco e nero
dagli occhi rossi.
Io e i miei compagni
ci scambiamo sguardi perplessi - e non so loro, ma io mi sento preso in
giro.
Un’orso, sul
serio?!
“Buongiorno
a tutti, miei piccoli prodigi, e benvenuti alla Kibougamine Academy!
Come sapete, siete stati selezionati in quanto siete i migliori nel
vostro campo - anche se mi chiedo come si possa essere i migliori
ricconi del mondo, ma non fa niente!”
Una smorfia da parte
del ragazzo biondo con gli occhiali mi fa capire che il Super High
School Level Scion dev’essere lui, Byakuya Togami.
Sì, ieri ho passato il pomeriggio a leggere le schede di
tutti quanti.
“Un…
un orso che parla?!”
“Non
è possibile!”
“Calma,
calma, sarà sicuramente un giocattolo telecomandato o
qualcosa del genere…”
“Per prima
cosa, ZITTI TUTTI! Seconda cosa non sono un giocattolo, ma il vostro
preside Monokuma!”
Rimaniamo tutti in
silenzio a fissare l’animale, o giocattolo, o quel che
è. La situazione è sempre più bizzarra.
“Bene, vedo
che ci siamo chiariti” annuisce,
“quindi… dov’ero rimasto? Ah,
sì! Come dicevo, siete qui perché siete i
migliori nel vostro ambito… ma soprattutto,
perché siete tutti portatori di stand.”
C-cosa? E come fa a
saperlo?!
“Credo sia
un portatore di stand lui stesso” interviene Teenage Dirtbag
“anche se non ne sono sicuro.”
“Come fai a
non esserne sicuro?” sussurro.
“È
difficile da spiegare” risponde lui, “sento che ha
un qualche tipo di legame con uno stand ma non avverto la presenza di
quest’ultimo… come se il suo stand lo usasse
qualcun altro.”
Fantastico, davvero
fantastico.
“Da questo
momento in avanti” prosegue l’orso, “voi
ragazzotti stand-dotati vivrete qui alla Kibougamine… per
sempre!”
“Per
sempre?!”
“Cosa?
Starai scherzando spero!”
Chi urla, chi si
dispera, chi vorrebbe picchiare a sangue Monokuma. Io invece sono
troppo scioccato per intervenire, come diamine fa a sapere che abbiamo
tutti uno stand? E che intenzioni ha?
“FATE
SILENZIO!”
I presenti si
zittiscono e si voltano di nuovo verso il palco.
“Bene, ora
che ho di nuovo la vostra attenzione… come ho detto, voi
vivrete qui per sempre. Ma c’è una…
scappatoia, per così dire.”
“Sarebbe?”
chiedo, dato che odio le pause piene di suspance.
“L’unico
modo per uscire di qui è… vincere lo Stand
Tournament!”
“...il
che?”
“Lo Stand
Tournament!” ripete Monokuma, “Tutte le info al
riguardo stanno dentro il depliant che vi ho amorevolmente lasciato in
aula!” trilla, piroettando su se stesso.
Quale depliant?
“Quello sul
banco” interviene di nuovo Teenage Dirtbag, “era accanto a quello
su cui ti sei svegliato.”
“...e ti
costava tanto avvisarmi?” ringhio, cercando di non farmi
sentire.
“Non
credevo fosse importante!”
Bah. Non credeva fosse
importante. Ma dico io, si può? Si può avere uno
stand così poco collaborativo?
“Guarda
che ti sento anche se pensi e basta”.
Guarda che lo so.
Almeno ho il diritto di lamentarmi nella mia testa o anche per quello
devo chiederti un permesso in tripla carta bollata?
“Ma
no, figurati. Fai pure”.
Tsk. Grazie della
gentile concessione.
“Va bene,
marmaglia. Per ora ho detto quello che avevo da dire. I combattimenti
cominceranno domani e gli accoppiamenti vi verranno comunicati sul
momento, così da evitare pastette e combine strane.
Però niente vi impedisce di poter cercare di eliminare la
concorrenza in maniera… diciamo poco ortodossa”.
“Cosa
intendi con poco ortodossa, orso di merda?”.
“Fai muovere
un po’ le rotelline, Oowada. Mettiamola così: una
visita notturna in camera di qualcuno, un sano pestaggio portato alle
sue estreme conseguenze… et voilà, un possibile
avversario in meno”.
Che… che
cosa? Ci staresti suggerendo… di ammazzarci a vicenda?
“Non stai
sottintendendo un… un omicidio, vero?” chiede
Maizono, dando voce ai miei dubbi.
“Forse. Non
dipende da me. Io vi lascio la porta aperta, poi sta a voi decidere se
e come muovervi. Da parte mia non avrò da ridire se domani
doveste essere in numero minore rispetto a oggi, ecco”.
“Questo
sviluppo è piuttosto inquietante, capo”.
Non posso darti torto.
Non mi piace, non mi piace per nulla.
“Dovremo
fare molta attenzione. Ognuno di loro è un potenziale
nemico”.
Non che prima fossero
tanto meglio, se proprio vogliamo.
“No,
in effetti no. Ma adesso… adesso ci si può
uccidere in libertà anche al di fuori del torneo”.
Ci penseremo poi, ok?
E comunque non intendo farmi imprigionare dalla paranoia e guardarmi le
spalle anche al bagno. Non posso dire di essere tranquillo e senza
preoccupazioni, però non dev’essere neanche il
regno del terrore e della diffidenza. Ad esempio non voglio credere che
Maizono-san possa arrivare a pugnalarmi nella schiena.
“In
base a cosa lo dici? La conosci superficialmente e il vostro rapporto
risale ormai ad anni fa. Cosa ti fa credere che nel frattempo non possa
essere diventata il tipo di persona capace di sgozzarti nel
sonno?”.
Non… non ci
voglio pensare, va bene?
“E
invece dovresti, capo. Ne va di entrambi i nostri scalpi”.
Poi.
“Coprirti
le orecchie per non stare ad ascoltarmi non cambierà nulla,
lo sai”.
POI.
“Va
bene, va bene”.
Sarà
meglio. Fino a prova contraria è il portatore a decidere,
non lo stand.
Monokuma si eclissa,
non prima di averci ricordato un’ultima volta i punti cardini
del suo programma scolastico: torneo fra stand, il cui vincitore si
guadagnerà il diritto alla libertà, e
possibilità aperte su come esautorare la concorrenza. Anche
in maniera definitiva.
Sospiro.
La mia vita fa schifo.
“Ma quindi
dovremo combattere tra di noi?”
“C-combattere?
Dici uno… scontro?”
“Uno scontro
tra stand! Figata!”
“Ordine,
ordine!”
“Oh, ma sta
zitto!”
Povero Ishimaru-san,
lui ci prova anche a mantenere civili i toni della discussione, ma
nessuno vuole saperne di dargli retta. Sospiro, guardandomi un
po’ attorno: abbiamo perlustrato un po’
l’edificio, scoprendo che ci sono altri piani al momento
inaccessibili; al piano terra sono presenti la caffetteria (eletta a
sala riunioni, apparentemente), una fornitissima cucina e una ancor
più fornita stanza delle provviste; sono inoltre presenti
una sala audiovisivi, uno spaccio, un inceneritore, la palestra, una
lavanderia e i dormitori. Ci sono anche una sauna e
un’infermeria, ma al momento sono chiuse come le scale per
gli altri piani. Oh, c’è anche una strana porta
rossa ma anche quella, neanche a dirlo, è chiusa.
Insomma, siamo
rinchiusi dentro l’accademia senza nessuna via di fuga e
abbiamo pure poco spazio in cui muoverci. Mi sento un criceto dentro la
gabbietta.
“È
la sfortuna che incombe su di me e anche su di te.”
Ci mancava solo il mio
stand tendente all’emo.
Lo ignoro e gli
impongo di rimanere nascosto e in silenzio, quando una frase attira di
nuovo la mia attenzione sulla discussione.
“Chissenefrega
di quello che dice l’orso! Siamo portatori di stand,
ordiniamogli di abbattere un muro e scappiamo!”
“Mi spiace
deluderti, Kuwata-san, ma i nostri stand hanno le mani legate in questo
caso” mi intrometto.
“Uh? E tu
che ne sai?”
“Il mio
stand ci ha provato, quando mi sono svegliato in quell’aula,
ma… c’è qualcosa che gli impedisce di
farlo” rispondo, omettendo il dettaglio che è
stato proprio Teenage Dirtbag a dirmelo. Magari sono paranoico, ma
preferisco che al momento non sappiano che è uno stand
senziente.
“Ma che
baggianate vai dicendo?” bercia Kuwata, ma si zittisce quando
vede Oogami-san voltarsi verso di lui: “Mi duole confermare
quanto ha detto Naegi-kun, anche il mio stand ha confermato che
c’è qualcosa di strano sulle pareti
dell’edificio.”
“Idem con
patate” si intromette Oowada, “anche il mio Dio
Brando ci ha provato ma… niente.”
“Insomma,
siamo bloccati qui…” commenta Asahina con
un’espressione che definire depressa è quasi
riduttivo.
“...e domani
cominceranno gli scontri” le fa eco Fujisaki, altrettanto
preoccupata.
“Oh, io non
vedo l’ora di menare un po’ le mani”
commenta Oowada, attirandosi le ire di Ishimaru che non approva certi
modi di fare. E la discussione ricomincia.
Mentre li osservo
azzannarsi noto con la coda dell’occhio una ragazza che se ne
sta in disparte: capelli lunghi lilla, aria seria, silenziosa. Decido
di mettere da parte la mia timidezza e provo a scambiare due parole con
lei.
“Uh…
Kirigiri Kyouko?”
“Hm?”
“Sei…
sei tu, giusto? Almeno stando alle schede sul sito
dell’accademia…”
Lei non proferisce
parola, limitandosi ad annuire. Siamo di poche parole, eh?
“Oh b-bene,
temevo di aver fatto una gaffe” ridacchio, e dalla sua
espressione assolutamente neutrale ne deduco che l’ho fatta
comunque. Decido di ritentare: “Co… come mai non
prendi parte alla discussione?”
“Non ho
molto da dire al momento” commenta lei, pacata “e
preferisco avere informazioni certe prima di dire qualcosa. Qualunque
cosa.”
“Wow,
ragazza glaciale.”
L’hai detto,
Dirtbag.
Non faccio nemmeno in
tempo a pensare ad una risposta che la vedo dirigersi verso la porta
della caffetteria.
“E-ehi,
Kirigiri-san! Dove vai?”
“Te
l’ho detto, mi piace avere prove sicure in mano prima di
aprire bocca. E ora voglio indagare più a fondo sulla cosa
che tiene gli stand lontani dalle pareti” replica, uscendo
dalla porta e svoltando a destra.
“Aspetta,
vengo con… cosa?”
Esco in corridoio, ma
di Kirigiri non c’è traccia, solo le ombre
sinistre che rendono questo posto stranamente inquietante - nel caso le
lastre d’acciaio alle finestre non bastassero.
Quanto diamine
è veloce per essere sparita così?
“Non
necessariamente è questione di
velocità…”.
Che intendi? Non credo
di seguirti.
“Hai
pensato all’eventualità che possa aver usato il
proprio stand per andarsene?”.
Ma come? Qui non
c’è nulla.
“Innanzitutto
non serve per forza qualcosa. Potrebbe trattarsi di spostamento
istantaneo, ad esempio. E comunque non è esatto dire che qui
non c’è nulla”.
Parli di…
“...
delle ombre. D’altronde sai bene che gli stand conferiscono
poteri a dir poco fuori dalla norma. Guarda me”.
Devo
ammettere… che ha senso, sì. Inoltre si sposa
bene con il suo tenersi in disparte.
“Vedi?
Tornerebbe”.
Già.
“Tienilo
bene a mente, capo. Potrebbe tornarci utile se sarà il
nostro primo avversario nel torneo”.
GLOMP.
Più
restiamo qui, meno questa storia mi piace.
Passo una notte
tormentata, dormendo pochissimo per via del timore di vedermi spuntare
in camera qualcuno con un coltellaccio affilato.
La mattina, dopo una
rapida doccia, ricevo la convocazione da parte di Ishimaru-san per
un’ennesima riunione in caffetteria.
Di cosa può
voler parlare ancora? Abbiamo sviscerato ogni possibilità,
in merito a una fuga.
Oh beh, male non
può fare. Spero.
Mi vesto un
po’ svogliatamente, non ho poi tutta questa smania di perdere
tempo.
Una volta giunto in
caffetteria, vedo che è ancora quasi del tutto deserta. Ci
sono solo il succitato Ishimaru, Oogami, Fujisaki e Kirigiri.
Quest’ultima, seduta un po’ distanziata dagli
altri, mi rivolge un veloce sguardo prima di distogliere
l’attenzione.
“Hai
fatto colpo con la regina di ghiaccio, capo. Hai fatto
colpo!”.
Ma vedi di stare un
po’ zitto.
“Sei
il primo a cui dedica una seppur veloce occhiata. Dovresti sentirtene
onorato”.
Onorato
è una parola grossa. Ma un pochino ino ino mi fa
piacere…
“Il
colpo di fulmine è reciproco! Yuhuuuuuuuuu!”.
… sei
veramente un cretino senza speranza.
“Grazie
del complimento”.
Bah. Non so
perché sto ancora a perdere tempo con ‘sto
disgraziato.
Mi accomodo al fianco
di Fujisaki, non prima di aver salutato tutti. Attendiamo un
po’ e pian piano, con i loro tempi, gli altri affluiscono
nella sala.
Quando finalmente
siamo tutti presenti…
“Compagni di
classe! Siamo qui riuniti per…”.
“Chi cazzo
ti credi di essere, eh? Non sei il mio boss!” salta su
Oowada, rinforzando l’immagine che mi sono fatto di lui e del
suo essere testa calda. Fra l’altro riesce a dare in
escandescenze senza rompere la sua comoda posizione con le gambe
stravaccate sul tavolo.
“Per favore
Oowada, non è il caso di fare i gradassi inutilmente.
Inoltre non prendertela con Ishimaru, l’idea di trovarci qui
è venuta a me” è l’imperiosa
voce di Oogami a sovrastarlo.
Ci rivolgiamo tutti a
lei, alcuni a parole e altri senza.
“Credo di
dovervi una spiegazione, dunque” commenta tranquilla
alzandosi, le braccia rigorosamente conserte “La spiegazione
è in realtà semplice: mi interessava sapere come
intendete comportarvi di fronte al torneo”.
“In che
senso?”.
“Volete
partecipare?”.
Lo sconcerto prende
velocemente piede fra i presenti. Alcuni chiedono cosa intende, altri
si fanno le nocche affermando che non solo intendono partecipare ma
intendono vincere, altri ancora se ne stanno in silenzio ma sulle loro
facce si legge chiaramente che non hanno capito molto della domanda.
Alla fine, dopo circa
un minuto di totale confusione, è di nuovo Oogami a parlare:
“Va bene, devo chiedervi di smetterla. Lasciate che mi
spieghi meglio”.
“Spiegati,
spiegati!”.
“Onestamente
io non ho nessuna intenzione di sottostare all’assurda
richiesta di Monokuma. Un po’ perché non mi piace
affidarmi al mio stand per… motivi personali, un
po’ perché credo che sarebbe meglio da parte
nostra fare fronte comune e cercare di contrastarlo invece di
accondiscendere a una proposta così priva di
senso”.
C’è
un attimo di silenzio, intervallato solo da rumori inconsulti.
Poi arriva, come un
fulmine a ciel sereno: “Io penso che, almeno per ora, ci
convenga seguire le linee guida del preside”.
K-Kirigiri?
“E
perché dovremmo, di grazia?” chiede Celestia,
facendosi largo tra le voci innervosite degli altri.
Kyouko sospira,
probabilmente convinta di aver appena ricevuto la domanda
più stupida dell’universo:
“Perché al momento non abbiamo alcuna informazione
utile su chi si cela dietro questa situazione. E converrai con me che
muoversi alla cieca in questo momento può essere
controproducente per noi…”
Il non troppo velato
insulto deve aver fatto centro, perché
l’espressione di Celes è quella di chi sta
lanciando maledizioni su di te, sui tuoi avi e sulla tua mucca.
Prima che le salti
alla gola mi intrometto, nella speranza di stemperare la tensione:
“Quindi cosa suggerisci di fare, Kirigiri-san?”
“Stiamo al
suo gioco, come ho già detto” risponde,
“e nel frattempo indagheremo
sull’identità del mastermind e del
perché i nostri stand non possono toccare i muri.”
“A me sembra
solo una gran cazzata!” è il fondamentale
contributo di Oowada.
“Concordo!”
si accoda Leon.
Poco a poco anche
altri manifestano il loro dissenso, seguiti a ruota da chi invece
ritiene l’idea di Kirigiri sensata… e la
caffetteria si trasforma in un tribunale, di quelli che si vedono solo
in certi programmi tv dove i vicini di pianerottolo vanno ad accusarsi
a vicenda delle scale sporche.
“Mi
sa che il tuo tentativo di calmare gli animi non è
servito…”
Ma dai, Komaeda? Non
l’avrei mai detto. |