A cosa pensano i prigionieri?

di _Gia
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Epilogo


La stanza si riempì di fumo, che immediatamente Flavius associò al vapore presente nelle numerose saune a cui aveva preso parte. Passi decisi, ma al contempo  incerti, risuovano forti sul piano. Passi diversi, più cauti rispetto alla sicurezza e alla prepotenza usuale dei carcerieri, passi che destarono Annie dal proprio sonno, che le diedero la forza per alzarsi in piedi e, balcollando, arrivare alle sbarre, al quale si appese per trovare sostegno. Non si avvertiva altro che circospette presenze avvolte nel fumo.
Non il rumore di un arma, né di nessuno che opponesse resistenza.
 Johanna, come una barchetta di carta, si sentì libera di poter vagare tra le acque, pur sapendo che il suo destino sarebbe stato ad ogni modo inevitabile, pur sapendo che prima o poi la carta di cui era costituita, a contatto con l’acqua, si sarebbe sgretolata, dissolta, nell’infinita vastità del Oceano.
Octavia sentì il rumore del ferro che scricchiolava, violentemente strattonato da chi doveva aprire quella cella ma senza essere in possesso della chiave, da chi forse non aveva alcun diritto o autorità per farlo.
Flavius, come in un battito di ciglia, sentì su di se la leggerezza della libertà, come se il pappagallino precedentemente ferito fosse stato curato e, adesso, avrebbe potuto nuovamente spiccare il volo verso quell’arcobaleno che, Octavia, si rese conto avrebbe potuto rivedere ancora, nonstante le sarebbe apparso molto diverso, ora: ancora più felice, dai colori e dal significato inestimabile della libertà.
Annie sentiva il metallo freddo contro la sua pelle, contro il suo volto, mentre l’ombra imponente del suo salvatore, del suo eroe, le faceva riscoprire la dolcezza delle carezze.
Felici di quella libertà tanto agoniata, si godevano la freschezza dell’aria che si andava ad infrangere sui loro volti.
Tutti, meno che Peeta.
Lui sarebbe stato libero solo e soltanto nel momento in cui avrebbe ucciso Katniss Everdeen.




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