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Autore: Little_GirlMoon005    10/01/2016    3 recensioni
[AU Dark!Legolas] [ In Revisione/piccole modifiche ]
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Guardalo, distruggilo.
Guardalo, corrompi il suo cuore,
E fallo impazzire.
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Quando il male fa breccia nel cuore di uno dei membri della Compagnia dell'Anello, alcune cose prendono una piega diversa.
Dite addio a Legolas Thranduilion, Principe di Bosco Atro, l'affascinante elfo nobile dall'animo senza macchia e senza paura.
Date il benvenuto alla sua nuova esistenza.
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Lasciatemi na' recensione, fateme sta' pietà
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aragorn, Gimli, Glorfindel, Legolas
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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under a dark spell (alternative ending)


Avevo detto che la storia era finita.
Be', si, effettivamente è così, ma come ho detto all'ultimo capitolo c'era anche un Good Ending, che ho deciso di postare per collegarlo alla storia.
Dato che questo capitolo è identico al capitolo finale, ho voluto cominciare dal momento in cui la battaglia ha inizio, giusto per non darvi noia.
L'inizio è uguale, ma verso la fine le cose tenderanno a prendere una piega diversa.

Buona lettura!

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XVI
Rise Above












(...)





Aragorn puntò i suoi occhi verso Legolas, che lo guardava con gli occhi brucianti di vendetta; un fuoco che nessuno sarebbe stato in grado di spegnere. Chinò la testa sospirando, promettendogli che l'avrebbe portato via da quell'inferno, che avrebbe fatto in modo di farlo tornare nel suo paradiso.
Per te, Legolas.

Legolas sguainò la spada, respirando a pieni polmoni. Sentì i suoi sensi prepararsi alla battaglia, stirandosi, vibrando, avviluppandosi strettamente al suo petto per poi esplodere tutt'intorno. ''Riempite l'aria col pianto degli Uomini e la terra col loro sangue.'' egli gridò levando in alto la spada, guidando la carica di orchi.

''Per Frodo!'' Aragorn si lanciò in avanti con un grido, guidando i suoi uomini contro la schiera nemica che si infranse contro la barriera di uomini.
E fu battaglia.



Iniziarono a combattere; i loro nemici erano fin troppi, gli Uruk sembravano aumentare sempre di più nonostante il loro sangue scuro scorresse a fiumi sul terreno secco e spoglio. I soldati combatterono valorosamente come se non ci fosse un domani, e molti caddero come foglie al vento. Aragorn sentì le braccia stanche per il troppo colpire; la spada divenuta troppo pesante perfino per lui, le vesti lacerate, il respiro affannato, i capelli umidi ed appiccicosi per il sudore.

I mostri da uccidere erano davvero troppi, ma si diede forza. Guidato dalla follia continuò a combattere; il sangue del nemico schizzò sul suo viso, molte di quelle creature immonde caddero sotto i suoi colpi ben assestati. Da molto tempo non vedeva i suoi compagni; nè Glorfindel nè Gandalf, nemmeno i due hobbit e Gimli. Si sentiva solo, a combattere contro una marea di orchi. Aveva perso di vista Legolas, e iniziava a preoccuparsi. Si fece strada tra i corpi ammassati pur di trovarlo, sperando con tutto il cuore di non trovarlo morto. Improvvisamente, udì alle proprie spalle un urlo, una voce a lui molto familiare.

Prima che potesse completare il pensiero, Legolas si lanciò verso di lui, sguainando la spada. Aragorn parò il colpo ad un soffio dal torace, poi un altro, ed un altro ancora. Fu costretto ad indietreggiare sotto gli attacchi furibondi dell'elfo, i suoi colpi si susseguivano inarrestabili senza lasciare ad Aragorn il tempo di colpire a sua volta. Ma questo era l'ultimo dei suoi pensieri. Non gli avrebbe fatto del male, mai. Doveva solo resistere, fino a quando l'Anello non sarebbe stato distrutto, e tutto sarebbe tornato alla normalità.

''Hai ucciso tanti nemici lungo la tua strada, adesso fai lo stesso con me!!'' ansimò l'elfo con voce roca. Aragorn barcollò e Legolas ne approfittò per sferrare una stoccata diretta alla sua gola. Il ramingo gettò il busto all'indietro, la lama sferzò l'aria a pochi centimetri sopra il suo petto. ''Se non ti fermerai, Mellon, mi costringerai a farlo!'' gridò. Scattò in avanti, menando a due mani un fendente dall'alto verso la sua testa. Scorse i suoi occhi scuri lampeggiare mentre parava, la spada di traverso a pochi centimetri dal suo viso. Legolas abbassò di colpo la lama, mirando al suo fianco. Aragorn parò. Rovesciò la spada dell'altro, le due lame cozzarono di nuovo, scintillando.

''Perché non comprendi?! Il Principe che conoscevi, non esiste più.'' sibilò l'elfo. Aragorn riuscì a schivare un affondo. Le spade si incrociarono a mezz'aria e lì rimasero, sospese in un gioco di forze. ''Legolas, questa è una pazzia. Fermati prima che sia troppo tardi!'' gridò ancora Aragorn. ''No, Aragorn, non lo è!!'' gli sputò l'elfo. ''Andare in guerra con un esercito che non supera nemmeno la metà del mio; questa si, che è pazzia!'' Improvvisamente dal cielo gli otto Nazgùl superstiti piombarono su di loro.

Gli uomini si fecero prendere dalla paura e dallo sgomento. Le formazioni si dispersero, e altri persero la vita. Legolas rise, mentre il ramingo osservò impotente i Nazgul volare nel cielo, e avrebbe tanto voluto tapparsi le orecchie per non udire le loro grida. ''Ti sei imbattuto nella tua condanna a morte!'' ridacchio l'elfo, e ricominciò con i suoi attacchi incalzanti, richiamandolo allo scontro. Aragorn fece un mezzo giro su sè stesso, schivando l'ennesimo attacco, e con la propria lama riuscì a colpire il braccio di Legolas. Questi si tirò indietro soffocando un ruggito di dolore, e dal taglio della manica sbocciò una linea rossa.

Re e Principe si guardarono per pochi attimi, e quest'ultimo sentì la furia che aumentava sempre di più, come una belva ferita. ''Muori!!'' egli gridò, scagliandosi verso di lui. Aragorn arretrò, sentì il calore diffondersi sul suo viso, scorrendo nelle sue vene. Egli però riuscì a disarmare l'elfo, la spada cadde lontano, e allora Legolas sfoderò entrambi i pugnali. Aragorn sbattè gli occhi, e riuscì appena in tempo a evitare di essere trafitto. Brandì la sua lama alla cieca, cercando di parare i colpi dell'elfo. I suoi movimenti rallentarono, e tutt'intorno si fece indistinto. Lo sentì gridare, ''Quando avrò finito con te, riserverò lo stesso trattamento anche alla tua splendida elfa!'' e poi Aragorn fu ferito. Gridò di dolore mentre i fiotti di sangue fuoriuscivano dall'arteria recisa, e si portò una mano sulla ferita alla coscia.

Legolas poi lo colpì facendogli perdere l'equilibrio, e Anduril cadde sotto i suoi piedi, lontano dal suo padrone. Aragorn sbattè la testa contro la dura pietra, e quando sollevò le palpebre vide la propria spada scintillare debolmente a terra, ai piedi di Legolas.

Egli lo inchiodò al suolo, artigliandogli il petto con le cosce. Aragorn alzò gli occhi ad incrociare quelli del Principe, e sentì una lama d'acciaio sulla sua gola, lucida di sudore dove il pomo d'Adamo si muoveva rapidamente. Comprese che ormai era sconfitto. Sconfitto equivaleva a... morto. Il Principe avvicinò il proprio volto a pochi centimetri dalla sua faccia. ''Come potevi sperare tu, sporco umano, di battermi?'' sibilò, e il suo respiro si confuse con quello dell'altro. ''Cosa credevi? Avanti, dimmelo! Credevi che fossimo amici? Io ti odio!'' Aragorn deglutì, senza distogliere gli occhi da quelli dell'altro. Aveva da sempre immaginato com'era morire, nelle sue fantasie, ma non pensava che l'avrebbe scoperto in quel momento.

''Lo ammetto, è stato divertente, estremamente divertente. Ma ora basta. Ho vinto io, Aragorn.'' Vide Legolas sorridere mentre alzava il secondo pugnale. Aragorn attese, impietrito, quel colpo fatale. E le lacrime iniziarono a rigargli lentamente le guance, prima che se ne rendesse conto. ''Mi dispiace Legolas...'' sussurrò, tristemente. L'altro continuò a tenere in alto il pugnale. ''Non sono riuscito a salvarti...'' continuò a parlare l'uomo. ''Perdonami...'' chiuse gli occhi, e si preparò al peggio.

Legolas sembrò vacillare per un momento, e la sua espressione, da arrabbiata, passò a confusa. Il sorriso crudele svanì e i suoi occhi brillarono di una strana luce.

Aragorn sollevò piano le palpebre, chiedendosi perché quel colpo non fosse ancora arrivato, e lo guardò in viso. Trattenne il fiato; che cos'era quell'improvviso cambiamento? Perché si era fermato? Che cosa gli stava mostrando l'Anello? Lo guardò, c'era qualcosa che non andava in Legolas; tremava. Gli fremevano le mani e sembrò lottare in tutti modi contro se stesso per non colpirlo con quella affilata lama.

Il futuro Re continuò a guardarlo in viso, e... e lo rivide; Legolas, il suo amico, era lì. ''Legolas?'' disse appena in un sussurro. La speranza in Aragorn sembrò ritornare; forse Elrond si era sbagliato, forse le visioni che aveva visto nel Palantir non erano vere! Il male non aveva prevalso del tutto su Legolas, c'era ancora del buono in lui!
''Legolas! Sono io, il tuo amico, il tuo Estel.'' disse dolce, ma deciso. E qualcosa scattò in Legolas; con un ringhio di rabbia premette ancor di più la lama sul suo collo. ''Sta zitto. Sta zitto!'' gridò, assumendo la stessa espressione crudele di prima. Aragorn lo guardò affranto. Capì che l'avrebbe fatto. Un colpo solo, al cuore, non gli bastava altro.

Con una buona dose di coraggio alzò la mano verso di lui, per portargli una ciocca dei suoi sottili capelli dietro l'orecchio, per poi sentire la sua pelle fredda contro il palmo, carezzandogli una guancia.

Il tocco di quella mano calda era quasi impercettibile, ma fu come un pugno allo stomaco per Legolas. Come poteva Aragorn rimanere così sereno quando lo stava per uccidere?

''Io sono qui, Legolas.'' sussurrò l'uomo. L'elfo vacillò, facendo cadere il pugnale a terra il cui rumore fu attutito dal terreno. No, non poteva ucciderlo, non ci riusciva. Lentamente, quasi tremante, si allontanò alzandosi dal suo corpo. Per tutto quel tempo non distolse lo sguardo dall'uomo. Egli sospirò appena sentì la lama allontanarsi dal suo collo, e subito si mise seduto incrociando gli occhi colmi di paura dell'elfo.

Poi dal cielo, come un segno divino, arrivò il Re dei Venti, Gwaihir, che si lanciò contro uno dei Nazgul, seguito da altre decine di aquile. E la torre di Barad-Dur iniziò a crollare lentamente su se stessa. L'esercito di Mordor si fermò, e i Nazgul volarono rapidi verso il Monte Fato. Gli orchi si diedero alla fuga, ma Legolas rimase immobile, mentre alle sue spalle la Torre crollò come un castello di carte.

Tutti compresero che l'Anello era stato distrutto, e che Frodo aveva portato a termine il suo incarico.

Legolas portò gli occhi all'indietro e cadde a terra, privo di forze, come una marionetta a cui gli sono stati tagliati i fili che la tenevano in piedi. Aragorn ignorò completamente il dolore alla gamba, e subito si lanciò verso di lui mentre i cancelli crollavano sotto gli sguardi degli uomini che si fermarono, oramai avendo compreso che la battaglia era terminata. E la Terra smise di tremare.

''Legolas!'' l'uomo lo prese tra le proprie braccia sollevandolo da terra, e lo scosse tentando di svegliarlo. Ma non successe nulla. Il panico si impadronì di Aragorn, il cui viso era deformato dalla tetra paura. ''Legolas... Legolas! Andiamo! Svegliati!!'' gridò continuando a scuoterlo, iniziando a dare dei piccoli schiaffi sulla sua guancia. Ma non diede ancora segni di vita. ''No... no, ti prego...'' implorò Aragorn scuotendo il capo. Gli mise una mano sulla schiena sollevandogli il busto e poi poggiò un orecchio sul suo petto, in direzione del cuore. Rimase immobile per qualche istante, silenzioso. Non percepì nulla. Il suo cuore era fermo. Tetramente fermo.

Dagli occhi chiari del futuro Re sgorgarono lacrime, e pianse in silenzio come non aveva mai fatto prima di allora affondando il viso sul petto dell'elfo. Gli uomini che lo circondavano osservarono la scena, muti. Alcuni di loro, come Gandalf, Glorfindel, Gimli e i due hobbit, che avevano imparato a non odiare il Principe, chinarono il capo. Tutti gli altri li imitarono, come una catena, e si susseguì un momento carico di sofferenza.

E Aragorn rimase così, immobile, a singhiozzare contro il petto dell'amico, bagnandogli la tunica nera con le sue lacrime. Improvvisamente, a interrompere il suo pianto disperato, fu uno strano rumore che arrivò alle sue orecchie. Un rumore così sottile, eppure riuscì a percepirlo.
Tum...
Che cosa poteva essere quel rumore?
Tum tum...
Altri due. Più rumorosi. Poi altri due.
E altri due ancora. Sempre più forti.

Quel suono era familiare, Aragorn lo aveva già sentito. Sembrava un... cuore. Ed un cuore che pulsa è un cuore... vivo. L'uomo, con gli occhi colmi di meraviglia, alzò lo sguardo verso il viso di Legolas. Speranzoso, poggiò nuovamente l'orecchio sul suo petto. Il rumore veniva da lì, era il cuore di Legolas. Stava battendo!
Il corpo dell'elfo si mosse appena appena, accompagnato da un lieve sospiro. Il futuro Re alzò ancora il capo, vide le sue palpebre aprirsi lentamente rivelando il loro vero colore naturale; un azzurro intenso paragonabile al cielo di una giornata di primavera.

''Legolas...!'' sussurrò Aragorn, un po' titubante... ma felice. L'elfo ci mise qualche istante a ritrovare la voce. ''Ti ha fatto del male...?'' chiese in un sussurro appena percettibile, mentre alzava una mano verso il suo viso. L'uomo scosse il capo. ''No, sto bene. Tu... tu stai bene?'' chiese. Vide i suoi occhi diventare lucidi. ''A chi importa oramai...?'' disse quasi tristemente, mentre una lacrima gli rigò lentamente la guancia pallida. Aragorn gli strinse la mano, ricominciando a singhiozzare. ''A me importa.'' riuscì a dire, con le labbra che gli tremavano.

Legolas scoppiò letteralmente in lacrime e Aragorn lo strinse subito tra le braccia, accarezzandogli la schiena con una mano mentre l'altra la passava tra i suoi lunghi capelli ormai divenuti bianchi. L'elfo affondò il viso nella sua spalla, bagnandola con le sue lacrime, aggrappandosi a lui disperatamente. Non voleva incrociare il suo sguardo, non voleva farsi odiare ancora... non da lui. ''Ti prego, non mi odiare... non anche tu...'' singhiozzò, con la voce soffocata dalla spalla. ''Oh, Legolas,'' gli sussurrò Aragorn dolcemente. E sorrise, tra le lacrime, anche se Legolas non lo vide. ''Io non ti potrei mai odiare, fratello mio.'' disse.
''Ma... Estel,'' lo chiamò Legolas, ''ho fatto tante cose orribili...'' sussurrò, trovando il coraggio di guardarlo negli occhi. Il suo sguardo sembrò rassicurarlo. ''Non è stata colpa tua, Mellon.'' disse l'altro asciugandogli le guance.

''E' finita adesso. Non devi più temerlo.''
''Vuoi dire... che Lui... non c'è più?'' chiese Legolas con la stessa innocenza di un fanciullo. Aragorn rise, di gioia. ''Esatto. E' tutto finito.''
''...Allora hai vinto, Aragorn-''
''Abbiamo vinto.'' lo corresse subito l'altro stringendolo di nuovo a se. Gli diede un dolce bacio sulla fronte, e rimasero ancora abbracciati, uniti come non lo erano stati da molto tempo.

Gli uomini erano rimasti a osservare l'intera scena; molti meravigliati, altri con un caldo sorriso sulle labbra, e altri iniziarono a gridare al cielo, gioiosi, annunciando la loro vittoria. Pipino e Merry, tra le lacrime, alzarono le spade al cielo gridando; ''Lunga vita al Re!'' e così fecero Gimli, Gandalf, e tutta la schiera di uomini si ritrovò a gridare quella frase. Glorfindel, sguainando la propria lama, la sollevò e con voce possente, gridò;

''Lunga vita al Re... e al Principe!''



(...)



Dopo aver salvato Sam e Frodo dall'inferno di Mordor grazie all'intervento delle Aquile, l'esercito tornò a Minas Tirith. I feriti vennero portati alle Case di Guarigione, così anche i due hobbit che vennero curati amorevolmente nei giorni a seguire. E anche Legolas si trovava lì; con la distruzione dell'Anello erano sparite anche gran parte delle sue energie, e Aragorn voleva che si riposasse e recuperasse le forze. Sul calar della sera Glorfindel gli fece visita -si era preso la responsabilità di prendersi cura di lui- con in mano il solito vassoio contenente il cibo. Solo che, in quei giorni, Legolas non toccò cibo se non solamente l'acqua, e il Vanya lo riportava indietro così come lo aveva lasciato.

Aprì piano la porta della sua camera, e lo trovò seduto a gambe incrociate al centro di materasso. Si era avvolto nella coperta, e osservava il cielo stellato dalla finestra. Gli dava le spalle. ''Ehi,'' fece Glorfindel chiudendo la porta. Legolas non si mosse. Il Vanya si avvicinò sedendosi accanto a lui. ''Come stai oggi?'' chiese, cercando il suo sguardo. Il Principe chinò il capo. ''Meglio.'' fu la sua risposta. Il Vanya annuì. ''E il sonno?'' chiese poi. ''...Ah, meglio.'' rispose Legolas, un po' titubante. Glorfindel annuì, e gli porse il vassoio. Solo in quel momento Legolas si voltò verso di lui. Guardò prima il suo viso, poi il cibo. ''...Non mi va.'' disse, distogliendogli subito lo sguardo.

''Legolas,'' tentò il Vanya. ''So che noi elfi non abbiamo bisogno di mangiare come gli Uomini ma, almeno tu, ne hai bisogno.'' disse. Lo vide sospirare. ''Fallo per me,'' parlò ancora Glorfindel. ''Sai com'è, non vorrei che Aragorn mi prendesse a schiaffi sapendo che non riesco a farti mangiare nemmeno oggi. E' capace di spezzarmi in due.'' concluse guardando il cielo insieme al Principe. E lui rise, una piccola risata, ma era pur sempre una risata. Buon segno! Non sorrideva da quando erano tornati a Minas Tirith.

''Quindi... non te ne andrai? E resterai qui fin quando non avrò svuotato l'intero vassoio.'' chiese il Principe giocherellando con i lembi del lenzuolo. ''Esatto.'' fu la risposta del Vanya, e dopo che Legolas si mise con la schiena poggiata allo schienale del letto, gli mise il vassoio sulle ginocchia. Il Principe iniziò a mangiare, prima lentamente, poi velocemente, sentendo la fame crescere improvvisamente. E il Vanya lo osservò, quasi divertito. Sorrise soddisfatto quando vide che aveva svuotato tutto il vassoio.

Legolas si pulì la bocca con la manica della tunica, appena finì di mangiare. ''Grazie.'' disse poi al Vanya, posando il vassoio sul comodino di lato. Glorfindel sorrise, e i suoi occhi caddero sui suoi capelli. ''Posso pulirteli?'' chiese sfiorandoli con le dita. Appena ebbe un cenno dal Principe si alzò andando nella stanza da bagno, collegata a quella, e prese una brocca d'argento riempiendola con acqua calda, e un pezzo di stoffa pulito. Poi si sedette accanto a Legolas e, dopo aver bagnato la stoffa, prese a pulirgli i capelli. Nessuno dei due parlò, e un silenzio quasi imbarazzante riempì la stanza.

''Sai, anche se non torneranno più come prima,'' fece Glorfindel pulendo l'ennesima ciocca, bianca come la neve. ''Ti donano.'' concluse. ''Mmh,'' fece Legolas, e non dissero nient'altro e Glorfindel finì di pulirgli i capelli. Li intrecciò poi alla maniera elfica, e si alzò dal letto posando la brocca e il pezzo di stoffa.
''Se vuoi,'' fece asciugandosi le mani passandole sui propri vestiti. ''posso farti compagnia per questa notte.'' chiese poi, voltandosi verso di lui. Aveva già capito che Legolas non stava per niente bene, come egli voleva far credere. Si era chiuso in se stesso, come un riccio, e adesso che lo guardava non aveva un bell'aspetto; il volto sembrava affaticato, e le mani gli tremavano visibilmente. Intuì che la causa del suo malessere erano gli incubi che egli faceva di notte. Legolas glie ne aveva parlato, qualche giorno fa, ma non era entrato nei dettagli affermando che erano solo incubi, e alla fine riusciva a riposare nuovamente. Glorfindel non gli credette, ma non lo fece notare.

Dovevano essere dei sogni davvero terribili se lo abbattevano in quel modo, rifiutando perfino di mangiare, rimanendo sempre chiuso nella sua camera. E si rifiutava di uscire nelle giornate quando il sole splendeva sulla cittadella bianca. E non era normale, per un elfo, stare lontano dall'aria aperta per tanti giorni.

Quando Legolas si voltò Glorfindel potè vedere nei suoi occhi azzurri una profonda stanchezza e un enorme sconforto. ''Grazie, ma no, non ti disturbare.'' rispose cercando di mantenere un tono calmo. L'altro sospirò, un po' sconsolato, ma non poteva costringerlo. Gli sorrise, e si avviò verso la porta. ''Se hai bisogno di qualcosa, sai dove trovarmi.'' disse prima di uscire dalla stanza e raggiungere la propria, distante di pochi passi da quella del Principe. Si chiuse la porta alle spalle, si tolse la tunica sostituendola con una leggera veste per la notte. Siccome non aveva voglia di riposare accese la candela che era poggiata accanto al letto, si stese su quest'ultimo dopo aver preso un libro e iniziò a leggere.


Dall'altra parte, Legolas era steso a letto, con lo sguardo rivolto verso il soffitto, e rimase così per svariati minuti. Poi chiuse gli occhi e si addormentò.
E sognò; sogni confusi, impossibili da comprendere.

Sognò di essere davanti al Morannon, e vide i corpi privi di vita -sia di uomini e orchi- stesi sul terreno intriso di sangue scuro.
Vide Aragorn in piedi, davanti a se, che lo guardava. E quella visione si trasformò poi in una scena orripilante: adesso era steso a terra, immobile. I suoi occhi erano bianchi, vuoti come fogli senza scritte, come i pozzi più desolati, il sangue colava dappertutto, inzuppando i suoi vestiti, i suoi capelli, e il suo viso. E Legolas urlò, portandosi le mani al viso, e sentì qualcosa di viscido sulla sua pelle. Se le guardò, e le vide macchiate di sangue...


Si svegliò all'improvviso, urlando e coperto di sudore freddo, incapace di controllare il tremito incontrollabile che gli aveva pervaso le membra. Sentiva ancora la sensazione del viscido sangue sopra di sè, vedeva ancora gli vuoti, morti, di Aragorn. Si strinse nelle braccia, nascondendo il viso dietro le ginocchia piegate verso il petto. Serrò forte le palpebre, ma non riuscì a scacciare i residui di quell'incubo che lo tormentava da più di una notte. La paura cominciò a prendere il sopravvento, il cuore prese a battere fortissimo, il respiro divenne quasi affannoso. Tentò di calmarsi, a concentrare la propria mente su qualsiasi pensiero che non fosse quell'incubo, ma invano. Una folata di vento oltrepassò la tenda della finestra, sfiorando il corpo dell'elfo, e questo rabbrividì.

La sua mente cominciò ad immaginare viscide Ombre raggiungerlo lentamente nel letto, e sfiorarlo con dita scure, lunghe come artigli. E sentì delle voci, sussurri incompressibili, poiché erano mormorati tutti all'unisono. Tra tutti però ne riconobbe uno, di colui che ha tormentato a lungo la sua mente. Lo sentì pronunciare il suo nome, lentamente, in modo insistente, opprimente. E Legolas si sentì piccolo, debole, indifeso...

Poi quei mormorì cessarono, e udì invece il rumore di nocche che battevano sulla porta di legno. Lievi colpi, che però lo fecero trasalire.


''Legolas? Posso entrare?'' domandò Glorfindel a voce bassa. Quando non sentì risposta dall'esterno, aprì le dita serrate a pugno e posò il palmo della mano al legno istoriato che lo divideva da quella stanza. ''Legolas? Ti ho sentito urlare, va tutto bene?'' ancora niente. ''Legolas, di qualcosa!'' disse a voce alta, ma controllata. Nessuna risposta.
Sospirò e, incurante delle buone maniere e sapendo che la porta non era chiusa a chiave, abbassò la maniglia e la spalancò, sbattendosela poi alle spalle dopo averla oltrepassata. E vide il Principe rannicchiato sul letto, le braccia che avvolgevano le ginocchia, e il viso nascosto dietro quest'ultime. ''Legolas...'' sussurrò, quasi sconvolto.

Il Principe si strinse ancor di più nelle braccia tanto che le unghie affondarono nei vestiti. ''Vattene...'' disse tormentato, e Glorfindel si sorprese da quella richiesta. Il Vanya però si avvicinò, e Legolas sentì il materasso muoversi, segno che l'altro elfo si era seduto accanto a lui. Glorfindel gli poggiò una mano sulla spalla, e lo chiamò ancora, con fare cauto. Improvvisamente il Principe si buttò addosso a lui, rannicchiandosi sul suo corpo, e Glorfindel portò la testa di lui dolcemente contro il suo petto, stringendolo poi a se cingendogli le spalle con l'altro braccio. ''Glorfidel io... io... mi dispiace, mi dispiace tanto...'' disse il Principe tra un singhiozzo e l'altro, e iniziò a piangere così forte fino a farsi mancare il respiro.

''Ssh, va tutto bene,'' sussurrò il Vanya, tento di calmarlo. ''Sei al sicuro, sei al sicuro.'' ripetè. Era vero, era al sicuro tra le mura della Casa di Guarigione, ma non dai suoi incubi e paure. Glorfindel passò una mano fra i suoi capelli un'ultima volta. ''Tutto bene?'' chiese alzandogli il viso, appena lo sentì calmarsi. Lo vide annuire e allora si staccò leggermente da lui. Ci fu un momento di silenzio tombale tra i due, tanto da riuscire a sentire il respiro dell'altro. Legolas non sapeva che cosa dire, perché ogni cosa gli sembrava fuori luogo e cominciò a guardare l'interno della stanza.

''Legolas...'' mormorò sommessamente Glorfindel. ''Ma che cosa sogni da farti svegliare così? Perché non me ne hai parlato?'' chiese. Vide che aveva ancora gli occhi lucidi, in quel momento sembrava davvero un bambino indifeso. Il Principe si asciugò le guance con la manica della propria tunica, ''Faccio lo stesso sogno da quando siamo tornati qui,'' riuscì a dire. ''Sogno il Morannon... la battaglia si è appena conclusa... Estel è davanti a me, e mi guarda...'' si fermò e dovette fare qualche sospiro prima di continuare; ''E poi... lo vedo morto...'' tremò leggermente. ''E quando mi sveglio... lui... mi chiama, e la sua voce... è così profonda... riempie tutta la stanza, e la mia testa,''
Glorfindel ebbe un brivido su tutto il corpo. ''Oh Valar, sto impazzendo!!'' esclamò Legolas portandosi le mani alla tempia.

E allora Glorfindel lo abbracciò di nuovo, e rimasero così fino a quando Legolas si calmò del tutto, e i brividi che scuotevano il suo corpo cessarono. ''So cosa stai provando, anche se... la mia situazione era un po' diversa, da allora...'' fece il Vanya, e il Principe lo ascoltò;

''Gondolin era stata distrutta, e a me era stato concesso il ritorno da parte dei Potenti... ma i giorni che ne seguirono furono orribili; i miei sogni erano tormentati dai ricordi della battaglia; la mia mente veniva assalita dalle immagini delle fiamme, ardenti, rosse e vivide, stagliate contro un cielo nero come disegnate sulla superficie scura della volta celeste dalla mano di un pittore. Le stesse fiamme che avevano arso Gondolin fino a raderla al suolo, le stesse che avevano danzato tra le case e sulle mura. Le stesse fiamme che avevano portato via... il mio compagno di battaglia, ma anche di vita. Rivedevo lo scintillio di Orcrist che fendeva l'aria cercando di colpire il nemico, e il suo ultimo sguardo disperato prima di sprofondare nelle acque della Fonte, annegando assieme alle fiamme. Rivedevo me precipitare insieme al demone di fuoco in basso, giù, sulle affilate rocce del Passo delle Aquile. E l'immagine di Echtelion, sfregato e sfigurato dalle ferite che aveva ricevuto al momento della sua morte, tormentava il mio sonno... e non riuscivo a fare altro che chiudermi in me stesso, e disperarmi...'' rise amaramente. ''Che crudele destino! Entrambi caduti, ma solo a me è stato concesso il ritorno... quando desideravo ardentemente restare accanto a lui.''

E quando Legolas alzò lo sguardo verso il suo viso, vide i suoi occhi fieri e valorosi velati di lacrime che non accennarono a scendere, e stranamente sorrideva. ''Ma forse quel sogno mi imponeva di fare una scelta,'' parlò ancora il Vanya. ''Continuare ad annegare nel dolore e nei ricordi, oppure andare avanti e cercare di lasciarmi tutto alle spalle.'' poi guardò il Principe. ''Forse anche a te spetta fare una scelta.'' disse, e lo vide sospirare. ''Ma è così... difficile.'' sussurrò.

''Ci sono cicatrici che porteremo con noi per tutta la vita, ma bisogna avere la forza di andare avanti.'' disse il Vanya.
''Non sono sicuro se io ne ho abbastanza.'' disse Legolas.

''Io credo di si.'' ribattè l'altro e fece per andarsene, ma la voce di Legolas lo fermò. ''Glorfindel,'' l'altro si voltò. ''Puoi restare...ancora un po'?'' chiese con la stessa innocenza di un fanciullo. Il Vanya sorrise e tornò a sedersi accanto a lui, e Legolas si stese completamente tirandosi le coperte al petto. ''Non credo che riuscirei a riaddormentarmi.'' disse, un po' sconsolato. ''E se,'' iniziò Glorfindel, esitante. ''provassi a cantare una canzone, per farti rilassare?''
Una ninna nanna? Pensò Legolas, aggrottando le sopracciglia. Era un po' imbarazzante, ma alla fine, spinto da un disperato bisogno di chiudere la mente da qualsiasi pensiero, si convinse e annuì. Glorfindel allora poggiò la schiena contro la tastiera, distese le gambe, ed intonò una dolce melodia, che pervase la stanza, ed ebbe un effetto benefico sulla mente di Legolas. Riuscì lentamente a calmarsi e a smettere di pensare, e finalmente si addormentò, cadendo in un sonno senza incubi.



(...)



''Ma perché ci mette tanto?'' continuò a sussurrare Glorfindel agitandosi leggermente sul posto.
Finalmente il giorno dell'Incoronazione di Aragorn era venuto, e tutta la città era pronta ad acclamare il loro nuovo Re. Glorfindel si trovava insieme ad un gruppo di elfi, compreso il Signore di Gran Burrone, all'interno del palazzo, venuti per assistere all'incoronazione. Tutti erano pronti, tranne una persona. Infatti l'unico a non essersi presentato era il Principe di Bosco Atro. Glorfindel sospirò frustato, passandosi una mano sul viso. Certo, mancava ancora un po' all'evento, ma si aspettava di vederlo al più presto. Una voce dietro di lui lo fece voltare. Si voltò; era Mithrandir, vestito di bianco candido. ''Sei preoccupato per il Principe?'' chiese. L'altro annuì. ''Prima o poi arriverà.'' disse. ''Non credo che vorrà perdersi il giorno più importante per Aragorn.''


Legolas Verdefoglia osservava la folla sottostante dalla finestra di una piccola camera da letto. Sul letto c'erano una tunica argentata, e una sottile corona di Mithirl poggiata su quest'ultima. Avrebbe dovuto essere lì, insieme agli altri elfi, ma qualcosa lo teneva bloccato lì. Aveva paura, paura di affrontare tutte quelle persone; la stessa gente che, un tempo, aveva tentato di distruggere. Perché nonostante tutto, molti provavano rancore, rabbia, e disprezzo nei suoi confronti, ma non poteva biasimarli, non dopo quello che aveva fatto, non dopo tutte le vittime che aveva causato. L'odio era ancora rimasto.

Sospirò chiudendo gli occhi. No, non poteva andare lì. Non voleva farsi odiare ancora. Nessuno l'avrebbe difeso, e sarebbe stato reputato il cattivo. Improvvisamente riaprì di colpo gli occhi. Ma che cosa stava facendo? Era il giorno dell'Incoronazione di Estel, il più importante di tutta la sua lunga vita, e lui se ne stava lì, chiuso in quella stanza, nascosto da tutti, scappando dalle sue responsibilità. Non era mai scappato, non si era mai tirato indietro, perché l'avrebbe dovuto fare proprio ora, in quel giorno, dove la sua presenza era importante per Aragorn?

Si voltò osservando la sua veste argentata. Poi guardò nuovamente la folla. Deglutì; forse se ne sarebbe pentito, ma doveva tentare; doveva far capire a tutta quella gente che ora era diverso, doveva avere il loro perdono. Si cambiò immediatamente d'abito, e si allacciò la tunica argentata lavorata con fini tessuti del suo Popolo, e si guardò allo specchio. Il suo sguardo si soffermò sui suoi capelli sciolti; erano così bianchi e lunghi, gli ricordavano troppo lui...
Scosse il capo. Basta, non doveva pensarci. Quello era il passato, doveva guardare al futuro.

Su un tavolo vi erano poggiati il suo arco, e i pugnali custoditi nei loro rispettivi foderi di pelle. Ne prese uno e tornò a guardarsi allo specchio. Veloce lo estrasse gettando il fodero a terra, il suo viso riflettè sull'acciaio della lama, e i suoi occhi brillarono di una luce che credeva ormai perduta. Guardando il suo riflesso nello specchio avvicinò la lama ai propri capelli, dopo averli raccolti tutti in una mano. Un gesto fluido, veloce, e gran parte della sua chioma cadde dolcemente sul pavimento lucido. Riuscì a legarseli con una sottile treccia dietro la testa, e si portò la corona sul capo. Ispirò a pieni polmoni, e sorrise; era pronto.


Glorfindel sospirò sollevato appena udì il rumore di passi frettolosi. Si voltò, per chiedergli perché ci avesse messo così tanto tempo, ma gli morirono le parole in gola quando lo vide. Lo stesso accadde per gli altri elfi, che rimasero a bocca aperta. ''Perdonate,'' fece Legolas chinando leggermente il capo. Poi lo rialzò, e i capelli che non gli arrivarono nemmeno alle spalle si mossero leggermente. ''Spero di non essere in ritardo.'' disse. Glorfindel sorrise. ''Non lo sei.'' ribattè. Il Principe ricambiò il sorriso, e seguì Glorfindel che lo condusse verso il grande portone che dava sulla scalinata e sul giardino del palazzo. Legolas avrebbe dovuto aspettare lì dietro, e uscire soltanto dopo l'incoronazione. ''Sei agitato?'' chiese Glorfindel osservandolo. Aveva una postura dritta e fiera, e lo sguardo intenso. ''Si.'' rispose sincero. ''Ma qualsiasi cosa succeda, la affronterò.'' concluse.

''Come sto?'' chiese poi, lo sguardo fisso dinnanzi a se. Il Vanya lanciò un'occhiata al servitore, accennando una risata. ''Come un Principe.'' rispose. Sentirono le trombe degli Uomini suonare, e la voce di Gandalf suggellare definitivamente l'incoronazione del nuovo Re di Gondor. ''E' ora.'' gli ricordò Glorfindel. ''Buona fortuna.'' gli disse, prima di allontanarsi. Legolas sentì gli applausi, e la voce chiara e decisa di Aragorn;  ''Questo giorno non appartiene ad un Uomo solo, ma a tutti. Insieme ricostruiamo questo mondo da poter condividere nei giorni di pace.'' egli disse. E Legolas lo sentì cantare,



'' Et Earello,
Endorenna utùlien.
Sinome maruvan
ar Hildinyar,
tenn' Ambar-metta, ''



Poi le porte si aprirono e la luce del sole colpì i suoi occhi chiari. Li serrò per pochi istanti per poi riaprirli, iniziò poi a scendere le scale e lentamente raggiunse Aragorn.
Sentì chiaramente gli sguardi della gente addosso; alcuni lo fissarono con gli occhi sgranati, molti con paura, altri con disprezzo, e cominciò a sentire mormorìì e i commenti. Ma cercò di rimanere il più calmo possibile, e si fermò quando si ritrovò davanti la figura maestosa e regale di Aragorn, che lo guardava quasi stupito. Si inchinò davanti a lui. ''Salute, Re Elessar.'' disse semplicemente. Aragorn però gli fece cenno con la mano di rialzarsi, Legolas obbedì e quando incrociò il suo sguardo lo vide sorridere. E sorrise anche lui. ''Da te voglio essere chiamato semplicemente Aragorn, o Estel, amico mio.'' disse il Re di Gondor poggiandogli una mano sulla spalla.

Legolas fece lo stesso, e poi improvvisamente si buttò tra le sue braccia, tra gli sguardi stupiti del popolo e di Aragorn stesso. Ma quest'ultimo ricambiò immediatamente l'abbraccio, e su alcuni volti della folla si formano dei sorrisi. Molti sembrarono guardare l'elfo con meno disprezzo, e meno paura.
''Hannon le, Estel.'' sussurrò Legolas, continuando ad abbracciarlo. E tutti, tutti quanti, sorrisero, e Legolas capì che erano sinceri. Non vi era oscurità nei loro sguardi. Capì che loro lo avevano accettato, e perdonato. Udì uno scroscio di applausi, che man mano diventarono sempre più forti.

''Perché ti sei tagliato i capelli?'' domandò Aragorn nel momento in cui si staccò da lui.
Legolas sorrise a quella semplice domanda. Poi, con gli occhi lucidi, rispose;
''Per non dimenticare mai.''













  
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