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Capitolo 20
~♥~
Sedette sulla panca levigata del
banchetto, le gambe unite e la schiena dritta. Davanti a lei, Ronald
alzò lo sguardo sbigottito, impreparato a vederla lì.
Sembrava aspettarsi che avrebbe continuato a nascondersi per il
resto dell'anno, o che per lo meno quella botta di vergogna durasse
più di un misero weekend. Ma venne deluso, e dopo aver contratto
nervosamente la bocca, tornò a mangiare con foga, riacquisendo
il cruccio odioso che aveva ostentato negli ultimi due giorni.
Anche
Harry rimase stupito, ma al contrario dell'altro, Hermione
credette di intravedere una luce diversa in fondo ai suoi occhi.
La sera precedente tutte le sue
ansie si erano
acquietate, e
dopo l'incontro con Malfoy era tornata in camera più
tranquilla. Inizialmente aveva esitato, ancora non del tutto libera dai
dubbi che il suo comportamento le aveva messo addosso. Ma poi aveva guardato in quegli
occhi grigi stranamente inquieti e sinceri, e aveva finito con
l'abbandonare ogni dubbio.
Finita la colazione si alzò senza dire una parola, così
come senza una parola si era svolto l'intero pasto, ma una
volta fuori, la mano di Harry si fermò sulla sua spalla.
-Vogliamo allontanarci un po'?-
Hermione sentì il cuore accelerare improvvisamente, impreparata, ma poi annuì, sentendosi intimamente forte.
La condusse all'interno di un'aula vuota, una delle tante ora che le
lezioni erano sospese, e si premurò di serrarne la serratura in
modo che nessuno venisse a disturbarli. Lei si era affiancata a un
banco, e, quando si girò, lo vide scrutarla con estrema
serietà.
C'era una macchia scura nel suo sguardo in genere
limpido. Una punta di contrarietà che tentava visibilmente di
tenere a bada, ma anche una minuscola fiammella di interesse;
come se disappunto e stupore si mischiassero al punto da non sapersi
dividere e prendere una via univoca, coerente.
-Vuoi parlarmi di Malfoy?- chiese, rendendosi conto che quel silenzio sarebbe potuto durare ancora in eterno.
Harry annuì lentamente, continuando a studiarla.
-Vorrei sapere che cosa è accaduto- disse. Poi fece un passo
avanti, avvicinandosi al tavolo su cui stava poggiata.
-Perchè Ron mi ha raccontato una storia parecchio
bizzarra.-
Hermione incurvò appena un angolo della bocca, lasciandosi
sfuggire un'espressione di sprezzo, ma non proferì parola.
-E' vero?- chiese allora, andando dritto al punto.
Abbassò gli occhi, fissandosi le scarpe. Poi si
sistemò sopra al piano del banco, reggendosi al bordo con le
dita strette, e parlò. Raccontò la stessa versione dei
fatti che aveva già esposto a Ginny, in quasi ogni minimo
dettaglio, a tratti forse un po' velata, ma sicuramente più
sobria e vicina al vero di quella che doveva avergli propinato l'amico.
Harry ascoltò tutto con estrema attenzione, senza emettere un suono.
Al termine del racconto, un altro lungo silenzio seguì il
piccolo fiume di parole. Harry la studiò immobile, in piedi
davanti alla sua figura, gli occhi sottili ma al contempo leggermente
spalancati, preda di chissà quale muta impressione.
Hermione attese pazientemente che ne traesse le sue conclusioni.
-Dunque nessuna incursione nel suo dormitorio, vi siete soltanto parlati- disse.
Hermione non rispose.
-State facendo... conoscenza- pronunciò con un lievissimo
scetticismo -E sabato...- lasciò la frase in sospeso, acuendo
maggiormente lo sguardo. Hermione sentì le guance scaldarsi, ma
fu quasi sicura che non arrivarono a tingersi. Aveva sorvolato sulla
sua breve visita alla stanza del Serpeverde, spostando delicatamente
parte della conversazione che vi era avvenuta in un secondo contesto,
senza riportare i passaggi più personali. Ma quanto era accaduto
a Hogsmeade prima della disgrazia con Ron non poteva tacerlo,
perchè in fondo, lo sapeva, quella era forse la causa più
profonda della triste conseguenza.
-E' stato qualcosa che non mi aspettavo- disse -ma non è stato
imposto. Io.. credo di essermi affezionata a lui.- Si fermò. -Non
sono dispiaciuta per quello che è accaduto.- ammise infine.
Quella fu probabilmente l'affermazione più difficile e costosa
che avesse fatto, e ora sentiva di poter finalmente rialzare gli
occhi su Harry, e leggerci dentro qualunque condanna.
Lui la squadrò senza parlare, il viso visibilmente colpito da
quelle poche parole, gli occhi febbrilmente in lotta fra una serie di
reazioni contraddittorie e abbastanza forti. Alla fine quella che le porse fu
una domanda del tutto inaspettata.
-Mi hai chiesto informazioni sullo specchio per andare a cercarlo con lui?-
Sbarrò gli occhi, colpita.
-Io.. sì- sussurrò.
Lo vide annuire gravemente.
-Ma come..?-
-Sono stato fermato da Silente pochi giorni fa. Credeva avessi utilizzato il mantello per recarmi al terzo piano una
delle ultime notti, accompagnato dal 'signor Weasley'. Pare che Gazza abbia sentito due studenti aggirarsi da quelle parti.-
Hermione trattenne il fiato. Le parole del custode, nel corridoio del
primo piano, le tornarono immediatamente alla memoria, con la sua voce
gracchiante: Non sono riuscito a vederli, signore, erano invisibili.
-Oh..- riuscì solo a dire, costernata.
-Perchè l'hai fatto? Ti ho detto che l'hanno portato via, non c'è dalla fine del primo anno.-
Scosse la testa, involontariamente. A quel punto si rese conto di dover rivelare la scoperta del suo ritorno, quindi della
pergamena, e quindi ammettere di avergli mentito in camera
sua, quando era corsa a chiedergli informazioni. Si morse il labbro,
combattuta, ed Harry dovette intuire la sua difficoltà.
-C'è qualcosa che dovrei sapere?- fece sospettoso.
Hermione trasse un lungo sospiro, dandosi forza. Al diavolo le reticenze, tanto ormai aveva svuotato il sacco!
-In effetti, non è stato proprio sul mio libro che ho letto della sua esistenza- confessò.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglie scure, in ascolto.
-A dire il vero non lo avrei nemmeno mai scoperto, se non fosse stato
per lui. Mi ha consegnato una pergamena, trovata durante uno dei suoi
giri dentro alla Stanza..- Gli spiegò la richiesta fattale dal
ragazzo di tradurla e poi l'incontro con Hagrid, che le aveva suggerito
che qualcosa di segreto e pesante era stato trasportato all'interno del
castello, tanto da costargli un doloroso colpo della strega. Harry
stette a sentire sbigottito, e alla fine del
racconto la fissò cupamente, come se le sue parole
gliel'avessero resa meno perdonabile. Hermione sapeva esattamente cosa
stava pensando: perchè, dopo averle raccontato della sua
esperienza con lo specchio, non gli aveva rivelato ciò che sapeva?
Perchè non metterlo al corrente di una cosa che evidentemente,
per lui, era ancora importante?
-Mi dispiace- disse, sentendosi sinceramente in colpa. -Non avrei
voluto farlo alle tue spalle... Ma non ho scuse, avevi il diritto di
sapere che era tornato. Più di me sicuramente.-
Harry gonfiò profondamente
le narici, fissandola dall'alto, poi la sua espressione si fece
distratta, e i suoi occhi verdi si
persero nel vuoto.
Hermione lo osservò con attenzione.
-Hai... intenzione di tornare a cercarlo?- domandò.
Harry non rispose, ma lei fu quasi certa che fosse così.
-Almeno- disse lui tornando a guardarla dopo qualche istante,
l'espressione un po' meno dura, -So finalmente cosa andava a fare al nostro piano.-
Hermione lo fissò ammutolita, lui incurvò un angolo della bocca.
Sentì la tensione affievolirsi lentamente, e il peso gravoso che
portava sul cuore rendersi più lieve. Harry non la odiava
più. O, forse, non lo aveva mai fatto. Non potè fare a
meno di apprezzare la differenza fra lui e il compagno, quello che diceva di volerla come ragazza, ma che l'aveva
umiliata e ferita come nessun altro fino ad allora aveva mai fatto.
-Però- aggiunse subito dopo, rendendosi conto del suo
rilassamento, -Ciò non significa che sia meno preoccupato. Se mi
permetti, tutto questo mi insospettisce ancora di più. Non
vorrei offenderti- Hermione seppe esattamente cosa stesse per
dire -Ma non ti passa neanche per la testa che possa star mentendo?-
Accusò il colpo, come aveva già fatto le due volte
precedenti. Tutti e tre i suoi più cari amici le avevano fatto
la stessa insinuazione, e ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Se non altro, rispetto all'ultima volta che l'aveva
ascoltata, i toni erano molto più civili. La
reazione di Harry era molto più simile a quella di Ginny che a
quella di Ron e, come Ginny, l'unica cosa che sembrava preoccuparlo
veramente era la sua sicurezza, piuttosto che il proprio orgoglio.
-Mi è passato eccome- rispose, composta, -Ma ci sono
reazioni umane che credo siano quasi impossibili da fingere.-
Pensò al battito frenetico del cuore di Malfoy contro il suo
orecchio, ma anche ai suoi occhi lucidi in camera
sua, quando aveva trattenuto vistosamente un paio di lacrime
all'interno delle proprie ghiandole, dimostrando così di non
voler manifestare una certa emozione che invece gli si leggeva
pienamente in faccia.
-Io non so se lui si renda conto di quello che prova...- disse,
cauta, riflettendo lei stessa sulle parole che stava dicendo come
se fossero nuove alla sua comprensione tanto quanto a quella del
ragazzo. -Ma sono certa che non mi abbia mentito su certe cose. E che
se davvero avesse in mente di farmi del male, beh.. Non mi avrebbe dato
tante armi con cui colpirlo se solo volessi.-
Harry sgranò gli occhi, sbalordito. Lei lo fissò
annuendo, e lui capì che non poteva fare domande; che era
custode di un segreto.
-Merlino!- esclamò soltanto.
Lei si lasciò sfuggire un sorriso buffo, poi saltò
giù dal banco. Gli si avvicinò, prendendogli una mano, e
gli rivolse uno sguardo pieno di gratitudine.
-Grazie- disse. -Avevo davvero paura che non mi avresti parlato più.-
Harry abbandonò l'espressione sconcertata e ne assunse una lievemente imbarazzata.
-Sciocchezze- bofonchiò. Poi parve riflettere. -Senti..-
Dal tono che assunse Hermione intuì dove
sarebbe andato a parare. -Ronald... sai com'è. Non
pensava veramente quello che ha detto. Se tu lo perdonassi..-
-Perdonare- ripetè, lasciandogli subito la mano.
La sua
espressione tornò dura, i lineamenti deformati dal risentimento.
-Una simile reazione è.. ingiustificabile. Sapevo che non
l'avrebbe presa bene, soprattutto dopo quello che mi ha confessato, ma
questo..-
-Cerca di capire lo stato d'animo in cui si trova, non solo sconvolto, ma avvilito. Vedersi rifiutare per Malfoy..-
Hermione arrossì, perchè quella situazione la metteva in
imbarazzo tanto quanto l'amico, con l'unica differenza che lei sembrava
dovesse sentirsi nel torto laddove in realtà a comportarsi male
non erano stati altri che lui.
-E insultarmi a quel modo, allora? Avresti dovuto sentirlo, scommetto
che non ti ha detto per filo e per segno come si è svolta la
discussione. Non avrebbe dovuto dire una sola delle cose che ha detto...-
-Lui ti ama.-
S'interruppe, interdetta. Lo sguardo di Harry la
perforò sottilmente, facendola sentire ancora più a
disagio.
-Non è... una scusa- disse solo, incerta. Poi si tolse una cioccia dal viso, nervosa.
Harry ne seguì il movimento e distolse lo sguardo,
perchè in fondo quello non era quanto era abituato a fare:
cercare di risolvere i loro litigi. In tutti quegli anni, l'unica cosa
che aveva imparato era che due caratteri come i loro potevano soltanto
scannarsi e riappacificarsi da soli, senza l'aiuto di nessuno.
-Hai ragione- disse soltanto. Poi si riavvicinò alla porta,
invitandola a uscire. -Vedi di non metterti nei guai e mantieniti
all'erta- fu il suo ultimo consiglio. Lei sbollì un po' della
propria rabbia, e annuì.
~
Scostò la manica della camicia, osservando l'orologio. Accanto a
lui, sul pavimento, diversi fogli bianchi e stropicciati sparsi tra la
polvere. Ormai li aveva letti milioni di volte, eppure non riusciva
a coglierne il senso. Era come se contenessero qualche piccolo segreto,
un dettaglio che gli sfuggiva. Si passò una mano sugli
occhi, esausto.
Da quando erano iniziate le vacanze, trascorrere lì le intere
giornate era diventata oltre che una necessità anche un
sollievo. Barker lo cercava come impazzito, ma a parte l'ora dei pasti,
non aveva possibilità di incontrarlo. Si accarezzò
distrattamente il braccio, fissando il vuoto.
Aveva abbandonato i suoi ultimi propositi circa la scommessa, il giorno
prima della gita: la notizia che Hermione sarebbe rimasta al castello
insieme a tutti aveva infranto l'infallibile piano che aveva
così magistralmente messo in piedi. Ma non era un problema.
In realtà, ora sapeva esattamente cosa fare, ed era anche la
risposta più ovvia. Eppure gli si era presentata davanti
soltanto all'ultimo, quando si era visto costretto a sputare una
cattiveria ipocrita e vile di fronte ai compagni. Disgusto: ecco
l'unica giustificazione che gli avrebbero concesso.
Avrebbe affermato che la ripugnanza era stata troppa. Non si
sarebbe macchiato di una simile infamia per una stupida scommessa, che
all'atto di arrivare fino in fondo si era dovuto rifiutare. In fondo,
non
aveva bisogno di dimostrare di essere capace di conquistarla,
perchè Pucey li aveva già visti in biblioteca parlare
insieme, e tanto bastava. Non era una posta in gioco da niente,
l'onore della famiglia, da mettere in palio per denigrare una qualunque
sanguesporco. Questo era quanto avrebbe detto, e se avessero osato
protestare avrebbe imposto loro di andare a letto con
una ciascuno, come condizione affinchè lo facesse anche
lui. Non
avrebbero accondisceso.
Raccolse il materiale da terra,
ficcandoselo in tasca. Non era la
soluzione migliore che avesse pensato di trovare, un tempo avrebbe
rigettato inorridito l'idea di una resa; ma quella era forse la
reazione più ovvia che chiunque si sarebbe aspettato da
lui. Il comportamento più logico. In più, le sue
priorità erano irrimediabilmente
cambiate. Se prima, nella falsità di
sentimento, aveva desiderato ridicolizzarla pubblicamente e prendersi
il merito per un'infamia bella e buona, adesso, nel mutare del suo
cuore, la cosa che più gli premeva era nascondere a tutti il
legame con la ragazza. Persino lo scoprire che anche gli amici di lei
ne erano a conoscenza lo aveva messo in difficoltà. Eppure
questo non era certo qualcosa di cui si fosse preoccupato,
inizialmente: al contrario! Faceva parte del piano, che tutti
sapessero. Ora, il segreto era l'unica cosa che desiderasse veramente.
Aprì la porta, abbandonando la stanza piena e disordinata alle
sue spalle. Si toccò il viso, sentendolo formicolare: l'effetto
stava svanendo.
Diede una rapida occhiata in fondo al corridoio, per
assicurarsi che nessuno fosse presente, e compì nuovamente i tre
giri davanti all'arazzo. Allora riabbassò la maniglia ed
entrò ancora una volta.
Tutti quei segreti lo stavano
lentamente possedendo e Draco aveva la netta sensazione che ormai non
fosse più lui a gestirli, ma loro a controllarlo. Sentiva che
più il tempo passava, più ci si ingarbugliava, più
il bandolo della matassa si perdeva lontano da lui.
Sospirò, poggiando la testa sulla parete alle sue spalle.
Eppure, guardando indietro, non riusciva proprio a capirlo. Quando aveva smesso di fare finta?
~♥~
Aprì la porta mettendo piede nella stanza. Draco le aveva detto di pensare a qualcosa che potesse farli stare insieme, un posto in cui entrambi si sarebbero certamente trovati. La Stanza delle Necessità sapeva come combinare due bisogni uguali.
Lo trovò sdraiato sui cuscini rossi del pavimento, un libro in
mano estratto dall'alta libreria in legno alle sue spalle. L'ambiente
era lo stesso in cui si erano trovati l'ultima volta: con il piano, i
cuscini e la finestra sul giardino. Solo la libreria era stata evocata
da una delle camere precedenti, questo perchè evidentemente la
sua osservazione sulla sua assenza se l'era legata al dito.
-Sei riuscita a trovarmi- disse il ragazzo alzando appena gli occhi dalle pagine. -Ti avevo detto che avrebbe funzionato.-
-Non conosco questa stanza
come le mie tasche, al tuo contrario- gli rispose, e quella frase lo
fece irrigidire impercettibilmente. Se ne accorse, e si arrestò
incerta davanti a lui. Ma Malfoy finse di non aver sentito e si
scrollò quell'irrigidimento di dosso.
-Hai fatto pace coi tuoi amici- osservò invece chiudendo il libro e
poggiandolo sul pavimento. Hermione apprese dal titolo che si trattava
di uno dei suoi romanzi gotici preferiti. -Ti ho visto parlare con lo
Sfregiato stamattina.-
-Ma perchè devi chiamarlo così?- saltò su irritata.
Lui le lanciò un lieve sogghigno, alzandosi in piedi. Hermione
aggrottò la fronte, ma non insistette. Il suo senso
dell'umorismo era sfrontato e spesso sgradevole, ma lei sapeva non
sempre cattivo.
Si fronteggiarono per qualche secondo, muti. Il ricordo degli
ultimi istanti passati assieme calò un lieve imbarazzo fra
loro, rendendoli tesi.
-Ti piace?- chiese, alludendo al libro che aveva lasciato, con tono più neutro possibile.
-Divertente- rispose lui, altrettanto distrattamente. -Ne hai un mucchio di interessanti, sono tutti quelli che hai letto?-
Annuì, passandosi una cioccia di capelli dietro l'orecchio. Lui
si abbassò a raccogliere il volume da terra e lo rimise a posto.
-Mi solleva sapere che non leggi letteratura rosa, penso che non avrei resistito dallo stracciare qualunque romanzo del genere.-
Si lasciò sfuggire uno sbuffo. -Sei davvero impertinente, oltre che maleducato.-
Lui le lanciò un'occhiata maliziosa e allentò così la tensione fra loro: comportandosi da ragazzino.
Hermione scorse con la coda dell'occhio un movimento vicino alla
finestra, e notò che aveva i vetri aperti. Il ramo frondoso di
uno degli alberi piantati davanti al davanzale fece capolino per un istante, mosso dal vento. Si avvicinò.
Ora, poggiando le mani agli stipiti, potè finalmente affacciarsi e
scoprire cosa nascondessero. Non si stupì più di tanto
quando scorse il profilo di una casa in pietra, delimitata da un cancello
grigio. Il suo giardino era lo stesso in cui si trovavano gli alberi
che ora le sfioravano il viso, la finestra dava su di esso da qualche
parte che doveva starle molto vicina. Si chiese perchè non
immaginasse semplicemente di stare dentro
alla villa, invece che fuori. Perchè quella non potesse essere
semplicemente una delle stanze interne alla casa stessa.
Dopotutto, se voleva raggiungerla, la Stanza sembrava prendersi gioco
in maniera veramente crudele delle sue vere necessità. Ma poi
ricordò improvvisamente che quello non era più periodo di
lezione, e che Malfoy non era tornato a casa come si sarebbe aspettata.
Era lì, invece che con sua madre, e nulla poteva renderla
più perplessa di questo.
-Piacciono molto anche a lei, come vedi.-
Sussultò, sentendosi
riestrarre dai propri pensieri. Malfoy le
si era avvicinato alle spalle, e fissava come lei il giardino
sottostante. Solo allora si rese conto che era molto ben curato, a
differenza della distesa verde al di fuori del cancello. Là dove
c'erano arbusti di fiori selvatici irregolari, dentro qualche
piccola aiuola e pergolato spezzava sapientemente il terreno altrimenti
monotono. Non si trattava di un abbellimento eccessivo, in
realtà nell'insieme era più il verde del prato e delle
fronde che il colore dei fiori. Ma, quei pochi che
c'erano, sembravano spiccare per la loro bellezza, attirando su di
sè tutta l'attenzione.
-Del giardino si occupa di persona, sostiene che gli elfi non ne sono capaci. Mancano di sensibilità.-
Hermione storse il naso, ma non espresse il proprio disappunto.
-In realtà, lo fa perchè le piace.-
Lo sentì farsi più vicino, e intuì che volesse
affacciarsi. Allora si girò, per lasciargli il posto, ma se lo
ritrovò davanti, probabilmente perchè non si era
aspettato quel gesto. I suoi occhi incontrarono le
labbra pallide della sua bocca, e il fiato trattenuto dalle
proprie s'infranse sulla pelle del suo collo
diafano. Arrossì, imbarazzata, ma lui fece un
passo involontario indietro, e le lasciò quindi via
libera. Si allontanò subito, senza farsi vedere agitata. Lui le
lanciò uno sguardo ambiguo e tornò a guardar fuori.
-Mi chiedo se siano appassiti o li abbia infine lasciati nelle loro mani.-
Non rispose.
Tornò a voltarsi. -Ti chiederai perchè io sia rimasto qui, invece che andarla a trovare.-
Rimase colpita dal modo in cui le aveva sottilmente letto dentro, e
ancor di più dalla sua decisione di affrontare l'argomento,
dopo che credeva lo sfogo in camera sua rimanere unico e
irripetibile.
-Non pensare che me ne freghi, è per il suo bene se sono rimasto.-
Non aggiunse altro, esaurendo così le sue spiegazioni. Lei
abbassò gli occhi, poi si azzardò a esprimere un parere. -Non
pensi che nell'assenza di tuo padre l'unica cosa che potrebbe davvero
farle bene sia tu?-
Sgranò gli occhi, probabilmente stupito da quella osservazione. Forse
si aspettava che avrebbe passivamente assorbito tutto quanto le avrebbe
detto senza esprimere opinioni.
-Insomma, dovrai attendere l'estate prima di rivederla. Un anno intero da sola... Credevo fosse questo a turbarti.-
Lo vide compiere un movimento brusco, nervoso. Fece qualche passo verso
il pianoforte, poggiandoci sopra una mano, poi si girò di nuovo,
guardandola.
-No, non è questo. Se tornassi da lei potrei farle compagnia per
un paio di settimane, e poi? No, io devo stare qui. L'unica cosa che
conta è che io riesca.. a superare l'anno con successo.-
Pronunciò quella frase con una strana luce nello sguardo, come
se nascondesse un gioco di parole, un enigma.
Lei annuì, reprimendo una replica. Mai superare il limite,
questo
era quanto aveva imparato in quelle settimane; se voleva
che si sentisse libero di confidarsi, doveva stare molto attenta a
non
ferire quella fessura della sua anima inquieta, che solo a tratti si
apriva all'esterno come le valve di un'ostrica
selvatica.
-E comunque mio padre non approverebbe di certo un mio ritorno proprio
adesso- continuò il ragazzo, incoraggiato dal suo silenzio.
-Sappiamo entrambi che l'unica soluzione al problema è che io
torni da lei con dei risultati che la facciano felice, ti ho detto no
che sono io a metterle ansia?-
-E lei la pensa allo stesso modo?- si lasciò sfuggire, non riuscendo a trattenersi.
Lo vide schiudere le labbra. La sua domanda, strano a dirsi, aveva fatto centro.
Passarono alcuni istanti di silenzio, il volto del ragazzo immobile
come se la lunga scia di pensieri e impressioni che gli si stava
srotolando dentro non lasciasse traccia nel suo aspetto.
-Loro.. Sono divisi.- rispose alla fine, semplicemente.
Lei colse la nota di tensione nella sua voce.
-E tu, lo sei?-
La risposta gliela diede con gli occhi, senza neanche muovere la bocca.
E lei lo vide, ciò che prima aveva solo intuito per grandi
linee, osservandone i comportamenti e ascoltandone le parole. Lo vide
con estrema chiarezza: un ragazzo diviso a metà.
*
-Non credo sia davvero il caso di parlarne.-
-Ma ti dico che l'ho visto, era lui senz'altro.-
-Sciocchezze! Con quella là? No.-
-Lo vedrai invece, e fra molto poco-
-Che succede?- Hermione raggiunse Ginny lungo il piano terra.
Calì, accanto a questa, trattenne un risolino dietro al palmo,
che le procurò la pronta occhiataccia della rossa.
-Assolutamente niente- rispose secca, affrettando il passo.
L'indiana dietro di loro le seguì con occhi luccicanti.
-Cosa le prende?- domandò perplessa, rendendosi conto della
stizza che accendeva l'amica e rendeva il suo passo pesante come una
marcia.
-Nulla!- esclamò -A Calì piace fare pettegolezzo, e non perde mai l'occasione per tirarne fuori delle belle.-
Oltrepassarono l'entrata della Sala Grande, dirette al proprio tavolo. Hermione portò subito gli occhi sui posti,
cercando Harry. Si assicurò che tornasse a
salutarla come sempre, che Ron non avesse tentato di riportarlo dalla
sua parte. Il moro alzò gli occhi su di loro e aprì le
labbra in un sorrisetto esitante. Le bastò, e si fermò
accanto a Neville rivolgendo solo distrattamente lo sguardo al suo
ormai ex migliore amico.
E fu lì che rimase agghiacciata.
Ron Weasley e Lavanda Brown erano avvinghiati l'un l'altra sulla
panca, mentre compivano qualcosa di molto simile a un atto di cannibalismo.
Quella vista la lasciò di stucco.
Accanto a lei, Ginny, in piedi davanti ai due, emise un verso
indescrivibile, spalancando la mascella.
-Allora è vero- esclamò, sconvolta.
Hermione non riuscì a esprimere parola, troppo scioccata per
trovare anche solo il modo di esternare un pensiero.
Harry tossicchiò nervoso, in
evidente disagio. Ma lei rimase impietrita a fissarli,
finchè non si sentì
costretta a girare lo sguardo, vuoto, sul ragazzo che cercava di
attirare la sua attenzione.
Ginny prese posto con un tonfo tale da far sobbalzare i due
neopiccioncini. Harry ne osservò preoccupato la fronte oltremodo
aggrottata, e gli occhi che mandavano scintille. Al suo contrario,
tutto ciò che riuscì a fare lei fu sedersi senza compiere
rumore, come in trance.
Ron e Lavanda? Ron e.. Lavanda? Sentì il loro limonare umido colpirle l'orecchio.
Com'era potuto succedere?
Si rimproverò all'istante per aver formulato un pensiero simile.
Non era di suo interesse sapere cosa facesse o non facesse Ron.
Soprattutto non dopo averlo rifiutato. Ma, senza dubbio, questa era
l'ultima cosa che si sarebbe aspettata dopo aver subito la furia
sregolata del suo orgoglio ferito. Dunque era questo il grande amore
che lo aveva spinto a trattarla in modo tanto imperdonabile? Questa
la grandezza del suo sentimento, unica giustificazione alla sua
villania, che ora già si era spento in favore di una ragazzina
sciocca e superficiale che aveva fino ad allora ignorato
deliberatamente?
Sentì Luna sedersi accanto a loro con una grande agitazione,
profuga come spesso avveniva dal tavolo della sua casa.
Pronunciò qualche parola sconnessa su un gruppo di passeri,
quelli usati per le simulazioni di Trasfigurazione, misteriosamente
scomparsi dalle loro gabbie. Ma non prestò ascolto. Il rumore
dei due ragazzi follemente infoiati perforò il suo timpano per
tutta la durata del pasto, punendola meschinamente per la sua
correttezza non richiesta. Così avviene quando si ferisce qualcuno per
troppa sincerità: non viene riconosciuta l'onestà,
ma si colpisce violentemente la mancanza di tatto.
Finito il pasto si alzò dal tavolo, insieme alla sorella del
rosso baciatore. L'intera ora passata a sopportare i due muoversi e
agitarsi al suo fianco l'aveva resa estremamente fredda e ora non si
preoccupò di essere delicata nei movimenti. Finì per
colpire il ragazzo, mentre si voltava, e questo non
perse occasione per aumentare ancora di più il ritmo dei suoi
amoreggiamenti.
Abbandonò la sala con passo spedito,
prontamente imitata dalla ragazza, e salì
le scale con decisione spalancando la porta del dormitorio.
-Assurdo!- esclamò l'amica,
agitando le mani. -Questo è assurdo. Un atteggiamento così
infantile non lo ha avuto dall'ultima volta in cui gli ho rubato la
gazzetta sportiva!-
Hermione non rispose.
-E dire che sembrava tanto addolorato... Che caduta di stile, non è mai stato furbo, ma questa..-
-Ci vediamo dopo- disse passandole davanti, e abbandonò la camera prima che avesse modo di finire la frase.
I passi schietti, il viso crucciato, attraversò il corridoio del settimo piano. Compì
tre rapidi giri davanti all'arazzo e irruppe dentro la Stanza
senza nemmeno premurarsi di pensare a cosa chiedere. Ma essa,
evidentemente, dovette leggere dentro al suo cuore, e aprì
la camera in cui lei e Draco si erano visti solo qualche ora prima.
Si buttò sul tappeto di cuscini, seccata,
e chiuse gli occhi. Man a mano, nel silenzio della camera vuota, la sua
rabbia scemò, e riuscì a vedere più
obiettivamente la situazione. Lei lo aveva respinto; e lui aveva
cercato consolazione là dove poteva. Non c'era niente di meschino
in questo, nè di scorretto.
Sentì la maniglia della porta aprirsi prima che si fosse resa
conto di quanto tempo fosse passato, e Malfoy fece la sua comparsa
dentro alla camera. Sgranò appena gli occhi,
trovandola lì, e lei si ritirò rapidamente a sedere.
-Ah- fece stupito, -Sei già arrivata.-
-Sì- rispose togliendosi nervosamente un ciuffo dalla
fronte. Sperò che non si accorgesse del suo stato d'animo.
Ma Malfoy sembrò cogliere qualche nota discorde, sul suo viso, e aggrottò la fronte.
-Sei fuggita abbastanza in fretta dalla cena- osservò, aggirandola lentamente fino allo sgabello del piano.
-Non c'era più nulla da mangiare.-
-Hai litigato di nuovo con loro?-
Arrossì immediatamente, inconsapevole. -No!- esclamò.
Lui la perforò con gli occhi grigi.
-E' che... non c'era budino per una seconda porzione.-
Abbassò la testa, torcendosi il bordo della gonna. Le ciglia
scure nascosero lo sguardo inquieto che animava i suoi profondi occhi
nocciola, e lui potè quasi sentirlo fremere. La
osservò muto per quelli che parvero minuti,
poi alzò una mano sul piano, pigiando qualche nota come lei gli
aveva insegnato a fare. Rialzò la fronte. Lui
ripetè il gesto un paio di volte.
-Bravo- disse, stupefatta.
Incurvò il labbro.
-E senti questo- aggiunse componendosi. Mise insieme quattro accordi, in maniera molto convincente.
Hermione ascoltò compiaciuta -Sapevo che eri promettente.-
Assunse un ghigno soddisfatto. -Ho provato
mentre ti aspettavo stamattina.-
La vide sorridere e avvicinarsi allo sgabello. Le sue
guance erano tornate morbide, la fronte più distesa. Fece
un movimento con la
mano, come un arrotolare distratto l'aria, ed evocò un pezzo di
carta e una penna. Ci tracciò sopra un
pentagramma per poi metterglielo davanti agli occhi, sul leggìo.
-E' arrivato il momento di imparare a leggere.-
Iniziò a insegnargli il nome delle note, o meglio, i segni che
corrispondevano alle note da lui conosciute, e il suono che facevano da
sole e in accordo.
Lui la lasciò fare, passandole ogni tanto gli occhi sul viso
senza che se ne accorgesse. Dopo poco, permise che gli si sedesse
accanto, su metà sgabello, un po' in pizzo in
realtà, perchè le dimensioni del seggiolino non erano
sufficienti. La maniera in cui si teneva discosta, appena in bilico per
non cadere, gli diede l'impressione che evitasse di toccarlo. Era come
se un contatto diretto la innervosisse. Per un paio di volte le sfiorò accidentalmente il braccio, mentre la
punta del proprio ginocchio scontrò quello della ragazza
che suonava. La vide sussultare appena, tesa, ma fingere che quei
brevi contatti non esistessero. Poi, mentre si apprestava a distogliere le dita dalla
tastiera, scivolò le mani sotto le sue, fermandogliele. Hermione
sgranò gli occhi. Posò i
polpastrelli sui suoi polsi, premendo sulla carne; la sentì
trattenere il
fiato e le pulsazioni sotto al proprio tocco divennero più
veloci.
-Ti metto a disagio?- chiese.
Lei non seppe che rispondere, fissandolo con le pupille dilatate.
Allora
insinuò la punta
di un dito sotto al bordo della sua manica, strusciando lievemente
sulla pelle. Hermione avvertì le labbra seccarsi come se tutti i
liquidi fossero evaporati.
-Hai
paura di me?- insistette, infilando gli occhi grigi
nei
suoi come se fossero due lame affilate, appuntite.
Deglutì appena, sostenendo quelle iridi chiare, ma scosse la
testa. Lo sguardo che gli aveva lanciato quella
mattina allontanandosi dalla finestra era di nuovo lì, ma
stavolta
riuscì a capire cosa fosse. Si alzò in piedi,
costringendola a fare lo stesso. Hermione sentì le membra del
proprio corpo perdere forza, come se fosse sul punto di uno svenimento.
Avvertì le punte
delle sue dita strisciare lentamente sotto
alla camicia e compiere piccoli cerchi sulla pelle. Il
brivido che le attraversò la schiena arrivò fino a lui, e
lo vide incurvare impercettibilmente l'angolo della bocca. Poi
chinò il viso, le
labbra
schiuse, il profumo tanto apprezzato aleggiante davanti alle sue
narici. La temperatura della stanza si alzò improvvisamente e,
senza rendersene conto, le sue dita strinsero la pelle del
biondo, trattenendone a loro
volta il braccio. Draco se ne accorse; scivolò le mani fino ai
suoi gomiti, sfiorandoli, e spinse la sua schiena contro di
sè. Hermione
percepì le labbra scontrare quelle del ragazzo, che sapevano
di menta. I nervi fremettero e il corpo si tese come una corda. La mano
di Malfoy, sulla sua schiena, esercitò una pressione tale da
comprimerla e lei avvertì il ventre bruciare e incurvarsi
involontariamente, come se una rete di fili invisibili l'avesse
cucito addosso a lui.
Un
formicolare improvviso attraversò tutte le sue cellule e le vene
arsero. Tremò. Senza che lo avesse comandato, le sue braccia
lasciarono i polsi ormai attaccati alla sua vita e si alzarono sui suoi
avambracci, aggrappandocisi. Schiuse le labbra automaticamente, e
quelle del ragazzo le avvolsero lasciando andare un basso verso
gutturale, mentre la spingeva fino a farla scontrare contro il piano.
Aveva già baciato Krum due anni prima. Ma mai aveva sentito di farlo in quel modo.
Innumerevoli brividi le scossero la schiena e le mani, mentre si
teneva alle spalle di lui, e la sua pelle bruciò e si
intirizzì in maniera rapida e illogica sotto alle sue dita, che
ci premevano sopra come se volessero modellarla. I muscoli del ragazzo
erano forti, lo sentì dal modo in cui si tendevano sotto alla
stoffa della camicia. E tutto il suo corpo sembrava poterla dominare
come un sottilissimo giunco.
Non seppe come, ma finì a infilargli le unghie sotto al
colletto, cercando il contatto con la sua clavicola. Il ragazzo fece
altrettanto con il bordo inferiore della sua camicetta, e se non fosse
stata schiacciata contro la tastiera del piano, avrebbe probabilmente
continuato a salire lungo la schiena.
Si staccò, fissandolo sconvolta per qualche secondo. I suoi lineamenti erano belli, le iridi liquide e
crepitanti, le venature azzurre accese come fili elettrici e il fiato
leggermente affannato, caldo.
In quel momento, tutti i pensieri concernenti Ron, Lavanda, Harry,
Ginny e qualunque altra cosa svanirono, risucchiati da qualche parte
fuori di sè, fuori dalla stanza. La mente era vuota, ma c'erano
poche cose a tenere su di sè la massima attenzione: il sapore di Draco sulla sua bocca, il calore del suo
respiro sul mento, e la sensazione di star perdendo parte della propria
pelle sciogliendosi come neve su quella di lui.
Ciao :)
Spero che chi era rimasta delusa dal comportamento di Harry nello
scorso episodio si sia con questo tranquillizzata. Non mi andava di
renderlo subito disponibile ad ascoltare e capire Hermione. Ho voluto distinguere il suo comportamento da quello
di Ron - impulsivo e focoso -, rendendolo al contrario più
propenso alla ponderazione (qualità che tira fuori raramente, me
ne rendo conto), ma sono entrambi rimasti sconvolti dal suo atteggiamento.
Spero che il capitolo sia uscito bene e che
l'ultima scena non sia troppo sciatta. Descrivere baci e similia nelle
fanfiction è ormai diventata un'impresa, è
difficile evitare cose già viste.
Il fatto che Hermione riesca a raggiungere Draco pensando a
lui e a una stanza che possa contenere entrambi rimanda al fatto che i
personaggi de L'Ordine della Fenice
riuscivano a entrare tutti nella stessa
stanza, quella degli allenamenti, in cui si trovava Harry. E la
reazione di Ginny alla coppia Ron-Lavanda è la stessa del sesto
libro (senza dimenticare che nella mia fic la odia).
Ringrazio:
barbarak, PrimrosePotter99, germana, la nuova Madonna Black e Lullabyx
(che spero abbia trovato questo capitolo più scorrevole del precedente) per le
loro recensioni. Come sempre avete trovato il tempo di scrivermi il
vostro parere e questo lo apprezzo molto. Siete davvero gentili.
Abbiamo
ufficialmente superato la metà della storia!
Un bacio a tutti e buon ritorno a scuola (o a lavoro)
♥ Vale
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