Capitolo XVI
Albafica si era trattenuto al palazzo
dei Frydendahl fin
quasi all’ora di pranzo, quando aveva deciso che era il caso
di tornare ad Århus:
avrebbe redatto un rapporto per il Patriarca e poi si sarebbe preparato
per il
ballo a cui Iedike Frydendhal lo aveva invitato.
–E
ora torniamo a
noi! Sapete ballare, signor Van Dijk?- gli aveva chiesto la contessina,
sfoderano un sorriso malandrino che aveva ridato un po’ di
colore alle gote
ancora smorte.
-Abbastanza
bene,
credo. Purtroppo il Santuario di Athena difetta di questo genere di
avvenimenti.
-Bene,
perché tra
un paio di giorni si terrà un piccolo ballo, una festicciola
tra amici, a cui
saranno invitati tutti i miei parenti, padre Hans, alcuni cittadini
“importanti” di Århus, per lo
più creditori della tenuta e un paio di giovani
aristocratici amici di mio fratello. È Ludvig ad aver
organizzato tutto, io non
sono brava con queste cose e ne so ben poco, ma vi inserirò
nella lista degli
invitati: i vostri sospetti, mio fratello e padre Hans, saranno nello
stesso
posto e in qualità di mio presunto pretendente e mio ospite,
vi sarà facile
studiarli. Ve la sentite?
-Certamente,
Iedike.
-E non
preoccupatevi, non vi lascerò nelle grinfie di Sophia.- gli
aveva detto,
ridendo.
Il ballo, in realtà, non lo
preoccupava troppo, era un
ballerino decente, forse un po’ mediocre –non aveva
il talento di Dégel per gli
eventi mondani e le danze-, ma per nulla negato come Manigoldo e
Cardia, che
erano più per balli e canti da osteria; il vero problema
sarebbe stato passare
tutta la serata a così stretto contatto con delle persone,
col rischio di
ferirsi in un modo qualsiasi e avvelenare qualcuno, magari proprio
Iedike. Al
solo pensiero della contessina Frydendahl pallida, riversa al suolo, le
labbra
sporche di sangue e gli occhi vuoti, privi di vita, sentì lo
stomaco
accartocciarsi dolorosamente e il cuore perdere un paio di battiti.
Non voleva arrecarle alcun danno, non
lo avrebbe
sopportato… non avrebbe sopportato di rivivere la morte del
maestro Lugonis, di
perdere quella ragazza a cui si era affezionato, così come
si era affezionato
al vecchio, testardo ed irriverente Jens. Iedike non aveva che sedici
anni, era
nel pieno della sua giovane vita e se fosse morta a causa del suo
sangue non
avrebbe potuto perdonarselo… certo, il solo contatto con la
sua pelle non le
avrebbe causato alcun danno –per di più portava i
guanti, ma la prudenza non
era mai troppa nel suo caso-, ma se egli avesse avuto una qualche
ferita o
anche un solo graffio troppo piccolo per essere notato,
l’avrebbe condannata ad
una morte terribilmente dolorosa. Poteva rischiare tanto per scovare la
Stella?
Venne riportato alla realtà
da un lieve bussare alla sua
porta: era una delle servette di Solveig, che gli portava il materiale
da
scrittura che aveva richiesto alla locandiera. Ringraziata la
ragazzina, tornò
al suo tavolino e dispose ordinatamente il tutto, studiando con cura
ogni
pezzo: pareva tutto di buona qualità e la carta era di gran
lunga migliore di
quella che credeva avrebbe ricevuto. Non sapeva se imputare la cosa al
fatto
che, probabilmente, era uno dei pochi ospiti benestanti della locanda o
alla
simpatia che evidentemente ispirava alla giunonica locandiera.
Preparato il pennino, lo intinse
nell’inchiostro e iniziò
a scrivere il proprio rapporto, ripensando a ciò che era
successo nei giorni
passati… era ormai quasi una settimana che mancava dal
Santuario ed erano
successe fin troppe cose: Frydenjord, un normalissimo e tipico
villaggetto
danese si era trasformato in una landa grigia e opprimente, i cui
abitanti
parevano sempre più morti che camminavano, completamente
svuotati della propria
vita e forse anche dell’anima. Solo gli abitanti del maniero
che sovrastava il
paesello si erano momentaneamente salvati, ma quella specie di gangrena
stava
risalendo lentamente la strada che portava a quell’antico
castello, iniziando
ad avvelenare anche la famiglia Frydendahl e la servitù.
Aveva incontrato Ludvig Frydendahl e
padre Hans, i
maggiori indiziati, giunti a Frydenjord nello stesso periodo, ossia
quando il
grigiore aveva iniziato a contagiare la popolazione del villaggio: il
primo era
il figlio maggiore del conte di quelle terre, un libertino i cui
passatempi
preferiti erano, a detta del vecchio Jens Andersen, la caccia alle
donne
sposate e quella alla volpe; il secondo era il nuovo pastore, un uomo
rigoroso,
fermamente convinto della parola che predicava ogni domenica, che aveva
preso
il posto di padre Peder, il vecchio pastore e che, secondo Jens e la
contessina, era il maggiore indiziato.
E poi c’erano Jens e la
contessa Friederieke: il primo
era stato allievo del precedente Cavaliere dell’Aquila
–una donna che tutti
ricordavano ancora per la sua furia in battaglia- e aveva abbandonato
il
Santuario quando, rimasto gravemente zoppo, aveva perso
l’opportunità di
diventare un Saint; la seconda, sorella minore di Ludvig, era passata
dall’essere una delle sospettate a sua migliore alleata in
quella brutta
storia.
Continuò a scrivere
riversando sulla carta tutto ciò che
aveva avuto modo di vedere fino a quel momento, i progressi fatti nella
sua
indagine –praticamente nulli, nonostante gli indizi
vertessero quasi tutti su
Ludvig Frydendahl- e i suoi dubbi su quanto stava accadendo. Una volta
terminato posò con cura il pennino, sparse della sabbia
sull’inchiostro,
scrollò il foglio, lo sovrappose ad un altro e li
piegò con cura, prima di
sigillare la missiva e scrivere –questa volta con caratteri
latini e non in
greco antico- l’indirizzo a cui veniva recapitata la posta
del Santuario, una
bottega ad Atene.
Terminata l’operazione, si
ritrovò a pensare che gli
servivano degli abiti per il ballo… sperò di
avere abbastanza denaro anche per
quello.
Con l’intera famiglia seduta
attorno alla tavola, i
Frydendahl si dilettavano a parlare del più e del meno, a
seconda dei gusti
personali: Sophia, Christina e Ludvig discorrevano allegramente della
vita alla
capitale –la signorina Bernstein, che il conte ammetteva
più che volentieri ai
propri pasti, trovandola una donna, se non proprio di mente brillante,
comunque
piacevole, li ascoltava avidamente ed interveniva di tanto in tanto-,
mentre la
baronessa Maria, Iedike e il conte parlavano di filosofia e scienze. Il
pasto,
seppur semplice, era sempre ottimo grazie al talento delle cuoche e,
tutto
sommato, nella stanza si respirava un’aria leggera e felice.
In realtà Sophia di tanto in
tanto scoccava occhiate in
tralice alla cugina che, dal canto suo, la ignorava accuratamente,
mentre la
baronessa Maria studiava la nipote attentamente, alla ricerca di un
qualche
dettaglio che lasciasse intendere i sentimenti che provava per il
mercante
olandese.
Fu Ludvig a correre inaspettatamente in
suo aiuto,
richiamando l’attenzione del padre –e di tutta la
tavolata- e annunciandogli
che il ballo si sarebbe tenuto entro un paio di giorni.
Il conte annuì, poi si
rivolse alla figlia. –Pensavo che
sarebbe gentile, da parte nostra, invitare monsieur Van Dijk, Iedike,
dopotutto
è amico del vecchio Jens e Dio solo sa quanto egli e sua
moglie ci abbiano reso
dei gran mestieri in passato. Inoltre mi sembra che andiate
d’accordo e sarebbe
piacevole averlo qua per una serata tra amici, chissà quante
cose ha da
raccontare e sembra anche molto ben educato.
Iedike posò il calice dal
quale stava bevendo e sorrise
al genitore. –Oh, non v’ingannate, padre,
è una persona estremamente
interessante e a modo e anche molto colta, nonostante non abbia goduto
del
privilegio di avere i migliori insegnanti come Ludvig ed io, ma so che
ha letto
molto e ha viaggiato abbastanza da supplire a questa sua sfortunata
mancanza
con la conoscenza diretta che, credo converrete con me, spesso fa
più di molti
libri.
-Sicuramente, mia cara, sicuramente.
Anche io da giovane
desideravo viaggiare, sai? Ma purtroppo con queste gambe… se
non fossi caduto
da cavallo lo avrei fatto certamente, ma Dio mi ha ricompensato per le
mie
sofferenze e le mie speranze giovanili dandomi due figli splendidi.-
disse
l’anziano conte.
-Padre, non esagerate, Dio avrebbe
potuto darvi figli
migliori di me e Ludvig.- disse la ragazza, rivolgendo un sorrisetto al
fratello, che le strizzò l’occhio con fare
complice.
-Certo che no, bambina mia, ma torniamo
al signor Van
Dijk: cosa ne diresti di scrivergli dopo pranzo, pregandolo di farci
l’onore di
prendere parte alla nostra festa?- le chiese l’anziano
Frydendahl.
-Io penso, mio caro fratello, che
sarebbe un’idea ottima,
come dici tu Iedike e monsieur Van Dijk paiono andare tanto
d’accordo e sarebbe
proprio bello che, per una volta, vostra figlia fosse circondata da
giovani
invece che da noi poveri vecchi.- rise la baronessa Maria, gettando
l’amo e
attendendo la sua giovane nipote abboccasse. Venne subito ricompensata
dalle
lamentele di Christina, che le assicuravano che non fosse affatto
vecchia e,
anzi, fosse ancora splendida e quelle di Iedike, che diceva di
apprezzare la
loro compagnia più di quella di molti giovani.
-In ogni caso- continuò la
contessina –stavo proprio per
informarvi di aver già invitato il signor Van Dijk questa
mattina, quando è
venuto a farmi visita. Mi pareva molto ineducato non farlo, vista la
sua
gentilezza: se non fosse stato per lui, ieri sarei svenuta nel bel
mezzo di una
strada.
La signorina Bernstein
inorridì all’idea e concordò con
la sua protetta, cosa sulla quale Iedike aveva contato. –La
contessa ha
ragione, monsieur Van Dijk è stato estremamente gentile ad
aiutarla di un
momento simile. Chissà cosa le sarebbe potuto accadere,
povera cara. Spero che
vi sentiate meglio.
-A meraviglia, mia cara amica, non
preoccupatevi: ho
riposato a lungo e la passeggiata fatta questa mattina mi ha
rinvigorita.- la
rassicurò la giovane, sorridendo. Era proprio ora di tender
la sua trappola.
-Sei uscita a passeggiare, bambina mia?
Non ne avevo
idea… non è stato un po’ imprudente?-
si preoccupò infatti suo padre.
-No, padre, non vi preoccupate. Il
signor Van Dijk è
venuto a farmi visita questa mattina ed è stato tanto caro
da passeggiare con
me per assicurarsi che non mi accadesse nulla.- gli rivelò
la ragazza,
sorridendo compiaciuta.
Sophia le lanciò
un’occhiataccia. –Monsieur Van Dijk è
davvero molto garbato, a maggior ragione con un’estranea come
lo siete voi,
cugina. Presumo che lo faccia come dovere verso il suo vecchio amico,
l’anziano
Andersen, del resto siete stata tenuta a balia da sua moglie, no?
-Sì, dite bene, la povera,
cara Maria, che Dio l’abbia in
gloria, mi ha fatto da balia e di lei non serbo che bei ricordi, ma il
signor
Van Dijk sta diventando un amico carissimo, pare che abbia molti gusti
in
comune con me, anche se a volte la pensiamo diversamente. Il che
è un bene,
perché le mie poche amiche sono ormai maritate e trovano ben
poco tempo per
scrivermi.- si rammaricò Iedike, cercando di mostrarsi
corrucciata. In realtà
di amiche ne aveva ben poche, anzi, l’unica a cui avesse
voluto davvero bene per
la sua gentilezza e la sua dolcezza, Dagmar, le era di tre anni
maggiore e
aveva sposato felicemente un nobile norvegese,
ma era meglio che suo padre pensasse che la sua adoratissima
figlioletta si
sentisse sola.
Ed infatti il conte, nel vedere
quell’espressione in
volto, si intenerì. –Povera la mia bambina,
è colpa mia che ti tengo sempre
qua, accanto a me. La tua presenza mi fa così tanto piacere,
ma forse dovrei
mandarti più spesso a Copenaghen, affinché tu
possa stare con persone della tua
età. In ogni caso mi fa piacere che tu abbia un amico simile.
-Già, anche
perché l’unica persona con cui potrei
discorrere, qui, è Ludvig, ma a volte mi sembra troppo
ottuso per capire le
questioni importanti.- scherzò la ragazza, punzecchiando il
fratello, che, dal
canto suo, rise.
-Purtroppo, sorella cara, io sono
davvero troppo
ignorante di scienze e filosofia per parlare con voi, ma anche voi! Mai
che
facciate uno sforzo per intendervi di caccia o vini!- la
dileggiò Ludvig,
stando al gioco della sorella minore come aveva sempre fatto.
-Avete ragione, mea culpa. Prometto che
mi applicherò di
più per capire quale sia il divertimento che sta alla base
dell’inseguimento di
un animale che tanto sapete già di poter prendere senza il
benché minimo
sforzo. Si trattasse almeno di un orso!-
disse la ragazza, ridendo e pian piano tutti i commensali
tornarono alle
loro conversazioni originarie, anche se l’acrimonia di Sophia
pareva cresciuta
di pari passo alla soddisfazione, originatasi per ragioni diverse, di
Iedike e
sua zia Maria.
Terminato il pranzo, le baronessine
Eckersberg si
ritirarono con Iedike e la signorina Bernstein nella “stanza
delle torture” per
leggere e ricamare, Ludvig uscì per una cavalcata e Maria,
con una scusa, si
ritirò in biblioteca col fratello.
Il conte si sistemò
comodamente sulla poltrona e coprì le
gambe storpie con una coperta, mentre Maria si piazzava accanto al
caminetto,
guardando il ritratto di Amalie Frydendahl.
-Friederieke le somiglia sempre
più in bellezza.- disse,
con una punta di nostalgia, il conte –A volte non mi capacito
ancora che sia
venuta a mancare così tanto tempo fa.
-In effetti fu qualcosa di improvviso,
tua moglie non
aveva mai avuto alcun problema durante le sue gravidanze e i
parti… purtroppo
le vie del Signore sono infinite e ad Amalie è toccato
ciò che le è toccato.-
disse la baronessa, dando del tu al fratello come faceva sempre in
privato. Fin
da bambini avevano avuto un rapporto strettissimo, quasi pari a quello
che vi
era tra Ludvig e Iedike e avevano sempre tralasciato i convenevoli
inutili.
-Mi manca ancora oggi… ma
sono felice di aver potuto
passare con lei tutto quel tempo, l’amore per la mia Amalie
ha resto questa
vita meno grama.
-A proposito di amore, tua figlia
è innamorata.-
annunciò, sorridendo.
-Come? E di chi?
Quand’è successo?- si stupì il conte.
-Oh, Ludvig, ma sei proprio ottuso,
certe volte! È così
palese, fratello mio, solo a te potrebbe sfuggire una cosa simile! Non
cambierai proprio mai.- rise –Iedike è innamorata
di quello straniero, del
signor Van Dijk, no?
Il conte si fece pensieroso.
–Dici davvero? Proprio non
me ne sono accorto… deve aver nascosto tutto molto bene,
quella furbetta.
Maria roteò gli occhi. -In
realtà lo ha capito anche
tutta la servitù, fratello. Alcuni, addirittura, dicono che
quei due si siano
già confessati a vicenda e pianifichino di chiedere il tuo
consenso per il
matrimonio.
Il conte sgranò gli occhi.
–Come? Di già?
-Be’, vedila così:
se fosse vero e ne dubito, Iedike ha
troppo buon senso per sposarsi su due piedi con un perfetto sconosciuto
di cui
solo Jens sa qualcosa, conoscerebbe suo marito sempre meglio di quanto
io non
conoscessi quel dannato Eckersberg quando i nostri genitori mi
costrinsero a
sposarlo. Ha le stesse probabilità che avevo io
all’epoca di essere felice.-
disse amaramente la donna.
-Non li hai ancora perdonati?
-Chi, mamma e papà? Oh,
Ludvig… io voglio loro così tanto
bene anche se il Signore li ha chiamati a sé anni fa, ma
ciò che mi hanno
fatto, pur a fin di bene, mi ha rovinato l’esistenza: loro
pensavano al mio
futuro e credevano che combinando un matrimonio con un Eckersberg, non
avrei
mai dovuto preoccuparmi del danaro. Non sono arrabbiata con loro, ma
solo
amareggiata dalla loro cecità: la reputazione di Sebastian
non era poi così
segreta.
-Se fossi stato un fratello migliore,
mi sarei occupato
di te.- mormorò il conte, dispiaciuto nel vedere la
tristezza negli occhi della
sorella.
-Ma che dici? Tu sei il miglior
fratello che si possa
desiderare, Ludvig: mi hai accolta ogni volta che scappavo e mi hai
consolata
ogni volta che mi strappava un figlio per darli alla sua amante. Mi ha
strappato persino Søren, che solo un cieco potrebbe
scambiare per figlio suo e
solo per farmi un dispetto…- prese un libro e lo
aprì -E Christina, la mia
piccola bambola, che mi era così cara, con quei dolci
sorrisi e quel suo modo
delizioso di ridere? Ricordi che mi teneva lontana anche quando stava
male? La
mia povera bimba dilaniata dalla febbre e invece di sua madre, al suo
capezzale
c’era l’amante di suo padre. Purtroppo la riuscita
di un matrimonio è solo
nelle mani di nostro Signore.- dichiarò, richiudendo il
libro e rimettendolo al
suo posto.
-Dove vorresti arrivare?- chiede il
conte.
-Lascia che Iedike sposi chi ami. Per
un uomo il
matrimonio è molto diverso, se non vi è amore nel
vincolo coniugale, può
cercarlo altrove e mantenere una reputazione limpida, permettendo alla
propria
amante e agli eventuali figli di vivere una vita dignitosa, ma per una
donna è
diverso: un matrimonio infelice è un fardello, soprattutto
per una ragazza
tanto giovane come tua figlia e persino cercare conforto in un amante
è motivo
di sofferenza. Se ti chiederà il permesso di sposare questo
giovanotto, lascia
che segua il suo cuore: di certo il signor Van Dijk non difetta di
denaro e sono
ragionevolmente sicura che tua figlia sarà felice con lui.-
concluse Maria.
-Presumo tu abbia ragione, sorella mia.
Presumo che sia
così.
Nella “stanza delle
torture”, Christina stava ricamando
assieme alla signorina Bernstein, mentre Sophia suonava, deliziando
tutti con
una serie di arie. Iedike, invece, era seduta allo scrittoio e stava
tentando
di comporre una lettere che, se letta da occhi indiscreti
–quelli del nemico,
possibilmente- potesse sembrare il normale carteggio tra due
innamorati; non
era affatto un compito facile, poiché non si era mai
innamorata di nessuno e le
poche lettere simili ricevute le aveva bruciate tutte. Si diede della
sciocca,
rimpiangendo quell’atto così puerile, ma
effettivamente come avrebbe potuto
sapere che le sarebbero tornate utili?
“Mio
carissimo
Albafica” le parve un inizio incoraggiante.
“Mio carissimo Albafica, non posso
esprimere a parole quanta gioia io
abbia provato nel vedervi questa mattina.”
Forse era un po’ esagerato,
ma la mancanza di pratica e
precedenti non le era di troppo aiuto. “…provato
nel vedervi questa mattina. Sono felice di sapere che avete una
così alta
considerazione di me e che proviate un tale affetto nei miei confronti
e sono
desolata se, per caso, io vi abbia creato un qualche disagio con quella
richiesta così improvvisa. Le parole che ci siamo scambiati
stamane mi hanno
dato da riflettere e sono giunta alla conclusione di provare lo stesso
per voi,
di ricambiare la vostra ammirazione e la vostra stima in maniera
incondizionata. Ancor più mi ha reso felice il vostro
disinteresse per il mio
patrimonio o per le condizioni finanziarie in cui versa la mia
famiglia:
considero questo vostro modo di fare un segno di reale interesse per me
e nulla
potrebbe rendermi più felice ed orgogliosa di voi.”
Rilesse ciò che aveva
scritto e le parve buono. Forse era
un po’ troppo… dolce,
per i suoi
gusti, ma poteva andare.
“Ho
anche una bella
notizia da darvi: ho parlato a mio padre della mia intenzione di
invitarvi al
ballo ed egli era d’accordo, anzi, me lo ha proposto egli
stesso prima che
potessi informarlo. Sembra che gli piacciate molto e spero che,
approfondendo
la vostra conoscenza, egli acconsenta ad una nostra frequentazione
più assidua
e, se Dio lo vorrà, all’unione delle nostre
famiglie. Non potete immaginare
quanto sia felice per tutto ciò.”
In parte era vero, era felice di avere
un amico o
qualcosa di simile al ballo e di non dover affrontare da sola
l’allegra
comitiva messa assieme da Ludvig.
“Ora,
purtroppo, vi devo lasciare o rischio di insospettire troppo la mia
istitutrice
e le mie parenti. Vi aspetto domani, mi avete promesso di farmi visita,
ricordate? La vostra sincera Friederieke.”
Sorrise soddisfatta, dicendosi che
nessuno si sarebbe
aspettato da una ragazzina nuova alle dolcezze dell’amore
qualcosa di meglio e
che, dunque, era perfettamente credibile, sistemò la missiva
con cura, si alzò
e uscì dalla stanza, alla ricerca di qualcuno che potesse
recapitarla al
giovane guerriero.
Come promesso, ho
pubblicato il nuovo capitolo <3 Amatemi <3
Scherzo...
O forse no, chi lo sa.
Intanto inizio a ringraziare petitechérie per aver betato il
capitolo e avermi illustrato l'importanza dei guanti: grazie, Pepe,
senza di te qua le cazzate si sprecherebbero.
Ringrazio anche le persone che hanno letto e/o recensito lo scorso
capitolo: siete fantastiche, avreste avuto tutte le ragioni per
sfancularmi dopo un anno di assenza. Grazie ancora.
Bene, che dire? Siamo a circa metà della storia,
più o meno -purtroppo non so bene di quanti capitoli si
comporrà la storia, ma presumo che ce ne saranno almeno
un'altra decina- e nel giro di qualche capitolo le cose finalmente si
movimenteranno un po'... ma intanto dobbiamo prepararci mentalmente al
ballo: vi assicuro che ci sarà da divertirsi. Albuccio
scoprirà chi è il nemico? Forse... ma intanto
raccontatemi i vostri sospetti, si apre il toto-cattivo! Chi
è la Stella Malefica secondo voi?
Ci risentiamo il 23 settembre <3
Beth
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