Mi
svegliai di soprassalto dopo l'ennesimo incubo, quasi gridando. Avevo
il respiro corto e il batticuore per la paura.
-
Elsa, tutto a posto? - Mi chiese gentilmente Merida, stropicciandosi
gli occhi: l'avevo svegliata un'altra volta.
-
Sì, sto bene. Torna a dormire. - In tre notti di brutti
sogni avevo sviluppato una risposta standard che, nonostante fosse
molto coincisa, pareva essere abbastanza esauriente da non suscitare
alcuna curiosità nella mia compagna di viaggio, per fortuna.
Io,
Jack e Merida ci trovavamo nel bel mezzo di una folta foresta, a mio
avviso molto inquietante. Ad ogni passo faceva sempre più
freddo e sospettavo che fosse colpa mia. Eravamo partiti alla ricerca
del bosco di Pitch, in modo da riuscire a sconfiggerlo una volta per
tutte, dopo che ci aveva causato tanti guai. Purtroppo,
però, continuavamo a vagare a vuoto da quando eravamo
partiti e ci eravamo anche persi. Ero convinta che Pitch fosse sempre
un passo avanti a noi, perché ogni volta che trovavamo un
sentiero, questo portava al punto di partenza. Il lato positivo: c'era
cibo a sufficienza per sfamare quattro esemplari di Merida affamata
ogni giorno. Peccato che fosse anche l'unica parte buona di tutta la
faccenda.
Ma
la cosa peggiore era che facevo sempre lo stesso incubo da quando
eravamo partiti: ero da sola in un mare di nebbia e sentivo una voce
che sembrava la mia, ma che aveva una sfumatura molto diversa, come se
fosse stato un uomo a parlare attraverso me. Il mio istinto mi
diceva di gridare e scappare, ma non riuscivo a far uscire alcun suono
e non potevo muovermi. Poi comparivano delle immagini davanti a me,
proiettate nel muro di nebbia: vedevo Jack e Merida insieme,
abbracciati, poi mia sorella coperta di ghiaccio, Merida che cadeva nel
buio più totale e infine una spada di
ghiaccio che
trafiggeva Jack e poi di nuovo da capo, fino a che non riuscivo a
urlare e a svegliarmi. Puntualmente, Merida apriva gli occhi subito
dopo di me, chiedendomi se era tutto a posto, io le rispondevo di
sì, lei tornava a dormire e io passavo il resto della notte
in bianco, domandandomi quale fosse l'arcano significato di quelle
immagini. Tuttavia, sospettavo ciò che poteva essere: alla
fine, avrei tradito i miei amici e ucciso Jack, anche se per il momento
ero all'oscuro del motivo. Prima che me ne rendessi conto, la luce del
sole fece capolino dagli spazi tra gli alberi, dando il segnale della
nostra imminente partenza.
-Buongiorno
ragazze! Dormito bene?- Al solito, Jack era allegro fin da prima
mattina, mentre facevamo colazione. Mi domandavo spesso come facesse.
Io
e Merida rispondemmo allo stesso modo: - Alla grande. - Forse
anche Merida aveva avuto un incubo, pensai, perché aveva un
tono quasi più falso del mio.
- Ehi, non metteteci troppo entusiasmo, mi raccomando! - Il povero Jack
si ritrovò fulminato da due sguardi torvi scoccati
all'unisono. Non avevamo voglia di scherzare.
- Che ho detto di male? - Fu ignorato completamente.
-
Forza, muoviamoci. Non voglio passare un giorno di più in
qesto postaccio. - Dopo le mie allegre parole, ci mettemmo in cammino
in perfetto silenzio, continuando così per un paio d'ore.
Eravamo coperti da una spessa coltre d'imbarazzo, per via di quello che
era accaduto tre giorni prima, quando Jack mi aveva dato un leggero
bacio sotto
gli occhi di Merida.
Fu talmente veloce che a stento me ne accorsi, ma vidi chiaramente
negli occhi della rossa che qualcosa non andava. Da quel momento cercai
di evitare le conversazioni con quei due, ma non era facile
considerando che erano i miei unici compagni di viaggio.
- Avete idea di dove ci troviamo? - Domandò Merida,
guardinga. Aveva l'arco in mano, pronta ad usarlo in caso di
necessità. Certo, quella radura spaventosa non prometteva
mica di essere amichevole. Infatti, dopo altre tre ore di cammino,
eravamo giunti fino a uno spazio circondato dagli alberi,
così alti e curvi da oscurare il sole. Sembrava notte, anche
se dovevano essere le undici di mattina circa. La visibilità
era molto scarsa, ma notai una buca spuntare dal terreno a una decina
di metri da noi. Doveva essere molto profonda, ma non era facile dirlo,
considerato il buio. Mi voltai per indicarla agli altri due dietro di
me, ma vidi che parevano essersene accorti. In particolare, Jack la
fissava con un'espressione indecifrabile.
- Mi ricorda qualcosa, - sentenziò, appunto. Doveva essere
già stato in quel posto - ma se è davvero la tana
di Pitch, avrebbe dovuto accoglierci a modo suo. Non è il
tipo che fa aspettare gli ospiti. - Continuò con una
smorfia. Stava ricordando qualcosa di brutto, a giudicare
dall'espressione, poi però fece un mezzo sorriso.
- Sei già stato qui? - Chiesi. L'aria era sempre
più fredda, segno del mio nervosismo. Eppure, sentii una
goccia di sudore scendere dalla mia fronte, trasformandosi in un
cristallo di ghiaccio. Lo stesso si poteva dire di Merida.
- Un paio di volte. Pensavo che non ci sarei più tornato,
all'epoca. -
- Se Pitch non si presenta, credo che saremo costretti a scendere
lì sotto. - Affermò con un certo nervosismo la
riccia. L'idea non entusiasmava nessuno, ma era l'unica apparente
soluzione.
Con una corda, ci calammo giù per la buca, nel buio
più totale. Non vedevo nemmeno il rosso acceso dei capelli
della ragazza, che era passata davanti a me.
Avanzammo per quelle che parvero ore, ma che probabilmente erano solo
una decina di minuti, senza riuscire a vedere nulla. Andavamo
continuamente a sbattere contro le pareti. Forse era per colpa
dell'oscurità, ma sembrava decisamente un labrinto, pieno di
vicoli ciechi nel senso letterale del termine.
- Benvenuti nella mia umile dimora, signori.- Una voce inquietante ci
fece trasalire, ma non sembrava quella di Pitch. Era più
profonda, più fredda e meno umana. Era come se venisse dal
profondo della Terra. Mi si accapponò la pelle, ma risposi
risoluta riacquistando l'aura regale che avevo perso in quei giorni.
- Mostrati, se hai il coraggio. Chi sei tu? Stai parlando con la regina
di Arendelle, venuta qui per cercare Pitch Black. Rispondi! - Sembravo
sicura di me, ma in realtà stavo solo cercando di nascondere
il tremore. Non pensavo che mi avrebbe ascoltato, ma la risata che
sentii ebbe l'unico effetto di farmi tremare ancora di più.
E, forse, anche di farmi arrabbiare un po'. Insomma, una mancanza di
rispetto come quella non me l'aveva fatta neanche Jack! Mettersi a
ridere dopo che avevo ragionevolmente fatto una giusta domanda e mi ero
presentata!
La Voce interruppe il flusso dei miei penseri, smettendo di ridere. Ora
aveva un tono serio, ma mi parve ancora di essere presa in giro.
- Vostra Maestà, è un onore avervi qui come mia
ospite. -
- Ti abbiamo fatto una domanda, che diavolo aspetti a rispondere? -
Questa era Merida. Non seppi dire però se il
coraggio che ostentava fosse vero o solo un modo per non
farsela addosso, come nel mio caso.
- Principessa, quale gioia vedervi nella mia casa! - Non sapevo se
essere terrorizzata o molto arrabbiata. Ci aveva presi per stolti?
- Non mi interessa se è una gioia o una condanna, dicci chi
sei e facciamola finita! - Era evidente che aveva il mio stesso
identico stato d'animo.
- Ebbene, venite avanti. - Non volevo fidarmi, ma qualcosa mi spinse a
seguire l'ordine e vidi che anche i miei compagno provavano quella
sensazione.
Improvvisamente tutto si fece più chiaro, quel tanto che
bastava per vedere che c'era una figura distesa su un letto in una
stanza così larga che non se ne vedevano i confini, ma il
soffito era bassissimo, tanto che dovetti camminare chinata.
Era ancora piuttosto buio, ma riuscii a distinguere i lineamenti di
quella persona. Jack mi precedette, con la sua esclamazione di sorpresa.
- Pitch? Allora non era davvero lui a parlare! - Infatti il suddetto
stava placidamente supino su un giaciglio di pietra, con le braccia
incrociate al petto. Quando, però, la Voce parlò
di nuovo, provenne inequivocabilmente dal corpo dell'uomo nero.
Percisamente, dal punto in cui doveva esserci il suo cuore.
- Avete quasi indovinato, miei cari amici. Pitch Black è
solo un ospite, un involucro per contenere il mio spirito. Non
è ancora pronto per affrontarvi, ma lo sarà
presto. Comunque, vi prego di perdonarlo, ha dei metodi... Poco
convenzionali, per attirare le mosche alla ragnatela. - Il paragone non
mi piacque per niente. Sapevo che sarebbe andata così,
avevamo fatto esattamente il suo gioco. Il problema era: suo, di chi?
Di Pitch? O della Voce? Presupposi che fosse più probabile
la seconda opzione, data la definizione che la Voce aveva dato del suo
alleato. Un involucro? Cosa avrebbe dovuto significare, che il corpo e
lo spirito non corrispondevano alla stessa persona? Era praticamente
ovvia la risposta, ma mi riuscì difficile credervi.
- Mia regina, avete ragione. Mi sono appropriato del corpo del mio
servo, non disponendo di uno mio. Spero che la rivelazione non sia
troppo shockante. - Mi aveva evidentemente letto nel pensiero, anche se
non riuscivo a apire come.
Improvvisamente ebbi un'illuminazione, ricordando ciò che
Pitch mi aveva detto durante la sua visita nel mio palazzo di ghiaccio.
Aveva parlato di un padrone, un certo Helvete. Quel nome, all'epoca, mi
fece quasi ridere. In quel momento, però, mi
provocò un brivido lungo tutta la spina dorsale. Per di
più, mi aveva raccontato un sacco di bugie su Jack. Io non
gli avevo creduto, ma poi conobbi Merida e venni a sapere che erano
innamorati, o lo erano stati. Non sarebbe stata un'informazione
eclatante - anche se non mi avrebbe certo reso felice - ma
"Merida" era una delle ragazze nominate da Pitch, che erano state
plagiate da Jack Frost, sempre a detta sua. Parlando
con lei, scoprii che c'era stato un fraintendimento e che non era stata
tradita, anzi, era tutta opera dell'uomo nero. Non mi aveva raccontato
tutto, solo le informazioni essenziali. Però, ero certa di
averle sentito borbottare qualcosa a proposito di una bionda con i
capelli troppo lunghi, nel sonno.
Mi accorsi che la Voce, ossia Helvete, stava parlando con Jack, per cui
cercai di seguire il discorso che mi ero persa, troppo impegnata a
ricordare.
- Che cosa vuoi da noi? - Stava domandando il mio amat... amico.
- Niente che vostra Maestà non sappia già, signor
Frost. -
A quelle parole i miei alleati si voltarono verso di me, con una muta
domanda negli occhi. Cercai di richiamare alla memoria il discorso di
quella volta, restando piuttosto basita da ciò che mi venne
in mente.
- Tu vuoi sconfiggere l'Uomo nella Luna e dominare il mondo? - Mi
sembrava parecchio banale, come ambizione.
- Davvero? Tutto qui? Hai letto troppi libri, Voce! Mi sembra quasi di
sentire una delle favole della buonanotte che Moodie raccontava ai miai
fratellini. - Anche lei era d'accordo con me, allora. Era troppo
strano, per essere vero.
- Mia regina, vi credevo più intelligente. Pensavate sul
serio che volessi solo questo? Mi deludete. - Sembrava quasi stanco, a
giudicare dal tono. Come se fosse davvero deluso dalla mia deduzione.
- Ma è quello che mi disse Pitch, non ho dubbi. - Replicai,
urtata.
- Non gli avevo raccontato tutta la storia. Era più utile in
quel modo. -
- Cosa vuoi dire, Helvete? - Chiesi, non capendo bene cosa intendesse.
- Salute! Ma non mi sembra il momento più adatto per
starnutire, Elsa, anche se non è una cosa che possiamo
controllare! - Alle parole di Jack non potei evitare di ridacchiare.
Magari fosse stato solo uno starnuto!
- No Jack, Helvete è il nome di questa voce. Si tratta di
una parola norvegese che significa "Inferno" - Spiegai pazientemente,
come se avessi dovuto aiutare un bambino a fare le divisioni.
- Divertente siparietto, ragazzi, ma non mi sembra il caso di tirare
fuori il dizionario! Così non caviamo un ragno dal buco! -
Merida aveva ragione, perciò mi ricomposi immediatamente e
così fece Jack. Beh, quasi. Era pur sempre lo spirito del
divertimento.
Comunque, tornammo a concentrarci su quell'essere, ma c'era qualcosa
che non quadrava davvero: ricordavo perfettamente come Pitch mi aveva
descritto il suo padrone. Ne aveva parlato come di un uomo, con un
corpo in carne ed ossa. Perché ora doveva usare quello del
suo prezioso servo?
- Maestà, credete che Pitch Black sia l'unico che mi abbia ospitato? Quando lo
incontrai per la prima volta, stavo indossando un
generale dell'esercito del Sud, che non ha retto la mia potenza e si
è disintegrato qualche giorno dopo. Da ciò ho
dedotto che mi servisse un ospite particolare, dotato di una forza e
una resistenza tale da contenere tutto il mio spirito. Lui non
è stato la mia prima scelta, ma non avendo ottenuto la
creatura che desideravo o dovuto ripiegare, più volte,
arrivando infine al corpo che ho ora. - Un tono derisorio era il suo,
ma anche solenne. Rimasi disgustata dalle sue parole: per Helvete le
persone erano solo contenitori, dei vestiti da indossare a proprio
piacimento! Mai avevo sentito parole più orribili e crudeli
di queste, mai avevo visto sminuire in questo modo la natura umana.
Decisi in quel momento che, fosse anche stato l'ultimo servizio dato da
regina, o peggio, da viva, gliel'avrei fatta pagare molto cara.
- Gli umani non sono oggetti o abiti! Non puoi distruggere
così la vita di una persona! - Iniziò Merida, con
le guance rosse come i suoi capelli e gli occhi lucidi.
- Cosa vuoi che me ne importi, ragazzina? Voi, miseri umani, non sarete
mai al livello delle creature magiche. - La sua voce, così
calma, mi diede la nausea. Come si possono dire cose così
terribili con tale tranquillità?!
- Maledetto, come osi paragonarmi a te?! Sono stato umano anch'io e ne
vado orgoglioso! Gli uomini sono straordinari, in grado di creare cose
stupende anche senza la magia! E poi, se dici di essere come me, vuol
dire che lo sei stato anche tu, un tempo. Stai forse rinnegando le tue
origini? - Jack era più infuriato che mai. Non lo avevo mai
visto così.
- Io non sono mai stato un umano. Sono come l'Uomo nella Luna, sono
un'entità molto più potente di voi, insulsi
guardiani. Gli umani sono solo insetti, così attaccati ai
loro stupidi valori. - No, questo non potevo proprio accettarlo.
- Se credi davvero che sia così, ti sbagli di grosso.
Avresti molto da imparare da noi! Possiamo pensare in modo lucido e
intelligente, ma abbiamo un cuore in grado di battere per chi
è a noi caro. Siamo capaci di amare, come tu non potrai mai
fare! - Come poteva considerarci insetti? Credeva forse di essere un
dio?
-TI SBAGLI! - Non aggiunse altro. Noi tre guardavamo scioccati il corpo
di Pitch, che cominciava a brillare di una luce nera, per poi spegnersi
improvvisamente, come aveva iniziato.
Fu allora che Pitch Black aprì gli occhi di tenebra.
Note della ritardataria
cronica: Ehm...
Non uccidetemi, okay? Sì, lo so che non ho
aggiornato la storia per più di un anno e che probabilmente
adesso non ve ne frega più niente e volete solo linciarmi,
ma capitemi! A giugno ho avuto gli esami di terza media (andati alla
grande, comunque), in estate mi è mancata totalmente
l'ispirazione per questa storia e in più non avevo voglia di
scrivere il nuovo capitolo. Sono imperdonabile, non merito la vostra
comprensione, ma siccome siete buoni cari e gentili me la darete lo
stesso, vero? VERO????
E poi ho scritto 'sta roba e l'ho interrotta sul più bello,
perché sono fatta così. Mi piace troppo la
suspense.
Solo che mi sembra troppo corto e mi dispiace tantissimo rifilarvi
quest'obrobrio dopo un anno di assenza. Come minimo avrei dovuto farvi
incrociare gli occhi, tanto avreste dovuto leggere.
Scusateeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!
Comunque, mi farebbe tanto tanto piacere se mi lasciaste una piccola,
minuscola recensione, anche se non me la merito. Giusto per dire
"Bella" o "Ho sentito gli altri lettori, ci siamo organizzati per
venire a linciarti sabato". Cose così, insomma. Certo che le
classiche, vecchie, adorabili e fluffose recensioni sarebbero molto
più gradite :-)
Sono le ventidue e trentacinque, ho sonno e domani devo alzarmi presto,
perciò vi saluto sperando nella vostra clemenza.
Baci
Mary <3
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