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Alzai gli occhi verso il cielo, mentre i piccioni volavano
spaventati, come se anche loro capissero l’immensità del dramma che si stava
consumando alle mie spalle. Mio cugino, ser Ilyn Payne, si accingeva ad
eseguire l’ordine di Joffrey, mentre intorno a me il mondo sembrava fermarsi,
come cristallizzato in un momento che avrebbe cambiato per sempre le vite di
tutti noi.
Udii un tonfo sordo e il boato della folla, mentre mi
sembrava di far fatica a respirare. Sentii qualcuno gridare che Sansa Stark si
era sentita male. Come darle torto? Suo padre era stato appena ucciso davanti
ai suoi occhi; persino io, che non avevo motivi per amare quell’uomo, ero
sgomenta per l’atrocità di quel gesto.
Cominciai a scendere le scale del piccolo palco, alle spalle
della famiglia reale, indifferente a tutti loro. I cinque soldati Lannister che
mi erano stati assegnati come scorta, si mossero all’unisono, per circondarmi e
scortarmi. Feci un gesto imperioso con la mano, non li volevo intorno a me in
quel momento, mentre mi apprestavo a salire la scalinata del tempio di Baelor.
Volevo rimanere sola e attraversai il grande portone della struttura, per poi
ridiscendere le scale che mi avrebbero portato al centro di quel luogo sacro.
Mi inginocchiai davanti alla statua della Vergine e scoppiai
a piangere. Uccidendo Eddard Stark, Joffrey aveva firmato la condanna a morte
di suo zio. Le speranze che Tyrion tornasse sano e salvo si erano drasticamente
ridotte e io mi sentivo persa. Avevo pregato così tanto, fino a farmi venire
male alle ginocchia, eppure a nulla era valso tutto il tempo che avevo
trascorso davanti a quella statua.
Ma il nuovo Re non aveva solo ucciso il Lord del Nord e
firmato la condanna a morte di suoi zio; aveva condannato tutto il regno ad una
realtà ineluttabile: la guerra era alle porte. Nulla oramai sembrava in grado
di arrestare quella follia che era stata messa in moto dal rapimento del mio
promesso.
Jaime era fuggito da Approdo del Re e si era unito a suo
padre, che aveva deciso di non far passare impunito un affronto del genere. Si
era mosso con tutte le sue truppe alla volta di Delta delle Acque, per
costringere Catelyn a ridargli il figlio minore.
Tyrion era disperso, di lui non si sapeva più nulla, così
come della sua rapitrice. Robb Stark marciava verso la capitale per liberare un
padre ormai morto. Follia, pura e semplice follia. Persino io, che non ero che
una ragazzina cresciuta in una gabbia dorata, vedevo in che situazione ci
avesse messo l’arroganza e la scarsa lungimiranza di quel ragazzino viziato,
che non sarebbe mai stato un vero Re.
Cercai di riprendere il controllo di me stessa e tornai a
inginocchiarmi, come avevo fatto nelle ultime settimane. Se c’era una sola
speranza che Jaime e Tyrion tornassero, io avrei pregato fino alla fine dei giorni
per la loro salvezza.
Avevo appena finito di raccontare di Tysha, la ferita mai
del tutto cicatrizzata aveva appena ricominciato a sanguinare, quando Bronn, il
mercenario a cui dovevo la vita, rivelò quanto i soldati di mio padre fossero
dei chiacchieroni perdigiorno.
“E com’è la donna meno desiderabile dei Sette Regni?” chiese
bevendo un altro calice di vino “Alcuni dicono che sia molto bella”.
“La donna meno desiderabile dei Sette Regni?” Shae si
sollevò dai cuscini, girandosi verso l’uomo, incuriosita da quella novità.
“La promessa sposa del nostro lord” spiegò lui, tutto
tronfio di aver raccolto informazioni così succose, neanche fosse lord Varys,
il Maestro dei Sussurri “Negli ultimi quattro anni hai fatto di tutto pur di
non sposarla, deve pur esserci un motivo. E’ così brutta?” si rivolse a me,
mentre io battevo ripetutamente le palpebre, cercando un modo per cavarmi di
impiccio.
Shae si voltò verso di me, evidentemente interessata alla
questione. “Deve essere veramente orribile, se preferisci la compagnia delle
puttane al matrimonio con lei” cominciavo a non sopportare il suo accento e le
loro illazioni su di lei.
“Lysandra è...” mi interruppi non trovando le parole adatte
e sorrisi, era ironico che fossi in grado di usare l’eloquio per tirarmi fuori
dai guai e non riuscissi a descrivere la donna che avrei dovuto sposare
“Bellissima” dissi infine, con lo sguardo perso nel vuoto.
“Allora è molto noiosa” sentenziò la puttana straniera,
tornando a sdraiarsi.
“E’ intelligente e
spiritosa” risposi sorridendo e inarcando le sopracciglia “In tutti i Sette
Regni non c’è donna che possa compararsi a lei”.
“E allora cos’ha che non va? Deve pur esserci un motivo se
non vuoi sposarla” Bronn tornò ad afferrare la caraffa di vino “Se è veramente
così bella, intelligente e spiritosa, per non parlare della sua consistente
dote, io l’avrei già sposata da molto tempo”.
Già, lui non capiva, nessuno capiva, come spiegarlo senza
cadere nel vittimismo? Come spiegare che ero un mostro dentro e fuori, e non
volevo che lei sposasse un uomo come me? Come potevo far capire al resto del
mondo che non potevo sposare una bambina che avevo visto crescere e che mi
considerava il suo migliore amico?
“Lui non la sposa per un motivo semplice” Shae tornò a
tirarsi su inginocchio, guardandomi in un modo strano “Tu la ami”. Rimasi a
bocca spalancata davanti all’insinuazione della donna. Ero attratto da Lysandra,
in modo perverso come uno come me poteva essere attratto da una ragazzina, ma
amarla? Feci una smorfia e provai ad aprire bocca per dissentire, mentre lei
gattonava verso di me sorridendo “Sei giovane e sciocco” disse, prima di
baciarmi e spingermi con le mani sul petto, fino a costringermi a sdraiarmi
sulla schiena. Sperai che Bronn fosse così discreto da andarsene senza assistere
al nostro accoppiamento.
Avevo finalmente una cameriera personale. Non che septa
Chelle non avesse insistito fino alla nausea perché ne scegliessi una tra le
serve che entravano ed uscivano dai miei appartamenti, ma ero stata restia a
farlo, cercando qualcuno di cui potessi fidarmi. Avevo visto cosa succedeva
all’interno della corte e l’ultima cosa che mi serviva era una spia di Cersei o
di Varys al mio servizio.
Era successo per caso, al di fuori della Fortezza Rossa ed
era questa la prima cosa che mi aveva indotto a scegliere lei. Mi dirigevo
verso il tempio come ogni giorno, quando una bella bambina bionda dagli occhi
verdi, aveva allungato una manina verso di me, con gli occhi colmi di lacrime.
Aveva un vestito lacero, ma era pulita e pettinata, cosa strana per una
mendicante.
Uno dei soldati aveva alzato una mano per colpirla, ma io
l’avevo fermato. Era solo una bambina affamata, che aveva visto in una nobile
la possibilità di poter mettere un pezzo di pane fra i denti. Una bella donna
bionda, di pochi anni più vecchia di me aveva urlato il nome della bambina
“Becca!”. Il grido di una madre disperata, mentre abbracciava la piccola dando
le spalle al soldato che sembrava ancora intenzionato a colpire la piccola.
“Vi prego, vi scongiuro, mia signora, è solo una bambina”
piangeva la donna, cercando di nascondere la piccola ai nostri occhi “Non lo
farà mai più, non vi importunerà mai più”. Feci un passo avanti e sorrisi alla
donna, mentre facevo cenno alla mia guardia di allontanarsi.
Scrutai la donna, che sembrava mal messa. Mentre la bambina
era linda e pulita, nonostante i poveri indumenti, lei era sporca. Segno
evidente che le interessava più il benessere della figlia che il suo. “Ho fame,
mammina” intervenne la piccola, piangendo disperata.
Provai una pena infinita per quelle poverine, mi sentii il
cuore stringersi ad una vista così straziante e dolce. “Non temere, piccola”
dissi, accucciandomi vicino a loro “Non avrai fame mai più” annunciai decisa.
La donna doveva aver male interpretato le mie parole, perché scoppiò in un
pianto dirotto stringendosi al cuore la bambina. “Non voleva importunarvi, non
voleva” gridava disperata.
“Tu” dissi indicando uno degli uomini della mia scorta
“Accompagnale a casa e aiutale a fare i bagagli” mi alzai, decisa ad aiutare
quelle due sventurate “Non temere” sorrisi alla donna “non mi ha importunata,
anzi mi ha reso un grande servizio. Mi ha fornito la mia nuova cameriera
personale”.
Era così che avevo conosciuto Becca e sua madre Elaine. In
seguito venni a conoscenza della loro storia: il marito di Elaine era un
marinaio su un mercantile e loro se la cavavano piuttosto bene. Sfortunatamente
la nave, di ritorno da Pentos, era stata attaccata dai pirati e l’uomo era
morto durante la presa della nave. Rimasta vedeva e con una bambina a carico,
Elaine non aveva trovato nessuno disposta a darle lavoro e così aveva finito
tutti i soldi e aveva dovuto vendere tutti i mobili e le suppellettili, per
cercare di dare da mangiare alla figlia. Erano ormai disperate, quando le nostre
strade si erano incrociate.
Mi fidavo di Elaine, perché mi era riconoscente, questo la
rendeva una persona fedele. Becca, poi, aveva portato allegria nella mia vita.
La piccola, di appena sei anni, era sempre allegra e sorridente. Non c’era
giorno in cui non mi chiedesse di giocare con lei, fra i rimproveri di sua
madre che le diceva di non disturbare “sua signoria”. Erano momenti di svago,
in cui non pensavo continuamente a Tyrion e Jaime, o alla guerra.
Quella mattina ero seduta davanti allo specchio, mentre
Elaine mi pettinava. Becca posò un piatto colmo di dolcetti al limone sul
tavolo e venne tutta contenta verso di me. Le carezzai una guancia paffuta e le
sorrisi di rimando “Molto bene, Becca, per stamattina hai finito il tuo lavoro”
le dissi, notando lo sguardo fiero della piccola che cercava di aiutare la
madre nel suo lavoro “Perché non vai nel cortile antistante le cucine? Ho
sentito che ci sono sempre bambini a giocare lì”.
La bambina guardò prima me e poi la madre “Posso?” chiese
speranzosa. Elaine sorrise dolcemente alla figlia “Ma vedi di essere di ritorno
per l’ora di pranzo”. “Sì, mammina” urlò la piccola, già correndo fuori dalla
porta.
“Devi essere molto orgogliosa di lei, Elaine” constatai,
tornando a voltarmi verso lo specchio.
“Lo sono, mia signora, lo sono” ammise lei, canticchiando,
mentre intrecciava i miei boccoli scuri “Cosa avete intenzione di fare oggi?”.
“Visto che i Sette non sembrano propensi ad ascoltare le mie
preghiere, credo che mi rivolgerò ai vecchi Dei” tornai seria, mentre la
preoccupazione tornava ad attanagliare il mio cuore.
“Pregate per il suo ritorno o perché non torni più?” mi
chiese impertinente la donna.
Mi voltai verso di lei con gli occhi sgranati, inorridita
dalle sue parole “Elaine!” esclamai, scandalizzata.
“Beh, è il mostro di Castel Granito, gli piacciono il vino e
le donne di piacere, negli ultimi quattro anni vi ha resa lo zimbello dei Sette
Regni” ricapitolò lei, alzando le spalle “Io al vostro posto sarei piuttosto
risentita, mia signora”.
“Ma non sei al mio posto” il mio sguardo si fece duro “Non
sei me e non lo conosci, ignori le circostanze e le motivazioni delle persone
coinvolte”.
“Insomma non so niente” ammise lei guardandomi seria “Mia
signora, se c’è qualcosa che posso fare per voi… anche solo se necessitate di
qualcuno con cui parlare e che non riferisca a nessuno le vostre parole”.
“Grazie, Elaine, ma ora preferisco rimanere sola” mi alzai e
mi diressi verso la porta “Vado a pregare per i figli di lord Tywin”.
Lei mi salutò con una delle sue solite domande impertinenti,
ma che mi costringevano a guardare dentro di me “E se ne potesse riavere sano e
salvo solo uno? Per chi preghereste?”. Non risposi, limitandomi a lasciarla ai
suoi doveri e dirigendomi a passo sicuro verso il Giardino degli Dei, mentre il
mio cuore sapeva già la risposta.
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