That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Hogwarts - II.001
- Sul Treno per Hogwarts
James
Potter
Godric's Hollow, West Country - mer. 1 settembre
1971
“James…”
“Hmm…”
“James…”
“Hmfff…”
“Insomma, James…
svegliati!”
“Mmmmmgrrr”
“Per Merlino e tutti i
Fondatori, farai tardi!”
Mia madre tirò via di colpo lenzuola e coperte, io mi girai
e mi
aggrappai al cuscino, come se potessi difendermi in qualche modo da
quell’uragano… Quando mi arpionò i
pantaloni
cercando di togliermeli via con un colpo secco, mi tirai su, la bocca
impastata, gli occhi ancora sigillati e una criniera di capelli
indomabili sparati in ogni direzione.
“Uff… ho
sonno!”
E ripiombai nel letto, mentre l’elfo di casa entrava
zampettante
nella stanza, apriva tutte le tende inondando la camera di sole: i
gagliardetti dei Tornados s’illuminarono alla luce di una
stupenda giornata, io recuperai il lenzuolo e me lo tirai fin sopra la
testa.
“Insomma Jamie! Hai deciso di
perdere il treno per Hogwarts?”
Quella parola accese finalmente il mio cervello: ricordai di colpo che
giorno fosse, saltai in piedi senza pensare più a niente e
mi
precipitai nel bagno; sotto la doccia, canticchiando l’inno
dei
Tornados, m’insaponai ben bene, lavai e cercai di sistemare
di
nuovo i capelli, pur sapendo che era un’impresa disperata, e
dopo
non molto riemersi alla presenza dei miei. Sveglio, pulito e ben
vestito.
“Godric santissimo! Che ci fai
di notte con questi capelli!”
Mia madre, dopo aver passato tre ore la sera precedente a tagliare e
appiattire quella foresta, si ritrovava di nuovo, incredula, davanti al
suo unico figlio, che sembrava portare un nido di cicogna in testa. Mi
spinsi gli occhiali meglio sul naso e mi specchiai sulla superficie
lucida e brillante della teiera: sì, durante la notte
dovevano
essere cresciuti di nuovo di una decina di centimetri.
“Lasciali perdere, Dorea, lo
sai com’è… il nostro
campione!”
Mio padre mi rivolse uno sguardo orgoglioso, avevo visto le sue foto da
ragazzo, sapevo da chi avevo preso quella mia stravagante
caratteristica… Charlus Potter chiuse la sua copia della
Gazzetta del Profeta, bevve un ultimo sorso del suo Earl Grey e si fece
portare il mantello dal nostro vecchio e servizievole elfo.
“E’ ora, James,
saluta tua madre e andiamo, manca meno di mezzora alla
partenza…”
“Ma come? La
mamma...”
“Oh no, Jamie, rischieresti
davvero di perdere il treno…!”
Mia madre mi stampò un bacio sulla fronte e prima che
potessi
iniziare a frignare una qualche protesta, mio padre mi aveva
già
abbracciato, per smaterializzarci diretti a King’s Cross.
***
Sirius
Black
Amesbury, Wiltshire - mer. 1 settembre 1971
“La smetti di
frignare?”
Regulus, nel letto di fianco al mio, soffocò sotto le
coperte un
singhiozzo, l’ennesimo: erano diversi minuti ormai che mi ero
svegliato, e chissà da quanto aveva già iniziato.
“Vieni qui,
Reg…”
“No, adesso
passa…”
“Reg…”
“Lo sai che la mamma non
vuole…”
“C’è
forse la mamma adesso?”
Mi alzai, andandomi ad accoccolare col viso accanto al suo, poi scostai
le sue coperte, m’infilai nel suo letto e scoprii che era un
pezzo di gelo.
“Merlino, Reg! Che
succede?”
Lo abbracciai e gli strofinai addosso le coperte, per riattivargli la
circolazione, batteva i denti come se avesse la febbre.
“Chiamo qualcuno? Ti senti
male?”
Faceva di no con la testa… no, non stava male, era solo
spaventato a morte, come gli capitava a volte, fin da quando eravamo
più piccoli. Allora lo prendevo in braccio e lo portavo nel
mio
letto, e passavo la notte stringendomelo addosso, recitandogli le mie
rassicurazioni come una ninna nanna per bambini. Era incredibile quanto
riuscissi a essere convincente con lui e quanto poco con me stesso. Lo
spettinai appena, la luce della luna illuminò quegli occhi
identici ai miei, ma fu solo un attimo, perché Reg
indossò subito sul suo viso la maschera impassibile dei
Black.
“Torna a letto Sirius, ho solo
fatto un brutto sogno…”
“Non ci penso
proprio!”
Reg si asciugò rapido le ultime lacrime e si ricompose, si
mise
supino a osservare la luna fuori dalla finestra, un po’ si
era
scaldato ed io allentai la stretta, mi girai a mia volta a fissare il
baldacchino sopra di me.
“Così il caro
fratellino sentirà la mia mancanza…”
Lo canzonai appena, sicuro che gli avrei provocato un moto di stizza
che l’avrebbe rimesso subito in sesto. Con me funzionava
sempre
benissimo e lui in fondo, era mio fratello!
“No… sei un pessimo
fratello maggiore!”
Era tornato in sé, come previsto, ma le sue parole suonavano
meno convincenti del solito.
“E tu sei una piattola di
fratello
minore… Neanche io sentirò la tua
mancanza…”
Gli scoccai un’occhiata in tralice. Lo sapevamo entrambi che
non
lo pensavo davvero. Restammo in silenzio per un po’, il suo
respiro era regolare, ma non tanto da farmi sperare che stesse per
riaddormentarsi.
“Se ti dico una cosa,
stavolta, mi giuri che
non lo dirai a nessuno? E quando sarà il momento, farai
finta di
essere molto sorpreso?”
Altra occhiata: Reg aveva perso l’aria smunta e sembrava
incuriosito, avrei fatto di tutto pur di distrarlo.
“Sherton mi aveva promesso che
non ti avrebbe
lasciato solo ad affrontare mamma e papà,
quest’inverno,
ora so per certo che manterrà la promessa: ti
darà delle
lezioni private di volo e di Quidditch.”
Si tirò su.
“Dici davvero? O lo fai solo
per…”
“Ho sentito mamma e
papà che litigavano
su questo, l’altra sera, e papà l’ha
spuntata… Le ha detto che con Sherton andrete a vedere la
maggior parte delle partite del Puddlemere quest’anno, che ha
saputo che sei bravo come cercatore e che farà di tutto per
sostenerti nella tua scelta, se è davvero quello che
vuoi.”
“Ha davvero detto questo?
Papà ha detto questo?”
“Sì, ma se vuoi un
consiglio, fai in
modo che te lo senta dire di persona, Reg, non lasciare che sia solo
Sherton a combattere per i tuoi sogni…”
Annuì con la testa, sembrava più tranquillo e
sereno.
“Ora dormiamo, altrimenti
domattina non riuscirai a liberarti di me…”
Gli feci un sorriso sghembo, poi gli diedi la schiena, rimanendo
però nel suo letto, se avesse fatto un altro brutto sogno
dovevo
essere lì, al suo fianco.
“Ti voglio bene,
Sir…”
“Ti voglio bene
anch’io…”
***
Severus
Snape
Spinner's End, località sconosciuta -
mer. 1 settembre 1971
Quegli abiti babbani, così enormi per me, mi facevano
veramente
orrore, non vedevo l’ora di arrivare su quel benedetto
Espresso
per mettermi la divisa e farla finita con quella farsa. Incrociai gli
occhi assenti di mio padre, sprofondato sul divano, in canottiera:
Sherton era arrivato domenica mattina, all’alba, aveva
preparato
della nuova pozione e in tutta fretta se n’era andato, mentre
mio
padre smaltiva ancora la sbornia nella stanza di sopra. Lui e sua
moglie avevano da poco avuto un altro figlio: era per questo che non
erano riusciti a venire durante le ultime settimane ed io avevo tirato
un sospiro di sollievo nel vederlo, avevo temuto che ci avessero
abbandonato anche loro. Invece ora sapevo che qualcuno avrebbe difeso
la mamma in mia assenza. Guardai mio padre, di nuovo: sapevo che non
approvava, sapevo che avrebbe voluto che non fosse mai arrivato quel
giorno, ma insieme a mia madre alla fine ce l’avevo fatta,
stavo
per andare incontro al mio destino. Me ne sarei andato via da quella
mediocrità, mi sarei rifatto, come mago, delle umiliazioni
che
quella vita, la vita babbana di mio padre, mi avevano riservato fino a
quel momento. E poi c’era Lily. L’immagine di
quella nuvola
di seta rossa al mio fianco mi faceva guardare con ottimismo al futuro.
Al solo pensiero di quegli occhi verdi sentivo qualcosa animarmi lo
stomaco, farmi librare a vari metri da terra, il mondo assumeva tutte
le sfumature e la lucentezza degli arcobaleni più maestosi.
Salii di corsa in camera per prendere la mia bacchetta, mentre mia
madre mi aspettava di sotto con il baule pieno di libri e il calderone,
ma, prima di chiudere la porta, gli occhi mi finirono sul vecchio
giradischi sul tavolino. Non ci avevo pensato più, in quelle
ultime settimane, ma di colpo mi tornarono in mente quel pomeriggio
afoso, quella penombra nella mia stanza, quella bambina dai capelli
corvini e il terrore stampato sul viso… Chissà
quale
punizione aveva preso la piccola Sherton per quella fuga in mezzo ai
cespugli… Un sorriso m’increspò le
labbra. Quella
era stata l’ultima volta che qualcuno mi aveva scambiato per
uno
stupido babbano; quel giorno, in quella stanza, avevo giurato a me
stesso che mai più mi sarei lasciato umiliare nel corso
della
mia vita.
***
Meissa
Sherton
King's Cross, Londra - mer. 1 settembre 1971
Arrivammo tutti a King’s Cross piuttosto presto, verso le
9,30
avevamo l’appuntamento con i Black; io chiesi chiaramente a
mia
madre di passare qualche momento da sola con lei, finché
ancora
non c’era tutta la folla di gente festante che avremmo dovuto
salutare, soprattutto per evitare la presenza invadente di Walburga. La
mamma, avendo capito da tempo quanto la signora Black mi spaventasse,
esaudì i miei desideri, lasciando a mio padre e a mio
fratello
il compito di portare oltre la barriera di King’s Cross i
bagagli
e d’intrattenere i conoscenti che arrivavano alla
spicciolata. Ci
mettemmo sedute a un tavolino della stazione babbana, confondendoci
abbastanza bene tra la folla: avevamo indossato degli abiti eleganti ma
simili a quelli babbani, al contrario della maggior parte degli altri
slytherins, che in genere arrivavano in stazioni con le toghe
tradizionali, coperte dai mantelli. Mia madre ordinò per
sé un semplice te verde e per me una cioccolata calda con
panna:
era solo il primo settembre, ma la giornata era diventata rapidamente
grigia e fredda, benché ci fossimo svegliati sotto un bel
sole
quasi primaverile. Mangiai qualche biscotto, particolarmente gustoso e
croccante, senza mai alzare gli occhi da quella tazza.
“Non devi aver paura,
Mey…”
“Volevo solo stare un
po’ con te, visto
che non ti vedrò per tanto tempo… e non mi andava
di
dividerti con gli altri!”
La mamma mi sorrise, prendendo la mia mano sinistra tra le sue.
“Vedrai, troverai tanti amici,
imparerai tante
cose e il tempo passerà veloce, poi con Ginevra, ci
scambieremo
sempre notizie!”
“Sì”
“Pensa solo a studiare e a
divertirti, ti
ricordi quello che ti ho raccontato? Io mi sono trovata benissimo in
quel castello e, da casa, io e tuo padre faremo di tutto per
assicurarti la serenità!”
Mi diede un bacio sulla fronte ed io affondai il viso tra i suoi
capelli, così morbidi e profumati.
“Ora andiamo, sono quasi le
10.30…”
Tornammo indietro: i Black e gli Sherton si erano uniti nei saluti, i
bagagli erano stati affidati agli elfi domestici e caricati in una
vettura di testa, mio padre mi presentò
all’ennesimo amico
che conosceva dai tempi della scuola, stavolta senza parlare di me come
della futura piccola Serpeverde di casa, il che da un lato mi fece
piacere, ma dall’altro pensai che ormai anche lui si fosse
rassegnato. Presto non ne potei più di tutte quelle facce:
volevo che si occupassero di mio fratello, era lui l’eroe, il
futuro capitano della squadra di Quidditch, o di mia madre, aveva molto
da raccontare sula piccola Adhara, volevo che si occupassero di
qualsiasi cosa e che mi lasciassero libera di muovermi lungo il
marciapiede del binario 9 e 3/4. Alla ricerca di cosa? Non lo sapevo
neppure io. Mi guardai intorno, la gente si affollava intorno al treno
con la locomotiva rossa e vaporosa, ovunque c’erano grida,
risate, pianti, saluti festosi e borbottii di genitori costretti a
spostare bauli pesanti, grida d’ uccelli, miagolii di gatti e
tanti altri suoni e rumori.
Guardai la mia compagnia così diversa dal resto della folla,
mostravano un lignaggio diverso, per facce, abiti e movenze: tra i
maghi non c’era la nobiltà, ma se ci fosse stata,
io ne
avrei fatto sicuramente parte. Avrei evitato volentieri i coniugi
Black, ma Walburga e Orion si erano appiccicati con fare sinistro a mio
padre, come api al miele e di lì a poco si unirono anche
Cygnus,
sua moglie e la bella Narcissa; a peggiorare ulteriormente le cose,
vidi arrivare anche i Malfoy: vidi già da lontano
avvicinarsi le
chiome biondissime e fluenti del giovane Lucius e di suo padre, ma
stavolta mi dileguai prima, non aspettai di farmi stilettare dai loro
occhi inquietanti. Ogni volta sentivo una specie di gelo invadermi il
petto quando quegli occhi si posavano su di me, come se fossi alla
presenza di un dissennatore: questo era l’effetto di quelle
creature maligne, stando a mio padre che da ragazzo era stato inseguito
da uno di quei mostri durante una disavventura estiva, riuscendo a
sfuggir loro per il rotto della cuffia, facendo emergere il suo
Patronus all’improvviso, per la prima volta nella sua vita,
con
la sola forza della disperazione. Quel giorno, però, neanche
la
vista dei Malfoy riuscì ad attirare a lungo la mia
attenzione:
ero curiosa di sapere come avesse fatto Sirius a sganciarsi da quella
trappola e, soprattutto, avrei voluto approfittare della stessa
libertà di cui, in quel momento, stava di certo godendo lui.
Esasperata, lasciavo correre i miei occhi tutt’intorno per
intercettarlo, finché non incrociai due occhi scuri e
pensosi
che mi fissavano da lontano, attirandomi, quasi senza che me ne
accorgessi, fuori della cerchia claustrofobica in cui stavo annegando.
Mi ritrovai a camminare con difficoltà in mezzo a quella
marea
di gente: prima incrociai la ragazzina dai capelli rossi di
Spinner’s End, con gli occhi pieni di lacrime, che fuggiva
dentro
il treno, poi urtai l’altra ragazzina appena più
grande
che aveva un ghigno feroce sulle labbra e se ne stava sulle sue, vicino
a due adulti decisamente fuori posto, così platealmente
babbani.
Infine ritrovai il naso aquilino della signora Prince, a farmi da faro
nella confusione, ma quando finalmente la raggiunsi, suo figlio era
già stato inghiottito dalla folla entusiasta che saliva sul
treno. Appena mi trovò davanti a sé, Eileen mi
prese per
un braccio e senza tanti complimenti mi sospinse indietro senza
più voltarsi verso il treno o verso suo figlio,
là dove
avevo lasciato i miei genitori. Per un secondo mi parve di sentire la
risata cristallina di Sirius uscire da uno dei finestrini, mi voltai,
ma non riuscii a capire da quale scompartimento arrivasse. Sempre
trascinata, mi ritrovai all’improvviso dietro la gonna di mia
madre, mi voltai per salutare Eileen, ma la donna era già
scomparsa nella folla.
“A quanto pare la piccola
Meissa ama già l’indipendenza e
l’avventura!"
Ridacchiò Abraxas Malfoy, prendendomi in braccio e facendo
un
gran sorriso alla mamma, che al contrario aveva
un’espressione
contrariata. Papà mi rimproverò amorevolmente,
più
per far contenta mia madre, che con reale intenzione: amava
l’intraprendenza dei suoi figli, sicuro che in
quell’ambiente non potesse accaderci nulla di male.
All’improvviso il treno emise un fischio. Erano le
10.55…
era il momento che noi ultimi tira tardi salissimo, così,
con un
braccio di mio fratello attorno alle spalle, mi attardai ancora per un
minuto a salutare la mamma, mio padre e Mirzam, che si era
materializzato all’ultimo momento proprio per salutarmi; poi
seguii Rigel sul treno, praticamente gli ultimi a salire. Il treno
emise un altro fischio. E alla fine partì. Appena si mosse,
io
rimasi impietrita dal terrore, mentre da tutti i finestrini si alzarono
grida di saluto e di festa.
Rigel mi fece sporgere dal finestrino assieme a lui e a un paio di suoi
amici, salutò radioso nostro fratello con una serie dei loro
soliti insulti giocosi, sotto gli occhi divertiti di nostro padre.
Abbastanza lontano da noi, da un altro finestrino, Sirius e un
ragazzino con gli occhiali e i capelli scompigliati si affacciarono a
salutare con un’espressione festosa, infine, mentre tante
mani e
fazzoletti e occhi commossi ci seguivano ancora, il treno scomparve
dietro una curva all’orizzonte. Ora ero sola, almeno fino a
Natale avrei dovuto convivere con la tremenda nostalgia della mia
famiglia.
***
Sirius
Black
Hogwarts Express - mer. 1 settembre 1971
Avevo trovato all’istante una “corte” di
amici:
inutile dire che, anche in un ambiente pressoché
sconosciuto, la
mia natura avventurosa e aperta al nuovo era subito venuta fuori. Mio
padre, appena eravamo comparsi con gli Sherton oltre la barriera di
King’s Cross, mi aveva spinto sul treno come fossi un
fagotto,
senza troppi riguardi, intimandomi di non scendere, forse per evitare
che passassi altri “pericolosi” momenti con
Alshain. La
nostra ultima discussione, un paio di sere prima, non era stata molto
piacevole, ma, almeno, per la prima volta nella mia vita, era stato
sincero con me… Era stata la prima vera discussione tra me e
mio
padre: mi aveva ascoltato dall’inizio alla fine, senza
picchiarmi
o mettermi in punizione, per lo meno non prima che gli avessi detto
tutto. Non che l’epilogo fosse stato diverso, alla fine,
ma… per una volta, mi aveva ascoltato. Sul treno mi
rifeci
sull’elfo della malagrazia di mio padre e della totale
indifferenza di mia madre, nei miei confronti: costrinsi il vecchio
Kreacher, carico dei miei bagagli, a seguirmi fino a uno scompartimento
in cui era seduto un ragazzino biondo dall’aria sveglia ma un
po’ malaticcia. Avevo idea che non fosse un purosangue, e che
non
fosse nemmeno economicamente ben messo, almeno stando ai suoi abiti,
perciò decisi che era la compagnia a me più
adatta: il
pensiero di avere a che fare, da subito, con l’altezzosa
Narcissa
e i suoi amici, o con altra gente della risma dei miei genitori, mi
faceva rivoltare lo stomaco. Per un momento mi chiesi se sarei riuscito
a convincere Mey a fermarsi in quello scompartimento con me, ma dopo
quei due mesi a Herrengton, sapevo che non avrebbe avuto problemi e mi
avrebbe detto sicuramente
“Sì”… era
così diversa dalle altre ragazzine slytherin. Mi morsi un
labbro
e m’imposi di non pensarlo: Meissa era una serpeverde,
esattamente come me. Entrai e mi presentai subito, il ragazzino si
chiamava Remus John Lupin e sembrava emozionato e, soprattutto, molto
timido: situazione perfetta per farmi apparire al meglio delle mie
qualità di trascinatore. Dopo non molto fece il suo ingresso
nello scompartimento un ragazzino con evidenti difficoltà
nell’utilizzare il pettine, visto che aveva un cespuglio
ispido
di capelli neri in testa, ci chiese gentilmente se poteva fermarsi con
noi: al primo sguardo mi sembrò subito un tipo in gamba, con
due
penetranti occhi marroni, nascosti dietro un paio di occhiali tondi,
così, autoproclamatomi "Signore dello Scompartimento" lo
invitai
a entrare, sotto gli occhi sempre attenti e sognanti di Remus. Il suo
nome era James Potter e qualcosa in me, quando gli strinsi la mano che
mi aveva offerto sicuro, mi disse che non l’avrei dimenticato
tanto facilmente.
“Che cos’hai
lì?”
Gli chiesi mentre cercava di riavvolgere nel pastrano, così
da
nasconderla, una sacca lunga che aveva momentaneamente fatto capolino
tra le sue cose.
“Beh ecco
io….”
S’infilò una mano tra i capelli e nei suoi occhi
comparve una chiara espressione da monello.
“È una scopa da
Quidditch, vero? Fa vedere!”
James assentì, con aria colpevole e uno sguardo che chiedeva
di
mantenere il segreto, visto che alle matricole era vietato tenere dei
manici di scopa personali. Mi misi a ridere, tirando fuori dal mio
baule, in tutta fretta, il regalo di Alshain.
“Accidenti! Hai una Red
Firebolt 1971!
è stupenda, è la più nuova e
veloce…
è… ti sarà costata un sacco di
soldi...
è…”
“In realtà me
l’ha regalata il mio padrino...”
“Accidenti, l’avessi
io un padrino come il tuo!”
James la prese e la rimirò, come avesse tra le mani una
sacra
reliquia, per farla corta, stava sbavando; al contrario di Remus, si
capiva benissimo che fosse un vero mago e anche piuttosto ricco, ma in
quel momento, tirando fuori la scopa d Alshain, mi ero immediatamente
riappropriato del mio indiscusso ruolo di leader, come si conveniva, in
ogni circostanza, a un vero Black.
“Credo di non essere ancora
bravo abbastanza
per questa scopa: ieri sono caduto da una che è decisamente
più lenta e più semplice da governare!”
“Non ti preoccupare, se vuoi
ti insegno io!”
Potter mi guardò astuto, sicuramente avrei pagato le lezioni
facendogli provare la scopa, nella sua fantasia, e già stavo
per
rispondergli che avevo un ottimo maestro, non avrei diviso i doni di
Alshain con nessuno, ma mi trattenni e gli feci un cenno di assenso,
seguito da un occhietto complice: non mi sembrava il caso di rimarcare
troppo, fin da subito, la mia “essenza” Black, quel
ragazzino prometteva bene e non volevo farlo fuggire a causa dei modi
altisonanti della mia famiglia. Mentre anche Remus, un po’ a
disagio, si univa nell’ammirare quel gioiellino, James si
mise
finalmente seduto, finì di sistemate le sue cose e diede da
mangiare alla sua bella civetta fulva. A me, che da sempre desideravo
ardentemente un gatto, mio padre aveva procurato Caius, un gufo reale,
antipatico e altezzoso come tutto il resto della mia famiglia! Avevo
tirato fuori un sacchetto di cioccorane per fare conversazione in
allegria: sapevo che era tradizione beneaugurante dividere la
"mercanzia" con i compagni di viaggio, perciò feci in modo
di
mettere da parte un pò del "bottino" per dividerlo con
Meissa,
appena l'avessi ritrovata.
“Avete già idea di
dove sarete smistati?”
Remus si disse un po’ in ansia, sperava di finire in una casa
tranquilla in cui un mezzosangue squattrinato come lui, figlio di una
strega e di un babbano, non fosse troppo maltrattato. Ma la
conversazione morì lì, fu a quel punto, infatti,
che
entrò un ragazzino paffuto, dagli occhi acquosi e i capelli
chiari, timido e decisamente impacciato, che tartagliando ci chiese se
c’era un posto libero. E da quel momento Peter Pettigrew fu
dei
nostri.
“Bene, a questo punto mi
riservo quest’ultimo posto libero per un ospite, se non vi
dispiace."
Li guardai col mio migliore, “fascinosissimo”
sorriso
Black, gli altri non fecero obiezioni, pervasi però, lo
vedevo
benissimo, da una certa curiosità. Nel nostro
scompartimento, io
e James avevamo occupato i posti accanto alla porta, Peter si era messo
nel posto centrale accanto a me e Remus stava nel posto centrale
accanto a James; accanto alla finestra, alla sinistra di Peter, stava
infine seduta una ragazzina dai capelli rossi, che avevo trovato
già lì, insieme a Lupin: apparentemente non aveva
alcuna
intenzione di darci spago, presa com’era dai suoi pensieri e,
pareva, dai suoi pianti. Fin dall’inizio non mi curai molto
di
lei, in fondo anch’io non avevo intenzione di strafare e
decisi
che per il momento non le avrei dato noia: il viaggio era lungo e
avremmo avuto modo di presentarci, se l’avesse voluto. Anche
gli
altri dovevano pensarla come me, perché nessuno di noi,
forse
per imbarazzo e timidezza, decise di darle fastidio. Avevo ben altro
per la testa, c'era una sola persona che avrei voluto in quello
scompartimento con me, e il pensiero di lei annullava ogni interesse
per qualsiasi altra ragazzina esistesse sulla faccia della terra.
Appena arrivati alla stazione, Meissa era sparita con sua madre e i
miei, tutti presi dalle discussioni politiche con i loro amici, dopo
avermi caricato a forza sul treno, mi avevano, di fatto, impedito di
vederla ancora: sarei voluto scendere e chiedere di lei a Sherton, ma
mio padre non si era staccato un attimo da lui, ed io temevo la sua
furia se fossi sceso da quel treno e l’avessi privato
dell’attenzione del suo amico. Avevo desiderato invano di
parlare
con Alshain un’ultima volta prima di partire, purtroppo ad
Amesbury non c’era stato molto tempo, eppure ero sicuro,
dagli
sguardi che mi aveva lanciato, che aveva qualcosa da dirmi, qualcosa
d’importante per me. Quando mi aveva dato l’anello,
avevo
sperato, ma quella sera Sherton era stranamente taciturno e mi aveva
solo fatto giurare di non separarmene mai. Lo rimirai sulla mia mano,
un anello di ferro, antico ed elaborato: non sapevo se avesse valore,
proprietà o significati particolari, per me era importante
perchè mi ricordava l'uomo e la terra da cui l'avevo
ricevuto.
Sospirai. Mi sarebbe piaciuto sapere cosa mio padre aveva detto ad
Alshain del Cammino del Nord, con me di sicuro non l’aveva
presa
bene, mi aveva detto che ero un pazzo e mi aveva maltrattato per le due
settimane successive al nostro ritorno dalla Scozia, e visto che ormai
Reg dormiva in un’altra stanza, alcune sere il digiuno era
stato
terribilmente difficile da sopportare. Mentre ero distratto e perso in
quelle idee confuse, avvolto dal caos che mi stavano creando attorno i
miei nuovi compagni di viaggio, - mi ci volle poco a capire che James
era una vera forza e sarebbe potuto diventare un ottimo compagno di
scorribande- mi accorsi appena che si era affacciato nello
scompartimento e si era seduto vicino a noi un ragazzino talmente esile
che sicuramente sarebbe caduto se qualcuno gli avesse anche solo
respirato addosso: sembrava un ragnetto. In breve aveva attaccato una
conversazione con la ragazzina dai capelli rossi, James che stava
distribuendo le sue cioccorane, si mise ad ascoltare con interesse, io
perso a osservare distratto il via vai sul marciapiede, e
già
nervoso per mio conto, notai, infastidito, solamente che era entrato
senza chiedere permesso e senza salutare nessuno, occupando il posto
che avevo deciso di riservare a Mey. Ora, mentre aspettavamo la
partenza, addirittura stava parlando di Serpeverde e Grifondoro con
toni da tale saputello che non potei più trattenermi
dall’intervenire. Soprattutto perché, quando mi
decisi a
rivolgergli uno sguardo pieno, lo riconobbi: era il
“bastardo” che mi aveva spinto e che avrei
volentieri
picchiato a Spinner's End, il mezzosangue che, stando a Sherton, fin
dalla prima volta che ci fossimo incontrati avrei tentato di picchiare.
Avrei dovuto subire la sua presenza, perdendo l’occasione di
fare
quel lungo viaggio con Meissa?
“Speriamo che tu sia una
Serpeverde.”
Il "ragnetto" stava cercando di confortare la ragazzina dai capelli
rossi, augurandole di entrare a Serpeverde insieme a lui.
“Serpeverde?”
James doveva aver visto l’occhiata disgustata che rivolgevo
al nuovo arrivato e forse trovò divertente intervenire.
“Chi vuole diventare un
Serpeverde? Io credo che lascerei la scuola! E tu?”
Mi rilanciò una faccia giocosa, sicuro che avrei detto a mia
volta qualche "bestemmia" su Serpeverde.
“Tutta la mia famiglia
è stata in Serpeverde!”
Lo vidi sbiancarsi e farsi piccolo piccolo.
“Oh cavolo e dire che mi
sembravi a posto!”
Ghignai, sapevo bene cosa si diceva dei maghi serpeverde.
“Forse io andrò
contro la tradizione... Dove vorresti finire se potessi
scegliere?”
James fece finta di brandire una spada.
“Grifondoro, culla dei
coraggiosi di cuore!... come mio padre!”
Il "ragnetto" si rivolse a James con un verso sprezzante, neanche io
avevo una gran considerazione per i grifoni, ma a vederlo
così
arrogante, parteggiai ancora di più per James.
“Qualcosa non va?”
James iniziava a mostrarsi piuttosto risentito e io sentivo che la
situazione poteva diventare divertente.
“No, se preferisci i muscoli
al cervello!”
Il ragnetto ghignava trionfante, mentre James rimaneva per un attimo a
bocca aperta.
"E tu dove speri di finire, visto che
non hai né muscoli né cervello?"
Non riuscii a trattenermi, volevo sostenere James, mi sembrava troppo
candido per difendersi da solo e non ne potevo più di
sentire la
nasale voce gracchiante e pomposa di quel moscerino. James rise, la
ragazzina si raddrizzò sul sedile, nervosa e ci
guardò a
turno, disgustata; poi si alzò e invitò il suo
amico a
scegliere un altro scompartimento. Rimasi sbalordito dal suo
temperamento, fino a quel momento non le avevamo fatto nulla, nemmeno
rivolto la parola. E quella smorfiosa si permetteva di giudicarci!
"Ooooooh…"
Le urlai dietro scimmiottandola, in coro con James, che intanto provava
pure a fare lo sgambetto al ragnetto.
"Ci si vede, Snivellus"
Gli gridai dietro... E in un istante cacciai dalla mente tutto il
dolore che sentivo pensando a casa, e mi ripromisi di ritrovare Meissa
il prima possibile.
***
Meissa
Sherton
Hogwarts Express - mer. 1 settembre 1971
“Maledizione! Malfoy si
è sistemato dove abbiamo la nostra roba!”
“Che cosa?”
Appena svoltata la curva, ci togliemmo dal finestrino da cui ci eravamo
affacciati, ringraziando i ragazzi che ci avevano ospitati nel loro
scompartimento il tempo di salutare, ora dovevamo risalire
più
di metà treno per raggiungere i nostri posti.
“Quegli stupidi elfi non si
sono accorti che
era lo scompartimento di prefetti e capocasa, ora andiamo a prendere le
nostre cose, così poi posso tornare dai miei amici in fondo
al
treno, appena ti avrò sistemata…”
“Ed io che dovrei
fare?”
“Ti godi il
viaggio… Con me non resti
di sicuro, puoi andarti a cercare un posto dove ti pare, per esempio
dal tuo amico Black. Da Malfoy di sicuro non ti posso
lasciare!”
“Non puoi farmi
questo!”
“Non ti sto facendo nulla,
devi solo scegliere
un altro posto: devi imparare a cavartela da sola, Mey, prima impari e
meglio è! Anche se siamo entrambi a Hogwarts, io potrei non
riuscire sempre a farti da guardia del corpo, e lo sai bene anche
tu…”
“Non puoi lasciarmi da
sola…”
“Ci sono tanti scompartimenti,
tante matricole
come te, trovati qualcuno simpatico e lasciami in pace! Non fare la
bambina, dai!”
Lo guardai in cagnesco, mentre già mi dava le spalle e si
avviava: di sicuro faceva così perché non
c’erano
più Mirzam o papà a difendermi…
“Aspettami!”
Gli corsi dietro fino quasi alla testa del treno, sbirciando tra i vari
scompartimenti, un po’ per trovare un posto sicuro, lontano
da
Malfoy, un po’ nella speranza di trovare Sirius: alla fine
trovai
uno scompartimento vuoto e m’intrufolai là dentro,
lieta
che, per lo meno, mio fratello mi avrebbe fatto la cortesia di andare a
prendere le mie cose.
“Non mi piace che ti sistemi
in uno scompartimento vuoto, Mey, è meglio cercare
ancora!”
Rigel aveva fretta, ma sapeva anche di avere un impegno con nostro
padre riguardo a me, un genere d’impegno che non ammetteva
errori.
“Se trovi qualcosa mi fai un
fischio, io per
ora resto qui, non è molto lontano dallo scompartimento in
cui
stiamo andando, in pochi minuti non può succedermi
nulla!”
Rigel mi guardò poco convinto, in un certo senso sapeva che
avevo ragione, d’altra parte non si fidava a lasciarmi
indietro.
“Tu non ti muovere, appena
trovo Black ti vengo a chiamare!”
Rimasi da sola nello scompartimento, in piedi, guardando fuori dal
finestrino: il cielo si era completamente coperto e le prime gocce di
pioggia striavano il finestrino come bava d lumaca. Rigel aveva
ragione, non era una buona cosa per me restare lì, da sola,
avrei avuto troppo tempo per pensare a quello che ormai si avvicinava a
grandi passi. Sentii un tuffo al cuore, nel giro di poche ore si
sarebbe compiuto tutto. E io avrei dato un dispiacere alla mia famiglia.
“Non dovresti stare qui da
sola!”
Sussultai e mi voltai terrorizzata sentendo quella voce: Lucius era
sulla porta, con la sua altezza occupava tutta l’apertura
dello
scompartimento. Era già vestito con la divisa di Hogwarts e
il
mantello e su tutto campeggiava la sua spilla da capocasa. Aveva il
viso severo e austero, la pelle sembrava seta di luna, resa ancora
più pallida dal colore quasi argenteo dei suoi capelli
biondissimi, lunghi fino alla base del collo, completamente lisci; le
labbra erano carnose ma esangui, l’unica cosa che spezzava
quel
totale candore era il blu profondo dei suoi occhi e soprattutto
l’ombra oscura che saettava inquieta in essi. Ero in attesa
che
Rigel mi portasse le mie cose, dovevo perciò solo resistere
per
dei brevi attimi, così cercai di farmi coraggio e assumere
un’aria serena e sicura, provai ad essere gentile e di
salutarlo
in maniera civile. In fondo eravamo cugini. E in quel treno
c’erano tanti testimoni!
“Ciao
Lucius…”
“Meissa… avrei
voluto salutarti prima
di salire, ma sei fuggita come se avessi visto il diavolo!”
Ghignò, io presi fuoco subito ma non chinai lo sguardo e
decisi
anche che non gli avrei risposto ringhiando offesa, per non apparire
ancora più debole: cercai di sembrare distaccata.
“Avevo visto una
persona…”
“Non importa. Tuo fratello
dov’è?”
Si guardò intorno, capendo subito che era andato a
riprendersi
le nostre cose, quindi in quel momento era abbastanza lontano da me.
“È andato a
recuperare le nostre cose.”
Era inutile fingere.
“Stanno nello scompartimento
dove sto io, vi
consiglio di tornare lì tutti e due e di restarci,
c’è un’alta concentrazioni di plebaglia
in questa
sezione del treno e… benché non abbia una gran
voglia di
dividere i miei spazi con tuo fratello, come ben sai, penso non sia il
caso che due Sherton stiano qui.”
“Mio fratello ha i suoi amici
in fondo al treno…”
“E ti lascerebbe qui da sola?
Non posso
permetterlo… sei mia cugina… in
fondo…”
Si avvicinò e mi prese per una manica, avendo cura di
arpionarmi
solo il tessuto e non la carne, non so che intenzioni avesse,
probabilmente solo quella di tirarmi fuori dallo scompartimento e
portarmi in quello dove dovevamo stare fin dall’inizio. Non
ebbi
nemmeno il tempo di protestare o ribellarmi.
“Cosa credi di fare,
Malfoy?”
Mi voltai, Rigel stava sulla porta, riempiendola a sua volta con la sua
notevole altezza, solo in quel momento mi resi conto che
benché
più giovane, mio fratello era fisicamente al livello di
Malfoy,
anzi, forse, visto la vita che conducevamo a Herrengton, poteva essere
addirittura più forte. Con un’espressione degna di
mio
padre, quando era arrabbiato sul serio, squadrò Lucius, che
mi
mollò subito la manica rivolgendo a Rigel un gran sorriso,
falso
e velenoso.
“Ah eccoti qua,
cugino… Non vorrai
lasciare tua sorella da sola in questo zona del treno vero? Riportala
nello scompartimento che aveva scelto per voi vostro
padre…”
Rigel entrò e si mise tra me e Lucius, continuando a
guardarlo con occhi carichi d’odio.
“Ti ringrazio del
suggerimento, ma ci penso io a mia sorella…”
“Oh, certo, non ne dubito, ho
appena visto come sai farlo… bene!”
Rivolse a tutti e due un ghigno soddisfatto e sprezzante.
“Ti ricordo che sono un
prefetto, anche se
volessi, e di sicuro NON voglio, dividere spazio con voi due, non ne
avrei il tempo. Quindi tornate tranquillamente nello scompartimento,
non c’è pericolo che ci diamo noia a vicenda,
inoltre ho
bisogno di gente fidata che mi controlli la mia roba, finché
tengo d’occhio questa… feccia. E mi duole
ammetterlo, ma
voi siete tra i pochi abbastanza ricchi da non subire quel genere di
tentazioni…”
Se ne andò, con quella sua solita aria strafottente,
interessato
per il momento a sfogare la sua cattiveria su un gruppo di ragazzini
che facevano chiasso nello scompartimento accanto.
“Quanto lo odio! Gli
spaccherei volentieri la
faccia d nuovo… Te l’avevo detto di non stare qui,
da
sola, vedi che succede a non darmi retta?”
“Non parlare così,
mi fai paura!”
“Beh lo spero proprio! Vorrei
che la paura ti
facesse capire che sei stata una stupida a non ascoltarmi…
Ho
saputo da Narcissa dove sta suo cugino, ora ti accompagno da lui e
sistemo le tue cose, poi torno da Avery e Beckett, dopodiché
non
voglio più sentir parlare di te, né vederti fino
allo
smistamento, siamo intesi?”
“Sì, Rigel,
scusami!”
“E non far la stupida con
Black, ho già
Malfoy di cui occuparmi per te, a quanto pare, ok?”
Annuii, felice che di lì a poco avrei rivisto Sirius. Seguii
mio
fratello nel corridoio, interrotti un paio di volte dalle sue
“fans” che cercavano di portarselo nel loro
scompartimento:
erano tremendamente sfacciate e Rigel sembrava apprezzare quel genere
di attenzioni, ma si negò loro, trascinandomi senza
indugi
alla meta; ero certa che, una volta liberatosi di me, avrebbe trovato
il modo di rimediare a quella momentanea
“scortesia”. Dopo
aver riattraversato pressochè tutto il treno, fin quasi
nella
sezione di coda, arrivammo a destinazione: non appena intercettai
attraverso il vetro gli occhi grigi di Sirius, il timore che mi aveva
lasciato addosso Malfoy e l’angoscia per Hogwarts parvero
sciogliersi come neve al sole.
“Ciao Sirius!”
Mio fratello salutò e mi precedette, andando subito a
sistemare
le mie cose all’interno dello scompartimento, sotto gli occhi
incuriositi degli altri ragazzini presenti.
“Mey! Rigel! Finalmente! Vi
presento i miei
compagni di viaggio: James Potter, Remus Lupin e Peter Pettigrew.
Ragazzi, questi sono i fratelli Sherton!”
I nostri “ciao” s’incrociarono gentili,
insieme alle
nostre mani, ma vedevo mio fratello scalpitare per lasciarci e tornare
dai suoi compagni, così gli feci un cenno e lui mi
ringraziò con un mezzo sorriso.
“Io vado… se hai
bisogno di me, vieni a
cercarmi, ma solo se è importante e se ti fai accompagnare
da
lui! E non scordarti quanto ti ho detto prima!”
Disse quelle ultime parole dannatamente serio, indicando Sirius. Io non
potei evitare di arrossire almeno un po’.
“Ok Rigel, ci vediamo
dopo!”
Si chinò a darmi un bacio sulla guancia, mostrando
involontariamente la runa tatuata sul collo.
“ Vi auguro buon viaggio, a
dopo!”
Ci rivolse il suo miglior sorriso fascinoso e si dileguò,
ero
sicura che prima di tornare da Avery e Beckett, si sarebbe diretto
dalle due Serpeverdi che per ultime l’avevano invitato a
stare un
pò di tempo con loro.
“Tuo fratello
è… un gigante! Non ho parole!”
Sorrisi al ragazzino scapigliato che si chiamava James, arrossendo un
po’.
“Sono tutti così in
famiglia, alti e forti!”
Sirius parlava dei miei con la solita aria sognante, mi
lanciò
uno sguardo che ormai avevo imparato a conoscere bene e gli sorrisi,
sperando che per gli altri non fosse eccessivamente evidente il legame
che esisteva tra noi.
“Mio padre mi ha dato una
lettera per te,
voleva parlarti ma non è riuscito ad avere un solo minuto,
nemmeno poco fa in stazione…”
Gliela porsi e capii subito che gli avevo fatto un regalo, ormai era
chiaro quanto fosse affezionato a papà e quanto contasse per
lui
il suo sostegno, ma era anche più contento di avermi
lì,
evidentemente, perché, sorprendendomi, mise momentaneamente
da
parte la lettera e mi offrì subito delle cioccorane,
mostrandosi
poi generoso anche con gli altri.
“Quindi tu sei una strega del
Nord…”
James, scartando la sua razione di dolci, continuava a guardarmi con
una certa curiosità, soprattutto le mani, io mi sentii a
disagio
e le nascosi dentro il mantello.
“Scusami…”
Lo guardai, era arrossito un po’ anche lui.
“No, non ti preoccupare.
Comunque hai ragione,
sono di Herrengton, nelle Highlands scozzesi…”
“Beh, io non conosco
né i nomi
né i simboli, mi spiace, ma ho visto le rune e mio padre mi
ha
detto che le hanno solo i maghi del Nord…”
Vidi Sirius agitarsi un po’ sul sedile, controllando di
sottecchi
la situazione. L’avevo già visto comportarsi
così
quando davo confidenza a suo fratello e mi venne da sorridere,
vagamente compiaciuta.
“Tu di dove sei
Potter?”
Sirius fingeva di armeggiare distrattamente con la lettera: dalle
occhiate che gli lanciava provava interesse per quello strano ragazzino
dai capelli arruffati, non solo per me. Ma soprattutto non amava essere
tagliato fuori dalle conversazioni.
“Sono di Godric Hollow, la mia
famiglia vive
lì da secoli… Tu, invece, vieni da Londra si
capisce da
come parli… e da come vesti!”
James lo guardò in un modo strano, Sirius rimase
momentaneamente
interdetto dall’esattezza dell’intuizione, avrebbe
forse
voluto ribattere, ma Potter già tornava alla carica con me.
“Mio padre dice anche che i
maghi del Nord
sono ormai pochi e che di voi si raccontano cose leggendarie, che fate
magie che vanno al di là di quella
ufficiale…”
“Siete maghi oscuri?”
Il ragazzino impacciato e rotondetto che si era presentato come Peter
intervenne all’improvviso e mi guardò con un misto
di
stupore e terrore, forse anche di vaga ammirazione: mio padre mi aveva
spiegato che su di noi circolavano storie particolari e non mi feci
cogliere alla sprovvista da quella strana reazione.
“Non è magia
oscura, è magia primordiale...”
“E cosa sarebbe questa magia
“primordiale”?”
Remus, con la sua aria un po’ malatina e i capelli biondi,
era
l’unico che finora era rimasto in silenzio, per i fatti suoi,
ma
i suoi occhi attenti e carichi di curiosità lasciavano
intendere
che se avesse lasciato da parte la timidezza, avremmo continuato a
parlare per ore e ore.
“Posso solo dirti che a
Herrengton la magia
convenzionale non funziona mai, se è usata contro uno
Sherton.”
Sirius mi guardò corrugando la fronte. Non aveva perso una
battuta e la sua faccia era stranamente seria.
“Perché non mi hai
mai detto nulla di tutto questo?”
“Perché sta a mio
padre parlare di queste cose, non a me...”
“Questo significa che i
prossimi sette anni
saranno assolutamente inutili se avessi la pessima idea di farti
arrabbiare mentre stiamo a Herrengton!”
Sirius fece sparire lo strano cipiglio e sorrise, guardandomi
divertito, gli altri erano ancora abbastanza stupiti e impressionati:
io iniziavo a sentirmi a disagio, in fondo mio padre mi aveva vietato
di parlare di Herrengton a scuola e mi risollevava vedere che Sirius la
stesse buttando sul ridere. Probabilmente aveva capito che ero in
difficoltà, perché di colpo cambiò
discorso,
iniziando a parlare delle famigerate scope che stavamo introducendo a
scuola illegalmente, delle abilità dei miei fratelli e di
Quidditch in generale. Quando saltò fuori che mio padre era
proprio "Quel" Alshain Sherton, il famoso ex cercatore del Puddlemere
United, tutti si scordarono rapidamente della presunta magia oscura di
Herrengton e la discussione con mio grande sollievo prese una piega
completamente diversa e finì col toccarmi sempre meno,
dandomi
il tempo e il modo di ammirare il paesaggio cambiare, con i morbidi e
piatti profili inglesi che via via diventavano sempre più
spigolosi e decisi a mano a mano che ci dirigevamo verso nord. Erano
ormai passate le 15 quando, esaurita una animata disputa dovuta al loro
antagonismo sportivo, Sirius tifava per il Puddlemere e James per i
Tornados, tutti e cinque cogliemmo al balzo il passaggio della signora
dei dolciumi, per reintegrare le nostre scorte ormai ridotte, e ci
scambiammo un po’ delle figurine che avevamo così
conquistato. Mentre Remus sembrava immalinconirsi guardando la pioggia
che frustava i vetri e Sirius era impegnato a truffare Peter,
proponendogli uno scambio di figurine davvero iniquo, io mi occupai di
Ginevra e Caius, visto che nonostante tutti i progressi estivi, Black
non sapeva trattare con il suo gufo reale e quella povera bestia
iniziava a soffrire per la sua disattenzione.
“Tu in quale casa pensi di
finire?”
James si offrì di aiutarmi con Caius, bisbetico come la
maggior
parte degli abitanti di Grimmauld Place, ma l’unica cosa che
ottenne fu un colpo di becco sulla mano.
“Serpeverde!”
“Corvonero!”
Io e Sirius, che evidentemente non si perdeva una sola battuta
là dentro, rispondemmo in coro, sovrapponendo le nostre
voci,
gli altri ci guardarono abbastanza stupiti.
“La mia famiglia è
Serpeverde da
sempre, ma le femmine in genere finiscono a
Corvonero…”
“Wow! Bizzarro! Quindi come
funziona, non vi parlate nemmeno in casa?”
La stupida reazione di James mi colpì come una stilettata
improvvisa, mi mandò il sangue al cervello e mi fece
stringere
lo stomaco dalla paura, Sirius mi lanciò degli sguardi
carichi
di sostegno, poi, senza quasi rendermene conto, mi ritrovai con la mano
catturata nella sua, che mi faceva coraggio. James ci guardò
divertito ma ebbe la decenza di tacere. Tremavo e iniziavo a respirare
in modo strano, Black doveva essersene accorto, perché di
nuovo
cercò argomenti che potessero distrarmi.
“Sai, poco prima che arrivassi
tu, è entrato il ragazzino di Spinner’s
End!”
“Che cosa?”
“Prima che tu e Rigel
entraste…
è stato molto divertente… Raccontale tutto,
James!”
Potter, stupito che Sirius gli lasciasse
l’opportunità di
riferirmi quello che per loro, finora, era stato uno dei momenti
più esaltanti del viaggio, mi descrisse
l’episodio, senza
conoscere i retroscena e quindi le motivazioni profonde di Black. A me
si contrasse di nuovo lo stomaco: Severus mi aveva tirato fuori dai
pasticci, quel giorno nel parco, ancora tremavo all’idea di
cosa
sarebbe successo se non mi avesse trovata ed io fossi rimasta
intrappolata in quell’allucinazione. Mi resi conto di quanto
mi
desse fastidio che Sirius e i suoi amici lo deridessero, esattamente
come quel giorno, quando avevo evitato che Black lo aggredisse.
“… E la ragazzina
dai capelli rossi,
logicamente era la sua amichetta che abbiamo visto nel
parco…”
Lo guardai pensierosa. Quindi era davvero una strega anche
lei…
“Beh, non dici nulla? Pensavo
ne saresti stata entusiasta, dopo quello che mi ha
fatto…”
“In realtà non ti
ha fatto nulla,
Sirius, almeno non volontariamente… Credo dovresti risolvere
questa storia il primo possibile… è presto per
dar vita
alle faide, non credi? Se lo avessi come compagno di casa, ti
renderesti da subito la vita un inferno!”
“A guardarlo bene…
credo che sarei io a rendere la vita un inferno a
lui…”
Sirius rilanciò un’occhiata divertita a Potter,
che
ghignò complice, gli altri due fecero finta di nulla, forse
avevano già capito che era meglio non metterseli contro.
“Per me dovresti lasciarlo in
pace…”
Lo guardai seria, e Sirius mi rimandò un’occhiata
che non
compresi, non c’era ironia, non c’era
giocosità, era
uno sguardo stranamente adulto e per la prima volta capii che, se
avesse voluto davvero, sarebbe stato capace di farmi paura anche lui.
James interruppe quella strana sensazione, mettendosi a ridere,
guardandoci con un ghigno ancora più ironico di prima, da
odioso
saputello.
“Che cosa
c’è?”
Ero basita, ancora turbata per l’atteggiamento ostile di
Sirius,
e James mi stava prendendo in giro senza che ne capissi il
perché: fino a quel momento mi era sembrato un tipo a posto,
a
parte la storia di Snape e la battutaccia sui Corvonero. Potter
m’ignorò completamente, rivolgendosi a Sirius.
“Mi sembra che la tua ragazza
non ti dia molto retta, Black!”
Io divenni di fuoco, immediatamente. Anche Sirius, evidentemente
sovrappensiero fino a quel momento, ora lo fulminava perplesso, poi
guardò me, in fiamme, e divenne a sua volta rosso quando
notò che ci stavamo ancora tenendo per mano: la cosa era
diventata abituale nei mesi estivi, dopo Spinner's End, quando non
eravamo sotto gli occhi dei miei e, senza accorgercene, ci era sembrato
naturale anche in quel momento, benché fossimo in pubblico.
Mi
meravigliai nel vedere che Black a quel punto non si sottrasse alla
presa, anzi, gli vidi la stessa espressione protettiva di quando mi
aveva trovata, di notte, nella sala da pranzo di Grimmauld Place.
“Che cosa vorresti dire,
Potter?”
Era evidente cosa voleva dire James, ma Sirius gli lanciò
ugualmente uno sguardo sicuro, di aperta sfida. E Potter non si fece
spaventare dal classico ghigno dei Black.
“Beh sembra quasi che tu sia
geloso di quel
tipo unticcio e che lei ti tratti come se fossi… di sua
proprietà…”
Lo guardai in cagnesco e questo lo fece ridere ancora di
più.
“Guarda come sei diventata
rossa! Ci ho proprio preso!”
Sirius rimase impassibile, guardò prima me, poi James,
stringendo più forte la mia mano quando cercai di sottrarmi.
“Siamo amici,
Potter… se vuoi
corteggiarla, fai pure, non devi chiedere il permesso a me, ma a
lei… Quanto al tipo unticcio, se lo odio non è
per
lei…”
Ghignò: lo guardai, mi colpì tremendamente la
serietà con cui aveva scelto quella parola,
“ODIO”.
Non avevo mai capito quanto Sirius fosse figlio di sua madre, un
autentico serpeverde. James aveva smesso la sua faccia saputa e
iniziava a guardarlo stupito, disorientato dall’atteggiamento
sicuro e definitivo di Sirius, mentre io, per cercare di uscire il
prima possibile da quel momento assurdo, cercai di prendere in giro
Potter, buttandola sullo scherzo.
“Oh magari! Non sai quanto
vorrei essere la tua compagna, James!”
Quasi tutti nello scompartimento risero, mentre io facevo gli occhioni
da bambola e Potter diventava color pomodoro, senza più
riuscire
a sostenere il mio sguardo, via via più beffardo. Sirius non
rise: aveva la faccia atteggiata nel ghigno che spesso rivolgeva a suo
fratello, continuò a tenermi per mano, lasciandole stavolta
bene
in vista, e non mi mollò più fino a oltre
metà del
viaggio, benché cercassi di sottrarmi con noncuranza alla
sua
presa . All’inizio mi aveva fatto piacere essere
“difesa” di fronte ai suoi nuovi amici, anche se mi
turbava
quel gesto così plateale in pubblico, in fondo
c’eravamo
appena allontananti dagli occhi dei nostri genitori… eppure
l’espressione dimessa di Potter era troppo esilarante per
pensarci, in quel momento. Ma in breve capii quanto esagerasse, era
come se volesse dimostrare che sarebbe stato capace di tagliare mani e
lingua a chiunque avesse provato a fare il cascamorto con me. Volevo
bene a Sirius, ma non era così che immaginavo la mia
amicizia
con lui.
“Allora cosa ti ha scritto mio
padre?”
Dovevo distrarlo, inoltre a me interessava davvero sapere cosa
c’era scritto nella lettera, Sirius sprofondò sul
sedile
con la pergamena in mano, in faccia un’espressione via via
più beata, a mano a mano che leggeva, dovevano essere
proprio
buone notizie.
“Mio padre ha accettato! Non
m’impedirà di farlo! Leggi!”
Mi porse la lettera tutto esultante, quando finii, lo guardai, Sirius
era in piena estasi ed io ero felicissima per lui, perché
sapevo
quanto ci tenesse a prendere le nostre Rune, e perché questo
significava che tra noi ci sarebbe comunque stata una lunga amicizia,
indipendentemente da come sarei stata smistata, un legame
indissolubile, che ci avrebbe unito per la nostra intera vita.
“Sono felice per te, so quanto
lo desideri.”
“Sarà bellissimo,
sarà…
Vedrai Mey, anche tu, anche tu vedrai realizzati i tuoi sogni entro
stasera…”
Guardai fuori dal finestrino, tra pettegolezzi sulle case, sui
professori e sulle materie, la giornata era ormai giunta al termine, il
sole che timidamente aveva battuto la pioggia per un breve momento, da
un pezzo si era già tuffato tra le montagne e il paesaggio
era
ormai definitivamente settentrionale e aspro: ero di nuovo a casa. Un
brivido mi percorse la schiena, Hogwarts era ormai vicina. Sirius si
avvicinò e mi abbracciò, intravidi un ghigno sul
viso di
Potter e un moto imbarazzato in Remus, entrambi di fronte a me.
“Speriamo…”
“Hai intenzione di farle la
dichiarazione entro stasera?”
Potter sbuffò la sua battuta continuando a guardare fuori
nel
buio, saettandoci dal vetro uno sguardo beffardo, io volevo alzarmi e
andarmene, non perché mi mettessero a disagio con
quell’assurda scaramuccia, ma perché il terrore
per
Hogwarts ormai era difficile da controllare, soprattutto con
“quel” Sirius al mio fianco. Tremavo. E non avrei
concesso
la visione della mia debolezza agli occhi di nessuno.
“E’ ora di darci un
taglio… tutti e due!”
James rideva tutto preso dal suo sacchetto di cioccorane, io lo guardai
con sufficienza, poi fulminai Black, che analogamente non parve
prendermi molto sul serio.
“Vado a sgranchirmi le
gambe!”
“Sbrigati, tra poco dobbiamo
prepararci!"
Uscii senza più badargli, vidi Lucius di spalle che si
dirigeva
verso la testa del treno, così mi diressi nella direzione
opposta, verso mio fratello: mi sentivo in fiamme, senza un vero motivo
mi trovavo a odiare quel Potter con tutte le mie forze, come se
concentrassi su di lui tutte le sensazioni negative che si
sprigionavano in me al pensiero di quello che stava per accadere e
perchè per colpa sua avevo visto un aspetto di Sirius che
non
sarei mai stata in grado di sopportare. James aveva ragione, come mi
avevano detto anche i miei e Rigel, non potevo comportarmi come avevo
sempre fatto in quei due ultimi mesi con Sirius, almeno non in
pubblico. Mi prese una profonda tristezza, un infinito senso di
solitudine. Cercavo uno scompartimento vuoto solo per poter piangere,
anche se era impossibile sperare di trovarlo, ovunque la gente era
presa dalla frenesia e iniziava a prepararsi, l’arrivo era
pressoché imminente, mi fermai lungo il corridoio, a
osservare
la pioggia che aveva ripreso a battere con decisione sui vetri. Era
calata la notte -non solo su quella giornata, ma sulla mia vita-, era
tempo di mettere la divisa -e d’infiocchettarla con una
stupida
cravatta da Corvonero-, risistemare i bagagli parzialmente aperti e
prepararsi all’arrivo -e a dire addio a Sirius,
perché sua
madre non mi avrebbe più voluta nemmeno per lui, una volta
che
fossi stata…-.
No, non potevo crollare proprio adesso. Iniziai a tornare indietro e fu
allora che li vidi: Lily e Sev stavano in uno scompartimento semivuoto,
complottavano come al solito, lui le prendeva le mani e lei, come
sempre, pendeva dalle sue labbra. Non mi sentii mai sola come in quel
momento, avvolta nel buio del corridoio: c’erano gioia e caos
nei
vari scompartimenti, i più grandi avrebbero ritrovato i loro
amici e avrebbero affrontato con loro un nuovo anno di avventure, i
nuovi erano emozionati per la vita che li stava aspettando, per i nuovi
amici che avrebbero conosciuto. Io mi sentivo un pezzo di ghiaccio,
tremavo, battevo perfino i denti.
“Vuoi venire da tuo fratello
con me?”
Una voce divertita mi accarezzò l’orecchio, mi
voltai
alzando gli occhi, intercettai nella penombra un ghigno da spirito dei
boschi e uno sguardo di ossidiana blu, che mi avevano detto di evitare
come la peste. Che sapevo di dover evitare come la peste. Mi ripresi
subito, indossando la mia maschera e mettendomi sulla difensiva.
“No grazie!”
“Sicura che vada tutto bene,
Meissa Sherton?”
“Va tutto benissimo, grazie,
signor Lestrange!”
Mi voltai e rapidamente, ma senza correre, mi avviai al mio
scompartimento, trattenendomi dalla forte tentazione di voltarmi per
controllare che non mi seguisse, ma ero più che sicura che
fosse
fermo al suo posto, con quel dannato, stupendo, sorriso in faccia.
Avere il diavolo alle spalle: era quindi questa la sensazione? Con il
viso in fiamme rientrai nello scompartimento, mi mossi evitando di
rivolgere la parola agli altri, scambiando solo un timido sorriso con
Remus e Peter e il peggiore dei miei sguardi d’odio a Potter.
Non
ero ancora arrivata a Hogwarts e già mi ero procurata un
“nemico” in più.
“Tutto bene Mei?”
Sussultai, ritornando con i piedi per terra: Sirius al mio fianco mi
aiutò a scaricare i bagagli e a sistemare la gabbia di
Ginevra
accanto a quella di Caius. Il treno rallentò, fino a
fermarsi,
le grida di giubilo all’interno del treno si levarono sempre
più, fino a diventare un ululato continuo. Il mio cuore
smise di
battere. Inghiottii a stento, il viso funereo, poi alzai il viso e gli
occhi di Sirius cancellarono di nuovo la mia paura. Gli sorrisi,
intimidita, mi sistemai una ciocca dietro l’orecchio.
“Tutto bene, Sir! Alla fine ci
siamo!”
“Non devi avere paura, Mey, ci
sono io con te, sempre…”
Mi passò un braccio attorno alle spalle e in coda agli
altri, finalmente, ci dirigemmo all’uscita.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio
2010).
Valeria
Scheda
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