Il pittore
Una volta c'era un pittore
povero in canna:
non aveva nemmeno un colore,
e per fare i pennelli
si era strappato i capelli.
Andò dal padrone del Blu
e gli disse: "Per favore, dammi tu
un po' di colore
per dipingere un cielo.
Ma mica tanto, un soffio, un velo".
"Vattene, vattene, fannullone,
pezzo di accattone,
se non vuoi che ti lisci il groppone
col bastone!"
Andò dal padrone del Giallo
e gli disse così:
"Prestami qualche avanzo
di colore, un ritaglio,
abbastanza per fare un girasole".
Ma quello lo aggredì
con un torrente di male parole:
"Pezzente, delinquente,
la finisci di seccare la gente?"
Andò dal padrone del Verde,
andò dal padrone del Bruno,
ma non gli dava retta nessuno.
Infine pensò:
"Il Rosso ce l'ho!"
E detto fatto
un dito si tagliò.
E il Rosso gocciò sulla tela:
era una lagrima appena,
una perla di sangue,
ma tinse in un istante
la tela intiera,
rossa come un falò di primavera,
rossa come una bandiera,
come un milione di rose
come un milione di...
E il povero pittore
adesso che aveva un colore
si sentì ricco più ricco
ricco più di un imperatore.
Più di un imperatore!
Rossa come un falò di primavera
Rossa come una bandiera
Come un milione di rose
Come un milione di rose...
L’odore. Un odore pungente,
penetrante, metallico e dolce al
tempo stesso.
Sangue.
Al centro della stanza, troneggiava
la famosa tela, non più
intonsa. Ai suoi piedi, la vittima sacrificale.
Con un grido disperato April
s’inginocchiò su Donatello. Era
rannicchiato a terra, in posizione fetale, come un bambino in preda agli incubi. Piangendo, gli accarezzò i pochi ricci
rimasti, la pelle liscia e
ancora tiepida del petto, il lieve accenno di barba trasandata che gli
stava
crescendo sul mento. Il polso sinistro aveva cessato di sanguinare,
mentre
ancora dalla scheggia di vetro sul pavimento gocciolava caldo sangue dal
lato più
affilato… il
petto era immobile. Era arrivata tardi.
Eppure,
aveva mantenuto intatta la sua bellezza. Una lacrima della ragazza
cadde sul
volto cereo del giovane, proprio sulle labbra arcuate in un dolcissimo
sorriso
congelato dalla morte, come il bacio tanto atteso, mai ricevuto e mai
dato.
Mentre portavano via il corpo, gli
occhi rossi di April si
posarono finalmente sul quadro. Era...
Era un suo ritratto. La testa era
piegata verso una spalla,
mostrando timidezza e dolcezza in un unico sorriso a occhi chiusi,
mentre una
ciocca di capelli le accarezza sensualmente il volto. I capelli. Erano
la parte
più bella del quadro, dipinti meravigliosamente, il rosso
era così acceso e
scuro da farli sembrare veri… probabilmente erano
l’ultimo dettaglio dipinto
dal pittore.
April rimase affascinata da quel
quadro. Dalle pennellate
dense, brevi e nervose alla Van Gogh al tratto leggero e gentile di
Degas, il
dipinto era il più bello che la ragazza avesse mai visto,
considerando anche
ciò che rappresentava per lei. Tutto ciò che le rimaneva del suo pittore era lì, davanti ai suoi occhi. Asciugando una lacrima per
vedere meglio, April
notò in basso a destra una timida scritta a matita. Imitando
Donatello, la
ragazza s’inginocchiò ai piedi della tela, e
mentre leggeva riprese a piovere
sul suo volto.
“A
te, mia principessa di rubino sanguigno. Ti amo.”
Quando la trovarono, qualche giorno
dopo, era volata come un
angelo dalla finestra di quella soffitta. Sul suo volto, pallido da
quando
aveva perso il suo sole, era rinato il sorriso perduto. Sorriso dipinto
dalla
stessa mano che aveva rubato il respiro al suo pittore prima, e ora
alle sue
labbra.
La stanza era vuota, non era rimasto niente… se non
quel quadro.
Le autorità ordinarono di
bruciarlo, perché ritenuto
maledetto dal demonio, e divenne cenere abbracciata dal vento. Eppure,
chiunque
lo vide ardere tra le fiamme, dentro di sé si commosse,
affermando che quel
dipinto era di un rosso che mai nessuno avrebbe dimenticato…
Rossa
come un falò di primavera
Rossa
come una bandiera
Come
un milione di rose
Come
un milione di rose…
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