Federica aveva dormito come un sasso. Nessun sogno aveva
turbato il suo
riposo. La più nera oscurità l'aveva condotta in
una
dimensione di profonda incoscienza. Dopo due lunghe notti insonni era
proprio ciò di cui aveva bisogno: riposo assoluto, senza
alcun
pensiero, senza alcun ricordo. Senza dolore. Il suo corpo era pesante,
come anestetizzato, si sentiva intontita, ma stava stranamente bene,
come se galleggiasse nell'acqua a peso morto. Si svegliò per
l'insopportabile solletico alla fronte, cercò di grattarsi,
ma
invece della pelle trovò un post-it giallo con la grafia del
padre.
"Siamo in spiaggia. Abbiamo provato in tutti modi a svegliarti. Abbiamo
evitato solo l'acqua gelata perché tua madre non voleva
dover
asciugare il pavimento. Quando torni dal regno dei morti facci uno
squillo."
Non c'era niente da ridere. Quale tara mentale aveva spinto il genitore
ad appiccicarle un foglietto in fronte? Non fosse stato per quel
pezzetto di carta sarebbe stata ancora beatamente addormentata.
L'appallottolò e lo getto via, ma si rialzò
subito
sentendo un boato provenire dal suo stomaco. Il crampo fu tanto forte
da farle portare le mani al busto e costringerla a scattare in piedi.
Non ricordava nemmeno più quando avesse mangiato per
l'ultima
volta. Sicuramente non a cena, aveva detto di non avere fame, aveva
letto quasi un intero libro, chiusa in camera sua, e poi si era
addormentata. E a pranzo? Aveva mangiato qualcosa a pranzo? La sua
mente era come annebbiata, tentava inutilmente di mettere a fuoco i
fatti del giorno precedente, ma qualcosa dentro la sua testa si
rifiutava di funzionare. Probabilmente sarebbe stata così se
fosse stata sbronza, ma aveva bevuto solo coca-cola annacquata. Allora
perché stava male?
Andò in cucina senza neanche mettersi le pantofole. Lo
smalto
arancione si era sbeccato sull'alluce e chissà
perché
quel colore iniziava a non piacerle più. Rischiò
di
andare a sbattere contro la porta chiusa, ma si salvò in
tempo.
L'ultima metà del ciambellone fatto da sua madre troneggiava
sul
tavolo della cucina, insieme alla sua tazza preferita. Il ciambellone
era alla vaniglia, con gocce di cioccolato. Ricordava di averne
assaggiata una fetta. In realtà sapeva di averne sbriciolata
buona parte per terra, durante il pomeriggio, mentre parlava con Sveva.
Ma di che avevano parlato?
Fu un solo terribile secondo, ma fu sufficiente perché
recuperasse la memoria su ogni cosa del giorno precedente. Il litigio
col fratello, la speranza di vedere Dante e poi l'averlo visto davvero,
sì, ma abbracciato a un'altra. Ecco perché si
sentiva
tanto confusa, la tristezza cercava di emergere, anche se era tenuta a
bada da una rabbia cieca. Quel maledetto pallone gonfiato l'aveva
illusa, uscendo con una barbie dai capelli mezzi rosa, mentre stava con
lei e le giurava di amarla.
Si sedette e si versò del latte freddo, ma quel
colore non
fece altro che ricordarle la pelle ancora stranamente chiara di Dante.
Lei ne conosceva l'esatta sfumatura. Aveva accarezzato e assaporato
quasi ogni parte di quel corpo d'alabastro, forte come il marmo ma
caldo come la sabbia d'estate, quando il sole è a picco.
Chiuse
gli occhi cercando di evitare che le immagini dei rari momenti di
intimità l'assalissero. Non si era mai sentita
così, ma
con Dante perdeva ogni inibizione, era come esplorare una zona vietata,
sai già di star infrangendo delle regole, eppure ti senti
assolutamente libera. E lei si era sentita esattamente così,
priva di ogni legame se non quello con il ragazzo che la teneva
stretta, che le sussurrava parole dolci, mentre le sue mani
memorizzavano ogni centimetro del corpo di lei. Arrossì
violentemente e si guardò intorno, anche sapendo di essere
sola.
Il solo fatto di evocare certi pensieri proprio in una stanza che
condivideva tanto spesso con i genitori, la faceva sentire timida come
in realtà non era. Era stata molto discreta e aveva fatto in
modo che quei preziosi momenti di solitudine non accadessero mai in
casa sua, era terrorizzata alla sola idea che i suoi la scoprissero,
perciò quando il campanello suonò all'improvviso
lei
lasciò cadere la tazza, che non si ruppe, ma
rovesciò
tutto il latte sul tavolo.
-Che abbiano un radar anche per i pensieri a luci rosse?- Si diede
della sciocca, perché se suo padre avesse davvero avuto un
potere simile allora l'avrebbe segregata in una stanza senza finestre
da almeno tre anni, più o meno da quando aveva scoperto
l'esistenza di Christian Bale. Si fiondò alla porta, senza
curarsi di pulire la cucina. -Chi è?-
-Sono Sveva, apri!-
-Che ti è successo?- gridò aprendo la porta.
L'amica
aveva un foulard sui capelli, che le scendeva fin sotto al collo, e
gli occhi coperti da grandi lenti scure. -Sembri una diva del cinema
anni '60.-
-Fai meno la spiritosa- la redarguì Sveva, togliendosi il
travestimento anti-ansia genitoriale, entrando in casa. -Non so tu, ma
io stanotte non ho chiuso occhio e non volevo farlo notare ai miei.-
-Eh...ognuna ha i propri segreti...-
-Che hai detto?-
-Che ho dormito a meraviglia!-
-Beata te. Ma che è successo qui in cucina?-
-Senti miss perfettina, è colpa tua. Se non avessi suonato
all'improvviso io non avrei rovesciato il latte! Quindi ora pulisci tu!-
-Io? Ma se sono appena arrivata!- Sveva ignorò quel comando
assurdo, prese l'amica per mano (non prima che Federica afferrasse il
ciambellone rimasto sul tavolo) e la trascinò in camera sua.
-Devo assolutamente parlarti, è una cosa davvero urgente.-
-Allora parla.-
-Ti sei sbagliata su Dante. Non ti ha tradita. Ecco, non posso
spiegarti proprio tutto, ma con quella ragazza non c'è
niente.
Lui è solo un suo cliente.-
-Cliente? Allora quella è una pros...-
-Ma che dici!? No, Ester ha un negozio di articoli da regalo in un
paese vicino. Dante, ehm...voleva farti una sorpresa.-
-Sì, come no. Scommetto che ti sei bevuta ogni baggianata
che ti ha detto.-
-No, ho visto i regali che ti ha ordinato. E poi c'è
un'altra cosa...-
-Allora?- Le sopracciglia di Federica schizzarono in alto, mentre lei
assumeva un'espressione sempre più scettica.
Sveva le allungò il cellulare, con le foto di Ester e della
sua
fidanzata. Quella mattina ne aveva ricevuta una ancora più
inequivocabile, tanto per assicurare a Federica che non aveva nutrire
alcun timore per Ester.
-Sto vedendo quello che penso?- chiese, balbettando appena. La
verità faticava a farsi strada nella sua mente. Tutta la
rabbia
che aveva accumulato in quelle ore minacciava di rompere le dighe e
svanire, lasciandola sola e ancora più confusa di prima.
Forse
era stata ingiusta, forse aveva sofferto per sue mere paranoie, di cui
Dante non aveva alcuna colpa, anzi, voleva solo essere carino. Era
stato gentile, come sempre. Le stava comprando dei regali, o qualunque
altra cosa assurda stesse facendo non contemplava il tradimento.
Sofferenza inutile.
-Un bacio saffico? Sì, è proprio quello che stai
guardando.- disse Sveva, con voce neutra.
-Queste due sembrano ancora più assatanate di me e Dante.-
-Risparmiami i particolari, ti prego. Comunque, tu e Dante avrete tutto
il tempo di recuperare e battere anche il loro record del bacio
più passionale dell'estate.- Riprese il cellulare,
sorridendo
allo schermo vuoto, come se potesse vedere un enorme sorriso spuntare
sul viso dell'amico. Gli aveva promesso di sistemare le cose almeno per
loro, e sembrava esserci riuscita. Ma quando
sollevò lo
sguardo tutta la sua euforia svani. - Adesso perché piangi?-
Federica si era raggomitolata su se stessa, abbracciandosi le ginocchia
e singhiozzando disperatamente. -Sono stata una stupida!-
Sveva si avvicinò e la strinse, facendole appoggiare la
testa
sulla sua spalla, confortandola proprio come il giorno prima. -Siamo
tutti stupidi quando siamo innamorati. Alcuni lo sono anche senza
essere innamorati, ma questo è un altro discorso. Quello che
conta è che puoi tornare a essere felice. Hai un ragazzo che
ti
ama alla follia, e anche tu lo ami tanto, altrimenti non saresti stata
così male.-
-Ma lui sarà arrabbiato...- mormorò, senza il
coraggio di
guardare l'amica. L'unica cosa che le veniva in mente erano gli occhi
di Dante e le sue mani quando l'accarezzava. L'avrebbe tenuta ancora
tra le braccia, l'avrebbe guardata ancora come se fosse la
più
bella del mondo?
-No, non lo è. Era atterrito all'idea di averti fatta star
male. Vuole solo la sua Federica.-
-Sai Sve, proprio stamattina ero convinta che non ci sarebbe stato
più niente tra noi, che avrei dovuto dimenticarlo...e
invece!
Sono così felice, io mi metterei a urlare o a saltare o
entrambe
le cose insieme!-
Risero entrambe, abbracciandosi. Federica sembrava aver seppellito
tutta l'angoscia in un angolo remoto del proprio cuore, pronta a
liberarsene definitivamente una volta tornata con Dante.
Perché
tutto fosse perfetto ci voleva il bacio del vero amore. Accidenti,
stava diventando una vera romantica! Ma quello era tutto merito di
Dante, soltanto lui riusciva a farla sentire tanto libera da poter
essere anche incoerente, da poter essere qualunque cosa desiderasse.
Sì, cavolo, lo amava. Lo amava davvero tanto. Con tutte le
sue
mancanze, con i suoi modi un po' rudi, i suoi sorrisi contagiosi e i
suoi abbracci confortanti. Era perfetto e lei non avrebbe mai
più messo in pericolo il loro rapporto.
Si potevano provare tante emozioni in un così poche ore?
Solo il
giorno prima credeva che l'amore fosse solo una finzione, che non
esistesse nessun sentimento reale, che i gemelli fossero solo degli
imbroglioni...
Sgranò gli occhi e si coprì la bocca, soffocando
un gemito. Vergil!
Se si era sbagliata su Dante, che conosceva così bene,
poteva essersi sbagliata anche su di lui?
-Che c'è, che ti prende ora?- le chiese Sveva, visibilmente
preoccupata.
-Niente, è che mi chiedevo...insomma io sono qui che
festeggio e
non ti ho chiesto nemmeno tu come stai...Cioè, niente di
nuovo
con Vergil, vero?-
Sveva evitò il suo sguardo, abbassando la testa. -Lasciamo
stare.-
Federica notò solo in quel momento gli occhi arrossati
dell'amica. Forse non aveva dormito, ma aveva pianto un bel po'. -No,
raccontami.-
-Davvero, non voglio pensarci. L'importante è che almeno una
di
noi due abbia il finale che le spetta. Avevi ragione sai, lui proprio
non fa per me.-
-Lui non fa per te?- Federica aveva notato che quelle erano le stesse
parole che aveva usato lei il giorno prima...allora Vergil era andato a
dirglielo? -Spiegati, ti prego.-
-Perché dobbiamo rovinarci la giornata?-
-Perché tu ieri hai ascoltato me...-
-Tu ieri hai dato di matto. Senza offesa, ma ti eri immaginata tutto.
Per me è diverso.-
-Non farmi morire dalla curiosità!- la
pregò Federica,
mentre divideva il ciambellone e la guidava di nuovo verso la cucina,
mettendo del caffè sul fuoco. Anche se lei era talmente
agitata
da desiderare una camomilla. La felicità per aver fatto pace
con
Dante, unita alla strana sensazione di averci litigato, averlo lasciato
ed esserci tornata senza neanche parlargli, erano un mix che si stava
rivelando letale, dovendolo miscelare anche con il terrore di aver
combinato il guaio peggiore della propria vita.
-Ieri Vergil è venuto da me, era molto strano, sembrava
calmo ma
si intuiva che dentro era furioso. Sai com'è lui quando si
arrabbia...-
-Sì, quell'aspetto da quiete prima della tempesta mi ha
sempre messa a disagio. Continua.-
-Gli ho detto che lo amo.-
Federica sputò un pezzo di dolce. -Che cosa?-
-Me l'aveva chiesto lui!- si difese Sveva, vedendo l'amica impallidire.
-Dopo avermi fatto dire cosa provassi esattamente per lui, mi ha
baciata.-
-Di nuovo...- Federica si morse la lingua, cercando di stare zitta,
altrimenti Sveva non avrebbe mai finito il racconto e lei sarebbe
rimasta sulla graticola.
-Sì, ma stavolta è stato diverso. Dopo ha preso
il
cellulare e mi ha mostrato un sms, che sembrava avessi scritto io. Ma
non sono stata io!- Sveva si accasciò contro lo schienale
della
sedia, nascondendosi il volto tra le mani.-Non so come sia possibile,
ma sembra che io abbia scritto a Ettore un messaggio, e Vergil
è
andato su tutte le furie. Mi ha dato della bugiarda e ha detto che non
avrebbe più perso tempo con me.-
Federica salvò il caffè appena in tempo, ma ormai
aveva
capito che nessuna delle due l'avrebbe bevuto. Lei era agitatissima e
Sveva stava già singhiozzando dall'altro lato del tavolo. La
sua
migliore amica era a pezzi e lei non sapeva cosa fare. Vergil era stato
molto duro con lei. Sì, si era sentito ingannato, ma questo
non
gli dava diritto di farle del male, no? O forse sì.
Però
non era lui il vero colpevole di tutto quel pandemonio.
Per un solo istante pensò a lui, si chiese come stesse. Era
una
persona che raramente mostrava le sue debolezze, ma per aver fatto una
scenata doveva essere davvero fuori di sè. Ci aveva visto
giusto. Vergil era interessato a Sveva, se ne era innamorato e non
aveva resistito all'idea di averla persa.
-Tesoro guardami, vedrai che
andrà tutto bene.- Federica massaggiò la schiena
di Sveva, che continuava a
piangere senza alzare nemmeno lo sguardo.
-Non è possibile.-
-E invece si aggiusterà tutto, proprio come è
successo tra me e Dante.-
-Smettila di illudermi!-
-Sveva guardami. Io ti devo dire una cosa...-
Federica si sentiva terribilmente in colpa per ciò che aveva
fatto. Pur mossa dalle migliori intenzioni aveva combinato un vero
casino di cui non era lei a pagare le conseguenze. Camminava con le
spalle curve e le mani affondate nelle tasche dei pantaloncini, senza
curarsi delle signore che spintonava distrattamente. La festa del paese
era imminente, le bancarelle affollavano le strade e i profumi di
caramelle e dolcetti si facevano sempre più intensi, ma lei
non
si sentiva in sintonia con quello spirito allegro. Perfino la gioia di
riavere Dante non riusciva a rianimarla. C'era una piccola parte del
suo cuore che faceva le capriole e cantava a squarciagola, con la
voglia matta di correre da lui, abbracciarlo e pregarlo di non
lasciarla mai più, ma per tutto il resto si sarebbe presa a
schiaffi.
Sveva l'aveva ascoltata senza dire una parola, dapprima non credendo
alla sua strampalata versione dei fatti, l'aveva fissata quasi senza
vederla, cercando di ricostruire il quadro degli ultimi giorni. Quando
aveva compreso la vera dinamica dei fatti era esplosa, rompendo il
silenzio con parole piene di veleno e rabbia. Federica non l'aveva mai
vista tanto scossa, aveva cercato di calmarla, anche se era stato del
tutto inutile, le aveva promesso di rimettere a
posto le
cose, di ricucire gli strappi che aveva creato, ma la sua amica aveva
voltato le spalle e se ne era andata, lasciando una frase a
metà
e sbattendo la porta. Adesso non sapeva nemmeno dove fosse e la
consapevolezza di averla ferita la faceva stare male. Federica aveva
riavuto tutto ciò che credeva perso: la fiducia in Dante,
adesso
che aveva scoperto di non essere mai stata tradita; la propria
autostima, e la speranza di un vero lieto fine. Tutte cose che, invece,
aveva sottratto a Sveva. C'era un solo modo per rimediare: parlare con
Vergil.
Deglutì pensando alla reazione che avrebbe potuto avere
l'abino
una volta saputa la verità. Sarebbe certamente andato su
tutte
le furie. Entrò nell'albergo e si infilò
direttamente
nell'ascensore. Fece un respiro profondo e si guardò allo
specchio. Non aveva mai permesso a nessuno di incuterle timore, e di
certo non avrebbe iniziato con l'avere paura di Vergil.
Trovò la sua stanza e bussò, ma lui
aprì solo dopo
parecchi colpi. Era meno impeccabile del solito, spettinato e con la
camicia sbottonata.
-Che cosa vuoi?-
-Ti devo parlare.-
-Ho di meglio da fare che stare ad ascoltati. E poi l'ultima volta che
abbiamo discusso mi pare sia
finita male.-
-Non fa niente. Devi ascoltarmi comunque- disse Federica,
oltrepassandolo e sedendosi alla sua scrivania.
-Vuoi che mio fratello ti trovi qui e pianti un altro casino? Ti
avverto che non sono in vena di essere messo in mezzo.-
-Lascia stare Dante, devo parlarti di Sveva.-
Vergil la fulminò con lo sguardo, tornò alla
porta e la spalancò. -Vattene.-
-Non lo farò.-
Per un lungo istante nessuno dei due si mosse. Si fronteggiarono senza
parlare, guardandosi dritto negli occhi e misurando la forza
dell'avversario. Federica strinse i braccioli della sedia tanto forte
che temette di deformarli, ma erano il suo unico appiglio per non
fuggire via da quella stanza dove, chiaramente, non era la benvenuta.
Non che lei avesse davvero voglia di restarci, ma purtroppo doveva
farlo. Si era divertita giocare con il fuoco e ora le toccava
scottarsi, sperando di non rimetterci tutte le penne. Vergil le
appariva calmo come una statua di marmo, rigido e immobile davanti
all'entrata. Sembrava il guardiano degli inferi. Avrebbe detto che
fosse impassibile, ma qualcosa nella piega della bocca e nello sguardo
ridotto a una fessura le faceva capire che stava tentando di trattenere
il livore.
-So che sei arrabbiato.-
-Tu non sai proprio niente.-
-E invece so molte cose. In realtà sono l'unica a sapere
come
siano andate davvero le cose e sono qui per raccontartelo. Io ho
combinato un casino e siete stati tu e Sveva a rimetterci. Mi dispiace.-
-Che stai dicendo? Tu non c'entri niente. La tua amica è una
piccola bugiarda e non voglio più sentirla nominare.-
-Parli così solo perchè ti ho manipolato, ma
Sveva non ne sapeva niente.-
-Ma di che cavolo stai parlando?- Vergil rimaneva con le spalle alla
porta, le braccia conserte e l'espressione contrariata.
-Di Ettore.-
-Quello stronzo può prendersela a quando vuole. Gliela
lascio con piacere.-
-"Quello stronzo", come lo chiami tu, non esiste. Abbiamo un compagno
di classe che si chiama così, ma Sveva non lo sente da mesi.-
-Mi dispiace ricordartelo, ma ho visto i messaggi che si sono
scambiati, appena qualche ora fa.-
Federica lanciò il proprio cellulare a Vergil. Non aveva
dubbi
che l'avrebbe preso al volo, come fece. -Guarda nella posta inviata
della seconda scheda.- Aspettò qualche minuto e quando lo
vide
aggrottare le sopracciglia ricominciò a parlare. -Ho un dual
sim, ma non avevo mai usato il secondo numero quindi nessuno lo
conosceva, nemmeno Sveva; non avevo nemmeno inserito la scheda nel
telefono prima di qualche settimana fa.-
-Non capisco...-
-Quel giorno sul molo ti ho
mentito. Ormai avevo capito il tuo interesse per Sveva e ho pensato che
con una piccola spintarella ti saresti finalmente fatto avanti. Quando
hai fatto quella battuta sul suo scarso successo coi ragazzi mi si
è accesa la lampadina. Se ci fosse stato un rivale tu ti
saresti
ingelosito! Così ho inventato Ettore.-
-Ma se hai detto che conoscete uno che si chiama così!-
-Sì, ma come stai vedendo i messaggi li ho mandati io. E non
sono
falsi, se ti ricordi al cinema gli sms di Ettore arrivavano sempre
quando io ero in bagno. E ti assicuro che non soffro di incontinenza!-
-Sul cellulare della tua amica c'era il suo nome.-
-Sì, perché lei ha il brutto vizio di lasciare in
giro il
telefono. Cancellare il numero del nostro compagno di classe e
sostituirlo con il mio è stato fin troppo facile.
Sveva non
si è accorta di niente. Non volevo sapesse nulla di questa
storia, altrimenti non avrebbe accettato, o si sarebbe comportata in
maniera talmente goffa da farti capire l'inganno. Lo sai che non sa
fingere. Pensa all'altro giorno, in spiaggia, quando ci ha raccontato
di uno sconosciuto che l'avrebbe quasi aggredita baciandola
all'improvviso. Si capiva subito che c'era ben altro e che stava
parlando di te, ci è cascato solo Dante...-
-Mio fratello non è mai stato particolarmente intelligente.
Comunque, questo non spiega niente. Finora hai detto di aver montato
tutto questa storia per indurmi a dichiararle il mio interesse...-
-Si chiama Sveva, puoi anche pronunciarlo il suo nome. Non morirai
fulminato, stà tranquillo.-
Vergil le lanciò un'occhiataccia, che Federica
ignorò.
Era preoccupata da quell'atteggiamento, sembrava che lui avesse
già preso le distanze, che si fosse già staccato
da Sveva
e davvero non ne volesse sapere più nulla. L'ascoltava,
dall'altro lato della stanza, dimostrando scarso interesse, guardandosi
intorno e picchiettando ogni tanto le dita sul muro, per infastidirla,
però continuava a porre domande. Federica sperò
che
quello fosse un segnale positivo.
-Dicevo, se volevi che io e lei fossimo una coppia, se non esiste
nessun rivale e tutte le altre baggianate, come spieghi il
messaggio di ieri? Proveniva dal suo telefono, non dal tuo. E di certo
non ci avrebbe aiutato a stare insieme: lei scriveva di volere un
altro, che io non faccio per lei. E questo non lo prendo come un
incoraggiamento nei miei confronti!-
-Ieri ero convinta che Dante mi avesse tradita.-Federica si morse
un'unghia, aveva sperato che Vergil non facesse
troppe storie e accettasse le sue spiegazioni, ma dovergli confessare
tutto per filo e per segno era davvero umiliante. Respirò a
fondo e si agitò sulla sedia, sperando che l'interrogatorio
finisse presto.
-Che c'entra adesso?-
-Ero convinta che tuo fratello mi avesse
ingannata, ero arrabbiata, accecata dalle delusione. E quando Sveva
è venuta a consolarmi ho pensato che anche lei avrebbe
finito
col soffrire per colpa tua; che per noi sarebbe stato meglio
dimenticarvi il prima possibile. Se Dante era stato uno stronzo,
figuriamoci cosa potevi essere tu. Senza offesa.-
-Figuriamoci!-
-Quando ho capito che lei sarebbe venuta da te e che ti avrebbe detto
di essersi innamorata, sono andata nel panico. Dovevo proteggerla prima
che si esponesse troppo, così approfittando della sua
assenza
le ho fregato di nuovo il telefono e ti ho scritto quelle cose. Sapevo
che sentendoti messo da parte l'avresti allontanata. Sei orgoglioso
peggio di tuo fratello e non avresti mai accettato la sconfitta. Mi
sono ricordata di come ti sei comportato con me, dopo che mi sono messa
con Dante hai fatto finta che non esistessi. Se ti fossi comportato
così Sveva ci sarebbe rimasta male, ma non avrebbe sofferto
poi
troppo.-
Vergil scosse la testa e si sedette sul letto, con la testa china sulle
mani giunte. Sembrava in preghiera, o forse si stava trattenendo per
non strangolarla. Federica lo guardò meglio, resa
più
coraggiosa dalla sua distrazione. In quella posizione sembrava
più fragile, più vero. Non stava fingendo di
essere forte
a tutti i costi, le stava mostrando i suoi dubbi.
-Credimi, ti sto dicendo la verità.-
-Mentre litigavamo lei mi ha mostrato il suo telefono e quel messaggio
non c'era. Mi ha giurato di non saperne niente. Sembrava sincera.-
-Lo era.-
-Mi ha detto che mi ama.-
-Se avevi bisogno di sentirglielo dire allora sei più
sciocco di
Dante. L'abbiamo capito tutti che ha una cotta per te, lo sanno perfino
i suoi.-
-Che cosa?-
-E dai Vergi! Anche quando ti sei comportato da stronzo Sveva
è
sempre tornata da te. Non fa altro che nominarti, osservarti, pensarti.
Sembra una falena attratta dalla luce, io temevo che si bruciasse e mi
sono messa in mezzo, ma ho sbagliato e non so nemmeno se mi
perdonerà.-
-Le ho detto delle cose terribili- mormorò Vergil.
-Tu le dici sempre cose terribili...- scherzò Federica,
mentre gli posava una mano sulla spalla per
incoraggiarlo.
Lui alzò la testa. I loro sguardi si incrociarono per un
lungo
momento, entrambi capirono di avere qualcosa in comune, volevano bene a
una persona che avevano trattato ingiustamente.
-Non c'è nessun altro.- Vergil si passò le mani
sul viso
come se volesse lavar via la stanchezza e la delusione di quelle ore
solitarie. Parlava a bassa voce, quasi riflettendo con se stesso,
più che parlando con lei.
-A te non bruciava che ci fosse un altro. Non hai mai temuto rivali, ti
ha fatto incazzare l'idea che lei avesse scelto un altro. E,
sinceramente, non so nemmeno come tu abbia fatto a crederci.-
-Già.-
Federica lo osservò leggere qualcosa sul display del
cellulare,
pensò a qualche altro messaggio al vetriolo, si sporse per
sbirciare e vide che sullo schermo c'era solo un cuoricino,
inviato da Sveva, prima che litigassero. -Non le ho insegnato proprio
niente su come ci si
comporta coi ragazzi. Ti ha mandato un cuoricino, la solita smielata!-
gemette, mentre Vergil le gettava un'occhiataccia. Incurante del
rischio le continuò -Cioè, tu hai pensato davvero
che una
così se la facesse con un altro?-
-Senti, Sveva ti avrà pure risparmiata, ma io potrei non
essere altrettanto generoso.-
-Oh, finalmente l'hai chiamata per nome!-
Federica vide spuntare sulle sue labbra un leggero sorriso, mentre i
suoi occhi azzurri tornavano ad accendersi di una luce pericolosa. Era
tornato lo stesso ragazzo arrogante che conosceva bene. Capì
che
sarebbe andato a cercarla, e che non avrebbe smesso fino a che non
l'avesse trovata. Sveva non era orgogliosa, non appena l'avesse rivisto
sarebbe cascata tra le sue braccia. Non aspettava altro.
Era tempo che tutti e quattro si godessero l'epilogo di quella lunga
storia. Era tempo di riappacificarsi e vivere quell'amore sbocciato in
maniera confusa, ma irrefrenabile. I loro sentimenti erano nati
timidamente, ma si erano nutriti di ogni sorriso, di ogni piccolo
gesto, di ogni bacio rubato tra le onde, di ogni carezza data di
nascosto.
Salutò Vergil con una pacca sulla spalla, lo
minacciò di
orribili ritorsioni se avesse trattato male la sua amica, ma per un
istante lo vide per ciò che era davvero.L'unico ragazzo
giusto
per Sveva.
Uscita dalla stanza si fermò sul pianerottolo, senza sapere
dove
andare. Voleva solo volare da Dante, ora che sapeva di aver rimesso a
posto le cose. Poteva permettersi di essere felice, di donarsi senza
riserve, perché non c'era nessun'altra che Dante
desiderasse. A
quel pensiero il suo cuore galoppò nel petto e finalmente
poté sentire nelle vene l'euforia della festa che nel paese
non
era ancora iniziata, ma che dentro di lei era già ai fuochi
d'artificio.
Cavolo,
siamo al terzultimo
capitolo. MENO DUE e Doppia Coppia sarà finita. Un pezzo di
vita che arriva all'ultima pagina. Mi prenderà un colpo.
Ok.
Calma.
Respiriamo a fondo
e diventiamo ZEN. U_U
Scherzi a parte (ma
chi stava scherzando?), spero che questo capitolo vi sia piaiuto.
Federica affronta le conseguenze dei suoi gesti, svela le sue
fragilità e fa un po' di chiarezza. Che altrò
accadrà? Dai che siamo vicine alla fine. Fatemi compagnia,
come sempre, che altrimenti mi verrà una crisi di nostalgia!
La vostra
Bry.
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