Il mondo mio si sfascia;
Ansante si sgretola in un
guizzo vertiginoso e precipita
confuso in un angolo di nulla;
intanto, appena sotto la finestra
azzurra ed enorme
spalancata, piomba
uno svirgolio di ponentino.
Mi spargo scomposto
con il dorso bagnato e disteso
su una riga discontinua di ciottoli e granelli
per sentirmi dardeggiare dalla canicola:
Il fragore spumoso della risacca
si disperde col vigore dell'estate
sul lembo dorato ove io
muto miro i flutti.
Pare che persino la falce oblunga,
che sogghigna chiara appesa al giorno,
la possa udire.
Le ceneri morenti e spente
di questo mio caotico cosmo
sfrecciano remote in un turbinio
condannato a non terminar mai.
La mia realtà è un adesivo
applicato nell'incavo dei miei occhi.
Che la brezza notturna non sia altro
se non l'affanno morente d'un drago ferito?
e che quei sinuosi pendii adamantini
che sfolgorano dall'alto della volta
non siano che lo sguardo socchiuso
di un demone dormiente?
Che il grido stridente della civetta
non sia che il lamento impenitente
di una distante Anguana
venuta giù dalle vette?
E che importa ormai...
Volteggia intrepido ora,
in spirali briose, l'ebbro abbraccio
velato delle schegge
di questo mondo mio che
balugina stentoreo
nella mia litania funerea.
E ora io,
scisse le pastoie alienanti
e esorcizzate le risa atroci
delle schiere di pesti spettri,
mi libero a viaggiare silente
in un disgiunto percorso
senza né fine né affetti
aldilà delle via lattea. |