Long way to happy (terza parte)
Alle sei e mezzo del mattino
seguente, Bucky era già in piedi e sistemava le cassette di frutta e verdura
appena scaricate dal furgone nel negozio di Tom Riggins. L’uomo guardava il
giovane che lavorava abile e veloce e sorrideva tra sé, pregustando la bella
sorpresa che avrebbe potuto regalare al suo idolo, Captain America.
“Certo, però, che non si direbbe
proprio che quello sia il Soldato d’Inverno” pensava l’uomo tra sé. “Sembra un
ragazzo così perbene, educato e generoso… Somiglia molto di più al Bucky Barnes
di cui parlavano allo Smithsonian. Chissà quante cose tremende gli hanno fatto
per costringerlo a diventare un killer… Meno male che ci siamo noi, Ryan
contatterà Stark e lui farà sapere al Capitano che il suo amico si trova qui, a
casa nostra. Non vedo l’ora di godermi la scena!”
A Manhattan, nel suo
appartamento, Steve non era riuscito a dormire e si era girato e rigirato per
ore nel letto, aspettando ansiosamente l’alba per poter ripartire alla ricerca
del suo Bucky. Erano appena passate le sette quando il suo cellulare vibrò. Il
Capitano, infastidito, avrebbe voluto ignorare la chiamata e precipitarsi a
Brooklyn, ma poi vide che a chiamarlo era Stark e rispose, sperando con tutto
il cuore che l’amico avesse rintracciato Bucky.
“Steve, non sei già partito,
vero?”
“Stavo per uscire proprio in
questo momento, Tony” disse Rogers. “Hai delle notizie per me?”
“Evidentemente lassù qualcuno ti
ama, Capitano” scherzò l’uomo. “Ieri sera mi ha chiamato un agente dell’NCIS,
da Washington, un certo Ryan Riggins.”
“Da Washington?” replicò Steve,
angosciato al solo pensiero che il suo Bucky potesse essere scappato così
lontano.
“Non farti scoppiare una vena,
Capitano” disse ridendo Tony. “Tu non ricordi, vero, una certa famiglia Riggins
che hai incontrato allo Smithsonian alcuni mesi fa, prima di iniziare la tua
ricerca del Soldato d’Inverno?”
“Ho parlato con tante persone che
volevano conoscermi… senti, Tony, non ho né tempo né voglia di giocare agli
indovinelli” fece, amareggiato, il giovane. “Hai qualcosa da dirmi o vuoi solo
prenderti gioco di me?”
“Beh, per questa famiglia Riggins
tu sei veramente una leggenda vivente. Questo ragazzo, Ryan, che lavora
all’NCIS, è cresciuto nel tuo mito e… pensa un po’ la coincidenza… ieri sera suo
padre lo ha chiamato dicendogli che ritiene di avere Barnes in persona ospite a
casa sua!”
“E ci voleva tanto a dirmelo?
Tony, tu vuoi farmi impazzire! Dove abitano questi Riggins? Vado subito da
loro!” esclamò Steve, riprendendo immediatamente tutta la sua vitalità.
“Stanno a Brooklyn, proprio nel
tuo vecchio quartiere… non ti eri sbagliato poi di tanto, Rogers” sorrise
Stark, poi diede l’indirizzo preciso di casa Riggins all’amico e lo salutò.
Certo che non mi sbagliavo… sapevo che Bucky poteva essersi rifugiato
solo a Brooklyn, il luogo in cui ha vissuto tanti anni felici. Lo conosco bene
il mio Bucky…
Rinfrancato dalle buone notizie,
Steve afferrò il giubbotto di pelle e si precipitò a prendere la moto per
recarsi il prima possibile dai Riggins… a riprendersi Bucky.
Il negozio di frutta e verdura di
Tom Riggins aveva aperto da poco quando si presentò un giovane portoricano con
l’aria avvilita e lo sguardo rivolto verso terra.
“Oh, chi si rivede!” lo salutò
Riggins. “Come va la vita, Pedro?”
“Per favore, non mi prenda in
giro, signor Riggins” rispose umilmente il ragazzo. I suoi occhi scurissimi
sembravano trattenere a stento le lacrime. “Sono venuto per scusarmi con lei e
per chiederle se… se può riprendermi a lavorare qui.”
“Le condizioni non sono cambiate,
giovanotto, tu sai che non posso permettermi di pagarti tanto e che, certe
volte, non posso pagarti quasi per niente” disse l’uomo.
“Perlomeno avrò un lavoro, però…”
mormorò Pedro, mortificato. “Anche una misera paga è meglio di niente.”
“E tutti i tuoi discorsi di due
settimane fa? Sembrava che stessi per trovare lavoro in qualche locale alla
moda…”
“La prego, signor Riggins, sono
stato un idiota e lo so, potrà prendermi in giro quanto vorrà, ma… ma prima
posso riavere il mio lavoro?”
“A dire il vero adesso ho un
altro ragazzo che lavora per me” replicò l’uomo, nascondendo un sorriso. Sapeva
bene, infatti, che il giovane Barnes non sarebbe rimasto a lungo da quelle
parti…
Pedro impallidì e non trovò nulla
da dire. Chiaramente non si era aspettato una risposta del genere e tutte le
sue speranze andavano in frantumi.
Con un tempismo perfetto, quasi
avesse atteso quel momento per la sua entrata in scena trionfale, Steve giunse
al negozio. Aveva parcheggiato la moto poco distante e si era messo a camminare
sul marciapiede, controllando tutti i numeri civici per trovare quello giusto.
“Ma che mi prenda un… lei è il
Capitano Rogers!” esclamò Tom Riggins, vedendolo. “Non mi aspettavo… così
presto… e proprio lei, in persona… Oh, santo cielo, devo correre subito a
chiamare papà e Maggie!”
“Aspetti, non se ne vada, per
favore. Lei è il signor Tom Riggins?” chiese Steve.
“Ma certo che sono io… Capitano…”
l’uomo appariva improvvisamente imbarazzato e intimidito.
Intanto, il giovane Pedro
spostava lo sguardo dall’uno all’altro senza capire un bel niente di quella
scena. Quel giovanotto biondo era Captain America in persona, quello che aveva
salvato New York circa tre anni prima, insieme agli altri Vendicatori? No, di
sicuro stava sognando… Che diavolo ci sarebbe venuto a fare un supereroe come
quello in quel quartiere?
“Tony Stark mi ha detto della
chiamata di suo figlio Ryan… Bucky è veramente qui?” domandò Steve, con la voce
rotta dall’emozione.
“A me ha detto di chiamarsi
James” precisò Riggins, col cuore in gola per la gioia. “Comunque sì, è dentro
il negozio a sistemare le cassette degli ortaggi. Se vuole andare a parlare con
lui… io, intanto, vado a chiamare mia moglie e mio padre… non si ricorda di
loro, vero? Siamo tutti suoi grandi ammiratori!”
E, sotto gli occhi allibiti di
Pedro e lo sguardo commosso di Steve, Riggins si precipitò verso il suo
appartamento, chiamando a gran voce la moglie.
Pedro continuava a fissare il
presunto Captain America, senza trovare il coraggio di chiedergli niente.
Steve si avvicinò lentamente
all’ingresso del negozio e guardò dentro: era vero, c’era un giovane con i
capelli scuri legati in un codino, voltato di spalle, che impilava cassette di
verdura e non aveva fatto il minimo caso al piccolo melodramma che si era
svolto fuori, totalmente concentrato nel suo compito.
“Bucky?” mormorò, con voce
tremante. Era felice di averlo trovato, ma temeva anche che potesse, chissà,
scappare di nuovo. In realtà non aveva nemmeno capito bene perché lo avesse
fatto…
Il giovane trasalì, la cassetta
che teneva in mano sembrò sfuggirgli, ma poi lui la riprese, la sistemò al suo
posto e si voltò lentamente.
“Come hai fatto a trovarmi?”
chiese, cercando di non mostrare quanto fosse turbato. Gli anni come Soldato
d’Inverno gli avevano quantomeno insegnato a restare impassibile di fronte a
qualsiasi situazione.
“Ti ho cercato dappertutto… ma
potevi essere solo qui, nel nostro vecchio quartiere” rispose Steve, commosso,
senza scendere troppo nei dettagli, Non era quello il momento e l’unica cosa
che gli interessava era aver ritrovato il suo Bucky. “Mi sei mancato tanto…”
Bucky fissò con attenzione Steve
e fu allora che notò il volto pallido e tirato del giovane, i suoi occhi pieni
di lacrime trattenute a stento e le occhiaie profonde. Il suo viso esprimeva tutta
la sofferenza e la devastazione che lo avevano tormentato in quei due giorni
scarsi e il Soldato si sentì stringere il cuore in una morsa dolorosa.
Aveva fatto soffrire un’altra
volta Steve, gli aveva fatto del male, lo aveva torturato con la sua fuga senza
senso. Perché lo aveva fatto? Ora gli sembrava che non contasse più nulla, il
motivo che lo aveva spinto si perdeva di fronte alla consapevolezza di aver fatto tanto male a Steve, ancora una volta…
quando Steve era sempre stato dolce e gentile con lui, affettuoso e paziente
anche nei giorni in cui non lo riconosceva quasi…
Bucky restò immobile, impietrito
dal peso del senso di colpa che lo schiacciava come un masso.
“Mi dispiace… io… non so…” riuscì
appena a dire. “Perdonami, Steve, ti ho fatto del male, ti ho ferito ancora,
io… sono una brutta persona!”
Emozionato e felice, il Capitano
colmò con pochi passi la distanza che lo separava da Bucky e si precipitò a
stringerlo forte tra le braccia.
“Non c’è niente da perdonare,
Buck” mormorò, abbracciandolo e accarezzandogli i capelli. “Ora ti ho ritrovato
e conta solo questo.”
“Mi dispiace, mi dispiace…”
ripeté il giovane, sciogliendosi in lacrime tra le braccia di Steve. “Io non
merito niente, non ti merito…”
“E’ vero, sei un cretino, ma a
quanto pare io lo sono più di te, perché non ho avuto pace finché non ti ho
ritrovato” sdrammatizzò Rogers, sempre tenendosi stretto il suo Bucky. “Ora
torniamo a casa?”
“Torniamo a casa” disse piano
Bucky, sentendo che, come sempre, tra le braccia di Steve ogni dolore e ogni
sensazione negativa scomparivano per restare solo calore e affetto.
Quando si staccarono
dall’abbraccio, scoprirono che quattro paia d’occhi li fissavano: Tom Riggins
con l’aria soddisfatta e compiaciuta per essere stato l’artefice del ricongiungimento,
sua moglie Maggie che singhiozzava commossa proprio come faceva davanti agli
sceneggiati pomeridiani, il vecchio Joe Riggins con un’espressione
indecifrabile e Pedro totalmente allibito e sperduto.
“Beh, Pedro, credo proprio che
riavrai il tuo lavoro” disse ridendo Tom Riggins, rivolto al ragazzo. “James
sta per tornare a casa, no?”
“Grazie, signore!” esclamò Pedro,
con entusiasmo. Continuava a non capire assolutamente niente di tutto ciò che
era successo, ma almeno sapeva che avrebbe riavuto il suo posto!
“Lei sapeva chi ero” fece Bucky,
rivolto all’uomo. Era più un’affermazione che una domanda.
“Ragazzo mio, un braccio
meccanico come il tuo non lo regalano a un soldato qualsiasi, reduce dall’Iraq!
Tra l’altro, mi hai detto il tuo vero nome e poi… beh, noi eravamo stati allo
Smithsonian poco meno di un anno fa, te l’ho raccontato. Abbiamo visto diverse
immagini e filmati in cui Bucky Barnes compariva poco meno del Capitano…”
spiegò Riggins.
Intanto, Riggins padre si era
avvicinato ai due giovani e li fissava con attenzione.
“Ho desiderato per tanti anni
incontrare Captain America, quando ero un soldatino qualunque” disse. “Lo
scorso anno il mio desiderio si è avverato e adesso ho l’onore tanto più
inaspettato di stringere la mano al sergente Barnes, l’eroico braccio destro
del Capitano!”
Mentre così parlava, allungò la
mano verso Bucky. Il giovane, sconcertato e incredulo, gliela strinse. Era una
sensazione così strana per lui… quell’uomo aveva combattuto la sua stessa
guerra e adesso era onorato di stringergli
la mano, lo vedeva come il sergente James Buchanan Barnes e non come il Soldato
d’Inverno.
Gli sembrava un sogno…
“Beh, a questo punto dovrete fare
una visita allo Smithsonian per spiegare che quei pannelli vanno cambiati”
intervenne Tom Riggins. “Bucky Barnes è vivo è vegeto, ha passato una brutta
esperienza, ma ora è tornato per combattere al fianco del suo amico di sempre,
come ai tempi dell’Howling Commandos, che ne dice lei, Capitano?”
Steve sorrise commosso.
“Era proprio quello che avevamo intenzione
di fare, anche se Bucky temeva che non l’avrebbero accolto tanto bene a causa
dei suoi anni come Soldato d’Inverno” spiegò.
“Sciocchezze!” ribatté Joe,
scandalizzato. “Chi, come me, sa quale eroe sia stato il sergente Barnes negli
anni Quaranta, può solo desiderare che il suo nome venga riabilitato il prima
possibile. Quello che gli è stato fatto è una vergogna e tutti devono saperlo!”
“Te l’avevo detto, Bucky…” fece
Steve, rivolgendosi teneramente all’amico. Poi decise che era arrivato il
momento di tornare a casa e salutare quella famiglia che gli aveva restituito
il suo Bucky, “Ora dobbiamo davvero andare. Signori Riggins, signora, non so
come ringraziarvi per quello che avete fatto per me e per il mio amico…”
“Scherza, Capitano? Per noi è un
onore!” esclamò Tom, quasi scioccato dal fatto che Captain America si sentisse in debito con lui.
“Un onore e un dovere di
cittadini americani!” precisò il vecchio Joe, solenne.
“Sarà il nostro ricordo più
bello… e anche Ryan ne sarà fiero” aggiunse Maggie Riggins, asciugandosi gli
occhi.
Steve e Bucky strinsero la mano a
tutti e uscirono dal negozio, dirigendosi verso la moto che Rogers aveva
parcheggiato poco più avanti.
I Riggins erano rimasti immobili
a fissare i due giovani che si allontanavano, con l’espressione di chi ha
appena avuto un’apparizione celestiale. Fu Pedro a risvegliare tutti quanti
dalla loro estasi.
“Allora, signor Riggins, se mi
vuole ancora, io sono pronto a lavorare nel suo negozio” disse, in tono
pratico. “Quando posso iniziare?”
Tom Riggins si riscosse.
“Anche subito, ragazzo, anche
subito” rispose, ritornando a malincuore alle faccende quotidiane.
Ma quel
giorno sarebbe rimasto impresso nella memoria dei Riggins per tutta la vita!
FINE