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Quella
sera rientrò trascinandosi a stento sulle gambe. Appoggiandosi al
portone del palazzo per sorreggersi, infilò la mano nella tasca del
giaccone, tirandone fuori un mazzo di chiavi. Le osservò un attimo
sotto la luce del lampione sulla strada, rigirandole tra le dita, poi
scelse quella più grossa e la premette a forza nella serratura,
rigirandola senza energie. La porta si aprì di schianto, e lui cadde
in avanti, scivolando e finendo a terra con in mano la metà della
chiave.
«Dannazione!»
Sibilò
tra i denti. Rimase qualche secondo disteso, poi si alzò aiutandosi
con le braccia tremanti, imprecando silenziosamente contro la porta e
la chiave.
“Ci
penserò domani mattina”. Camminò al buio verso l'ascensore,
avanzando a tentoni per non sbattere da qualche parte, allungando la
mano destra, con ancora stretto il mazzo di chiavi, in cerca della
porta fredda dell'ascensore. Lo trovò e premette il pulsante che lo
apriva. Appena le porte si schiusero, Fred venne investito da una
forte luce calda, proveniente da una vecchia lampadina all'interno.
Con gli occhi socchiusi, doloranti, si spinse fin dentro alla
scatola, premendo il suo piano. Appoggiò la testa alla parete e
chiuse le palpebre, concedendosi un attimo di riposo, prima che
l'ascensore si fermasse bruscamente aprendosi sul suo piano. Fred
dovette lottare per uscire di lì, tanto si sentiva a pezzi dopo
quella tremenda giornata, e quando si trovò di fronte alla porta del
suo appartamento, si fece forza per tenere accesa la mente e aprire,
senza troncare una seconda chiave. Entrò, gettando da un lato il
giubbotto umido, richiudendo il pesante portone accompagnandolo con
un leggero calcio, e avanzò traballante verso la camera da letto. Si
lasciò cadere sul materasso soffice, che subito cullò membra e
nervi dell'ex proprietario del Freddy. Fred non fece neanche in tempo
a trascinarsi fino al cuscino, che già era sprofondato tra le
braccia di Morfeo.
«Fred»
Un
sussurro nel buio.
«Fred!»
Fred
si rigirò nel letto, mugolando.
«Fred,
devo parlarti! Fred!»
Fred
aprì un occhio, scrutando la stanza immersa nella penombra.
«Che..
che c'è...?»
«Fred,
non sai... cos'è successo oggi. In gita»
La
voce di Gordon era poco più che un sussurro, sopra la sua testa. Il
letto a castello cigolava, Gordon stava scendendo la scaletta di
legno.
«Non
mi interessa, lasciami dormire»
Fred
si voltò dall'altra parte, ma Gordon lo scosse con forza:
«Svegliati
Fred!»
«Cosa
c'è?»
Ringhiò
lui, con voce impastata dal sonno.
«Era
bellissimo, un mare d'oro! Dico sul serio, Fred! Credimi!»
«Torna
a dormire, Gordon!»
Lo
scacciò con la mano.
«Ti
prego, ascoltami! Devo raccontarti...»
«Ho
detto di lasciarmi dormire!»
Spingendolo
senza forza all'indietro, Fred scacciò il fratello e si abbandonò
sul cuscino, riaddormentandosi subito.
«Ma...»
Gordon
avanzò verso la finestra, da dove entravano sottili raggi di luna.
«Era
grande... e che caldo che faceva! Avresti dovuto vederla... una vasca
d'oro fuso! Anche se... l'oro fuso non dovrebbe essere più denso?
Scorreva come un fiume impetuoso... un oro speciale, ha detto quella
signora. Chissà cos'era, in realtà, ma era bellissimo!»
Parlava
da solo, al vento, alla luna. Ma in realtà parlava al fratello, che
lo ascoltava in silenzio, fingendo di dormire.
«Era
uno spettacolo!»
Ripeté
Gordon.
«Uff...
era una fonderia, dove fondono l'oro! Che cosa ci sarà mai di così
particolare?»
Gordon
si voltò verso di lui, i grandi occhi blu che brillavano sotto i
raggi lunari:
«Non
posso spiegartelo così, a parole! Dovevi vederlo!»
«Ti
sarai sognato tutto, come sempre. Immagini un sacco di cose stupide!»
Fred
cercò di riaddormentarsi, ma adesso i discorsi strambi del fratello
lo incuriosivano. Insieme al sonno iniziava a subentrare anche una
certa curiosità, l'insaziabile voglia di sapere che distingue uomini
da animali, e che brucia in modo particolarmente ardente nei bambini.
Ma una parte di lui gli sussurrava di ignorare quel sentimento. Fred
aveva sempre pensato che il fratello fosse un po' tocco, e
quest'ultimo si inventava un sacco di fandonie, spacciandole per vere
mentre probabilmente le aveva viste solo in sogno.
«Torna
a dormire! Se mamma ti trova sveglio, ti brontola!»
Cercò
di convincerlo per l'ultima volta, ma anche nella sua voce sentiva
una nota di dubbio. La curiosità stava avendo la meglio, e nella
voce di Gordon non c'era nota di menzogna.
«Uff...
Cosa ti sei sognato questa volta?»
Gordon
si voltò nuovamente, questa volta però furente di rabbia:
«Perché
non mi credi? Ho visto veramente una vasca d'oro fuso!»
«Se
l'avessi vista, me lo avresti detto appena tornati a scuola!»
Il
volto di Gordon si rabbuiò, la luce della luna sembrò
improvvisamente non colpire più il suo viso.
«Gli
altri... gli altri mi avrebbero preso in giro»
Iniziò
a fissare il pavimento, ammutolendosi.
Fred
era abituato a quegli strani scatti del fratello. Si arrabbiava, poi
si rattristava senza un motivo. E capitava che a volte non parlasse
per giorni. All'inizio, pensava lo facesse apposta, poi col tempo
aveva iniziato a pensare che fosse bacato in testa, come
dicevano i ragazzi più grandi.
«Tu
hai qualche problema»
Gli
fece notare Fred.
«Ed
ora dormi! Se mamma ci trova svegli, siamo nei guai!»
Detto
questo, risprofondò nel sonno.
La
mattina dopo, Fred trovò Gordon nella stessa, medesima posizione in
cui l'aveva lasciato, a fissare il pavimento con sguardo distante,
con due grandi occhiaie a deturpargli la faccia. Un misto di pena e
di irritazione si creò improvvisamente nello stomaco di Fred, che si
contrasse violentemente sotto un odioso senso di colpa.
«Non
puoi aver passato la notte in piedi!»
Gli
ruggì contro. Gordon si limitò ad alzare il pallido viso mostrando
gli occhi spenti, gonfi. Poi si trascinò a fatica verso la finestra,
lasciandosi cadere di colpo sul pavimento. In mezzo secondo era
addormentato, sotto la finestra, né seduto né sdraiato. Fred lo
ignorò e scese per la colazione.
Era
domenica. Faceva molto caldo.
Ed
ecco che il sogno di Fred inizia a distorcersi. Si fa confuso.
Parole, facce, suoni, odori, tutto si mescola. Fred da uno schiaffo a
Gordon. Gordon scappa, si nasconde dai ragazzi più grandi. Bernard e
Fred ridono alle sue spalle, a scuola. Claire cerca di consolarlo,
senza successo. La scuola, l'unico momento che Fred aveva per
divertirsi con i compagni, l'unico in cui Gordon aveva paura dei
compagni.
Il
paese, quella minuscola località inesistente sulla mappa, immersa
tra le campagne. Il paese... riusciva quasi ancora a sentirne
l'odore, sentiva la terra entrargli nelle scarpe, il caldo cocente...
in quel paese non c'era una scuola. I bambini dovevano prendere
l'autobus ogni mattina, sul presto, per andare a New Brinnin, nata da
poco più di due secoli, ma una tra le più moderne città nei
dintorni. La maggior parte dei loro compagni era di New Brinnin o di
altri paeselli vicini, lì nel suo paese c'erano pochi abitanti, e
ancor meno ragazzi della loro età. Il pullman passava alle 6.10, dal
centro del paese, e loro impiegavano una ventina di minuti per
arrivarci. Ogni mattina, anche nelle gelide giornate d'inverno,
dovevano avviarsi di buon ora per prendere l'autobus.
Ma
quel giorno era domenica.
Era
domenica. La scuola stava finendo. Il caldo opprimente già si faceva
sentire nelle prime ore del mattino.
Qualche
settimana dopo la gita, se ben ricordo.
Come
eravamo arrivati lì?
Non riesco a ricordare. Eravamo forse saliti su un autobus? Da soli?
Probabile, lo facevi spesso...
Caldo
soffocante. Mancava l'aria. Il respiro si bloccava nei polmoni.
Sudore, vestiti bagnati e appiccicosi.
Dolore.
Forte dolore.
«Su,
è questa? Dov'è? Voglio vederlo anche
io!»
Conati
di vomito. Spasimi di dolore.
Un
grido. Acutissimo, mostruoso.
Si
svegliò di colpo, tremava e sentiva lo stomaco stringersi e
dilatarsi in maniera innaturale. Il letto era zuppo del suo stesso
sudore, non c'era un centimetro della sua pelle che non fosse
bagnato. Sentiva i capelli fradici appiccicati alla testa ed al
collo. Rabbrividì. Il freddo della notte era penetrato all'interno
delle mura dell'appartamento, e il suo corpo madido di sudore
accusava di tutto quel freddo. Era stanco, ma sapeva che non avrebbe
più dormito quella notte. Si alzò, con l'urlo disumano che gli
echeggiava ancora nella testa, e barcollando raggiunse il corridoio.
Si trascinò a fatica fino alla cucina, dove afferrò un bicchiere e
lo riempì d'acqua, rovesciandone metà sul tavolo per la mano
tremante. L'acqua ridiede vita alla sua gola fiammante, secca. La
sentiva bruciare, non aveva voce. Probabilmente aveva urlato nel
sonno. Dopodiché, più sveglio di prima riuscì a raggiungere il
bagno e a farsi una doccia calda.
Mentre
le sue membra si rilassavano e la sua mente si faceva più nitida, lo
stress iniziò a roderlo.
“Lasciami...
lasciami in pace”
Diceva
a sé stesso. A chi stava parlando? Era solo, eppure non lo era mai
per davvero. Quella presenza...
“Lasciami
vivere in pace!”
Perché
dovrei? Tu non mi hai lasciato neanche vivere.
Di
nuovo, la voce. L'aveva sentita, c'avrebbe giurato. Aprì gli occhi,
ma era ancora da solo. Lui e l'acqua tiepida che sgorgava dalla
doccia. La richiuse, uscì vestendosi con un accappatoio, poi si
guardò in giro. Nessuno. Richiuse gli occhi, solo per un istante, e
l'urlo gli ruggì nelle orecchie.
-Ah!-
Si
ritrovò a fissarsi nello specchio. Le mani stringevano con forza i
bordi del lavandino, i suoi occhi iniettati di sangue fissavano
quelli del suo doppio. Un attimo, per solo un attimo gli parve di
vederlo nello specchio.
-NO!-
Urlò,
coprendosi il volto con una mano.
-No!
Non...-
Non
terminò che il suo stomaco ebbe una nuova contrazione, che sentì il
toast che aveva mangiato a lavoro tornargli a gola.
“No,
lasciami... no...”
Il
sangue gli ribolliva nelle vene, iniziò nuovamente a sudare. Questa
volta, anche la testa iniziò a girargli vorticosamente. Perse
l'equilibrio, scivolò, avvertì un forte dolore alla nuca.
Poi
buio.
Poi
luce. Oro. Una vasca ripiena di oro ribollente, sfavillante. Oro
fuso. Caldo. Gordon si sporge dalla ringhiera. Un impeto di rabbia,
un uomo che grida. L'impatto, il peso di Gordon. Gordon che cade in
avanti, il grido, il grido disumano di un corpo corroso dall'oro
bollente, occhi che lasciano il posto a due fori scuri. E poi viene
inghiottito dal mortale mare dorato.
Commento
Ritorno
dopo secoli! Sì, la storia di “5 Notti da Guardia Notturna 2: The
Prequel” mi ha rubato parecchio tempo, ma non preoccupatevi, non mi
sono dimenticata di questa storia! Perdonate il capitolo corto e un
po' scarso... spero di non avervi annoiato! E spero di aver chiarito
alcune cose, ma non troppe ;)
Al
prossimo capitolo!
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