20. Revelations
I due detective si fermarono
davanti alla soglia della casa del dottor Agasa; quando Heiji fece per suonare
il campanello, Conan richiamò la sua attenzione tirandogli la stoffa dei
pantaloni un po’ sotto il ginocchio. Il ragazzo si voltò sorpreso verso di lui,
inarcando un sopracciglio in un’espressione interrogativa.
“Ricordati quello che ti ho
detto.” Bisbigliò Conan, serio. “Haibara non deve sapere nulla di stasera. Se
venisse a conoscenza dell’azione che stiamo preparando, vorrebbe parteciparvi, e
non ho alcuna intenzione di portarla con me. Inoltre, potrebbe anche rifiutarsi
di darmi l’antidoto.”
“Sì, ho capito, me l’hai già
detto” borbottò scocciato il detective dell’Ovest.
“Dì che sei qui…”
“…per controllare le mosse di
Gin, pedinandolo. Uffa, quanto sei noioso!” sbuffò Heiji, socchiudendo gli occhi
e suonando il campanello. Conan scrollò le spalle e distolse lo sguardo dal suo
collega; preferiva mettere le cose bene in chiaro: Heiji tendeva a parlare a
sproposito quando c’era da mantenere un segreto, lui l’aveva sperimentato a sue
spese. Tutte le volte che lo chiamava Kudo in pubblico, di fronte a Ran, quello
stesso pomeriggio al telefono…
Il dottor Agasa aprì la porta,
battendo più volte le palpebre quando vide il ragazzo di Osaka sulla soglia,
confuso.
“Ehm…salve” borbottò, scoccando
un’occhiata interrogativa a Conan che quest’ultimo schivò con disinvoltura.
“Ehilà, vecchio, come va?”
esordì Heiji espansivo, in tono confidenziale nonostante si fossero visti
pochissime volte. Conan guardò in faccia il suo vicino di casa e sorrise,
intuendo dalla sua espressione sbalordita e dalle sue guance paonazze quello che
stava pensando: ‘Vecchio?’. Il ragazzo del Kansai gli batté sulla spalla
un paio di volte con la mano con atteggiamento amichevole, poi entrò in casa
poggiando in terra il suo bagaglio. Il professore seguì i suoi movimenti,
sconcertato, poi si rivolse al piccolo detective, che a sua volta aveva varcato
la soglia.
“Shinichi, che cosa sta
succedendo?” chiese, come inebetito.
“Hattori è venuto ad aiutarmi,
deve pedinare Gin. Non posso spiegare ai Mouri la sua presenza qui, perciò mi
chiedevo se potessi ospitarlo tu per oggi.” Spiegò con voce incolore, gli occhi
socchiusi in uno dei suoi tipici cipigli annoiati. Il viso del professor Agasa
stava diventando rosso acceso.
“Non potevi avvertirmi prima?
Chiedermi se potevo?” replicò imbronciato, a bassa voce, forse pensando che
sarebbe stato scortese far sentire una cosa del genere all’ospite in questione.
Conan si limitò a stringersi nelle spalle.
“Ehi, non hai delle patatine
fritte o qualche altro snack?” l’inconfondibile voce con l’accento di Osaka
risuonò dalla cucina verso il salone. Il dottor Agasa sbuffò, guardando torvo il
piccolo detective, che fece in modo un’altra volta di sottrarsi alla sua
occhiata.
“Insomma, cos’è questo
chiasso?”
Conan si voltò sorpreso verso
la porta del laboratorio, dalla quale era emersa Ai Haibara; aveva un’aria molto
più stanca rispetto all’ultima volta che l’aveva vista, i capelli biondi erano
un po’ spettinati, sopra la maglietta a dolcevita verde scuro e ai calzoncini
candidi aveva indossato il camice bianco. Se non avesse avuto quella luce triste
negli occhi e quell’espressione cupa, sarebbe sembrata davvero adorabile, una
bambina di otto anni con un camice da dottore e i capelli arruffati. Conan si
chiese distrattamente dove avessero trovato una divisa da medico di quella
misura.
“Abbiamo visite.” Borbottò il
professor Agasa, dirigendosi verso il divano con aria indispettita. Ai gli
prestò per qualche secondo la sua attenzione, che si spostò poi inevitabilmente
su Conan.
“È arrivato Heiji Hattori da
Osaka. Si è offerto di pedinare Gin per stasera.” Disse il piccolo detective,
sperando che il suo tono di voce non tradisse la bugia e cercando di non far
vacillare il suo sguardo. Ai gli riservò una profonda occhiata di apprezzamento,
trapassandolo da parte a parte con lo sguardo. Sarà stato che non era abituato a
mentire, ma quei pochi secondi che impiegò lei a formulare l’altra domanda gli
sembrarono eterni.
“Seguiamo già i suoi
spostamenti con la trasmittente. A cosa serve pedinarlo?” domandò freddamente.
Oh oh…
“Beh, la trasmittente ci dice a
quanti chilometri di distanza si trova, non esattamente dove. Non possiamo
sapere cosa fa a meno che, parlando, non lo spieghi lui stesso. È un modo in più
per tenerlo d’occhio. Sapere quello che fa.” Ribadì il concetto,
pregando di aver assunto un tono ragionevole e convincente. Lei lo squadrò di
nuovo con quei suoi occhi freddi, simili a lame di coltello che cercavano di
trafiggerlo, e Conan sentì un brivido percorrergli la schiena.
“Non è rischioso?” chiese lei
lentamente, senza smettere di fissarlo.
“No, Hattori è bravo, e poi
anche se lo vedessero, non lo conoscono!” incalzò lui.
Ai rimase impalata a studiarlo
ancora per qualche minuto, poi chiuse gli occhi e scrollò le spalle.
“Spero che tu sappia quello che
fai, Kudo.” disse lugubre, e prima che lui avesse il tempo di rispondere si
chiuse alle spalle la porta del laboratorio, isolandosi di nuovo dal mondo.
Per Conan fu un grandissimo
sollievo; i muscoli, prima tesissimi, si sciolsero velocemente e il corpo si
lasciò andare seduto. Dentro di sé aveva un po’ paura che Ai avesse fiutato
l’inganno, ma probabilmente la mente di lei era troppo impegnata a pensare
all’antidoto per doversi occupare anche di quella faccenda, era quello il motivo
per cui non aveva insistito tanto. O almeno così sperava.
Smettila di essere sempre
così disfattista…e poi anche se avesse percepito la bugia, non potrebbe mai
arrivare alla verità…
Con questo pensiero si sentì un
po’ meglio; era vero, anche se sospettava qualcosa, Ai non poteva venire a
conoscenza degli avvenimenti di quella sera, dunque erano al sicuro da lei.
Sospirò, togliendosi il giubbetto e appendendolo all’attaccapanni dell’ingresso,
prima di raggiungere gli altri in salotto. Heiji si era appollaiato sulla
poltrona poco distante dalla tv, sgranocchiando salatini, il professore aveva
incrociato le braccia, seduto sul divano con un’espressione imbronciata.
Conan sorrise, poi si accorse
che c’era una persona che mancava all’appello.
“Dov’è mia madre, dottor Agasa?”
domandò incuriosito. Aveva bisogno di parlare con lei, doveva convincerla a
tornarsene in America da suo padre; non si sentiva a suo agio al pensiero che si
trovasse in città quando lui doveva affrontare una missione pericolosa,
preferiva saperla sana e salva a Los Angeles.
Il professore si fece
meditabondo: “Uhm, è uscita subito dopo che tu ci hai mandati via dalla stanza
perché volevi riposare, non ha detto dove andava. Poi non l’ho più vista.”
Spiegò, guardandolo attraverso le tonde lenti degli occhiali.
“Ah.” Un brivido gelido gli
percorse la schiena, accompagnato da un bruttissimo presentimento.
Oh mio Dio…non sarà andata
da Ran…
Si lasciò cadere sul divano, le
gambe molli non lo reggevano più. Sperava che non avesse tenuto fede a quello
che gli aveva detto; la sua vita sentimentale era già abbastanza scombussolata
senza che sua madre andasse a parlare con Ran. E a parte tutte le cose
spaventose che lei avrebbe potuto dire a quest’ultima, che figura ci avrebbe
fatto con la sua amica d’infanzia?? Di un ragazzino idiota che non appena aveva
un problema andava a piangere dalla mammina?
“Ehm, scusate, non dovremmo
organizzarci per stasera?” s’intromise Heiji, la bocca piena di salatini.
Conan sospirò, il suo collega
aveva ragione. Il lavoro prima di tutto.
“Sì, meglio cominciare.”
Approvò, mettendosi seduto composto. “Ma parla a voce bassa, lei non deve
sentire”.
Lei se ne stava con la
schiena appoggiata al muro, in un punto dove loro non avrebbero potuto vederla,
nascosta nell’ombra, ma dal quale poteva sentire benissimo cosa stavano dicendo,
voce bassa o no. Le mani erano infilate nelle tasche del camice, un ginocchio
era piegato in modo da far poggiare la pianta del piede alla parete dietro di
sé.
“Sei uno sciocco, Kudo.”
bisbigliò, il viso solitamente neutrale tirato per l’ansia, la fronte aggrottata
in un’espressione preoccupata. Tirò fuori la mano destra dalla tasca e ne
estrasse una cassetta, che cominciò a rigirarsi fra le mani.
“Sei davvero uno sciocco…”
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“Non fare tardi, Ran” brontolò
l’investigatore Kogoro Mouri, quando vide sua figlia infilarsi il cappotto da
sopra i fogli del giornale. Lei si voltò verso di lui, sorridendo.
“Non preoccuparti papà, ho
lasciato la cena nel forno.” Lo conosceva bene; scorse sulle gote di suo padre
un lieve rossore prima che, sbuffando, si coprisse di nuovo il volto col
giornale. “È solo una porzione per te, Conan ha telefonato dicendo che resta a
dormire dal professor Agasa stanotte”.
“Dove hai detto che vai?”
chiese Kogoro, senza guardarla.
“Devo andare a prendere
un’amica…” a Ran non capiva bene il motivo per cui preferiva tenersi sul vago,
ma aveva la sensazione che fosse meglio così. Era un po’ assurdo, perché prima o
poi avrebbe dovuto informarlo, visto che Kazuha avrebbe dormito a casa loro, ma
la faceva sentire più tranquilla.
Kogoro riemerse di nuovo da
dietro il giornale, gli occhi neri penetranti mentre la fissava serio, con
un’espressione che lo faceva somigliare a un poliziotto in procinto di
interrogare un sospettato. Strascichi del suo lavoro di gioventù, immaginò sua
figlia. Dopo qualche momento molto gravido, l’investigatore parlò:
“Meglio per te che si tratti di
un’amica” borbottò “Perché se mi ritorni di nuovo in lacrime…”
“Non lo farò.” Lo interruppe
lei, insolitamente brusca e fredda. Kogoro alzò un sopracciglio: lei lo guardava
all’improvviso molto rigida.
“Bene.” Replicò suo padre,
scomparendo di nuovo fra le notizie del giorno.
Ran finì di abbottonarsi il
cappotto, passandosi una mano fra i capelli lunghi per tirarli fuori
dall’indumento che li aveva avvolti e aprì la porta, scomparendo dietro di essa.
Fuori si era alzato un forte
vento gelido, che la fece rabbrividire. Attraversò in fretta le vie di Tokyo, le
guance e il naso che diventavano sempre più arrossati a causa del freddo, i
capelli lunghi scompigliati dal vento che le finivano davanti agli occhi. Fu un
gran sollievo salire sull’autobus, con il calore dei respiri e dei corpi di
tutte le persone che vi viaggiavano, e fu un rammarico altrettanto grande dover
scendere. Per fortuna, Kazuha era già arrivata quando giunse all’aeroporto, e la
aspettava infagottata in un lungo cappotto di camoscio beige e una sciarpa di
lana avvolta intorno al collo. Quando la scorse sorrise, il suo viso altrettanto
congestionato del proprio.
“Ciao, Ran-chan!” esordì,
abbracciandola. “Da quanto tempo, eh?”
Ran rise della battuta, poi la
ringraziò per essere accorsa al suo richiamo.
“Di nulla” rispose lei,
scuotendo la testa e facendo ciondolare la coda di cavallo, trattenuta con un
nastro di un blu particolare . Ran si chiese distrattamente se non sentisse
freddo al collo, con i capelli tirati su anche d’inverno, prima che la voce
della sua amica del Kansai la distraesse di nuovo. “Qui fuori si congela, che ne
dici di andare a prenderci qualcosa di caldo mentre mi dici nei dettagli quello
che è successo?”
Ran approvò entusiasta, in
effetti in quel momento non le sarebbe dispiaciuta una bella cioccolata calda.
Raggiunsero un bar lì vicino, sedendosi ad un tavolo e ordinando ognuna una
bevanda bollente.
“Carino il tuo nastro. Bel
colore.” Commentò Ran, mentre la ragazza di Osaka si stava togliendo il
cappotto, rivelando un maglioncino lilla e una gonna jeans sopra un paio di
stivaletti col tacco. Improvvisamente Kazuha arrossì, prendendo fra le dita il
pezzetto di tessuto che pendeva dal fiocco e accarezzandolo lievemente, con un
sorriso e gli occhi che brillavano di verde.
“Vero. Me l’ha regalata Heiji.”
disse, in un bisbiglio appena percettibile in mezzo al chiacchiericcio dei
presenti nel locale, “Non so perché. Non è il mio compleanno o qualche evento
speciale…stavamo tornando a casa da scuola oggi quando l’ho visto in una
vetrina. Mi è saltato subito agli occhi questo colore particolare, blu tendente
al viola…non sapevo bene come definirlo e all’improvviso lui ha esclamato: ‘a me
sembra color mirtillo’ e senza aggiungere altro, prima che potessi fermarlo, è
entrato in negozio e me l’ha comprata.” Gli suoi occhi erano scintillanti mentre
parlava, sorrideva al ricordo e sembrava accorgersi a malapena della presenza di
Ran davanti a sé.
“Non gli hai chiesto perché
l’ha fatto?” domandò lei, Kazuha quasi sobbalzò udendo la sua voce, strappata
dal suo sogno del passato.
“Sì, ha detto che sembrava
fatto apposta per me. Mi sorrideva, ma non nel suo solito modo da presa in giro,
sembrava…non so…ma poi quando ho insistito per farmi spiegare che cosa intendeva
lui ha sbuffato e ha detto che la mia faccia somiglia a un mirtillo.” Kazuha si
imbronciò, ma Ran vedeva chiaramente dietro quella maschera quanto lei gli fosse
grata per quel regalo, quanto fosse grande l’affetto che provava per lui in quel
momento. Finalmente La ragazza di Osaka si sedette, e mentre la cameriera
poggiava davanti a loro la cioccolata e il tè alla pesca caldi, domandò più
seria: “Ma dimmi, pensi seriamente che Heiji e Kudo-kun ci stiano nascondendo
qualcosa?”
Anche Ran si rabbuiò, soffiando
lievemente sul suo cioccolato.
“Ne sono quasi certa. C’ho
pensato e ripensato, neanch’io volevo crederci. Ma ci sono davvero dei buchi in
tutta questa faccenda e sono risoluta a riempirli stasera. Non so bene come, ma
Yukiko...la madre di Shinichi,” aggiunse, quando vide la sua espressione
smarrita al nome della donna “mi ha assicurato che tutti i miei dubbi sarebbero
stati spazzati via se avessi usato questa.” Prese la borsa e ne estrasse un
oggetto rettangolare, grande più o meno come il palmo della mano, e glielo
porse. Kazuha lo esaminò attentamente.
“Credi davvero che ci aiuterà a
sapere cosa ci stanno nascondendo?”
Ran si strinse nelle spalle.
“Non lo so ma…tentare non costa
niente, no?”
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“Penso di aver finito.”
Annunciò Ai Haibara, varcando
la soglia del salotto tenendo sul palmo della mano una capsula rossa e bianca.
Conan balzò immediatamente giù dal divano, dirigendosi verso di lei veloce
simile a un cane a cui è stata sventolata sotto il naso una bella bistecca
succulenta. Prima che potesse prendere dalla sua mano aperta la pastiglia, Ai la
chiuse a pugno e se la infilò in tasca.
“Ehi!” protestò Conan,
guardandola ostile.
“Sei certo di volerlo fare?”
domandò lei, ignorando la sua rabbia.
“Oh ti prego, non
ricominciare!” sbuffò il piccolo detective, socchiudendo gli occhi e storcendo
la bocca. “Conosco la cantilena: non è mai stato testato sugli esseri umani,
potresti morire, è rischioso, pensaci bene bla bla bla. Ora posso avere la
capsula?”
“No. Non ancora.”
Per la prima volta nella sua
vita Conan sentì un forte impulso a strangolare una ragazza. Si trattenne,
fissandola torvo a denti stretti. “Che c’è ancora?” ringhiò.
“Voglio che mi dai la tua
parola di detective che non ti farai assolutamente vedere in giro, se ritorni
adulto. Non ho alcuna voglia di rischiare la mia pelle solo perché sei affamato
di gloria e vuoi essere acclamato dalla folla.” Disse freddamente, alludendo
alla sua performance al liceo Teitan, durante la recita. Conan sbuffò.
“Okay, d’accordo, niente show
deduttivi. Qualcos’altro?” chiese scocciato, inarcando un sopracciglio.
“Non rischiare le nostre vite
per nulla, solo questo.”
Estrasse dalla tasca la capsula
e gliela porse, Conan la fissò per un attimo, imbambolato, poi allungò
cautamente la mano per prenderla, quasi meravigliato quando vide che lei gli
permetteva di afferrarla. La osservò sul proprio palmo, piccola e all’apparenza
innocua, ma custode di un grande potere. Proprio come lui.
“Sicura che funzioni, Ai-kun?
Mi sembra che tu ci abbia messo troppo poco tempo.” Disse il professor Agasa,
pacato, rivolgendosi alla biondina. Lei gli rivolse quel suo strano sorriso
privo di calore e annuì. “Ho dovuto solo modificare la formula di ieri, i
componenti erano già tutti pronti, dunque è stato un lavoro molto più breve. Non
posso assicurare che funzioni ma se non importa a Kudo, perché dovrebbe
interessarci? Anche perché…” scoccò un’occhiata crudele al ragazzo in questione,
che rabbrividì suo malgrado quando se ne accorse “…non tutte le cavie da
laboratorio hanno il privilegio di poter scegliere. Sei un topolino bianco
davvero fortunato, Kudo-kun.” Sibilò, ignorando il suo sbuffo e andandosene di
nuovo.
Conan la seguì con lo sguardo,
seccato, poi la sua attenzione si spostò ancora sulla capsula che teneva in
mano.
“Ma davvero rischi di rimanerci
secco?” domandò apprensivo Heiji, osservandolo con la fronte aggrottata. Conan
scrollò le spalle. “Chissà” rispose, prima di infilarsi in bocca la pastiglia e
ingoiarla con un po’ dell’aranciata che era sul tavolino davanti al televisore,
della quale il suo collega aveva usufruito. Si sedette sul divano, sospirando.
Alla bocca dello stomaco si era formata una brutta sensazione, il cuore aveva
cominciato a battergli forte. Non lo avrebbe mai ammesso, ma dentro di sé aveva
davvero molta paura che qualcosa andasse storto. Nonostante avesse accettato di
farlo, non poteva negare di essere spaventato dalle conseguenze che il composto
avrebbe potuto avere su di lui. Insomma, era ancora troppo giovane per morire, e
poi aveva sempre pensato che, se proprio doveva passare a miglior vita, avrebbe
voluto che fosse una fine gloriosa, durante una pericolosa missione. Qualcosa di
eclatante che lo avrebbe fatto ricordare per sempre: magari sacrificarsi
eroicamente per salvare la città dal crimine o roba simile. Di certo non avrebbe
voluto spirare a casa del suo vicino, nel corpo di un bambino di sette anni, per
avvelenamento da droga non meglio identificata. Non era una cosa di cui andare
fieri.
Cercò di calmarsi pensando a
qualcosa di diverso; immaginare quelle sostanze che lentamente gli entravano in
circolo, scorrendo nelle vene e nelle arterie fino al muscolo cardiaco e magari
al cervello non era di aiuto a calmargli l’ansia, che cercava in tutti i modi di
nascondere agli altri due.
“Qui ci sono i vestiti che
avevo preso anche ieri.” Disse il dottor Agasa, porgendogli una camicia candida,
un paio di pantaloni blu scuro e una giacca dello stesso colore, ben ripiegati.
Conan ebbe una fitta di nostalgia nel vedere quegli indumenti, che indossava
spesso quando era Shinichi per le sue indagini. Erano comodi e allo stesso tempo
eleganti; gli conferivano un certo charme, un certo stile. Si voltò verso Heiji
quando si accorse che era da un po’ che se ne stava in silenzio –una cosa
piuttosto strana, dato il soggetto-, e vide che era ancora piuttosto crucciato
per quello che aveva sentito poco prima.
“Oh, andiamo Hattori!” sbottò
“Non avrai mica creduto che i composti di Haibara fossero del tutto sicuri e
sperimentati! Non siamo mica in farmacia!”
Ma dalla sua espressione capì
che doveva averlo pensato. O almeno, aveva voluto illudersi finché non gli
avevano sbattuto in faccia la realtà delle cose. Shinichi aveva notato spesso
questa tendenza di Heiji a non accettare ciò che la mente gli diceva, se non era
completamente di suo gusto. Come quella volta sull’isola della sirena…
“Vedrai che andrà tutto bene.”
Sospirò Conan, chiedendosi perché dovesse rassicurare il detective dell’ovest.
Cavoli, era lui quello che si era appena messo in corpo quella roba, i ruoli
avrebbero dovuto essere invertiti!
“Speriamo” borbottò Heiji,
sedendosi di nuovo e continuando a fissarlo in tralice.
Conan scoccò uno sguardo
all’orologio: le otto e trenta. Fra mezz’ora avrebbero dovuto mettersi in
viaggio; sperava che l’antidoto funzionasse prima di allora. Chiuse gli occhi,
poggiando la testa alla spalliera del divano e cercando di rilassarsi.
Ricominciò quasi senza rendersene conto a rimuginare sulla cosa che lo
assillava, quella specie di brutta sensazione che si teneva dentro: aveva
stabilito già che non si trattava di qualcosa avvenuto il giorno prima, quindi
doveva concentrarsi sugli eventi odierni; come stava ricapitolando
all’aeroporto, era arrivato a casa del professore, c’era stata la disputa su
quegli sciocchi nomi in codice per gli Uomini in Nero, poi era comparsa sua
madre, avevano parlato e…
Una stridula musichetta acuta
lo fece sussultare e sbarrare gli occhi, strappandolo ai suoi pensieri; accanto
a lui Heiji estrasse il cellulare dalla tasca, guardò il display socchiudendo
gli occhi con aria annoiata e poi rispose:
“Sì, ciao mamma. Che c’è? …Sì,
sono arrivato, tutto a posto……no, sono a casa di un amico di Kudo……sì, mamma, lo
farò, sta’ tranquilla……okay, ti chiamerò stasera. Ciao.” Heiji sbuffò,
interrompendo la chiamata e infilandosi di nuovo il telefono in tasca. “Uffa!
Nemmeno avessi più sei anni...” si lamentò, rivolgendosi al suo migliore amico.
Ma Conan non lo ascoltava;
aveva appena realizzato ciò che gli sfuggiva, e il suo volto era inorridito,
diventando bianco come il gesso. Fissava il vuoto, paralizzato, gli occhi blu
sgranati ricolmi di panico, il corpo in tensione, in piedi.
“Oh no…ti prego no…”
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La bionda scienziata estrasse
dal walkman il nastro che aveva trafugato dal giubbetto di Kudo; che stupido
ragazzo. Aveva tolto dai macchinari la cassetta per evitare che lei
l’ascoltasse, ma Ai si era accorta subito che una mancava all’appello, quando
aveva controllato il ricevitore dopo che lui se n’era andato. Questo l’aveva
insospettita. Era evidente che voleva nasconderle qualcosa di grosso, e lei non
poteva permetterlo; doveva scoprire di che si trattava, a tutti i costi. Certo,
se si fosse sbarazzato subito della registrazione lei non avrebbe potuto mai
sentirla, ma Kudo aveva già troppe cose a cui pensare, e con sua enorme fortuna
se l’era dimenticata nella tasca del giacchetto, come aveva potuto capire lei
dal rigonfiamento della stoffa quando prima l’aveva osservato attentamente. A
quel punto era stato un giochetto da ragazzi sottrarre ciò che voleva a un
indumento indifeso appeso ad un attaccapanni.
Kudo stava cercando di
ingannarla, ma il delitto perfetto non esiste, e quindi lei lo aveva scoperto;
divertente, considerando chi era il detective e chi il criminale, fra loro due.
Comunque, aveva ascoltato la
registrazione e i discorsi dei due giovani investigatori in salotto, e a quel
punto il puzzle era completo nella sua mente; sapeva che cosa volevano fare i
suoi ex colleghi di lavoro, ed era a conoscenza dei piani di Kudo; era agitata,
aveva paura che quella sera le cose finissero male. Aveva pensato di rifiutarsi
di dare l’antidoto a Kudo, ma poi aveva rinunciato: sapeva che lui sarebbe
andato in missione a qualsiasi costo, anche senza il suo corpo adulto. Ormai
cominciava a conoscerlo bene, era cocciuto come un mulo e se si metteva in testa
una cosa la portava a compimento, qualsiasi fossero gli ostacoli da superare.
Perciò Ai si era detta che, se proprio doveva andare a rischiare la vita, meglio
che fosse al meglio delle sue possibilità, nel corpo di un diciassettenne e non
di un moccioso delle elementari. Sapeva anche che non avrebbe potuto dissuaderlo
in alcun modo dal compiere quella sciocchezza, e così aveva taciuto; sarebbe
servito solo a fargli capire che lei era a conoscenza di tutto, e secondo il suo
piano ciò non doveva accadere, almeno fino ad un certo momento che ancora doveva
arrivare. Così, sebbene non appena avesse udito la familiare quanto sgradevole
voce di Gin provenire dalle cuffie del walkman si fosse sentita persa e
spaventata, tanto che aveva dovuto sedersi per impedirsi di svenire, ora si era
fatta forza e aveva deciso di reagire. Era giunto il momento di vendicare la
morte di Akemi, fargliela pagare a quel bastardo che le aveva portato via
l’unica persona che le volesse bene al mondo. Smetterla di fare la codarda e
combatterli, ma a modo suo, non come avrebbe fatto Shinichi Kudo, mettendoli in
prigione e basta. Qualche settimana e sarebbero stati di nuovo liberi, mentre
sua sorella era ancora imprigionata in quella oscura bara di legno, sepolta
sotto metri e metri di gelida terra. Era questa che Kudo chiamava giustizia?
Beh, lei la pensava diversamente. Quella notte sarebbe stata la sua rivincita,
avrebbe riservato a Gin lo stesso trattamento che lui aveva dato alla sua Akemi,
l’avrebbe ucciso con le proprie mani, l’avrebbe fatto soffrire e morire. E poi…
Poi non importava.
Forse la polizia l’avrebbe
catturata e messa in carcere, o forse sarebbe stata uccisa da Vodka o da qualche
altro membro dell’Organizzazione; la cosa non la turbava minimamente, il suo
obiettivo era vendicare la morte di sua sorella, quella persona meravigliosa che
quel bastardo aveva osato uccidere senza pietà, solo per un mucchio di sporco
denaro. Il resto non aveva alcuna importanza; la sua vita non valeva un granché,
nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa, perché lei non aveva nessuno al mondo.
Kudo…beh, sarebbe stato sollevato di togliersi di torno sia Gin sia lei, che
ormai era solo un peso, senza sporcarsi le mani. Aveva già la sua adorata Ran
Mouri, probabilmente fra qualche anno si sarebbe completamente dimenticato di
averla mai conosciuta; in fondo, lui la disprezzava, per quello che aveva fatto,
per l’Organizzazione a cui era appartenuta…non avrebbe mai potuto vederla sotto
una luce differente che quella di una ex criminale senza scrupoli. Le aveva
urlato in faccia chiaro e tondo quello che pensava di lei, quando si era
presentata a lui: un’assassina senza cuore, che odiava.
Dunque perché continuare a
vivere? Una volta sistemata quella faccenda, non aveva più motivo di restare. E
poi, se avesse saputo che aveva ucciso un uomo, seppure la persona più
disgustosa sulla faccia della terra, un criminale che entrambi detestavano, Kudo
non avrebbe mai voluto riaverla con sé.
E infine, avrebbe potuto
finalmente riabbracciare sua sorella.
Si asciugò le guance con il
pugno, sbuffando: non era il momento di lasciarsi andare. Prese un pezzo di
carta e una biro, scrivendo velocemente, e infilò il foglio in una cartellina
blu che poggiò vicino al computer. Dopodiché estrasse dalla tasca il suo
telefono cellulare: se voleva attuare il suo proposito, doveva sbarazzarsi di
Kudo, e sapeva già come.
Sorrise, ma non come avrebbe
fatto Ai Haibara o Shiho Miyano.
Quello era il sorriso di
Sherry.
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“Qual è il problema?” chiese
Heiji allarmato, quando vide il suo viso cianotico e udì il suo borbottio. Conan
si voltò verso di lui, ancora completamente paralizzato dallo shock.
“Sono stato un idiota…avrei
dovuto capirlo subito…lei…ma certo, tutto quadra adesso…d’altronde la conosce,
non dev’essere stato difficile…sa recitare, truccarsi…e quelle domande…oh mio
Dio Ran! Ran!!”
Estrasse rapidissimo il
cellulare, componendo il numero. Intorno a lui il mondo pareva essersi bloccato
nel tempo, l’aria gli pesava sulle spalle, gravida di angoscia. Le orecchie non
sentivano minimamente ciò che Heiji e il professor Agasa gli stavano dicendo ma
solo il rimbombo del suo cuore, tutto se stesso era concentrato in quell’ansia,
nell’attesa che ogni segnale acustico di libero faceva crescere e trepidare in
lui, disperatamente. Quando finalmente udì la dolcissima e calda voce di lei al
di là dell’apparecchio, credette di stare per svenire dal sollievo.
“Ran…” pronunciò, con un
sospiro carico di gioia e rassicurazione, un sorriso a fior di labbra.
“Conan? Che succede?” domandò
perplessa la sua amica d’infanzia.
“Oh, niente di importante…” si
affrettò a spiegarle, cercando di riemergere da quello stato di completa
felicità in cui era affondato. Anche perché c’era qualcosa che non quadrava in
quella telefonata, che gli aveva fatto rinascere un senso di inquietudine; i
rumori di sottofondo, brusii non meglio identificabili, il suono ovattato della
sua voce, il tempo che ci aveva messo a rispondere, tutto faceva supporre che si
trovasse in un luogo stretto e affollato. Ovvero, non all’agenzia investigativa,
con Kogoro, bensì probabilmente…
“…Ran? Sei su un autobus??
Perché?” chiese tutto d’un fiato. Lei rimase interdetta per qualche attimo, poi
rispose.
“Sto tornando a casa. Conan, ma
tu come facevi a sapere dove sono?”
“Ehm…ho tirato a indovinare.”
Si giustificò, mentre nella sua mente affiorarono incontrollabili le parole di
Sherlock Holmes: “Io non indovino mai. È deleterio per le facoltà logiche”.
“Ma perché sei uscita? È già
buio, e ricordi che cosa ti ho riferito ieri?”
Un altro breve silenzio al di
là della cornetta. “Certo che mi ricordo, Conan-kun.” Rispose in tono pacato “Ma
dovevo andare a prendere un’amica. Sta’ tranquillo, sto tornando e sono in
compagnia di almeno una ventina di persone; l’autobus si ferma vicinissimo a
casa mia, dunque...”
Conan si sentì un pochino
sollevato; Ran ricordava la sua raccomandazione di non andare in giro da sola di
notte o in luoghi isolati, bene, non poteva permettere che corresse dei rischi,
dopo quello accaduto il giorno prima.
“Con chi sei?” domandò
tuttavia, volendo essere rassicurato anche su quel punto.
“Te l’ho detto, con una mia
amica.” Ribadì lei, appena un pochino scocciata. “Che ti prende Conan? Cosa sono
tutte queste domande?”
“Niente, è solo che…” sospirò
“Hai visto la madre di Shinichi oggi?”
Altro silenzio, più lungo dei
precedenti.
“Sì, oggi pomeriggio. Ma tu
come fai a..?”
“L’ho incontrata anch’io a casa
del professore” tagliò corto lui “Che cosa avete fatto?”
“Conan! Mi sembra di essere ad
un interrogatorio!” protestò lei, senza rabbia, ma in procinto di perdere la
pazienza.
“Abbiamo chiacchierato un po’,
nient’altro! Vuoi dirmi che ti è preso tutto a un tratto?” chiese Ran.
“Che ti ha detto?” insisté lui,
sperando che lei rispondesse, e soprattutto che non dicesse quello che temeva.
“Niente di importante…senti
Conan, devo scendere fra un paio di fermate, quindi è meglio se ci salutiamo. Ti
chiamo stasera a casa del professore per darti la buonanotte, okay, piccolino?”
“No, aspetta…” cercò disperato
di fermarla, ma fu inutile. Con uno scatto la comunicazione fu interrotta, e
Cona rimase immobile a fissare il cellulare, lo sguardo fisso nel vuoto.
Heiji si avvicinò a lui,
piegandosi sulle ginocchia e costringendolo a voltarsi e a dargli retta.
“Kudo, si può sapere che cavolo
ti è preso? Di che stavi blaterando prima, cos’è che avresti dovuto capire?”
“Mia madre.” Mormorò. “La tua
ti ha chiamato poco fa per sapere se eri arrivato sano e salvo, se c’erano stati
problemi…naturale, qualunque genitore è apprensivo con i propri figli, e si
preoccupa spesso anche senza motivo. Soprattutto le madri.”
“In effetti non ce lo vedo mio
padre a chiamarmi per cose del genere.” Borbottò Heiji, gli occhi socchiusi.
“Ma la mia…oggi pomeriggio ho
avuto quasi un infarto, lei era presente, tuttavia non si fa più sentire da ore.
Non è venuta a vedere come stavo, niente. Non se ne è curata minimamente…questo
non è normale.”
“Dove vuoi arrivare?”
“E anche nel momento cruciale,
si è preoccupata sì, come farebbero tutte le mamme del mondo. Ma non come
farebbe la mia.”
No, infatti; ricordava che
quando era piccolo, a cinque anni, si era preso una brutta polmonite ed era
stato malissimo. Yukiko era terrorizzata, pallida in viso e con gli occhi
lucidi, e dopo che il dottore lo aveva visitato aveva passato la notte sdraiata
nel letto con lui, tenendolo abbracciato e stretto al seno per dargli calore e
conforto, cullandolo quando la tosse diveniva violenta e quando si svegliava per
il male, baciandogli la fronte e tergendogli il sudore. Ricordava, una volta
guarito, come il viso di lei si era illuminato di sincera felicità, come le
guance avessero ripreso colore, nonostante il suo aspetto stanco e provato. Come
lo aveva coccolato nei giorni seguenti, al settimo cielo.
Quella era la sua mamma. La
donna che gli voleva bene più di qualunque altra persona al mondo. La vera
Yukiko Kudo. Non la tizia che si era presentata lì quel giorno, che l’aveva
abbandonato sul divano senza fare storie dopo che era quasi morto di fronte ai
suoi occhi, e poi si era del tutto dimenticata di lui nelle ore seguenti.
“Avrei dovuto capirlo…cavoli,
dovrei saper riconoscere subito mia madre!!”
“Vuoi dire che quella non era
Yukiko?” s’intromise il dottor Agasa con tono incredulo, sbalordito.
Conan scosse la testa.
“No. Ha scelto lei perché è una
persona di cui mi fido, e poi non correva il rischio che quella vera si
presentasse qui all’improvviso a rovinarle tutto, visto che è in America. In più
la conosce, la mamma è stata un’attrice famosa e una delle sue migliori amiche,
Sharon, è la madre di lei. Era tutto studiato, anche se non capisco perché fare
tutto questo solo per parlare con noi, non ha senso…io…Urgh!!”
Improvvisamente una vampata di
calore bruciante avvolse il suo corpo, il cuore cominciò a martellare contro la
gabbia toracica, dolorosamente e insistentemente. Il suo corpo domandava
ossigeno, sul punto di soffocare, ma la gola era serrata, e così i polmoni
sgonfi. Le gambe si fecero deboli, non sorreggevano il suo peso e cadde a terra
con un tonfo, stringendosi il petto. Tutto intorno a lui si stava facendo buio,
e le voci allarmate erano sempre più lontane, eco di un altro mondo…
~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
Yukiko Kudo si sedette al
bancone del bar, accavallando le gambe in una posa sexy e ordinando un Bloody
Mary, bevendolo a piccoli sorsi aggraziati finché un uomo dai lunghi capelli
biondi, all’incirca della sua stessa età, avvolto in un cappotto nero, si
sedette accanto a lei, tenendo una sigaretta fra le labbra. La donna lo guardò
inarcando un sopracciglio.
“Posso fare qualcosa per lei?”
chiese con aria ingenua.
L’uomo sbuffò, storcendo la
bocca disgustato.
“Piantala con i giochetti, non
è il momento” ringhiò. Lei lo guardò sorridendo divertita, poi gli sottrasse con
gesto fluido la sigaretta e la prese fra le proprie labbra, fumandola
soddisfatta.
“Noi stiamo per andare, avevi
detto che volevi venire, no?”
“Of course, my dear.” Confermò,
spostandosi la chioma dietro la spalla con un gesto sensuale.
“Allora togliti quella roba e
seguimi.” Borbottò lui tagliente, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita.
Lei sospirò rassegnata,
scuotendo la testa: uomini, tutti animali. Obbedì al suo ordine, ticchettando
sui tacchi e liberando la fulgida chioma bionda dal suo giogo, mentre due lenti
a contatto azzurre sparivano nell’apposito contenitore.
Quella sì che sarebbe stata una
bella serata, si disse con un sorriso sulle labbra perfette.
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Kazuha si sedette sul bordo del
letto in camera di Ran, accavallando le gambe, e la osservò armeggiare con lo
stereo sulla scrivania, la testa inclinata da un lato in modo che la coda di
capelli scuri ciondolasse da una parte con grazia.
Finalmente la ragazza di Tokyo
infilò il nastro nell’apposito scomparto e cominciò a mandarlo indietro,
sedendosi accanto alla sua amica, il telecomando dello stereo in mano.
“Ti confesso che un po’ sono
emozionata. Sembra di essere in un film di spionaggio!” commentò Kazuha in tono
leggero, per spezzare la tensione. Ran accennò a un sorriso, voltandosi verso di
lei.
“Già. Yukiko ha detto che
ascoltando questo nastro avrei capito tutto: perché Shinichi se n’è andato,
perché ha spezzato la sua promessa…e che mi sarei potuta sentire meglio o
peggio, sarebbe dipeso solo da me. Ha detto anche che è una cosa di cui lei,
Yusaku e un’altra persona sono già a conoscenza. Ho motivo di credere che questa
persona sia Hattori ed è per questo che ho voluto che fossi presente anche tu.
Lui gli regge sempre il gioco e se a te nemmeno ha detto nulla significa che
entrambi ci nascondono qualcosa. Non so a quanto potrà veramente servire questa
cassetta, ma tentare non costa niente, te l’ho detto. Perciò, ascoltiamola e poi
decideremo cosa pensare, okay?”
“Okay.”
Il nastro si bloccò, segno che
ormai era già andato completamente indietro. Ran posò il dito sul tasto play,
senza schiacciarlo, e guardò negli occhi l’amica, seria. Kazuha annuì solenne.
“Okay…” ripeté a bassa voce
Ran, e avviò la registrazione.
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Note dell’Autrice: okay (basta con
questa parola!! ndTutti), ecco un capitolo dal ritmo veloce. Rivedendolo tutto
dopo averlo scritto ho notato che è un insieme di frammenti, più che un blocco
vero e proprio, però mi piace abbastanza e poi sarebbe stupido cercare di
allungare la brodaglia senza che sia necessario solo per vedere sotto-capitoli
più lunghi, non siete d’accordo? Quindi lasciamo correre. Comunque, estetica a
parte, come vi è sembrato? So che non siamo ancora giunti all’azione con la “a”
maiuscola, ma direi che è lo stesso piuttosto corposo come avvenimenti. Si sono
scoperte un sacco di cose, ma si sono aggiunti altri punti in questione. Sì,
tutto sommato sono abbastanza soddisfatta di come è venuto fuori (non
completamente, lo ammetto, ci sono dei punti che non so perché non mi funzionano
come vorrei, ma d’altronde, si fa quel che si può) e spero tanto che anche a voi
che lo leggete sia piaciuto. Fatemelo sapere, eh! Altre note alla fine, come al
solito, nel frattempo passo a ringraziare tutti coloro che hanno commentato lo
scorso capitolo. Ho già detto che vi ADORO?
Sabry1611: ciao! Beh, tu come sempre mi fai arrossire con tutti i
tuoi complimenti; quando finisco di leggere il tuo commento mi tocca sempre
scendere dal piedistallo e tornare con i piedi per terra!! #^^# Grazie mille,
sei carinissima! Spero di non averti fatto aspettare troppo questo capitolo, ho
scritto più veloce che potevo, giuro! Finalmente si è scoperto cosa aveva in
testa Conan, hai visto? E anche che deve fare Ran…non per niente il chap si
intitola “Rivelazioni”! Ai…vedremo che cosa ha in mente! Comunque spero
che anche questo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere, eh? Un bacio
grandissimo, alla prossima.
Yuki: anche a me dello scorso chap piaceva quella scena…^^beh, molte
cose si sono chiarite, peccato che non si possa ancora dire lo stesso per i
dissapori fra i due protagonisti…ma diamo tempo al tempo, in futuro, chissà…
Terabyte: ciao Tera-chan! Io sono super-felice di risentirti, se è
per questo. ^__^ Stavolta non sono stata altrettanto veloce come con il cap.19,
mi spiace per l’attesa, ma ho fatto del mio meglio! Mi fa molto piacere che non
hai avuto da ridire sul dialogo fra Heiji e Shinichi, spero che in futuro
riuscirò a trattare le situazioni che riguardano loro due altrettanto
efficacemente. Mentre scrivo ho sempre un po’ paura di far uscir fuori dal
personaggio i protagonisti, sai? Grazie tanto tanto dei complimenti, Tera-chan,
sei gentilissima, #^^# spero che le rivelazioni siano state all’altezza delle
tue aspettative e anche di sentirti di nuovo durante i prossimi capitoli. Oh, ti
ringrazio tantissimo anche per aver commentato l’altra mia ff, A Very
Important Gift, sono felice che ti sia piaciuta. Un bacione, a presto!
Akemichan: salve! Eh già, è proprio vero che verrà fuori un bel
casino…io stessa ho quasi paura a mettermi a scrivere ogni volta, se penso a
tutto quello che devo far succedere tenendo conto dell’intreccio, dei tempi
ecc.!! Comunque, grazie mille del commento e delle lodi, spero che la storia
continui a piacerti!^^
Hoshi: ciao! Beh, l’azione ancora non si vede, ma è imminente
all’orizzonte, non preoccuparti! Riguardo ad Ai, credo proprio che li abbia 18
anni, anche non fidandosi di quello che dice lei si può dedurre dal fatto che la
sorella ne aveva una ventina quando è stata uccisa. Comunque, come ti è sembrata
Ai in questo chap? Fammi sapere!
Primechan: grazie!^^ Sei davvero gentile a dirmi queste cose, sono
felice che la storia ti piaccia così tanto, ma non ci allarghiamo troppo: gli
ingredienti ci saranno pure, però che li riesca ad utilizzare bene è tutto un
altro discorso! ^^” Prevedo che non sarà facile, ho un bel po’ di casini in
mente. Si è scoperto cosa ha detto Yukiko a Ran…ti è sembrata una cosa
sufficientemente grande? Spero di aver aggiornato abbastanza presto; ci
risentiamo, alla prossima! Un bacio.
Mareviola: ciao! Di nuovo grazie per il commento (ormai te l’ho detto
così tante volte che non le conto più^^”), sono contenta che il capitolo ti sia
piaciuto e spero che la storia ti coinvolga sempre allo stesso modo. ^__^ Ho
postato il prima possibile, te lo posso assicurare. Mi fa piacere che ti sei
iscritta anche tu al sito, ho dato un’occhiata alla tua ff e ho lasciato un
commento, come credo avrai visto. A presto!
Vichan: ciao carissima! Ho aggiornato presto, che ne pensi? Il fatto
è che mi sta piacendo un sacco scrivere questa storia, perciò la stesura dei
vari capitoli scorre abbastanza velocemente. Contentissima che hai apprezzato
l’incontro di Heiji e Conan, io adoro quei due e il loro rapporto di amicizia,
mi piace dedicargli particolare attenzione durante la ff, e vedrai che ci
saranno di questi momenti anche in futuro (direi che rischiare la vita insieme è
qualcosa che unisce due persone). Ma non preoccuparti, ci saranno anche larghi
spazi dedicati a Heiji e Kazuha che, a quanto ho capito, è la tua coppia
preferita del manga. Riguardo a quello che mi hai chiesto, in effetti mi sono
accorta di essere stata un tantino troppo ellittica e ostica, ma tu ci hai
azzeccato, in parte: Heiji nota sia il suo aspetto trasandato, sia…ehm, la
biancheria che indossa. -///- Ora so che stai pensando che io sia del tutto
folle, ma ti posso assicurare che in un volume del manga, il 35, Gosho stesso
rivela questa strana capacità deduttiva del detective dell’Ovest (anche se
relativa ai costumi, ma credo sia più o meno la stessa, cosa). Comunque, in
questo cap. ho deciso di svelare ciò che Yukiko ha detto a Ran, cosa ti è
sembrato? Oh, sono contenta che ti piacciano i capitoli distensivi, spero che
sarai d’accordo anche sulla mia scelta di lasciare ancora un capitolo
relativamente calmo. Un bacione, a presto!
Ichigo Shirogane: salve Ichi, come va? È da un po’ che non ci si
sente; anch’io mi incasino un bel po’ in questa storia, tranquilla, è del tutto
normale. We Believe dei Good Charlotte non la conosco, non mi pare sia
uscita come singolo e non ho il CD di questo gruppo. Ma se mi capiterà di
ascoltarla, deciderò se usarla per i miei loschi fini (he he he); d’accordo? ^ _
-
Ginny85: Ciao carissima, sono felice di risentirti. Ti dirò, scrivere
i titoli dei capitoli in inglese è un’idea che mi è venuta per caso, mentre
postavo su questo sito; non era assolutamente studiata! Comunque il mio
preferito è White Angel & Black Devils, mi piace proprio un sacco (che
bello farsi i complimenti da sola ^^”). Il rapporto di amicizia fra Heiji e
Conan lo adoro, per questo gli sto dando largo spazio in questa storia: Heiji è
proprio il prototipo di migliore amico che chiunque vorrebbe, a mio parere. Sono
contenta che la scena fra i due ti sia piaciuta^^. Si sono scoperte un bel po’
di cose in questo chap, ma credo che Ai ti preoccuperà molto di più adesso che è
apparsa…dico bene? Tuttavia, non credo che spezzarle il cuore sarebbe una cosa
molto carina nei suoi confronti, dopo tutte quello che ha passato…già è fredda
come un ghiacciolo, se le togli anche la minima illusione che Conan possa
accorgersi di lei…addio! Va bene che in realtà non so cosa possa succedere
esattamente in questa fanfic, molte cose non seguono il piano iniziale e altre
prendono vita lì per lì mentre scrivo, quindi potrei parlarti così e poi fare di
peggio…o magari no…chissà! Non lo so davvero (Che professionista, eh? Dante
Alighieri impallidirebbe di fronte a me (!!)). Eh sì, Ran è proprio adorabile in
quell’immagine, tanto che l’ho messa come sfondo nel desktop; semplicemente
meravigliosa! Un bacio e a presto.
Lili: salve!^.^ È sempre bello ritrovarti, grazie di aver commentato
anche stavolta. Sai, mi fa piacere che la storia ti piaccia, ma aspetta a dire
che con questo genere me la cavo: l’azione deve ancora venire e lì si vedrà
veramente di che cosa sono capace! Anche perché c’è tutto un intreccio di fondo
che mi fa quasi paura quando me lo immagino e penso che dovrò scriverlo. I
“nostri belli” (he he he) non hanno fatto molto in questo capitolo, ma vedrai
che si daranno presto da fare, come le ragazze del resto. Un bacione, spero di
risentirti presto.
APTX4869: ciao! A deciderlo l’ho deciso, il problema è che non riesco
proprio a cominciare. Penso sempre: il prossimo capitolo farò succedere questo e
quest’altro, ma poi mi metto a scrivere e tutti i piani vanno in fumo. Non
perdere la speranza però, ormai è questione di pochissimo e inizierà l’azione
vera e propria, promesso. In quell’immagine Ran è proprio stupenda, non c’è che
dire, sono contenta che l’abbia anche tu e sì, c’è anche un micetto. Beh, penso
che Shinichi avrebbe fatto una faticaccia a trattenersi dal saltarle addosso,
senza contare il tempo che avrebbe impiegato a far rientrare gli occhi nelle
orbite! E poi, naturalmente, una doccia gelata per rientrare in possesso delle
sue facoltà mentali. ^__^ A parte gli scherzi, finalmente si è scoperta la
faccenda con Yukiko; contenta? Ora si vedrà cosa combineranno gli altri
personaggi…baci, al prossimo capitolo.
Ersilia: ciao nuova lettrice!^^ Inizio col ringraziarti moltissimo di
aver commentato la mia storia, sono contenta che ti piaccia; mi hai fatta
arrossire con tutti i tuoi complimenti, sai? Sei gentilissima!#^^# Spero di non
deluderti con i prossimi capitoli. Non preoccuparti, Heiji e Kazuha saranno
molto presenti da adesso in poi, e vedrai che avranno occasione di “esplorare”
quello che è il loro rapporto (ma non ti dico di più; non vorrei farmi spoiler
da sola!^^”). Nonostante la coppia principale della storia sia quella formata
da Shinichi e Ran, anche i ragazzi di Osaka avranno il loro spazio.^^ Beh, spero
di aver aggiornato abbastanza presto, e di risentirti in futuro. Ciao!
Hilary: salve. Hai ragione, non si trovano molte ff italiane dedicate
a Conan ed Ai, e capisco che i/le fans della biondina ne risentano parecchio.
Comunque, in italiano: so che Elly è a favore di questa coppia, quindi dovresti
cercare qualche sua fanfic, e poi ne ho vista qualcuna anche su un sito che ho
appena conosciuto e che mi è stato segnalato da Vichan, Forumcommunity.net. Se
ti interessano in inglese invece la musica cambia: su ff.net ne puoi trovarne
almeno un centinaio su loro due. Per quanto riguarda la mia storia, ti prometto
che ci saranno momenti carini fra Ai e Conan, anche se non in chiave romantica…o
quasi (guarda il capitolo 15 che hai citato: lì ho sforato un po’^ _ ~ ),
sebbene questa sia una Shinichi/Ran. Spero di esserti stata utile, ad ogni modo.
Oh, grazie per la recensione!
Bene, penso che sia tutto. i
riferimenti al manga sono i soliti volumi 26 e 28, e stavolta anche il 35: la
prima e l’unica (credo) apparizione di Sharon Vineyard sulle pagine di Detective
Conan; da lì si evince che Sharon e Yukiko sono molto amiche. Ora, una notizia
spiacevole: non so quando potrò aggiornare il prossimo capitolo, ho un nuovo
corso pomeridiano di francese per un esame che dovrò sostenere a Maggio, la
prossima settimana non starò mai a casa e inoltre giovedì parto per Siena con la
scuola. Scusate quindi se ritarderò un po’ a postare il capitolo 21, farò
comunque sempre del mio meglio per accorciare i tempi, promesso. Intanto voi
potreste aiutarmi lasciando un commentino? Ve ne sarei davvero riconoscente, mi
fa piacere sentire i vostri pareri sulla storia.
Al prossimo capitolo (spero non
tanto tardi)
-Melany
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