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Autore: TyshaLannister    03/08/2015    1 recensioni
Nella prima stesura, Lysandra era troppo Mary-Sue. Quindi si ricomincia, cambiando la storia. Il prologo rimarrà simile in alcune parti, ma gli altri capitoli saranno tutti nuovi.
Lysandra Payne è un'orfana, figlia di uno dei cavalieri di lord Tywin Lannister, cresciuta a Castel Granito. L'unica persona che le abbia mai dimostrato affetto e che si sia preoccupata per lei è Tyrion. Questo fino al giorno in cui la bambina diventa una donna: un matrimonio combinato che può cambiare le loro vite; una fuga dal dovere e dall'onore. Ma dove puoi scappare, quando quello che più temi è anche quello che può salvarti?
Dal Prologo:
“Volessero gli Dei” sembrava così mesto mentre mi parlava “Ma non temere. Sei solo una bambina. Il matrimonio non avverrà che fra molti anni e, se i Setti ci assisteranno, non avverrà mai”.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaime Lannister, Nuovo personaggio, Tyrion Lannister, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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7

Alzai gli occhi verso il cielo, mentre i piccioni volavano spaventati, come se anche loro capissero l’immensità del dramma che si stava consumando alle mie spalle. Mio cugino, ser Ilyn Payne, si accingeva ad eseguire l’ordine di Joffrey, mentre intorno a me il mondo sembrava fermarsi, come cristallizzato in un momento che avrebbe cambiato per sempre le vite di tutti noi.

Udii un tonfo sordo e il boato della folla, mentre mi sembrava di far fatica a respirare. Sentii qualcuno gridare che Sansa Stark si era sentita male. Come darle torto? Suo padre era stato appena ucciso davanti ai suoi occhi; persino io, che non avevo motivi per amare quell’uomo, ero sgomenta per l’atrocità di quel gesto.

Cominciai a scendere le scale del piccolo palco, alle spalle della famiglia reale, indifferente a tutti loro. I cinque soldati Lannister che mi erano stati assegnati come scorta, si mossero all’unisono, per circondarmi e scortarmi. Feci un gesto imperioso con la mano, non li volevo intorno a me in quel momento, mentre mi apprestavo a salire la scalinata del tempio di Baelor. Volevo rimanere sola e attraversai il grande portone della struttura, per poi ridiscendere le scale che mi avrebbero portato al centro di quel luogo sacro.

Mi inginocchiai davanti alla statua della Vergine e scoppiai a piangere. Uccidendo Eddard Stark, Joffrey aveva firmato la condanna a morte di suo zio. Le speranze che Tyrion tornasse sano e salvo si erano drasticamente ridotte e io mi sentivo persa. Avevo pregato così tanto, fino a farmi venire male alle ginocchia, eppure a nulla era valso tutto il tempo che avevo trascorso davanti a quella statua.

Ma il nuovo Re non aveva solo ucciso il Lord del Nord e firmato la condanna a morte di suoi zio; aveva condannato tutto il regno ad una realtà ineluttabile: la guerra era alle porte. Nulla oramai sembrava in grado di arrestare quella follia che era stata messa in moto dal rapimento del mio promesso.

Jaime era fuggito da Approdo del Re e si era unito a suo padre, che aveva deciso di non far passare impunito un affronto del genere. Si era mosso con tutte le sue truppe alla volta di Delta delle Acque, per costringere Catelyn a ridargli il figlio minore.

Tyrion era disperso, di lui non si sapeva più nulla, così come della sua rapitrice. Robb Stark marciava verso la capitale per liberare un padre ormai morto. Follia, pura e semplice follia. Persino io, che non ero che una ragazzina cresciuta in una gabbia dorata, vedevo in che situazione ci avesse messo l’arroganza e la scarsa lungimiranza di quel ragazzino viziato, che non sarebbe mai stato un vero Re.

Cercai di riprendere il controllo di me stessa e tornai a inginocchiarmi, come avevo fatto nelle ultime settimane. Se c’era una sola speranza che Jaime e Tyrion tornassero, io avrei pregato fino alla fine dei giorni per la loro salvezza.

 

 

 

Avevo appena finito di raccontare di Tysha, la ferita mai del tutto cicatrizzata aveva appena ricominciato a sanguinare, quando Bronn, il mercenario a cui dovevo la vita, rivelò quanto i soldati di mio padre fossero dei chiacchieroni perdigiorno.

“E com’è la donna meno desiderabile dei Sette Regni?” chiese bevendo un altro calice di vino “Alcuni dicono che sia molto bella”.

“La donna meno desiderabile dei Sette Regni?” Shae si sollevò dai cuscini, girandosi verso l’uomo, incuriosita da quella novità.

“La promessa sposa del nostro lord” spiegò lui, tutto tronfio di aver raccolto informazioni così succose, neanche fosse lord Varys, il Maestro dei Sussurri “Negli ultimi quattro anni hai fatto di tutto pur di non sposarla, deve pur esserci un motivo. E’ così brutta?” si rivolse a me, mentre io battevo ripetutamente le palpebre, cercando un modo per cavarmi di impiccio.

Shae si voltò verso di me, evidentemente interessata alla questione. “Deve essere veramente orribile, se preferisci la compagnia delle puttane al matrimonio con lei” cominciavo a non sopportare il suo accento e le loro illazioni su di lei.

“Lysandra è...” mi interruppi non trovando le parole adatte e sorrisi, era ironico che fossi in grado di usare l’eloquio per tirarmi fuori dai guai e non riuscissi a descrivere la donna che avrei dovuto sposare “Bellissima” dissi infine, con lo sguardo perso nel vuoto.

“Allora è molto noiosa” sentenziò la puttana straniera, tornando a sdraiarsi.

 “E’ intelligente e spiritosa” risposi sorridendo e inarcando le sopracciglia “In tutti i Sette Regni non c’è donna che possa compararsi a lei”.

“E allora cos’ha che non va? Deve pur esserci un motivo se non vuoi sposarla” Bronn tornò ad afferrare la caraffa di vino “Se è veramente così bella, intelligente e spiritosa, per non parlare della sua consistente dote, io l’avrei già sposata da molto tempo”.

Già, lui non capiva, nessuno capiva, come spiegarlo senza cadere nel vittimismo? Come spiegare che ero un mostro dentro e fuori, e non volevo che lei sposasse un uomo come me? Come potevo far capire al resto del mondo che non potevo sposare una bambina che avevo visto crescere e che mi considerava il suo migliore amico?

“Lui non la sposa per un motivo semplice” Shae tornò a tirarsi su inginocchio, guardandomi in un modo strano “Tu la ami”. Rimasi a bocca spalancata davanti all’insinuazione della donna. Ero attratto da Lysandra, in modo perverso come uno come me poteva essere attratto da una ragazzina, ma amarla? Feci una smorfia e provai ad aprire bocca per dissentire, mentre lei gattonava verso di me sorridendo “Sei giovane e sciocco” disse, prima di baciarmi e spingermi con le mani sul petto, fino a costringermi a sdraiarmi sulla schiena. Sperai che Bronn fosse così discreto da andarsene senza assistere al nostro accoppiamento.

 

 

Avevo finalmente una cameriera personale. Non che septa Chelle non avesse insistito fino alla nausea perché ne scegliessi una tra le serve che entravano ed uscivano dai miei appartamenti, ma ero stata restia a farlo, cercando qualcuno di cui potessi fidarmi. Avevo visto cosa succedeva all’interno della corte e l’ultima cosa che mi serviva era una spia di Cersei o di Varys al mio servizio.

Era successo per caso, al di fuori della Fortezza Rossa ed era questa la prima cosa che mi aveva indotto a scegliere lei. Mi dirigevo verso il tempio come ogni giorno, quando una bella bambina bionda dagli occhi verdi, aveva allungato una manina verso di me, con gli occhi colmi di lacrime. Aveva un vestito lacero, ma era pulita e pettinata, cosa strana per una mendicante.

Uno dei soldati aveva alzato una mano per colpirla, ma io l’avevo fermato. Era solo una bambina affamata, che aveva visto in una nobile la possibilità di poter mettere un pezzo di pane fra i denti. Una bella donna bionda, di pochi anni più vecchia di me aveva urlato il nome della bambina “Becca!”. Il grido di una madre disperata, mentre abbracciava la piccola dando le spalle al soldato che sembrava ancora intenzionato a colpire la piccola.

“Vi prego, vi scongiuro, mia signora, è solo una bambina” piangeva la donna, cercando di nascondere la piccola ai nostri occhi “Non lo farà mai più, non vi importunerà mai più”. Feci un passo avanti e sorrisi alla donna, mentre facevo cenno alla mia guardia di allontanarsi.

Scrutai la donna, che sembrava mal messa. Mentre la bambina era linda e pulita, nonostante i poveri indumenti, lei era sporca. Segno evidente che le interessava più il benessere della figlia che il suo. “Ho fame, mammina” intervenne la piccola, piangendo disperata.

Provai una pena infinita per quelle poverine, mi sentii il cuore stringersi ad una vista così straziante e dolce. “Non temere, piccola” dissi, accucciandomi vicino a loro “Non avrai fame mai più” annunciai decisa. La donna doveva aver male interpretato le mie parole, perché scoppiò in un pianto dirotto stringendosi al cuore la bambina. “Non voleva importunarvi, non voleva” gridava disperata.

“Tu” dissi indicando uno degli uomini della mia scorta “Accompagnale a casa e aiutale a fare i bagagli” mi alzai, decisa ad aiutare quelle due sventurate “Non temere” sorrisi alla donna “non mi ha importunata, anzi mi ha reso un grande servizio. Mi ha fornito la mia nuova cameriera personale”.

Era così che avevo conosciuto Becca e sua madre Elaine. In seguito venni a conoscenza della loro storia: il marito di Elaine era un marinaio su un mercantile e loro se la cavavano piuttosto bene. Sfortunatamente la nave, di ritorno da Pentos, era stata attaccata dai pirati e l’uomo era morto durante la presa della nave. Rimasta vedeva e con una bambina a carico, Elaine non aveva trovato nessuno disposta a darle lavoro e così aveva finito tutti i soldi e aveva dovuto vendere tutti i mobili e le suppellettili, per cercare di dare da mangiare alla figlia. Erano ormai disperate, quando le nostre strade si erano incrociate.

Mi fidavo di Elaine, perché mi era riconoscente, questo la rendeva una persona fedele. Becca, poi, aveva portato allegria nella mia vita. La piccola, di appena sei anni, era sempre allegra e sorridente. Non c’era giorno in cui non mi chiedesse di giocare con lei, fra i rimproveri di sua madre che le diceva di non disturbare “sua signoria”. Erano momenti di svago, in cui non pensavo continuamente a Tyrion e Jaime, o alla guerra.

Quella mattina ero seduta davanti allo specchio, mentre Elaine mi pettinava. Becca posò un piatto colmo di dolcetti al limone sul tavolo e venne tutta contenta verso di me. Le carezzai una guancia paffuta e le sorrisi di rimando “Molto bene, Becca, per stamattina hai finito il tuo lavoro” le dissi, notando lo sguardo fiero della piccola che cercava di aiutare la madre nel suo lavoro “Perché non vai nel cortile antistante le cucine? Ho sentito che ci sono sempre bambini a giocare lì”.

La bambina guardò prima me e poi la madre “Posso?” chiese speranzosa. Elaine sorrise dolcemente alla figlia “Ma vedi di essere di ritorno per l’ora di pranzo”. “Sì, mammina” urlò la piccola, già correndo fuori dalla porta.

“Devi essere molto orgogliosa di lei, Elaine” constatai, tornando a voltarmi verso lo specchio.

“Lo sono, mia signora, lo sono” ammise lei, canticchiando, mentre intrecciava i miei boccoli scuri “Cosa avete intenzione di fare oggi?”.

“Visto che i Sette non sembrano propensi ad ascoltare le mie preghiere, credo che mi rivolgerò ai vecchi Dei” tornai seria, mentre la preoccupazione tornava ad attanagliare il mio cuore.

“Pregate per il suo ritorno o perché non torni più?” mi chiese impertinente la donna.

Mi voltai verso di lei con gli occhi sgranati, inorridita dalle sue parole “Elaine!” esclamai, scandalizzata.

“Beh, è il mostro di Castel Granito, gli piacciono il vino e le donne di piacere, negli ultimi quattro anni vi ha resa lo zimbello dei Sette Regni” ricapitolò lei, alzando le spalle “Io al vostro posto sarei piuttosto risentita, mia signora”.

“Ma non sei al mio posto” il mio sguardo si fece duro “Non sei me e non lo conosci, ignori le circostanze e le motivazioni delle persone coinvolte”.

“Insomma non so niente” ammise lei guardandomi seria “Mia signora, se c’è qualcosa che posso fare per voi… anche solo se necessitate di qualcuno con cui parlare e che non riferisca a nessuno le vostre parole”.

“Grazie, Elaine, ma ora preferisco rimanere sola” mi alzai e mi diressi verso la porta “Vado a pregare per i figli di lord Tywin”.

Lei mi salutò con una delle sue solite domande impertinenti, ma che mi costringevano a guardare dentro di me “E se ne potesse riavere sano e salvo solo uno? Per chi preghereste?”. Non risposi, limitandomi a lasciarla ai suoi doveri e dirigendomi a passo sicuro verso il Giardino degli Dei, mentre il mio cuore sapeva già la risposta.

   
 
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