Capitolo 10 – La mia famiglia
Fissai il
test di gravidanza. Per la seconda volta nella mia vita, ero
incinta. Per un attimo rimasi lì, immobile, stordita,
domandandomi se sentirmi felice o rattristata.
Avevo la
gola asciutta.
Distolsi
lo sguardo dal test. Deglutii. “Goten!!!”
chiamai poi.
In pochi
attimi il ragazzo arrivò. Pareva frastornato.
“Che è successo?” domandò, un
po’ ansioso.
Restai in
silenzio per qualche attimo, poi gli comunicai in tono
piatto: “Sono incinta”. Mi fissavo i piedi,
perciò rimasi senza fiato per lo stupore quando mi sentii
alzare in aria. Guardai Goten che mi teneva tra le braccia.
“Oh,
amore, è stupendo!”
esclamò, e i suoi occhi neri brillavano di
felicità.
Per un
momento mi chiesi se stesse fingendo, poi guardai il suo
sorriso, la sua espressione gioiosa, e mi resi conto che era una
contentezza del tutto spontanea.
Fu come
se mi avessero tolto un gran peso dal petto. Al posto di esso
iniziò a crescere un calore dentro di me. Alcune lacrime mi
imperlarono le ciglia, offuscandomi per un momento la vista. Poi
iniziai a ridere. Con gli occhi umidi, sorrisi come non facevo da
tempo, mentre il calore si estese in tutto il mio corpo ed infine si
mutò in una felicità assoluta e travolgente.
“Goten!”
esclamai, e mi strinsi al petto del
giovane, troppo gioiosa per fare altro.
Lui,
ridendo, si districò dal mio abbraccio. “Ehi,
ehi, ehi, non vorrai che tuo figlio rimanga orfano per colpa
tua!”
Gli
lanciai un’occhiata indignata. “Colpa
mia?!” sbottai, assumendo un’aria accigliata.
“Chi
è che sta tentando di soffocarmi?”
replicò il mio bel moro, con un sorriso spavaldo.
Lo colpii
al petto con un pugno scherzoso. “Sei tu che vuoi
farmi esasperare esageratamente” sostenni, fissandolo e
impegnandomi a mantenere uno sguardo torvo. “Però,
se la pensi così... stasera niente cena per te”
decretai impietosa, facendolo sobbalzare.
Solo per
me e il nostro bambino, pensai con un frullo di
felicità.
Goten
assunse un’aria sgomenta. “Non puoi
farlo!” supplicò, e sapevo che non stava fingendo.
“Ah,
no?” ribattei, mantenendo il mio sguardo
ostinato.
Il
ragazzo, allora, mi rivolse un’espressione da cane
bastonato. Maledetto, sapeva che mi era pressoché
impossibile resistere a quegli occhioni da cucciolo desolato.
“E
va bene!” mi arresi, sbuffando. Il viso di Goten
si illuminò seduta stante, mentre continuavo: “Per
stasera ti sei salvato... Ma non è detto che ti ricapiti
tale fortuna!”
“Oh,
grazie, tesoro!” disse lui con enfasi,
abbracciandomi tanto forte da mozzarmi il fiato. Quando mi
lasciò mi massaggiai un fianco fingendo una smorfia di
dolore. “E poi sono io che ti soffoco!” ironizzai.
Lui mi
diede un buffetto. “Sai, amore? Sei proprio brava a
recitare”.
Fingendomi
infuriata, mi chinai a raccogliere una ciabatta da terra.
“Scappa sino a che sei in tempo” lo minacciai.
Senza porre indugio, lo colpii con la pantofola.
Lui si
lamentò, ma sapevo di non avergli fatto male.
In
seguito mi rincorse per tutta la casa, afferrandomi in camera e
schiacciandomi sul letto. Prese a solleticarmi.
Giocammo
a lungo come due bambini, ridendo e strappandoci a vicenda
baci sulle labbra.
Era da
tempo che non mi sentivo così viva.
Goten mi
cinse i fianchi, attirandomi a sé. Continuammo a
guardare quel lettino di ospedale.
“Mi
piacerebbe portarvi tutti a casa subito” mi
sussurrò il ragazzo e il suo fiato mi riscaldò
l’orecchio.
Annuii,
lo capivo. “Sono bellissimi, vero?”
domandai, osservando quei due gemelli che erano finalmente arrivati.
“Bellissimi?”
ribatté critico Goten.
“Mi sembra un po’ riduttivo”.
Finalmente
mi voltai verso di lui. “Lo so che è
riduttivo” replicai, “ma non ci sono parole che
possano esprimere quanto sono stupendi...”
Lui
rifletté. “Un maschietto e una femminuccia...
Direi che è perfetto”. Mi baciò sulla
punta del naso. “Così siamo
equilibrati...”
Più
tardi, mentre allattavo la bambina, Goten teneva in
braccio l’altro bimbo. Lo osservai di sottecchi, distogliendo
per un momento l’attenzione da mia figlia. Non
c’erano parole per descrivere la venerazione che vedevo negli
occhi di Goten mentre fissava nostro figlio. Però capivo
perfettamente come si sentisse. Anche io provavo il medesimo amore
smisurato per i nostri piccoli gemelli.
I ciuffi
sottili già abbastanza folti che avevano sulla nuca
erano certamente neri come quelli di Goten. Gli occhi per adesso
avevano il colore azzurro e liquido di tutti i neonati, ma Goten
sosteneva che sarebbero stati nocciola come i miei. Probabilmente aveva
ragione.
Quando la
bimba si fu saziata, la tesi a Goten, che mi porse il piccolo.
Era tutto
perfetto. Ci amavamo, ci volevamo bene. Avevo una famiglia,
di certo la più bella del mondo.
Fine
E
così ho concluso questa ff... Che sensazione, che
è, ogni volta! Comunque ringrazio molto coloro che hanno
letto, recensito e aggiunto la storia tra le preferite (Ovvero:
DarK_FirE; FullmoonDarkangel; nightwish4ever; s_ara).
nightwish4ever:
mi spiace, cara mia ombra (XD) ma mi sono dovuta
limitare ad un capitolo prima della conclusione...
ç_ç Spero sia di tuo gradimento U.ù
(ma cos’è, fai la raffinata adesso?! Nd.Te) (^0^
Nd.Io [so che la faccina non c’incastra un fico secco, ma
vabbe’...]). Che bello, anche io le ho dette le
stupidaggini!! ^-^ Sono tanto contenta ora^^ Baci
DarK_FirE:
ehi, Gemy, sono contenta di averti tirato su di morale!!
Grazie mille, sono felice che tu abbia apprezzato lo scorso capitolo...
Hai ragione, Goten è davvero bravo come marito
U.ù Sono anche felicissima che ti sia piaciuto il modo in
cui ho descritto le paure di Valese e la sua incertezza. Ti piace
questo capitolo? Ci sentiamo. Tvb^^ Bacioni
s_ara:
alla fine, hai ragione, Valese vuole bene ai nuovi bambini (come
si sarà notato, adoro i gemelli) e per fortuna questa volta
non c’è stato nessun aborto spontaneo. Che te ne
pare di quest’ultimo capitolo? (Sì, anche io adoro
Max Pezzali... E la canzone che ho riportato piace un sacco pure a
me!!!) Kiss^^
Grazie
mille!!!
Pepe^^
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