Iniziarono a combattere;
i loro nemici erano fin troppi, gli Uruk
sembravano aumentare sempre di più nonostante il loro sangue
scuro scorresse a fiumi sul terreno secco e spoglio. I soldati
combatterono valorosamente come se non ci fosse un domani, e molti
caddero come foglie al vento. Aragorn sentì le braccia
stanche
per il troppo colpire; la spada divenuta troppo pesante perfino per
lui, le vesti lacerate, il respiro affannato, i capelli umidi ed
appiccicosi per il sudore.
I mostri da uccidere erano davvero troppi,
ma si diede forza. Guidato dalla follia continuò a
combattere;
il sangue del nemico schizzò sul suo viso, molte di quelle
creature immonde caddero sotto i suoi colpi ben assestati. Da molto
tempo non vedeva i suoi compagni; nè Glorfindel
nè Gandalf, nemmeno i due hobbit e Gimli. Si sentiva solo, a
combattere
contro una marea di orchi. Aveva perso di vista Legolas, e iniziava a
preoccuparsi. Si fece strada tra i corpi ammassati pur di trovarlo,
sperando con tutto il cuore di non trovarlo morto. Improvvisamente,
udì alle proprie spalle un urlo, una voce a lui molto
familiare.
Prima che potesse completare il pensiero, Legolas
si lanciò
verso di lui, sguainando la spada. Aragorn parò il colpo ad
un
soffio dal torace, poi un altro, ed un altro ancora. Fu costretto ad
indietreggiare sotto gli attacchi furibondi dell'elfo, i suoi colpi si
susseguivano inarrestabili senza lasciare ad Aragorn il tempo di
colpire a sua volta. Ma questo era l'ultimo dei suoi pensieri. Non gli
avrebbe fatto del male, mai. Doveva solo resistere, fino a quando
l'Anello non sarebbe stato distrutto, e tutto sarebbe tornato alla
normalità.
''Hai
ucciso tanti nemici lungo la tua strada, adesso fai lo stesso con
me!!'' ansimò l'elfo con voce roca. Aragorn
barcollò e
Legolas ne approfittò per sferrare una stoccata diretta alla
sua
gola. Il ramingo gettò il busto all'indietro, la lama
sferzò l'aria a pochi centimetri sopra il suo petto. ''Se
non ti
fermerai, Mellon, mi costringerai a farlo!'' gridò.
Scattò in avanti,
menando a due mani un fendente dall'alto verso la sua testa. Scorse i
suoi occhi scuri lampeggiare mentre parava, la spada di traverso a
pochi centimetri dal suo viso. Legolas abbassò di colpo la
lama,
mirando al suo fianco. Aragorn parò. Rovesciò la
spada
dell'altro, le due lame cozzarono di nuovo, scintillando.
''Perché non comprendi?! Il Principe che conoscevi, non
esiste
più.'' sibilò l'elfo. Aragorn riuscì a
schivare un
affondo. Le spade si incrociarono a mezz'aria e lì rimasero,
sospese in un gioco di forze. ''Legolas, questa è una
pazzia. Fermati prima che sia troppo tardi!''
gridò ancora Aragorn. ''No, Aragorn, non lo è!!''
gli
sputò l'elfo. ''Andare in guerra con un esercito che non
supera
nemmeno la metà del mio; questa si, che è
pazzia!''
Improvvisamente dal cielo gli otto Nazgùl superstiti
piombarono
su di loro.
Gli uomini si fecero prendere dalla paura e dallo sgomento.
Le formazioni si dispersero, e altri persero la vita. Legolas
rise, mentre il ramingo osservò impotente i Nazgul volare
nel
cielo, e avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non udire le
loro grida. ''Ti sei imbattuto nella tua condanna a morte!'' ridacchio
l'elfo, e ricominciò con i suoi attacchi incalzanti,
richiamandolo allo scontro. Aragorn fece un mezzo giro su sè
stesso, schivando l'ennesimo attacco, e con la propria lama
riuscì a colpire il braccio di Legolas. Questi si
tirò
indietro soffocando un ruggito di dolore, e dal taglio della manica
sbocciò una linea rossa.
Re e Principe si guardarono per pochi attimi, e quest'ultimo
sentì la furia che aumentava sempre di più, come
una
belva ferita. ''Muori!!'' egli gridò, scagliandosi verso di
lui.
Aragorn arretrò, sentì il calore diffondersi sul
suo
viso, scorrendo nelle sue vene. Egli però riuscì
a
disarmare l'elfo, la spada cadde lontano, e allora Legolas
sfoderò entrambi i pugnali. Aragorn sbattè gli
occhi,
e riuscì appena in tempo a evitare di essere trafitto.
Brandì la sua lama alla cieca, cercando di parare i colpi
dell'elfo. I suoi movimenti rallentarono, e tutt'intorno si fece
indistinto. Lo sentì gridare, ''Quando avrò
finito con
te, riserverò lo
stesso trattamento anche alla tua splendida elfa!'' e poi Aragorn fu
ferito. Gridò di dolore mentre i fiotti di
sangue fuoriuscivano dall'arteria recisa, e si portò una
mano
sulla ferita alla coscia.
Legolas poi lo colpì
facendogli perdere l'equilibrio, e Anduril cadde sotto i suoi piedi,
lontano dal suo padrone. Aragorn sbattè la testa contro la
dura
pietra, e quando sollevò le palpebre vide la propria spada
scintillare debolmente a terra, ai piedi di Legolas.
Egli lo inchiodò al suolo, artigliandogli il petto con le
cosce. Aragorn alzò gli occhi ad incrociare quelli
del Principe, e sentì una lama d'acciaio sulla sua gola,
lucida
di sudore dove il pomo d'Adamo si muoveva rapidamente. Comprese che
ormai era sconfitto. Sconfitto equivaleva a... morto.
Il Principe avvicinò il proprio volto a pochi centimetri
dalla
sua faccia. ''Come potevi sperare tu, sporco umano, di
battermi?''
sibilò, e il suo respiro si confuse con quello dell'altro.
''Cosa credevi? Avanti, dimmelo! Credevi che fossimo amici?
Io ti odio!''
Aragorn deglutì, senza
distogliere gli occhi da quelli dell'altro. Aveva da sempre immaginato
com'era morire, nelle sue fantasie, ma non pensava che l'avrebbe
scoperto in quel momento.
''Lo ammetto, è stato divertente,
estremamente
divertente. Ma ora basta. Ho vinto io, Aragorn.'' Vide Legolas
sorridere mentre alzava il secondo pugnale. Aragorn attese,
impietrito, quel colpo fatale. E le lacrime iniziarono a
rigargli
lentamente le guance, prima che se ne rendesse conto. ''Mi dispiace
Legolas...'' sussurrò, tristemente. L'altro
continuò a
tenere in alto il pugnale. ''Non sono riuscito a salvarti...''
continuò a parlare l'uomo. ''Perdonami...'' chiuse gli
occhi, e si preparò al peggio.
Legolas sembrò vacillare per un momento, e la sua
espressione,
da arrabbiata, passò a confusa. Il sorriso crudele
svanì e i suoi
occhi brillarono di una strana luce.
Aragorn sollevò piano le palpebre, chiedendosi
perché
quel colpo non fosse ancora arrivato, e lo guardò in viso.
Trattenne il fiato; che cos'era quell'improvviso cambiamento?
Perché si era fermato? Che cosa gli stava mostrando
l'Anello? Lo guardò, c'era qualcosa che non andava in
Legolas;
tremava. Gli fremevano le mani e sembrò lottare in tutti
modi
contro se stesso per non colpirlo con quella affilata lama.
Il futuro Re continuò a guardarlo in viso, e... e lo rivide;
Legolas,
il suo amico, era lì. ''Legolas?'' disse appena in un
sussurro. La speranza in Aragorn
sembrò ritornare; forse Elrond si era sbagliato, forse le
visioni che aveva visto nel Palantir non erano vere! Il male non aveva
prevalso del tutto su Legolas, c'era ancora del buono in lui!
''Legolas! Sono io, il tuo amico, il tuo Estel.'' disse dolce, ma
deciso. E qualcosa scattò in Legolas; con un ringhio di
rabbia
premette ancor di più la lama sul suo collo. ''Sta zitto.
Sta
zitto!'' gridò, assumendo la
stessa espressione crudele di prima. Aragorn lo guardò
affranto.
Capì che l'avrebbe fatto. Un colpo solo, al cuore, non gli
bastava altro.
Con una buona dose di coraggio alzò la mano verso di lui,
per
portargli una ciocca dei suoi sottili capelli dietro l'orecchio, per
poi
sentire la sua pelle fredda contro il palmo, carezzandogli una guancia.
Il tocco di quella mano calda era quasi impercettibile, ma fu come un
pugno allo stomaco per Legolas. Come poteva Aragorn rimanere
così sereno quando lo stava per uccidere?
''Io sono qui, Legolas.'' sussurrò l'uomo. L'elfo
vacillò, facendo cadere il pugnale a terra il cui rumore fu
attutito dal terreno. No, non poteva ucciderlo, non ci riusciva.
Lentamente, quasi tremante, si allontanò alzandosi dal suo
corpo. Per tutto quel tempo non distolse lo
sguardo dall'uomo. Egli sospirò appena sentì la
lama
allontanarsi dal suo collo, e subito si mise seduto incrociando gli
occhi colmi di paura dell'elfo.
Poi dal cielo, come un segno divino, arrivò il Re dei Venti,
Gwaihir, che si lanciò contro uno dei
Nazgul, seguito da altre decine di aquile. E la torre di
Barad-Dur iniziò a crollare lentamente su se stessa.
L'esercito
di Mordor si fermò, e i Nazgul volarono rapidi verso il
Monte
Fato. Gli orchi si
diedero alla fuga, ma Legolas rimase immobile, mentre alle sue spalle
la Torre crollò
come un castello di carte.
Tutti compresero che l'Anello
era stato distrutto, e che Frodo aveva portato a termine il suo
incarico.
Legolas portò gli occhi all'indietro e cadde a terra, privo
di
forze, come una marionetta a cui gli sono stati tagliati i fili che la
tenevano in piedi. Aragorn ignorò completamente il dolore
alla
gamba, e subito si lanciò verso di lui mentre i cancelli
crollavano sotto gli sguardi degli uomini che si fermarono, oramai
avendo compreso che la battaglia era terminata. E la Terra smise di
tremare.
''Legolas!'' l'uomo lo prese tra le proprie braccia sollevandolo da
terra, e lo scosse tentando di svegliarlo. Ma non successe nulla. Il
panico si impadronì di Aragorn, il cui viso era deformato
dalla
tetra paura. ''Legolas... Legolas! Andiamo! Svegliati!!''
gridò
continuando a scuoterlo, iniziando a dare dei piccoli schiaffi sulla
sua guancia. Ma non diede ancora segni di vita. ''No... no,
ti prego...'' implorò Aragorn scuotendo il capo. Gli mise
una
mano sulla schiena sollevandogli il busto e poi poggiò un
orecchio sul suo petto, in direzione del cuore. Rimase
immobile per qualche istante, silenzioso. Non percepì nulla.
Il suo cuore era fermo.
Tetramente fermo.
Dagli occhi chiari del futuro Re sgorgarono lacrime, e pianse in
silenzio come non aveva mai fatto prima di allora affondando il viso
sul petto dell'elfo. Gli uomini che lo
circondavano osservarono la scena, muti. Alcuni di loro, come Gandalf,
Glorfindel, Gimli e i due hobbit, che avevano imparato a non odiare il
Principe, chinarono il capo. Tutti gli altri li imitarono, come una
catena, e si susseguì un momento carico di sofferenza.
E Aragorn rimase così, immobile, a singhiozzare contro il
petto
dell'amico, bagnandogli la tunica nera con le sue lacrime.
Improvvisamente, a interrompere il suo pianto disperato, fu uno strano
rumore che arrivò alle sue orecchie. Un rumore
così
sottile, eppure riuscì a percepirlo.
Tum...
Che cosa poteva essere quel rumore?
Tum tum...
Altri due. Più rumorosi. Poi altri due.
E altri due ancora. Sempre più forti.
Quel suono era familiare, Aragorn lo aveva già sentito.
Sembrava
un... cuore. Ed un cuore che pulsa è un
cuore... vivo. L'uomo, con gli occhi colmi di meraviglia,
alzò
lo sguardo verso il viso di Legolas. Speranzoso, poggiò
nuovamente l'orecchio sul suo petto. Il rumore veniva da lì,
era
il cuore di Legolas. Stava battendo!
Il corpo dell'elfo si mosse appena appena, accompagnato da un lieve
sospiro. Il futuro Re alzò ancora il capo, vide le sue
palpebre
aprirsi lentamente rivelando il loro vero colore naturale; un azzurro
intenso paragonabile al cielo di una giornata di primavera.
''Legolas...!'' sussurrò Aragorn, un po' titubante... ma
felice.
L'elfo ci mise qualche istante a ritrovare la voce. ''Ti ha fatto del
male...?'' chiese in un sussurro appena percettibile, mentre alzava una
mano verso il suo viso. L'uomo scosse il capo. ''No, sto bene. Tu... tu
stai bene?'' chiese. Vide i suoi occhi diventare lucidi. ''A chi
importa oramai...?'' disse quasi tristemente, mentre una lacrima gli
rigò lentamente la guancia pallida. Aragorn gli strinse la
mano,
ricominciando a singhiozzare. ''A
me
importa.'' riuscì a dire, con le labbra che gli tremavano.
Legolas scoppiò letteralmente in lacrime e Aragorn lo
strinse
subito tra le braccia, accarezzandogli la schiena
con una mano mentre l'altra la passava tra i suoi lunghi capelli ormai
divenuti bianchi. L'elfo affondò il viso nella sua spalla,
bagnandola con le sue lacrime, aggrappandosi a lui disperatamente. Non
voleva incrociare il suo sguardo,
non voleva farsi odiare ancora... non da lui. ''Ti prego, non mi
odiare... non anche tu...'' singhiozzò, con la voce
soffocata
dalla spalla. ''Oh, Legolas,'' gli sussurrò Aragorn
dolcemente.
E sorrise, tra le lacrime, anche se Legolas non lo vide. ''Io non ti
potrei mai odiare, fratello mio.'' disse.
''Ma... Estel,'' lo chiamò Legolas, ''ho fatto tante cose
orribili...''
sussurrò, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi.
Il suo sguardo sembrò rassicurarlo. ''Non è stata
colpa
tua, Mellon.'' disse l'altro asciugandogli le guance.
''E' finita adesso. Non devi più temerlo.''
''Vuoi dire... che Lui... non c'è più?'' chiese
Legolas con la stessa innocenza di un fanciullo. Aragorn rise, di
gioia. ''Esatto. E' tutto finito.''
''...Allora hai vinto, Aragorn-''
''
Abbiamo
vinto.'' lo corresse
subito l'altro stringendolo di nuovo a se. Gli diede un dolce bacio
sulla fronte, e rimasero ancora abbracciati, uniti come non lo erano
stati da
molto tempo.
Gli uomini erano rimasti a osservare l'intera scena; molti
meravigliati, altri con un caldo sorriso sulle labbra, e altri
iniziarono a gridare al cielo, gioiosi, annunciando la loro
vittoria. Pipino e Merry, tra le lacrime, alzarono le spade al cielo
gridando; ''Lunga vita al Re!'' e così fecero Gimli,
Gandalf, e
tutta la schiera di uomini si ritrovò a gridare quella
frase.
Glorfindel, sguainando la propria lama, la sollevò e con
voce
possente, gridò;
''
Lunga vita al Re... e
al Principe!''
(...)
Dopo aver salvato Sam e Frodo dall'inferno di Mordor grazie
all'intervento delle Aquile, l'esercito tornò a Minas
Tirith. I
feriti vennero portati alle Case di Guarigione, così anche i
due
hobbit che vennero curati amorevolmente nei giorni a seguire. E anche
Legolas si trovava lì; con la distruzione dell'Anello erano
sparite anche gran parte delle sue energie, e Aragorn voleva che si
riposasse e recuperasse le forze. Sul calar della sera Glorfindel gli
fece visita -si era preso la responsabilità di prendersi
cura di
lui- con in mano il solito vassoio contenente il cibo. Solo che, in
quei giorni, Legolas non toccò cibo se
non solamente l'acqua, e il Vanya lo riportava indietro così
come lo aveva lasciato.
Aprì piano la porta della sua camera, e lo trovò
seduto a
gambe incrociate al centro di materasso. Si era avvolto nella coperta,
e osservava il cielo stellato dalla finestra. Gli dava le spalle.
''Ehi,'' fece Glorfindel chiudendo la porta. Legolas non
si mosse. Il Vanya si avvicinò sedendosi accanto a lui.
''Come
stai oggi?'' chiese, cercando il suo sguardo. Il Principe
chinò
il capo. ''Meglio.'' fu la sua risposta. Il Vanya annuì. ''E
il
sonno?'' chiese poi. ''...Ah, meglio.'' rispose Legolas, un po'
titubante. Glorfindel
annuì, e gli porse il vassoio. Solo in quel momento Legolas
si
voltò verso di lui. Guardò prima il suo viso, poi
il
cibo. ''...Non mi va.'' disse, distogliendogli subito lo sguardo.
''Legolas,'' tentò il Vanya. ''So che noi elfi non abbiamo
bisogno di mangiare come gli Uomini ma, almeno tu, ne hai bisogno.''
disse. Lo vide sospirare. ''Fallo per me,'' parlò ancora
Glorfindel. ''Sai com'è, non vorrei che Aragorn mi prendesse
a
schiaffi sapendo che non riesco a farti mangiare nemmeno oggi. E'
capace di spezzarmi in due.'' concluse guardando il cielo insieme al
Principe. E lui rise, una piccola risata, ma era pur sempre una risata.
Buon segno! Non sorrideva da quando erano tornati a Minas Tirith.
''Quindi... non te ne andrai? E resterai qui fin quando non
avrò
svuotato l'intero vassoio.'' chiese il Principe giocherellando con i
lembi del lenzuolo. ''Esatto.'' fu la risposta del Vanya, e dopo che
Legolas si mise con la schiena poggiata allo schienale del letto, gli
mise il vassoio sulle ginocchia. Il Principe iniziò a
mangiare,
prima lentamente, poi velocemente, sentendo la fame crescere
improvvisamente. E il Vanya lo osservò, quasi divertito.
Sorrise
soddisfatto quando vide che aveva svuotato tutto il vassoio.
Legolas si pulì la bocca con la manica della tunica, appena
finì di mangiare. ''Grazie.'' disse poi al Vanya, posando il
vassoio sul comodino di lato. Glorfindel sorrise, e i suoi
occhi caddero sui suoi capelli. ''Posso pulirteli?''
chiese sfiorandoli con le dita. Appena ebbe un cenno dal Principe si
alzò andando nella stanza da bagno, collegata a quella, e
prese
una brocca d'argento riempiendola con acqua calda, e un pezzo di stoffa
pulito. Poi si sedette accanto a Legolas e, dopo aver bagnato la
stoffa, prese a pulirgli i capelli. Nessuno dei due parlò, e
un
silenzio quasi imbarazzante riempì la stanza.
''Sai, anche se non torneranno più come prima,'' fece
Glorfindel
pulendo l'ennesima ciocca, bianca come la neve. ''Ti donano.''
concluse. ''Mmh,'' fece Legolas, e non dissero nient'altro e Glorfindel
finì di pulirgli i capelli. Li intrecciò poi alla
maniera
elfica, e si alzò dal letto posando la brocca e il pezzo di
stoffa.
''Se vuoi,'' fece asciugandosi le mani passandole sui propri vestiti.
''posso farti compagnia per questa notte.'' chiese poi, voltandosi
verso di lui. Aveva già capito che Legolas non stava per
niente
bene, come egli voleva far credere. Si era chiuso in se stesso, come un
riccio, e adesso che lo guardava non aveva un bell'aspetto; il volto
sembrava affaticato, e le mani gli tremavano visibilmente.
Intuì
che la causa del suo malessere erano gli incubi che egli faceva di
notte. Legolas glie ne aveva parlato, qualche giorno fa, ma non era
entrato nei dettagli affermando che erano solo incubi, e alla fine
riusciva a riposare nuovamente. Glorfindel non gli credette, ma non lo
fece notare.
Dovevano essere dei sogni davvero terribili se lo abbattevano in quel
modo, rifiutando perfino di mangiare, rimanendo sempre chiuso nella sua
camera. E si rifiutava di uscire nelle giornate quando il sole
splendeva sulla cittadella bianca. E non era normale, per un elfo,
stare lontano dall'aria aperta per tanti giorni.
Quando Legolas si voltò Glorfindel potè vedere
nei suoi
occhi azzurri una profonda stanchezza e un enorme sconforto. ''Grazie,
ma no, non ti disturbare.'' rispose cercando di mantenere un tono
calmo. L'altro sospirò, un po' sconsolato, ma non poteva
costringerlo. Gli sorrise, e si avviò verso la porta. ''Se
hai
bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi.'' disse prima di uscire dalla
stanza e raggiungere la propria, distante di pochi passi da quella del
Principe. Si chiuse la porta alle spalle, si tolse la tunica
sostituendola con una leggera veste per la notte. Siccome non aveva
voglia di riposare accese la candela che era poggiata accanto al letto,
si stese su quest'ultimo dopo aver preso un libro e iniziò a
leggere.
Dall'altra parte, Legolas era steso a letto, con lo sguardo rivolto
verso il soffitto, e rimase così per svariati minuti. Poi
chiuse
gli occhi e si addormentò.
E sognò; sogni confusi, impossibili da comprendere.
Sognò di essere davanti al Morannon, e vide i corpi privi di
vita -sia di uomini e orchi- stesi sul terreno intriso di sangue scuro.
Vide Aragorn in piedi, davanti a se, che lo guardava. E quella visione
si trasformò poi in una scena orripilante: adesso era steso
a
terra, immobile. I suoi occhi erano bianchi, vuoti come fogli senza
scritte, come i pozzi più desolati, il sangue colava
dappertutto, inzuppando i suoi vestiti, i suoi capelli, e il
suo
viso. E Legolas urlò, portandosi le mani al viso, e
sentì
qualcosa di viscido sulla sua pelle. Se le guardò, e le vide
macchiate di sangue...
Si svegliò all'improvviso, urlando e coperto di sudore
freddo,
incapace di controllare il tremito incontrollabile che gli aveva
pervaso le membra. Sentiva ancora la sensazione del viscido sangue
sopra di sè, vedeva ancora gli vuoti, morti, di Aragorn. Si
strinse nelle braccia, nascondendo il viso dietro le ginocchia piegate
verso il petto. Serrò forte le palpebre, ma non
riuscì a
scacciare i residui di quell'incubo che lo tormentava da più
di
una notte. La paura cominciò a prendere il sopravvento, il
cuore prese a
battere fortissimo, il respiro divenne quasi affannoso.
Tentò di
calmarsi, a concentrare la propria mente su qualsiasi pensiero che non
fosse quell'incubo, ma invano. Una folata di vento
oltrepassò la
tenda della finestra, sfiorando il corpo dell'elfo, e questo rabbrividì.
La sua mente cominciò ad immaginare viscide Ombre
raggiungerlo
lentamente nel letto, e sfiorarlo con dita scure, lunghe come artigli.
E sentì delle voci, sussurri incompressibili,
poiché
erano mormorati tutti all'unisono. Tra tutti però ne
riconobbe
uno, di colui che ha tormentato a lungo la sua mente. Lo
sentì
pronunciare il suo nome, lentamente, in modo insistente, opprimente. E
Legolas si sentì piccolo, debole, indifeso...
Poi quei mormorì cessarono, e udì invece il
rumore di
nocche che battevano sulla porta di legno. Lievi colpi, che
però
lo fecero trasalire.
''Legolas? Posso entrare?'' domandò Glorfindel a voce bassa.
Quando non sentì risposta dall'esterno, aprì le
dita
serrate a pugno e posò il palmo della mano al legno
istoriato
che lo divideva da quella stanza. ''Legolas? Ti ho sentito urlare, va
tutto bene?'' ancora niente. ''Legolas, di qualcosa!'' disse a voce
alta, ma controllata. Nessuna risposta.
Sospirò e, incurante delle buone maniere e sapendo che la
porta
non era chiusa a chiave, abbassò la maniglia e la
spalancò, sbattendosela poi alle spalle dopo averla
oltrepassata. E vide il Principe rannicchiato sul letto, le braccia
che avvolgevano le ginocchia, e il viso nascosto dietro quest'ultime.
''Legolas...'' sussurrò, quasi sconvolto.
Il Principe si strinse ancor di più nelle braccia tanto che
le
unghie affondarono nei vestiti. ''Vattene...'' disse tormentato, e
Glorfindel si sorprese da quella richiesta. Il Vanya però si
avvicinò, e Legolas sentì il materasso muoversi,
segno
che l'altro elfo si era seduto accanto a lui. Glorfindel gli
poggiò una mano sulla spalla, e lo chiamò ancora,
con
fare cauto. Improvvisamente il Principe si buttò addosso a
lui,
rannicchiandosi sul suo corpo, e Glorfindel portò la testa
di
lui dolcemente contro il suo petto, stringendolo poi a se cingendogli
le spalle con l'altro braccio. ''Glorfidel io... io... mi dispiace, mi
dispiace tanto...'' disse il Principe tra un singhiozzo e l'altro, e
iniziò a piangere così forte fino a
farsi
mancare il respiro.
''Ssh, va tutto bene,'' sussurrò il Vanya, tento di
calmarlo. ''Sei al sicuro, sei al sicuro.'' ripetè. Era
vero, era al sicuro tra le mura della Casa di Guarigione, ma non dai
suoi incubi e paure. Glorfindel passò una mano fra i suoi
capelli un'ultima volta. ''Tutto bene?'' chiese alzandogli il viso,
appena lo sentì calmarsi. Lo
vide annuire e allora si staccò leggermente da lui. Ci fu un
momento di silenzio tombale tra i due, tanto da riuscire a sentire il
respiro dell'altro. Legolas non sapeva che cosa dire, perché
ogni cosa gli sembrava fuori luogo e cominciò a guardare
l'interno della stanza.
''Legolas...'' mormorò sommessamente Glorfindel. ''Ma che
cosa
sogni da farti svegliare così? Perché non me ne
hai
parlato?'' chiese. Vide che aveva ancora gli occhi lucidi, in quel
momento sembrava davvero un bambino indifeso. Il Principe si
asciugò le guance con la manica della propria tunica,
''Faccio
lo stesso sogno da quando siamo tornati qui,'' riuscì a
dire.
''Sogno il Morannon... la battaglia si è appena conclusa...
Estel è davanti a me, e mi guarda...'' si fermò e
dovette
fare qualche sospiro prima di continuare; ''E poi... lo vedo morto...''
tremò leggermente. ''E quando mi sveglio...
lui... mi chiama, e
la sua voce... è così profonda... riempie tutta
la stanza, e la mia testa,''
Glorfindel ebbe un brivido su tutto il corpo. ''Oh Valar, sto
impazzendo!!'' esclamò Legolas portandosi le mani alla
tempia.
E allora Glorfindel lo abbracciò di nuovo, e rimasero
così fino a quando Legolas si calmò del tutto, e
i
brividi che scuotevano il suo corpo cessarono. ''So cosa stai provando,
anche se... la mia situazione era un po' diversa, da allora...'' fece
il Vanya, e il
Principe lo ascoltò;
''Gondolin era stata distrutta, e a me era stato concesso il ritorno da
parte dei Potenti... ma i giorni che ne seguirono furono orribili; i
miei sogni erano tormentati dai ricordi della battaglia; la mia mente
veniva assalita dalle immagini delle fiamme, ardenti, rosse e vivide,
stagliate contro un cielo nero come disegnate sulla superficie scura
della volta celeste dalla mano di un pittore. Le stesse fiamme che
avevano arso Gondolin fino a raderla al suolo, le stesse che avevano
danzato tra le case e sulle mura. Le stesse fiamme che avevano portato
via... il mio compagno di battaglia, ma anche di vita. Rivedevo lo
scintillio di Orcrist che fendeva l'aria cercando di colpire il nemico,
e il suo ultimo sguardo disperato prima di sprofondare nelle acque
della Fonte, annegando assieme alle fiamme. Rivedevo me precipitare
insieme al demone di fuoco in basso, giù, sulle affilate
rocce
del Passo delle Aquile. E l'immagine di Echtelion, sfregato e
sfigurato dalle ferite che aveva ricevuto al momento della sua morte,
tormentava il mio sonno... e non riuscivo a fare altro che chiudermi in
me stesso, e disperarmi...'' rise amaramente. ''Che crudele destino!
Entrambi caduti, ma solo a me è stato concesso il ritorno...
quando desideravo ardentemente restare accanto a lui.''
E quando Legolas alzò lo sguardo verso il suo viso, vide i
suoi
occhi fieri e valorosi velati di lacrime che non accennarono a
scendere, e stranamente sorrideva. ''Ma forse quel sogno mi imponeva di
fare una scelta,'' parlò ancora il Vanya. ''Continuare ad
annegare nel dolore e nei ricordi, oppure andare avanti e cercare di
lasciarmi tutto alle spalle.'' poi guardò il Principe.
''Forse
anche a te spetta fare una scelta.'' disse, e lo vide sospirare. ''Ma
è così... difficile.'' sussurrò.
''Ci sono cicatrici che porteremo con noi per tutta la vita, ma bisogna
avere la forza di andare avanti.'' disse il Vanya.
''Non sono sicuro se io ne ho abbastanza.'' disse Legolas.
''Io credo di si.'' ribattè l'altro e fece
per andarsene, ma la voce di Legolas lo fermò.
''Glorfindel,''
l'altro si voltò. ''Puoi restare...ancora un po'?'' chiese
con
la stessa innocenza di un fanciullo. Il Vanya sorrise e
tornò a
sedersi accanto a lui, e Legolas si stese completamente tirandosi
le coperte al petto. ''Non credo che riuscirei a riaddormentarmi.''
disse, un po' sconsolato. ''E se,'' iniziò Glorfindel,
esitante.
''provassi a cantare una canzone, per farti rilassare?''
Una ninna nanna? Pensò Legolas, aggrottando le sopracciglia.
Era un po' imbarazzante, ma
alla fine, spinto da un disperato bisogno di chiudere la mente da
qualsiasi pensiero, si convinse e annuì. Glorfindel allora
poggiò la
schiena contro la tastiera, distese le gambe, ed intonò una
dolce melodia, che pervase la stanza, ed ebbe un effetto benefico sulla
mente di Legolas. Riuscì lentamente a calmarsi e a smettere
di
pensare, e finalmente si addormentò, cadendo in un sonno
senza
incubi.
(...)
''Ma perché
ci mette tanto?'' continuò a sussurrare Glorfindel
agitandosi leggermente sul posto.
Finalmente il giorno dell'Incoronazione di Aragorn era venuto, e tutta
la città era pronta ad acclamare il loro nuovo Re.
Glorfindel si
trovava insieme ad un gruppo di elfi, compreso il Signore di
Gran
Burrone, all'interno del palazzo, venuti per assistere
all'incoronazione. Tutti erano pronti, tranne una persona. Infatti
l'unico a non essersi presentato era il Principe di Bosco Atro.
Glorfindel sospirò frustato, passandosi una mano sul viso.
Certo, mancava ancora un po' all'evento, ma si aspettava di vederlo al
più presto. Una voce dietro di lui lo fece voltare. Si
voltò; era Mithrandir, vestito di bianco candido. ''Sei
preoccupato per il Principe?'' chiese. L'altro annuì.
''Prima o
poi arriverà.'' disse. ''Non credo che vorrà
perdersi il
giorno più importante per Aragorn.''
Legolas Verdefoglia osservava la folla sottostante dalla finestra di
una piccola camera da letto. Sul letto c'erano una tunica argentata, e
una sottile corona di Mithirl poggiata su quest'ultima.
Avrebbe
dovuto essere lì, insieme agli altri elfi, ma qualcosa lo
teneva
bloccato lì. Aveva paura, paura di affrontare tutte quelle
persone; la stessa gente che, un tempo, aveva tentato di distruggere.
Perché nonostante tutto, molti provavano rancore, rabbia, e
disprezzo nei suoi confronti, ma non poteva biasimarli, non dopo quello
che aveva fatto, non dopo tutte le vittime che aveva causato. L'odio
era ancora rimasto.
Sospirò chiudendo gli occhi. No, non poteva andare
lì.
Non voleva farsi odiare ancora. Nessuno l'avrebbe difeso, e sarebbe
stato reputato il cattivo. Improvvisamente riaprì di colpo
gli
occhi. Ma che cosa stava facendo? Era il giorno dell'Incoronazione di
Estel, il più importante di tutta la sua lunga vita, e lui
se ne
stava lì, chiuso in quella stanza, nascosto da tutti,
scappando
dalle sue responsibilità. Non era mai scappato, non si era
mai
tirato indietro, perché l'avrebbe dovuto fare proprio ora,
in
quel giorno, dove la sua presenza era importante per Aragorn?
Si voltò osservando la sua veste argentata. Poi
guardò
nuovamente la folla. Deglutì; forse se ne sarebbe pentito,
ma
doveva tentare; doveva far capire a tutta quella gente che ora era
diverso, doveva avere il loro perdono. Si cambiò
immediatamente
d'abito, e si allacciò la tunica argentata lavorata con fini
tessuti del suo Popolo, e si guardò allo specchio. Il suo
sguardo si soffermò sui suoi capelli sciolti; erano
così
bianchi e lunghi, gli ricordavano troppo lui...
Scosse il capo. Basta, non doveva pensarci. Quello era il passato,
doveva guardare al futuro.
Su un tavolo vi erano poggiati il suo arco, e i pugnali custoditi
nei loro rispettivi foderi di pelle. Ne prese uno e tornò a
guardarsi allo specchio. Veloce lo estrasse gettando il fodero a
terra, il suo viso riflettè sull'acciaio della
lama, e i
suoi occhi brillarono di una luce che credeva ormai perduta. Guardando
il suo riflesso nello specchio avvicinò la lama ai propri
capelli, dopo averli raccolti tutti in una mano. Un gesto fluido,
veloce, e gran parte della sua chioma cadde dolcemente sul pavimento
lucido. Riuscì a legarseli con una sottile treccia dietro la
testa, e si portò la corona sul capo. Ispirò a
pieni
polmoni, e sorrise; era pronto.
Glorfindel sospirò sollevato appena udì il rumore
di
passi frettolosi. Si voltò, per chiedergli
perché ci
avesse messo così tanto tempo, ma gli morirono le
parole
in gola quando lo vide. Lo stesso accadde per gli altri elfi, che
rimasero a bocca aperta. ''Perdonate,'' fece Legolas chinando
leggermente il capo. Poi lo rialzò, e i capelli che non gli
arrivarono nemmeno alle spalle si mossero leggermente. ''Spero di non
essere in
ritardo.'' disse. Glorfindel sorrise. ''Non lo sei.''
ribattè.
Il Principe ricambiò il sorriso, e seguì
Glorfindel che
lo condusse verso il grande portone che dava sulla scalinata e sul
giardino del palazzo. Legolas avrebbe dovuto aspettare lì
dietro,
e uscire soltanto dopo l'incoronazione. ''Sei agitato?'' chiese
Glorfindel osservandolo. Aveva una postura dritta e fiera, e lo sguardo
intenso. ''Si.'' rispose sincero. ''Ma qualsiasi cosa succeda, la
affronterò.'' concluse.
''Come sto?'' chiese poi, lo sguardo fisso dinnanzi a se. Il Vanya
lanciò un'occhiata al servitore, accennando una risata.
''Come
un Principe.'' rispose. Sentirono le trombe degli Uomini suonare, e la
voce di Gandalf suggellare definitivamente l'incoronazione del nuovo Re
di Gondor. ''E'
ora.'' gli ricordò Glorfindel. ''Buona fortuna.'' gli disse,
prima di allontanarsi. Legolas sentì gli applausi, e la voce
chiara e decisa di Aragorn; ''Questo giorno non appartiene ad
un Uomo solo, ma a tutti. Insieme ricostruiamo questo mondo da poter
condividere nei giorni di pace.'' egli disse. E Legolas lo
sentì cantare,
'' Et Earello,
Endorenna
utùlien.
Sinome maruvan
ar Hildinyar,
tenn' Ambar-metta, ''
Poi le porte si aprirono e la luce del sole colpì i suoi
occhi
chiari. Li serrò per pochi istanti per poi riaprirli,
iniziò poi a scendere le scale e lentamente raggiunse
Aragorn.
Sentì chiaramente gli sguardi della gente addosso; alcuni lo
fissarono con gli occhi sgranati, molti con paura, altri con disprezzo,
e
cominciò a sentire mormorìì e i
commenti. Ma
cercò di rimanere il più calmo possibile, e si
fermò quando si ritrovò davanti la figura
maestosa e
regale di Aragorn, che lo guardava quasi stupito. Si
inchinò davanti a lui. ''Salute, Re Elessar.'' disse
semplicemente. Aragorn però gli fece cenno con la mano di
rialzarsi, Legolas obbedì e quando
incrociò il suo
sguardo lo vide sorridere. E sorrise anche lui. ''Da te voglio essere
chiamato semplicemente Aragorn, o Estel, amico mio.'' disse il Re di
Gondor poggiandogli una mano sulla spalla.
Legolas fece lo stesso, e poi improvvisamente si buttò tra
le
sue braccia, tra gli sguardi stupiti del popolo e di Aragorn stesso. Ma
quest'ultimo ricambiò immediatamente l'abbraccio, e su
alcuni volti della folla si formano dei sorrisi. Molti sembrarono
guardare l'elfo con meno disprezzo, e meno paura.
''Hannon le, Estel.'' sussurrò Legolas, continuando ad
abbracciarlo. E tutti, tutti quanti, sorrisero, e Legolas
capì che
erano sinceri. Non vi era oscurità nei loro sguardi.
Capì
che loro lo avevano accettato, e perdonato. Udì uno scroscio
di applausi, che man mano
diventarono sempre più forti.
''Perché ti sei tagliato i capelli?'' domandò
Aragorn nel momento in cui si staccò da lui.
Legolas sorrise a quella semplice domanda. Poi, con gli occhi lucidi,
rispose;
''Per non dimenticare
mai.''