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Autore: Melanyholland    11/03/2005    14 recensioni
Per non perdere per sempre la sua Ran, stavolta Shinichi dovrà combattere la battaglia più dura: quella contro se stesso
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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20. Revelations

I due detective si fermarono davanti alla soglia della casa del dottor Agasa; quando Heiji fece per suonare il campanello, Conan richiamò la sua attenzione tirandogli la stoffa dei pantaloni un po’ sotto il ginocchio. Il ragazzo si voltò sorpreso verso di lui, inarcando un sopracciglio in un’espressione interrogativa.

“Ricordati quello che ti ho detto.” Bisbigliò Conan, serio. “Haibara non deve sapere nulla di stasera. Se venisse a conoscenza dell’azione che stiamo preparando, vorrebbe parteciparvi, e non ho alcuna intenzione di portarla con me. Inoltre, potrebbe anche rifiutarsi di darmi l’antidoto.”

“Sì, ho capito, me l’hai già detto” borbottò scocciato il detective dell’Ovest.

“Dì che sei qui…”

“…per controllare le mosse di Gin, pedinandolo. Uffa, quanto sei noioso!” sbuffò Heiji, socchiudendo gli occhi e suonando il campanello. Conan scrollò le spalle e distolse lo sguardo dal suo collega; preferiva mettere le cose bene in chiaro: Heiji tendeva a parlare a sproposito quando c’era da mantenere un segreto, lui l’aveva sperimentato a sue spese. Tutte le volte che lo chiamava Kudo in pubblico, di fronte a Ran, quello stesso pomeriggio al telefono…

Il dottor Agasa aprì la porta, battendo più volte le palpebre quando vide il ragazzo di Osaka sulla soglia, confuso.

“Ehm…salve” borbottò, scoccando un’occhiata interrogativa a Conan che quest’ultimo schivò con disinvoltura.

“Ehilà, vecchio, come va?” esordì Heiji espansivo, in tono confidenziale nonostante si fossero visti pochissime volte. Conan guardò in faccia il suo vicino di casa e sorrise, intuendo dalla sua espressione sbalordita e dalle sue guance paonazze quello che stava pensando: ‘Vecchio?’. Il ragazzo del Kansai gli batté sulla spalla un paio di volte con la mano con atteggiamento amichevole, poi entrò in casa poggiando in terra il suo bagaglio. Il professore seguì i suoi movimenti, sconcertato, poi si rivolse al piccolo detective, che a sua volta aveva varcato la soglia.

“Shinichi, che cosa sta succedendo?” chiese, come inebetito.

“Hattori è venuto ad aiutarmi, deve pedinare Gin. Non posso spiegare ai Mouri la sua presenza qui, perciò mi chiedevo se potessi ospitarlo tu per oggi.” Spiegò con voce incolore, gli occhi socchiusi in uno dei suoi tipici cipigli annoiati. Il viso del professor Agasa stava diventando rosso acceso.

“Non potevi avvertirmi prima? Chiedermi se potevo?” replicò imbronciato, a bassa voce, forse pensando che sarebbe stato scortese far sentire una cosa del genere all’ospite in questione. Conan si limitò a stringersi nelle spalle.

“Ehi, non hai delle patatine fritte o qualche altro snack?” l’inconfondibile voce con l’accento di Osaka risuonò dalla cucina verso il salone. Il dottor Agasa sbuffò, guardando torvo il piccolo detective, che fece in modo un’altra volta di sottrarsi alla sua occhiata.

“Insomma, cos’è questo chiasso?”

Conan si voltò sorpreso verso la porta del laboratorio, dalla quale era emersa Ai Haibara; aveva un’aria molto più stanca rispetto all’ultima volta che l’aveva vista, i capelli biondi erano un po’ spettinati, sopra la maglietta a dolcevita verde scuro e ai calzoncini candidi aveva indossato il camice bianco. Se non avesse avuto quella luce triste negli occhi e quell’espressione cupa, sarebbe sembrata davvero adorabile, una bambina di otto anni con un camice da dottore e i capelli arruffati. Conan si chiese distrattamente dove avessero trovato una divisa da medico di quella misura.

“Abbiamo visite.” Borbottò il professor Agasa, dirigendosi verso il divano con aria indispettita. Ai gli prestò per qualche secondo la sua attenzione, che si spostò poi inevitabilmente su Conan.

“È arrivato Heiji Hattori da Osaka. Si è offerto di pedinare Gin per stasera.” Disse il piccolo detective, sperando che il suo tono di voce non tradisse la bugia e cercando di non far vacillare il suo sguardo. Ai gli riservò una profonda occhiata di apprezzamento, trapassandolo da parte a parte con lo sguardo. Sarà stato che non era abituato a mentire, ma quei pochi secondi che impiegò lei a formulare l’altra domanda gli sembrarono eterni.

“Seguiamo già i suoi spostamenti con la trasmittente. A cosa serve pedinarlo?” domandò freddamente.

Oh oh…

“Beh, la trasmittente ci dice a quanti chilometri di distanza si trova, non esattamente dove. Non possiamo sapere cosa fa a meno che, parlando, non lo spieghi lui stesso. È un modo in più per tenerlo d’occhio. Sapere quello che fa.” Ribadì il concetto, pregando di aver assunto un tono ragionevole e convincente. Lei lo squadrò di nuovo con quei suoi occhi freddi, simili a lame di coltello che cercavano di trafiggerlo, e Conan sentì un brivido percorrergli la schiena.

“Non è rischioso?” chiese lei lentamente, senza smettere di fissarlo.

“No, Hattori è bravo, e poi anche se lo vedessero, non lo conoscono!” incalzò lui.

Ai rimase impalata a studiarlo ancora per qualche minuto, poi chiuse gli occhi e scrollò le spalle.

“Spero che tu sappia quello che fai, Kudo.” disse lugubre, e prima che lui avesse il tempo di rispondere si chiuse alle spalle la porta del laboratorio, isolandosi di nuovo dal mondo.

Per Conan fu un grandissimo sollievo; i muscoli, prima tesissimi, si sciolsero velocemente e il corpo si lasciò andare seduto. Dentro di sé aveva un po’ paura che Ai avesse fiutato l’inganno, ma probabilmente la mente di lei era troppo impegnata a pensare all’antidoto per doversi occupare anche di quella faccenda, era quello il motivo per cui non aveva insistito tanto. O almeno così sperava.

Smettila di essere sempre così disfattista…e poi anche se avesse percepito la bugia, non potrebbe mai arrivare alla verità…

Con questo pensiero si sentì un po’ meglio; era vero, anche se sospettava qualcosa, Ai non poteva venire a conoscenza degli avvenimenti di quella sera, dunque erano al sicuro da lei. Sospirò, togliendosi il giubbetto e appendendolo all’attaccapanni dell’ingresso, prima di raggiungere gli altri in salotto. Heiji si era appollaiato sulla poltrona poco distante dalla tv, sgranocchiando salatini, il professore aveva incrociato le braccia, seduto sul divano con un’espressione imbronciata.

Conan sorrise, poi si accorse che c’era una persona che mancava all’appello.

“Dov’è mia madre, dottor Agasa?” domandò incuriosito. Aveva bisogno di parlare con lei, doveva convincerla a tornarsene in America da suo padre; non si sentiva a suo agio al pensiero che si trovasse in città quando lui doveva affrontare una missione pericolosa, preferiva saperla sana e salva a Los Angeles.

Il professore si fece meditabondo: “Uhm, è uscita subito dopo che tu ci hai mandati via dalla stanza perché volevi riposare, non ha detto dove andava. Poi non l’ho più vista.” Spiegò, guardandolo attraverso le tonde lenti degli occhiali.

“Ah.” Un brivido gelido gli percorse la schiena, accompagnato da un bruttissimo presentimento.

Oh mio Dio…non sarà andata da Ran…

Si lasciò cadere sul divano, le gambe molli non lo reggevano più. Sperava che non avesse tenuto fede a quello che gli aveva detto; la sua vita sentimentale era già abbastanza scombussolata senza che sua madre andasse a parlare con Ran. E a parte tutte le cose spaventose che lei avrebbe potuto dire a quest’ultima, che figura ci avrebbe fatto con la sua amica d’infanzia?? Di un ragazzino idiota che non appena aveva un problema andava a piangere dalla mammina?

“Ehm, scusate, non dovremmo organizzarci per stasera?” s’intromise Heiji, la bocca piena di salatini.

Conan sospirò, il suo collega aveva ragione. Il lavoro prima di tutto.

“Sì, meglio cominciare.” Approvò, mettendosi seduto composto. “Ma parla a voce bassa, lei non deve sentire”.

Lei se ne stava con la schiena appoggiata al muro, in un punto dove loro non avrebbero potuto vederla, nascosta nell’ombra, ma dal quale poteva sentire benissimo cosa stavano dicendo, voce bassa o no. Le mani erano infilate nelle tasche del camice, un ginocchio era piegato in modo da far poggiare la pianta del piede alla parete dietro di sé.

“Sei uno sciocco, Kudo.” bisbigliò, il viso solitamente neutrale tirato per l’ansia, la fronte aggrottata in un’espressione preoccupata. Tirò fuori la mano destra dalla tasca e ne estrasse una cassetta, che cominciò a rigirarsi fra le mani.

“Sei davvero uno sciocco…”

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

“Non fare tardi, Ran” brontolò l’investigatore Kogoro Mouri, quando vide sua figlia infilarsi il cappotto da sopra i fogli del giornale. Lei si voltò verso di lui, sorridendo.

“Non preoccuparti papà, ho lasciato la cena nel forno.” Lo conosceva bene; scorse sulle gote di suo padre un lieve rossore prima che, sbuffando, si coprisse di nuovo il volto col giornale. “È solo una porzione per te, Conan ha telefonato dicendo che resta a dormire dal professor Agasa stanotte”.

“Dove hai detto che vai?” chiese Kogoro, senza guardarla.

“Devo andare a prendere un’amica…” a Ran non capiva bene il motivo per cui preferiva tenersi sul vago, ma aveva la sensazione che fosse meglio così. Era un po’ assurdo, perché prima o poi avrebbe dovuto informarlo, visto che Kazuha avrebbe dormito a casa loro, ma la faceva sentire più tranquilla.

Kogoro riemerse di nuovo da dietro il giornale, gli occhi neri penetranti mentre la fissava serio, con un’espressione che lo faceva somigliare a un poliziotto in procinto di interrogare un sospettato. Strascichi del suo lavoro di gioventù, immaginò sua figlia. Dopo qualche momento molto gravido, l’investigatore parlò:

“Meglio per te che si tratti di un’amica” borbottò “Perché se mi ritorni di nuovo in lacrime…”

“Non lo farò.” Lo interruppe lei, insolitamente brusca e fredda. Kogoro alzò un sopracciglio: lei lo guardava all’improvviso molto rigida.

“Bene.” Replicò suo padre, scomparendo di nuovo fra le notizie del giorno.

Ran finì di abbottonarsi il cappotto, passandosi una mano fra i capelli lunghi per tirarli fuori dall’indumento che li aveva avvolti e aprì la porta, scomparendo dietro di essa.

Fuori si era alzato un forte vento gelido, che la fece rabbrividire. Attraversò in fretta le vie di Tokyo, le guance e il naso che diventavano sempre più arrossati a causa del freddo, i capelli lunghi scompigliati dal vento che le finivano davanti agli occhi. Fu un gran sollievo salire sull’autobus, con il calore dei respiri e dei corpi di tutte le persone che vi viaggiavano, e fu un rammarico altrettanto grande dover scendere. Per fortuna, Kazuha era già arrivata quando giunse all’aeroporto, e la aspettava infagottata in un lungo cappotto di camoscio beige e una sciarpa di lana avvolta intorno al collo. Quando la scorse sorrise, il suo viso altrettanto congestionato del proprio.

“Ciao, Ran-chan!” esordì, abbracciandola. “Da quanto tempo, eh?”

Ran rise della battuta, poi la ringraziò per essere accorsa al suo richiamo.

“Di nulla” rispose lei, scuotendo la testa e facendo ciondolare la coda di cavallo, trattenuta con un nastro di un blu particolare . Ran si chiese distrattamente se non sentisse freddo al collo, con i capelli tirati su anche d’inverno, prima che la voce della sua amica del Kansai la distraesse di nuovo. “Qui fuori si congela, che ne dici di andare a prenderci qualcosa di caldo mentre mi dici nei dettagli quello che è successo?”

Ran approvò entusiasta, in effetti in quel momento non le sarebbe dispiaciuta una bella cioccolata calda. Raggiunsero un bar lì vicino, sedendosi ad un tavolo e ordinando ognuna una bevanda bollente.

“Carino il tuo nastro. Bel colore.” Commentò Ran, mentre la ragazza di Osaka si stava togliendo il cappotto, rivelando un maglioncino lilla e una gonna jeans sopra un paio di stivaletti col tacco. Improvvisamente Kazuha arrossì, prendendo fra le dita il pezzetto di tessuto che pendeva dal fiocco e accarezzandolo lievemente, con un sorriso e gli occhi che brillavano di verde.

“Vero. Me l’ha regalata Heiji.” disse, in un bisbiglio appena percettibile in mezzo al chiacchiericcio dei presenti nel locale, “Non so perché. Non è il mio compleanno o qualche evento speciale…stavamo tornando a casa da scuola oggi quando l’ho visto in una vetrina. Mi è saltato subito agli occhi questo colore particolare, blu tendente al viola…non sapevo bene come definirlo e all’improvviso lui ha esclamato: ‘a me sembra color mirtillo’ e senza aggiungere altro, prima che potessi fermarlo, è entrato in negozio e me l’ha comprata.” Gli suoi occhi erano scintillanti mentre parlava, sorrideva al ricordo e sembrava accorgersi a malapena della presenza di Ran davanti a sé.

“Non gli hai chiesto perché l’ha fatto?” domandò lei, Kazuha quasi sobbalzò udendo la sua voce, strappata dal suo sogno del passato.

“Sì, ha detto che sembrava fatto apposta per me. Mi sorrideva, ma non nel suo solito modo da presa in giro, sembrava…non so…ma poi quando ho insistito per farmi spiegare che cosa intendeva lui ha sbuffato e ha detto che la mia faccia somiglia a un mirtillo.” Kazuha si imbronciò, ma Ran vedeva chiaramente dietro quella maschera quanto lei gli fosse grata per quel regalo, quanto fosse grande l’affetto che provava per lui in quel momento. Finalmente La ragazza di Osaka si sedette, e mentre la cameriera poggiava davanti a loro la cioccolata e il tè alla pesca caldi, domandò più seria: “Ma dimmi, pensi seriamente che Heiji e Kudo-kun ci stiano nascondendo qualcosa?”

Anche Ran si rabbuiò, soffiando lievemente sul suo cioccolato.

“Ne sono quasi certa. C’ho pensato e ripensato, neanch’io volevo crederci. Ma ci sono davvero dei buchi in tutta questa faccenda e sono risoluta a riempirli stasera. Non so bene come, ma Yukiko...la madre di Shinichi,” aggiunse, quando vide la sua espressione smarrita al nome della donna “mi ha assicurato che tutti i miei dubbi sarebbero stati spazzati via se avessi usato questa.” Prese la borsa e ne estrasse un oggetto rettangolare, grande più o meno come il palmo della mano, e glielo porse. Kazuha lo esaminò attentamente.

“Credi davvero che ci aiuterà a sapere cosa ci stanno nascondendo?”

Ran si strinse nelle spalle.

“Non lo so ma…tentare non costa niente, no?”

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

“Penso di aver finito.”

Annunciò Ai Haibara, varcando la soglia del salotto tenendo sul palmo della mano una capsula rossa e bianca. Conan balzò immediatamente giù dal divano, dirigendosi verso di lei veloce simile a un cane a cui è stata sventolata sotto il naso una bella bistecca succulenta. Prima che potesse prendere dalla sua mano aperta la pastiglia, Ai la chiuse a pugno e se la infilò in tasca.

“Ehi!” protestò Conan, guardandola ostile.

“Sei certo di volerlo fare?” domandò lei, ignorando la sua rabbia.

“Oh ti prego, non ricominciare!” sbuffò il piccolo detective, socchiudendo gli occhi e storcendo la bocca. “Conosco la cantilena: non è mai stato testato sugli esseri umani, potresti morire, è rischioso, pensaci bene bla bla bla. Ora posso avere la capsula?”

“No. Non ancora.”

Per la prima volta nella sua vita Conan sentì un forte impulso a strangolare una ragazza. Si trattenne, fissandola torvo a denti stretti. “Che c’è ancora?” ringhiò.

“Voglio che mi dai la tua parola di detective che non ti farai assolutamente vedere in giro, se ritorni adulto. Non ho alcuna voglia di rischiare la mia pelle solo perché sei affamato di gloria e vuoi essere acclamato dalla folla.” Disse freddamente, alludendo alla sua performance al liceo Teitan, durante la recita. Conan sbuffò.

“Okay, d’accordo, niente show deduttivi. Qualcos’altro?” chiese scocciato, inarcando un sopracciglio.

“Non rischiare le nostre vite per nulla, solo questo.”

Estrasse dalla tasca la capsula e gliela porse, Conan la fissò per un attimo, imbambolato, poi allungò cautamente la mano per prenderla, quasi meravigliato quando vide che lei gli permetteva di afferrarla. La osservò sul proprio palmo, piccola e all’apparenza innocua, ma custode di un grande potere. Proprio come lui.

“Sicura che funzioni, Ai-kun? Mi sembra che tu ci abbia messo troppo poco tempo.” Disse il professor Agasa, pacato, rivolgendosi alla biondina. Lei gli rivolse quel suo strano sorriso privo di calore e annuì. “Ho dovuto solo modificare la formula di ieri, i componenti erano già tutti pronti, dunque è stato un lavoro molto più breve. Non posso assicurare che funzioni ma se non importa a Kudo, perché dovrebbe interessarci? Anche perché…” scoccò un’occhiata crudele al ragazzo in questione, che rabbrividì suo malgrado quando se ne accorse “…non tutte le cavie da laboratorio hanno il privilegio di poter scegliere. Sei un topolino bianco davvero fortunato, Kudo-kun.” Sibilò, ignorando il suo sbuffo e andandosene di nuovo.

Conan la seguì con lo sguardo, seccato, poi la sua attenzione si spostò ancora sulla capsula che teneva in mano.

“Ma davvero rischi di rimanerci secco?” domandò apprensivo Heiji, osservandolo con la fronte aggrottata. Conan scrollò le spalle. “Chissà” rispose, prima di infilarsi in bocca la pastiglia e ingoiarla con un po’ dell’aranciata che era sul tavolino davanti al televisore, della quale il suo collega aveva usufruito. Si sedette sul divano, sospirando. Alla bocca dello stomaco si era formata una brutta sensazione, il cuore aveva cominciato a battergli forte. Non lo avrebbe mai ammesso, ma dentro di sé aveva davvero molta paura che qualcosa andasse storto. Nonostante avesse accettato di farlo, non poteva negare di essere spaventato dalle conseguenze che il composto avrebbe potuto avere su di lui. Insomma, era ancora troppo giovane per morire, e poi aveva sempre pensato che, se proprio doveva passare a miglior vita, avrebbe voluto che fosse una fine gloriosa, durante una pericolosa missione. Qualcosa di eclatante che lo avrebbe fatto ricordare per sempre: magari sacrificarsi eroicamente per salvare la città dal crimine o roba simile. Di certo non avrebbe voluto spirare a casa del suo vicino, nel corpo di un bambino di sette anni, per avvelenamento da droga non meglio identificata. Non era una cosa di cui andare fieri.

Cercò di calmarsi pensando a qualcosa di diverso; immaginare quelle sostanze che lentamente gli entravano in circolo, scorrendo nelle vene e nelle arterie fino al muscolo cardiaco e magari al cervello non era di aiuto a calmargli l’ansia, che cercava in tutti i modi di nascondere agli altri due.

“Qui ci sono i vestiti che avevo preso anche ieri.” Disse il dottor Agasa, porgendogli una camicia candida, un paio di pantaloni blu scuro e una giacca dello stesso colore, ben ripiegati. Conan ebbe una fitta di nostalgia nel vedere quegli indumenti, che indossava spesso quando era Shinichi per le sue indagini. Erano comodi e allo stesso tempo eleganti; gli conferivano un certo charme, un certo stile. Si voltò verso Heiji quando si accorse che era da un po’ che se ne stava in silenzio –una cosa piuttosto strana, dato il soggetto-, e vide che era ancora piuttosto crucciato per quello che aveva sentito poco prima.

“Oh, andiamo Hattori!” sbottò “Non avrai mica creduto che i composti di Haibara fossero del tutto sicuri e sperimentati! Non siamo mica in farmacia!”

Ma dalla sua espressione capì che doveva averlo pensato. O almeno, aveva voluto illudersi finché non gli avevano sbattuto in faccia la realtà delle cose. Shinichi aveva notato spesso questa tendenza di Heiji a non accettare ciò che la mente gli diceva, se non era completamente di suo gusto. Come quella volta sull’isola della sirena…

“Vedrai che andrà tutto bene.” Sospirò Conan, chiedendosi perché dovesse rassicurare il detective dell’ovest. Cavoli, era lui quello che si era appena messo in corpo quella roba, i ruoli avrebbero dovuto essere invertiti!

“Speriamo” borbottò Heiji, sedendosi di nuovo e continuando a fissarlo in tralice.

Conan scoccò uno sguardo all’orologio: le otto e trenta. Fra mezz’ora avrebbero dovuto mettersi in viaggio; sperava che l’antidoto funzionasse prima di allora. Chiuse gli occhi, poggiando la testa alla spalliera del divano e cercando di rilassarsi. Ricominciò quasi senza rendersene conto a rimuginare sulla cosa che lo assillava, quella specie di brutta sensazione che si teneva dentro: aveva stabilito già che non si trattava di qualcosa avvenuto il giorno prima, quindi doveva concentrarsi sugli eventi odierni; come stava ricapitolando all’aeroporto, era arrivato a casa del professore, c’era stata la disputa su quegli sciocchi nomi in codice per gli Uomini in Nero, poi era comparsa sua madre, avevano parlato e…

Una stridula musichetta acuta lo fece sussultare e sbarrare gli occhi, strappandolo ai suoi pensieri; accanto a lui Heiji estrasse il cellulare dalla tasca, guardò il display socchiudendo gli occhi con aria annoiata e poi rispose:

“Sì, ciao mamma. Che c’è? …Sì, sono arrivato, tutto a posto……no, sono a casa di un amico di Kudo……sì, mamma, lo farò, sta’ tranquilla……okay, ti chiamerò stasera. Ciao.” Heiji sbuffò, interrompendo la chiamata e infilandosi di nuovo il telefono in tasca. “Uffa! Nemmeno avessi più sei anni...” si lamentò, rivolgendosi al suo migliore amico.

Ma Conan non lo ascoltava; aveva appena realizzato ciò che gli sfuggiva, e il suo volto era inorridito, diventando bianco come il gesso. Fissava il vuoto, paralizzato, gli occhi blu sgranati ricolmi di panico, il corpo in tensione, in piedi.

Oh no…ti prego no…

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

La bionda scienziata estrasse dal walkman il nastro che aveva trafugato dal giubbetto di Kudo; che stupido ragazzo. Aveva tolto dai macchinari la cassetta per evitare che lei l’ascoltasse, ma Ai si era accorta subito che una mancava all’appello, quando aveva controllato il ricevitore dopo che lui se n’era andato. Questo l’aveva insospettita. Era evidente che voleva nasconderle qualcosa di grosso, e lei non poteva permetterlo; doveva scoprire di che si trattava, a tutti i costi. Certo, se si fosse sbarazzato subito della registrazione lei non avrebbe potuto mai sentirla, ma Kudo aveva già troppe cose a cui pensare, e con sua enorme fortuna se l’era dimenticata nella tasca del giacchetto, come aveva potuto capire lei dal rigonfiamento della stoffa quando prima l’aveva osservato attentamente. A quel punto era stato un giochetto da ragazzi sottrarre ciò che voleva a un indumento indifeso appeso ad un attaccapanni.

Kudo stava cercando di ingannarla, ma il delitto perfetto non esiste, e quindi lei lo aveva scoperto; divertente, considerando chi era il detective e chi il criminale, fra loro due.

Comunque, aveva ascoltato la registrazione e i discorsi dei due giovani investigatori in salotto, e a quel punto il puzzle era completo nella sua mente; sapeva che cosa volevano fare i suoi ex colleghi di lavoro, ed era a conoscenza dei piani di Kudo; era agitata, aveva paura che quella sera le cose finissero male. Aveva pensato di rifiutarsi di dare l’antidoto a Kudo, ma poi aveva rinunciato: sapeva che lui sarebbe andato in missione a qualsiasi costo, anche senza il suo corpo adulto. Ormai cominciava a conoscerlo bene, era cocciuto come un mulo e se si metteva in testa una cosa la portava a compimento, qualsiasi fossero gli ostacoli da superare. Perciò Ai si era detta che, se proprio doveva andare a rischiare la vita, meglio che fosse al meglio delle sue possibilità, nel corpo di un diciassettenne e non di un moccioso delle elementari. Sapeva anche che non avrebbe potuto dissuaderlo in alcun modo dal compiere quella sciocchezza, e così aveva taciuto; sarebbe servito solo a fargli capire che lei era a conoscenza di tutto, e secondo il suo piano ciò non doveva accadere, almeno fino ad un certo momento che ancora doveva arrivare. Così, sebbene non appena avesse udito la familiare quanto sgradevole voce di Gin provenire dalle cuffie del walkman si fosse sentita persa e spaventata, tanto che aveva dovuto sedersi per impedirsi di svenire, ora si era fatta forza e aveva deciso di reagire. Era giunto il momento di vendicare la morte di Akemi, fargliela pagare a quel bastardo che le aveva portato via l’unica persona che le volesse bene al mondo. Smetterla di fare la codarda e combatterli, ma a modo suo, non come avrebbe fatto Shinichi Kudo, mettendoli in prigione e basta. Qualche settimana e sarebbero stati di nuovo liberi, mentre sua sorella era ancora imprigionata in quella oscura bara di legno, sepolta sotto metri e metri di gelida terra. Era questa che Kudo chiamava giustizia? Beh, lei la pensava diversamente. Quella notte sarebbe stata la sua rivincita, avrebbe riservato a Gin lo stesso trattamento che lui aveva dato alla sua Akemi, l’avrebbe ucciso con le proprie mani, l’avrebbe fatto soffrire e morire. E poi…

Poi non importava.

Forse la polizia l’avrebbe catturata e messa in carcere, o forse sarebbe stata uccisa da Vodka o da qualche altro membro dell’Organizzazione; la cosa non la turbava minimamente, il suo obiettivo era vendicare la morte di sua sorella, quella persona meravigliosa che quel bastardo aveva osato uccidere senza pietà, solo per un mucchio di sporco denaro. Il resto non aveva alcuna importanza; la sua vita non valeva un granché, nessuno avrebbe pianto la sua scomparsa, perché lei non aveva nessuno al mondo. Kudo…beh, sarebbe stato sollevato di togliersi di torno sia Gin sia lei, che ormai era solo un peso, senza sporcarsi le mani. Aveva già la sua adorata Ran Mouri, probabilmente fra qualche anno si sarebbe completamente dimenticato di averla mai conosciuta; in fondo, lui la disprezzava, per quello che aveva fatto, per l’Organizzazione a cui era appartenuta…non avrebbe mai potuto vederla sotto una luce differente che quella di una ex criminale senza scrupoli. Le aveva urlato in faccia chiaro e tondo quello che pensava di lei, quando si era presentata a lui: un’assassina senza cuore, che odiava.

Dunque perché continuare a vivere? Una volta sistemata quella faccenda, non aveva più motivo di restare. E poi, se avesse saputo che aveva ucciso un uomo, seppure la persona più disgustosa sulla faccia della terra, un criminale che entrambi detestavano, Kudo non avrebbe mai voluto riaverla con sé.

E infine, avrebbe potuto finalmente riabbracciare sua sorella.

Si asciugò le guance con il pugno, sbuffando: non era il momento di lasciarsi andare. Prese un pezzo di carta e una biro, scrivendo velocemente, e infilò il foglio in una cartellina blu che poggiò vicino al computer. Dopodiché estrasse dalla tasca il suo telefono cellulare: se voleva attuare il suo proposito, doveva sbarazzarsi di Kudo, e sapeva già come.

Sorrise, ma non come avrebbe fatto Ai Haibara o Shiho Miyano.

Quello era il sorriso di Sherry.

~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*

“Qual è il problema?” chiese Heiji allarmato, quando vide il suo viso cianotico e udì il suo borbottio. Conan si voltò verso di lui, ancora completamente paralizzato dallo shock.

“Sono stato un idiota…avrei dovuto capirlo subito…lei…ma certo, tutto quadra adesso…d’altronde la conosce, non dev’essere stato difficile…sa recitare, truccarsi…e quelle domande…oh mio Dio Ran! Ran!!

Estrasse rapidissimo il cellulare, componendo il numero. Intorno a lui il mondo pareva essersi bloccato nel tempo, l’aria gli pesava sulle spalle, gravida di angoscia. Le orecchie non sentivano minimamente ciò che Heiji e il professor Agasa gli stavano dicendo ma solo il rimbombo del suo cuore, tutto se stesso era concentrato in quell’ansia, nell’attesa che ogni segnale acustico di libero faceva crescere e trepidare in lui, disperatamente. Quando finalmente udì la dolcissima e calda voce di lei al di là dell’apparecchio, credette di stare per svenire dal sollievo.

“Ran…” pronunciò, con un sospiro carico di gioia e rassicurazione, un sorriso a fior di labbra.

“Conan? Che succede?” domandò perplessa la sua amica d’infanzia.

“Oh, niente di importante…” si affrettò a spiegarle, cercando di riemergere da quello stato di completa felicità in cui era affondato. Anche perché c’era qualcosa che non quadrava in quella telefonata, che gli aveva fatto rinascere un senso di inquietudine; i rumori di sottofondo, brusii non meglio identificabili, il suono ovattato della sua voce, il tempo che ci aveva messo a rispondere, tutto faceva supporre che si trovasse in un luogo stretto e affollato. Ovvero, non all’agenzia investigativa, con Kogoro, bensì probabilmente…

“…Ran? Sei su un autobus?? Perché?” chiese tutto d’un fiato. Lei rimase interdetta per qualche attimo, poi rispose.

“Sto tornando a casa. Conan, ma tu come facevi a sapere dove sono?”

“Ehm…ho tirato a indovinare.” Si giustificò, mentre nella sua mente affiorarono incontrollabili le parole di Sherlock Holmes: “Io non indovino mai. È deleterio per le facoltà logiche”.

“Ma perché sei uscita? È già buio, e ricordi che cosa ti ho riferito ieri?”

Un altro breve silenzio al di là della cornetta. “Certo che mi ricordo, Conan-kun.” Rispose in tono pacato “Ma dovevo andare a prendere un’amica. Sta’ tranquillo, sto tornando e sono in compagnia di almeno una ventina di persone; l’autobus si ferma vicinissimo a casa mia, dunque...”

Conan si sentì un pochino sollevato; Ran ricordava la sua raccomandazione di non andare in giro da sola di notte o in luoghi isolati, bene, non poteva permettere che corresse dei rischi, dopo quello accaduto il giorno prima.

“Con chi sei?” domandò tuttavia, volendo essere rassicurato anche su quel punto.

“Te l’ho detto, con una mia amica.” Ribadì lei, appena un pochino scocciata. “Che ti prende Conan? Cosa sono tutte queste domande?”

“Niente, è solo che…” sospirò “Hai visto la madre di Shinichi oggi?”

Altro silenzio, più lungo dei precedenti.

“Sì, oggi pomeriggio. Ma tu come fai a..?”

“L’ho incontrata anch’io a casa del professore” tagliò corto lui “Che cosa avete fatto?”

“Conan! Mi sembra di essere ad un interrogatorio!” protestò lei, senza rabbia, ma in procinto di perdere la pazienza.

“Abbiamo chiacchierato un po’, nient’altro! Vuoi dirmi che ti è preso tutto a un tratto?” chiese Ran.

“Che ti ha detto?” insisté lui, sperando che lei rispondesse, e soprattutto che non dicesse quello che temeva.

“Niente di importante…senti Conan, devo scendere fra un paio di fermate, quindi è meglio se ci salutiamo. Ti chiamo stasera a casa del professore per darti la buonanotte, okay, piccolino?”

“No, aspetta…” cercò disperato di fermarla, ma fu inutile. Con uno scatto la comunicazione fu interrotta, e Cona rimase immobile a fissare il cellulare, lo sguardo fisso nel vuoto.

Heiji si avvicinò a lui, piegandosi sulle ginocchia e costringendolo a voltarsi e a dargli retta.

“Kudo, si può sapere che cavolo ti è preso? Di che stavi blaterando prima, cos’è che avresti dovuto capire?”

“Mia madre.” Mormorò. “La tua ti ha chiamato poco fa per sapere se eri arrivato sano e salvo, se c’erano stati problemi…naturale, qualunque genitore è apprensivo con i propri figli, e si preoccupa spesso anche senza motivo. Soprattutto le madri.”

“In effetti non ce lo vedo mio padre a chiamarmi per cose del genere.” Borbottò Heiji, gli occhi socchiusi.

“Ma la mia…oggi pomeriggio ho avuto quasi un infarto, lei era presente, tuttavia non si fa più sentire da ore. Non è venuta a vedere come stavo, niente. Non se ne è curata minimamente…questo non è normale.”

“Dove vuoi arrivare?”

“E anche nel momento cruciale, si è preoccupata sì, come farebbero tutte le mamme del mondo. Ma non come farebbe la mia.”

No, infatti; ricordava che quando era piccolo, a cinque anni, si era preso una brutta polmonite ed era stato malissimo. Yukiko era terrorizzata, pallida in viso e con gli occhi lucidi, e dopo che il dottore lo aveva visitato aveva passato la notte sdraiata nel letto con lui, tenendolo abbracciato e stretto al seno per dargli calore e conforto, cullandolo quando la tosse diveniva violenta e quando si svegliava per il male, baciandogli la fronte e tergendogli il sudore. Ricordava, una volta guarito, come il viso di lei si era illuminato di sincera felicità, come le guance avessero ripreso colore, nonostante il suo aspetto stanco e provato. Come lo aveva coccolato nei giorni seguenti, al settimo cielo.

Quella era la sua mamma. La donna che gli voleva bene più di qualunque altra persona al mondo. La vera Yukiko Kudo. Non la tizia che si era presentata lì quel giorno, che l’aveva abbandonato sul divano senza fare storie dopo che era quasi morto di fronte ai suoi occhi, e poi si era del tutto dimenticata di lui nelle ore seguenti.

“Avrei dovuto capirlo…cavoli, dovrei saper riconoscere subito mia madre!!”

“Vuoi dire che quella non era Yukiko?” s’intromise il dottor Agasa con tono incredulo, sbalordito.

Conan scosse la testa.

“No. Ha scelto lei perché è una persona di cui mi fido, e poi non correva il rischio che quella vera si presentasse qui all’improvviso a rovinarle tutto, visto che è in America. In più la conosce, la mamma è stata un’attrice famosa e una delle sue migliori amiche, Sharon, è la madre di lei. Era tutto studiato, anche se non capisco perché fare tutto questo solo per parlare con noi, non ha senso…io…Urgh!!”

Improvvisamente una vampata di calore bruciante avvolse il suo corpo, il cuore cominciò a martellare contro la gabbia toracica, dolorosamente e insistentemente. Il suo corpo domandava ossigeno, sul punto di soffocare, ma la gola era serrata, e così i polmoni sgonfi. Le gambe si fecero deboli, non sorreggevano il suo peso e cadde a terra con un tonfo, stringendosi il petto. Tutto intorno a lui si stava facendo buio, e le voci allarmate erano sempre più lontane, eco di un altro mondo…

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Yukiko Kudo si sedette al bancone del bar, accavallando le gambe in una posa sexy e ordinando un Bloody Mary, bevendolo a piccoli sorsi aggraziati finché un uomo dai lunghi capelli biondi, all’incirca della sua stessa età, avvolto in un cappotto nero, si sedette accanto a lei, tenendo una sigaretta fra le labbra. La donna lo guardò inarcando un sopracciglio.

“Posso fare qualcosa per lei?” chiese con aria ingenua.

L’uomo sbuffò, storcendo la bocca disgustato.

“Piantala con i giochetti, non è il momento” ringhiò. Lei lo guardò sorridendo divertita, poi gli sottrasse con gesto fluido la sigaretta e la prese fra le proprie labbra, fumandola soddisfatta.

“Noi stiamo per andare, avevi detto che volevi venire, no?”

“Of course, my dear.” Confermò, spostandosi la chioma dietro la spalla con un gesto sensuale.

“Allora togliti quella roba e seguimi.” Borbottò lui tagliente, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita.

Lei sospirò rassegnata, scuotendo la testa: uomini, tutti animali. Obbedì al suo ordine, ticchettando sui tacchi e liberando la fulgida chioma bionda dal suo giogo, mentre due lenti a contatto azzurre sparivano nell’apposito contenitore.

Quella sì che sarebbe stata una bella serata, si disse con un sorriso sulle labbra perfette.

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Kazuha si sedette sul bordo del letto in camera di Ran, accavallando le gambe, e la osservò armeggiare con lo stereo sulla scrivania, la testa inclinata da un lato in modo che la coda di capelli scuri ciondolasse da una parte con grazia.

Finalmente la ragazza di Tokyo infilò il nastro nell’apposito scomparto e cominciò a mandarlo indietro, sedendosi accanto alla sua amica, il telecomando dello stereo in mano.

“Ti confesso che un po’ sono emozionata. Sembra di essere in un film di spionaggio!” commentò Kazuha in tono leggero, per spezzare la tensione. Ran accennò a un sorriso, voltandosi verso di lei.

“Già. Yukiko ha detto che ascoltando questo nastro avrei capito tutto: perché Shinichi se n’è andato, perché ha spezzato la sua promessa…e che mi sarei potuta sentire meglio o peggio, sarebbe dipeso solo da me. Ha detto anche che è una cosa di cui lei, Yusaku e un’altra persona sono già a conoscenza. Ho motivo di credere che questa persona sia Hattori ed è per questo che ho voluto che fossi presente anche tu. Lui gli regge sempre il gioco e se a te nemmeno ha detto nulla significa che entrambi ci nascondono qualcosa. Non so a quanto potrà veramente servire questa cassetta, ma tentare non costa niente, te l’ho detto. Perciò, ascoltiamola e poi decideremo cosa pensare, okay?”

“Okay.”

Il nastro si bloccò, segno che ormai era già andato completamente indietro. Ran posò il dito sul tasto play, senza schiacciarlo, e guardò negli occhi l’amica, seria. Kazuha annuì solenne.

“Okay…” ripeté a bassa voce Ran, e avviò la registrazione.

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Note dell’Autrice: okay (basta con questa parola!! ndTutti), ecco un capitolo dal ritmo veloce. Rivedendolo tutto dopo averlo scritto ho notato che è un insieme di frammenti, più che un blocco vero e proprio, però mi piace abbastanza e poi sarebbe stupido cercare di allungare la brodaglia senza che sia necessario solo per vedere sotto-capitoli più lunghi, non siete d’accordo? Quindi lasciamo correre. Comunque, estetica a parte, come vi è sembrato? So che non siamo ancora giunti all’azione con la “a” maiuscola, ma direi che è lo stesso piuttosto corposo come avvenimenti. Si sono scoperte un sacco di cose, ma si sono aggiunti altri punti in questione. Sì, tutto sommato sono abbastanza soddisfatta di come è venuto fuori (non completamente, lo ammetto, ci sono dei punti che non so perché non mi funzionano come vorrei, ma d’altronde, si fa quel che si può) e spero tanto che anche a voi che lo leggete sia piaciuto. Fatemelo sapere, eh! Altre note alla fine, come al solito, nel frattempo passo a ringraziare tutti coloro che hanno commentato lo scorso capitolo. Ho già detto che vi ADORO?

Sabry1611: ciao! Beh, tu come sempre mi fai arrossire con tutti i tuoi complimenti; quando finisco di leggere il tuo commento mi tocca sempre scendere dal piedistallo e tornare con i piedi per terra!! #^^# Grazie mille, sei carinissima! Spero di non averti fatto aspettare troppo questo capitolo, ho scritto più veloce che potevo, giuro! Finalmente si è scoperto cosa aveva in testa Conan, hai visto? E anche che deve fare Ran…non per niente il chap si intitola “Rivelazioni”! Ai…vedremo che cosa ha in mente! Comunque spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, fammi sapere, eh? Un bacio grandissimo, alla prossima.

Yuki: anche a me dello scorso chap piaceva quella scena…^^beh, molte cose si sono chiarite, peccato che non si possa ancora dire lo stesso per i dissapori fra i due protagonisti…ma diamo tempo al tempo, in futuro, chissà…

Terabyte: ciao Tera-chan! Io sono super-felice di risentirti, se è per questo. ^__^ Stavolta non sono stata altrettanto veloce come con il cap.19, mi spiace per l’attesa, ma ho fatto del mio meglio! Mi fa molto piacere che non hai avuto da ridire sul dialogo fra Heiji e Shinichi, spero che in futuro riuscirò a trattare le situazioni che riguardano loro due altrettanto efficacemente. Mentre scrivo ho sempre un po’ paura di far uscir fuori dal personaggio i protagonisti, sai? Grazie tanto tanto dei complimenti, Tera-chan, sei gentilissima, #^^# spero che le rivelazioni siano state all’altezza delle tue aspettative e anche di sentirti di nuovo durante i prossimi capitoli. Oh, ti ringrazio tantissimo anche per aver commentato l’altra mia ff, A Very Important Gift, sono felice che ti sia piaciuta. Un bacione, a presto!

Akemichan: salve! Eh già, è proprio vero che verrà fuori un bel casino…io stessa ho quasi paura a mettermi a scrivere ogni volta, se penso a tutto quello che devo far succedere tenendo conto dell’intreccio, dei tempi ecc.!! Comunque, grazie mille del commento e delle lodi, spero che la storia continui a piacerti!^^

Hoshi: ciao! Beh, l’azione ancora non si vede, ma è imminente all’orizzonte, non preoccuparti! Riguardo ad Ai, credo proprio che li abbia 18 anni, anche non fidandosi di quello che dice lei si può dedurre dal fatto che la sorella ne aveva una ventina quando è stata uccisa. Comunque, come ti è sembrata Ai in questo chap? Fammi sapere!

Primechan: grazie!^^ Sei davvero gentile a dirmi queste cose, sono felice che la storia ti piaccia così tanto, ma non ci allarghiamo troppo: gli ingredienti ci saranno pure, però che li riesca ad utilizzare bene è tutto un altro discorso! ^^” Prevedo che non sarà facile, ho un bel po’ di casini in mente. Si è scoperto cosa ha detto Yukiko a Ran…ti è sembrata una cosa sufficientemente grande? Spero di aver aggiornato abbastanza presto; ci risentiamo, alla prossima! Un bacio.

Mareviola: ciao! Di nuovo grazie per il commento (ormai te l’ho detto così tante volte che non le conto più^^”), sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto e spero che la storia ti coinvolga sempre allo stesso modo. ^__^ Ho postato il prima possibile, te lo posso assicurare. Mi fa piacere che ti sei iscritta anche tu al sito, ho dato un’occhiata alla tua ff e ho lasciato un commento, come credo avrai visto. A presto!

Vichan: ciao carissima! Ho aggiornato presto, che ne pensi? Il fatto è che mi sta piacendo un sacco scrivere questa storia, perciò la stesura dei vari capitoli scorre abbastanza velocemente. Contentissima che hai apprezzato l’incontro di Heiji e Conan, io adoro quei due e il loro rapporto di amicizia, mi piace dedicargli particolare attenzione durante la ff, e vedrai che ci saranno di questi momenti anche in futuro (direi che rischiare la vita insieme è qualcosa che unisce due persone). Ma non preoccuparti, ci saranno anche larghi spazi dedicati a Heiji e Kazuha che, a quanto ho capito, è la tua coppia preferita del manga. Riguardo a quello che mi hai chiesto, in effetti mi sono accorta di essere stata un tantino troppo ellittica e ostica, ma tu ci hai azzeccato, in parte: Heiji nota sia il suo aspetto trasandato, sia…ehm, la biancheria che indossa. -///- Ora so che stai pensando che io sia del tutto folle, ma ti posso assicurare che in un volume del manga, il 35, Gosho stesso rivela questa strana capacità deduttiva del detective dell’Ovest (anche se relativa ai costumi, ma credo sia più o meno la stessa, cosa). Comunque, in questo cap. ho deciso di svelare ciò che Yukiko ha detto a Ran, cosa ti è sembrato? Oh, sono contenta che ti piacciano i capitoli distensivi, spero che sarai d’accordo anche sulla mia scelta di lasciare ancora un capitolo relativamente calmo. Un bacione, a presto!

Ichigo Shirogane: salve Ichi, come va? È da un po’ che non ci si sente; anch’io mi incasino un bel po’ in questa storia, tranquilla, è del tutto normale. We Believe dei Good Charlotte non la conosco, non mi pare sia uscita come singolo e non ho il CD di questo gruppo. Ma se mi capiterà di ascoltarla, deciderò se usarla per i miei loschi fini (he he he); d’accordo? ^ _ -

Ginny85: Ciao carissima, sono felice di risentirti. Ti dirò, scrivere i titoli dei capitoli in inglese è un’idea che mi è venuta per caso, mentre postavo su questo sito; non era assolutamente studiata! Comunque il mio preferito è White Angel & Black Devils, mi piace proprio un sacco (che bello farsi i complimenti da sola ^^”). Il rapporto di amicizia fra Heiji e Conan lo adoro, per questo gli sto dando largo spazio in questa storia: Heiji è proprio il prototipo di migliore amico che chiunque vorrebbe, a mio parere. Sono contenta che la scena fra i due ti sia piaciuta^^. Si sono scoperte un bel po’ di cose in questo chap, ma credo che Ai ti preoccuperà molto di più adesso che è apparsa…dico bene? Tuttavia, non credo che spezzarle il cuore sarebbe una cosa molto carina nei suoi confronti, dopo tutte quello che ha passato…già è fredda come un ghiacciolo, se le togli anche la minima illusione che Conan possa accorgersi di lei…addio! Va bene che in realtà non so cosa possa succedere esattamente in questa fanfic, molte cose non seguono il piano iniziale e altre prendono vita lì per lì mentre scrivo, quindi potrei parlarti così e poi fare di peggio…o magari no…chissà! Non lo so davvero (Che professionista, eh? Dante Alighieri impallidirebbe di fronte a me (!!)). Eh sì, Ran è proprio adorabile in quell’immagine, tanto che l’ho messa come sfondo nel desktop; semplicemente meravigliosa! Un bacio e a presto.

Lili: salve!^.^ È sempre bello ritrovarti, grazie di aver commentato anche stavolta. Sai, mi fa piacere che la storia ti piaccia, ma aspetta a dire che con questo genere me la cavo: l’azione deve ancora venire e lì si vedrà veramente di che cosa sono capace! Anche perché c’è tutto un intreccio di fondo che mi fa quasi paura quando me lo immagino e penso che dovrò scriverlo. I “nostri belli” (he he he) non hanno fatto molto in questo capitolo, ma vedrai che si daranno presto da fare, come le ragazze del resto. Un bacione, spero di risentirti presto.

APTX4869: ciao! A deciderlo l’ho deciso, il problema è che non riesco proprio a cominciare. Penso sempre: il prossimo capitolo farò succedere questo e quest’altro, ma poi mi metto a scrivere e tutti i piani vanno in fumo. Non perdere la speranza però, ormai è questione di pochissimo e inizierà l’azione vera e propria, promesso. In quell’immagine Ran è proprio stupenda, non c’è che dire, sono contenta che l’abbia anche tu e sì, c’è anche un micetto. Beh, penso che Shinichi avrebbe fatto una faticaccia a trattenersi dal saltarle addosso, senza contare il tempo che avrebbe impiegato a far rientrare gli occhi nelle orbite! E poi, naturalmente, una doccia gelata per rientrare in possesso delle sue facoltà mentali. ^__^ A parte gli scherzi, finalmente si è scoperta la faccenda con Yukiko; contenta? Ora si vedrà cosa combineranno gli altri personaggi…baci, al prossimo capitolo.

Ersilia: ciao nuova lettrice!^^ Inizio col ringraziarti moltissimo di aver commentato la mia storia, sono contenta che ti piaccia; mi hai fatta arrossire con tutti i tuoi complimenti, sai? Sei gentilissima!#^^# Spero di non deluderti con i prossimi capitoli. Non preoccuparti, Heiji e Kazuha saranno molto presenti da adesso in poi, e vedrai che avranno occasione di “esplorare” quello che è il loro rapporto (ma non ti dico di più; non vorrei farmi spoiler da sola!^^”). Nonostante la coppia principale della storia sia quella formata da Shinichi e Ran, anche i ragazzi di Osaka avranno il loro spazio.^^ Beh, spero di aver aggiornato abbastanza presto, e di risentirti in futuro. Ciao!

Hilary: salve. Hai ragione, non si trovano molte ff italiane dedicate a Conan ed Ai, e capisco che i/le fans della biondina ne risentano parecchio. Comunque, in italiano: so che Elly è a favore di questa coppia, quindi dovresti cercare qualche sua fanfic, e poi ne ho vista qualcuna anche su un sito che ho appena conosciuto e che mi è stato segnalato da Vichan, Forumcommunity.net. Se ti interessano in inglese invece la musica cambia: su ff.net ne puoi trovarne almeno un centinaio su loro due. Per quanto riguarda la mia storia, ti prometto che ci saranno momenti carini fra Ai e Conan, anche se non in chiave romantica…o quasi (guarda il capitolo 15 che hai citato: lì ho sforato un po’^ _ ~ ), sebbene questa sia una Shinichi/Ran. Spero di esserti stata utile, ad ogni modo. Oh, grazie per la recensione!

Bene, penso che sia tutto. i riferimenti al manga sono i soliti volumi 26 e 28, e stavolta anche il 35: la prima e l’unica (credo) apparizione di Sharon Vineyard sulle pagine di Detective Conan; da lì si evince che Sharon e Yukiko sono molto amiche. Ora, una notizia spiacevole: non so quando potrò aggiornare il prossimo capitolo, ho un nuovo corso pomeridiano di francese per un esame che dovrò sostenere a Maggio, la prossima settimana non starò mai a casa e inoltre giovedì parto per Siena con la scuola. Scusate quindi se ritarderò un po’ a postare il capitolo 21, farò comunque sempre del mio meglio per accorciare i tempi, promesso. Intanto voi potreste aiutarmi lasciando un commentino? Ve ne sarei davvero riconoscente, mi fa piacere sentire i vostri pareri sulla storia.

Al prossimo capitolo (spero non tanto tardi)

-Melany

  
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