Capitolo
9 : Mani
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense.
Dante Alighieri, La Divina Commedia, Inferno, Canto V
Raf entrò in punta di piedi nella
stanza e trovò Eva nella stessa identica posizione in cui l’aveva lasciata
Gino. Con la differenza che in quel momento era immersa nel buio e la sua
schiena sembrava ancora più esausta e curva.
“Dovresti riposare” mormorò
l’Arcangelo sedendosi di fianco a lei “La stanchezza non porta che cattivi
consigli.”
Eva gli fece un mesto sorriso al
quale Raf rispose con un radioso balenio di denti bianchi e luce divina.
“Non riesco a fare a meno di
odiarlo” sospirò sottovoce Eva, come se proseguisse un discorso già iniziato
“Vlad, intendo.”
“Avevo capito.” mormorò Raf e
c’era il sorriso anche nella sua voce.
“So che faccio solo il suo gioco…
so che quello stronzo sta cercando in tutti i modi di tirare fuori ciò che c’è
di demoniaco in me. E pur sapendolo, non riesco a fare a meno di odiarlo con
tutto il cuore.”
Raf posò una mano leggera sulla
sua spalla.
“Capisco quanto sia difficile per
te” mormorò così pieno di amore e comprensione che Eva si sentì immediatamente
più leggera e pulita nell’anima “La tua parte di Demone è molto suscettibile e
affine a Vlad e se non ci fosse il Triumviro probabilmente ti perderesti.”
Così impietosamente sincero:
l’avesse detto Gino, Eva si sarebbe anche infuriata, ma detto da Raf, con quel
sorriso disarmante, come poteva non concordare semplicemente con lui? Perdersi
per Vlad… La prospettiva la fece semplicemente rabbrividire.
“Con Vlad” meditò cupamente “Per
sempre.”
Girò il viso verso Raf,
angosciato e colpevole, e l’Arcangelo fortificò la presa sulla sua spalla.
“Non avere paura” le disse con
dolcezza “Sappiamo entrambi che una parte di te lo vuole e lotterà per
ottenerlo. Ma tu non sei solo Inferno, Eva: hai anche un Angelo dentro di te.
Puoi scegliere cosa vuoi essere e io sarò sempre qui per aiutarti.”
Eva sospirando posò la guancia
sul dorso della mano di Raf, fissandolo con occhi scuri d’incertezza.
“Mi fa paura la violenza di
quello che sento quando lui è vicino” confessò con malcelata angoscia “Mi
scombina tutti gli equilibri che già fatico a mantenere: mi riempie di rabbia,
avventatezza, impazienza. E’ così difficile capire… è quasi impossibile pensare
coerentemente.”
Raf sorrise e le accarezzò la
guancia con la mano libera. L’impulso fu più forte di Eva, quasi involontario:
le sue labbra umide catturarono il pollice vagante di Raf e lo succhiarono con
debole, struggente abbandono. L’Arcangelo rimase immobile, colto di sorpresa:
si guardarono per un attimo infinito, scorgendosi a malapena nella penombra
della stanza ed era come se si guardassero per la prima volta.
Com’erano belli gli occhi di Raf
quando la guardavano così, pensò Eva stordita: inviavano lente ondate di
tepore, luminosi abbracci dell’amore più puro. Quanto anelava scaldarsi di
quella luce divina, quasi balsamica… ma durò poco, troppo poco.
Gli occhi celesti di Raf, così
innocenti e indifesi, erano già vagamente confusi e tristi quando tolse
lentamente il dito dalla bocca di Eva e lasciò cadere la mano in grembo.
“Eva, Eva…” mormorò e lei chiuse
gli occhi strizzandoli forte: la tiepida luce si era spenta e lei aveva già
freddo.
“Non c’è bisogno” ordinò con un
filo di voce “So già che sto sbagliando. Ma ti prego, se lo sai, dimmi come
posso fare a strapparmi il cuore di dosso e a non provare niente per te quando
mi tocchi.”
Raf tacque. Con delicatezza
scostò l’altra mano dalla guancia di Eva e si alzò in piedi lentamente, come se
gli pesasse molto farlo.
“Preghiamo.” disse con voce
soave, ma anche un pochino incrinata.
Eva rimase col capo chino,
disgustata, piena di vergogna e anche decisamente esausta.
“Non ti offendere, Raf, ma
preferisco la fiaschetta di Gino.” rispose con voce amara: si alzò in piedi
anche lei, gli passò accanto stando ben attenta a non sfiorarlo e sgusciò fuori
dalla porta scorrevole.
* * *
“Che si fa adesso?” chiese Gino,
seduto alla guida e quasi di buonumore.
Lorella sonnecchiava nel
salottino del camper, sorvegliata amorevolmente da Raf: si era rifiutata di
rientrare in camera e sembrava intenzionata a rimanere tutto il tempo attaccata
alle gonne dell’Arcangelo. Aveva un terrore folle di Vlad, era chiaro come il
sole: e lui, invece di tranquillizzarla, le lanciava un promettente sorrisetto
da squalo ogni volta che lei si azzardava a guardarlo. Infuriata, Eva aveva
suggerito a Vlad di chiudersi dentro la stanzetta e impiccarsi, ma il Demone
aveva dichiarato che impiccarsi da soli, come fare sesso da soli, alla lunga
sarebbe stato stancante, così erano ore che tediava lei e Gino, seduto tra loro
nella cabina di guida.
“Mi pare che Madame Buonumore qui
non abbia molte idee in proposito.” gorgogliò a quel punto garrulo fissando Eva
con intenzione.
“Se hai qualche idea migliore,
proponi tu.” buttò lì Eva corrucciata.
Vlad inarcò le sopracciglia scure
dal taglio luciferino.
“Fare sesso?” propose
garbatamente.
“Ho detto intelligente.”
“No, hai detto migliore.”
“Intendevo intelligente.”
“Ma hai detto migliore. Il
rottweiler umano qui può di sicuro confermare.”
“Ma io… ah, perché diavolo sto a
perdere tempo con te?”
“Perché in fondo sai anche tu che
la mia è l’idea migliore. Pardon, intelligente.”
“Dobbiamo parlare con qualcuno
che sappia qualcosa di più” meditò Eva ignorandolo finalmente “Qualcuno del
calibro tuo. Ma che sia meno stronzo, possibilmente.”
“Non è che l’Inferno pulluli di
Demoni Capitali allegri e amabili” puntualizzò Vlad per niente scomposto “Sai
anche tu cosa passa il convento.”
“Non si potrebbero incontrare
‘sti Demoni tutti in una volta?” propose Gino con leggerezza “Se dobbiamo
rincorrerli uno per uno per tutto il globo, facciamo in tempo a diventare
nonni.”
Ci fu un attimo di silenzio
sorpreso e meditabondo.
“Bell’idea, genio” ribatté Eva
subito dopo “Sono sopravvissuta a malapena a quella iena idrofoba di Bersaba
lasciandole per regalo un brano di carne… dovessi incontrare Alana, Amelia,
Linus, Demetrio e Morgana tutti insieme, non mi rimarrebbe addosso un solo
centimetro di pelle!”
“Ci sarebbe Vlad a proteggerti.”
specificò Gino neutro: Eva si girò a guardare il Demone che face guizzare per
un attimo la lingua rosea tra le labbra umide, facendo scintillare il diamante
sull’incisivo.
“Oh, certo” mugugnò distogliendo
in fretta lo sguardo “Posso sostituire la protezione di Vlad con ali di
pipistrello e radici di mandragola? Sono certa che risulterebbero più efficaci,
alla fin fine.”
“Non essere così scettica” tubò
Vlad serafico “L’idea del rottweiler non è male.”
“Nemmeno lo sterminio di massa
era male, secondo Stalin.” borbottò Eva tra sé e sé pur di non dare ragione a
Vlad.
Ma ce l’aveva, anche se le
bruciava ammetterlo: l’idea di scorrazzare per il mondo guidando il camper, con
un’orda infernale alle calcagna, non era affatto allettante; incontrare i
Demoni Capitali tutti insieme a quel punto sembrava quasi la soluzione migliore
per davvero.
“E’ un bel po’ di tempo che non
capita di incontrarci tutti insieme” gorgogliava intanto Vlad, salottiero
“L’ultima volta è finita con un’ammucchiata con Amelia e Morgana insieme… e
Demetrio faceva certi lavoretti di bocca che…”
“Vlad, risparmiaci” tagliò corto
Eva “Potrebbe davvero esserci una possibilità?”
Vlad inarcò un sopracciglio con
le labbra che tremavano di sorriso represso.
“Lo sapevo che l’idea
dell’ammucchiata avrebbe attirato anche te.” sospirò allusivo allungando
pigramente un dito per farglielo scivolare lungo il braccio: Eva lo scansò
incollerita.
“Dico sul serio. Vi incontrate
davvero tutti insieme voi Demoni Capitali?”
“Sì, succede.” rispose Vlad dopo
una breve pausa: gli occhi iniziarono a brillargli, instillando in Eva una
sgradevole sensazione di pericolo.
“Quando?”
“A volte.”
“Dove?”
“Di sicuro non in chiesa, tu che
dici?”
“Stai glissando: evidentemente
quella nocciolina atrofica che hai per cervello sta architettando qualcosa che
sono certa non mi piacerà affatto!”
“Potremmo davvero organizzare un
incontro.” buttò lì Vlad, ignorandola.
Eva si zittì e lo fissò,
guardinga: l’idea era così titanica e assurda che solo a pensarci le veniva
freddo, ma Gino aveva ragione, non avevano il tempo di attraversare quel Piano
in lungo e in largo inseguiti da un’orda infernale.
“Potremmo…?” suggerì allora,
titubante.
“Sarà quasi impossibile farli
venire tutti” avvisò Vlad sempre con quella luce malandrina negli occhi “Con
così poco preavviso… ma si potrebbe fare, sì.”
La sensazione di pericolo lungo
la schiena divenne un fiume in piena di inquietudine.
“Posto che questa non sia
un’altra delle tue cazzate ormonali, dimmi solo una cosa: se partecipassi, ne
uscirei viva?”
Il viso di Vlad si allargò in un
ampio sorriso angelico.
“Mah, scimmietta mia, chi può
dirlo… Linus è un mortimpiedi, ma Morgana e Amelia sono due caratterini mica
facili. L’unica cosa che ti posso garantire io personalmente è un orgasmo di
sedici minuti netti.”
“Balle.” grugnì Gino in
sottofondo ed Eva gli lanciò un’occhiataccia furiosa.
“Tu non dargli corda e tu, signor
Demone, piantala con queste stronzate!”
“Per te arriverei a diciotto
minuti” mormorò imperterrito Vlad con voce vellutata “Saprei essere molto
bravo, se solo potessi vedere la tua pelle fremere mentre ti accarezzo tutta…”
La sua lingua guizzò di nuovo,
rapida e allusiva: Eva si sentì bruciare. Fissò lo sguardo sul cruscotto
piantandosi le unghie nei palmi e riuscì chissà come a rimanere esteriormente
impassibile.
“Sii serio. Come facciamo a
organizzare un incontro?”
Vlad sogghignò e si accomodò
meglio sul sedile allargando sfacciatamente le gambe.
“Se te lo dico tu cosa mi dai in
cambio?”
“Ti risparmio una sberla. Allora?
Dove vi trovate per l’happy hour infernale?”
“Slacciati la camicia e te lo
dico.” sussurrò Vlad con voce carica di malizia.
Gino alzò gli occhi al cielo, Eva
arrossì suo malgrado e si trattenne per un pelo dal chiudersi anche l’ultimo
bottone della camicia, come una pudica eroina vittoriana.
“Piantala con queste stronzate.
Abbiamo un’orda infernale che ci aspetta da qualche parte e tanti di quei guai
e domande non risolte che potremmo farci una collana…”
“A me risulta che sia tu ad avere
guai e domande” rispose Vlad accomodante “Io sono qui solo per il diletto di
vederti slacciare i bottoni della camicia, uno a uno. Avanti, scimmietta:
stavolta costo poco.”
Gino alzò di nuovo gli occhi al
cielo, ma sorrideva suo malgrado, con le rughette che increspavano la pelle
intorno agli occhi. Il respiro di Eva, invece, si era fatto denso di rabbia e
di vergogna.
“Sei un porco bastardo, lo sai?”
“Bottone, scimmietta. E sappi che
potrei peggiorare e chiederti le mutandine; scommetto che per una perla in meno
nella tua collana di domande me le daresti.”
Eva grugnì e fece per alzarsi e
(scappare, inutile negarlo) andare via, ma lo sguardo di Vlad la incatenò al
sedile come una corda di velluto di acciaio.
“Schifoso.” mugugnò allora,
inviperita e spaventata.
“Bottone.”
“Ogni secondo con te è una
tortura: sempre con la baionetta puntata, sempre a odiare ogni parola che esce
da quella tua boccaccia.”
“Bottone, scimmietta.”
Eva, disperata, lanciò una specie
di accorato SOS mentale: in un rapido e leggero frusciare armonico, Raf si
materializzò sulla soglia della cabina di guida spalancando la porta
scorrevole.
“Che succede?” chiese con
angelico buonumore, i pacati occhi celesti radiosamente fissi in quelli di Eva.
“Il signorino sta facendo un po’
lo stronzo” informò Gino con voce piatta “Ricatta, concupisce, sparge letame…
insomma, fa il suo lavoro di Demone con una dedizione commovente. Adesso
capisco perché l’hanno messo nei quartieri alti: Rosso, ma te li pagano gli
straordinari là sotto?”
“Ho solo proposto un piccolo quid
pro quo” annunciò Vlad con voce tranquilla senza perdere quella luce maliziosa
negli occhi “Una cosuccia da niente. Ma adesso che sei qui tu, mio caro,
potremmo rendere il gioco ancora più interessante!”
Eva si sentì gelare le ossa e suo
malgrado si irrigidì tutta: sgusciò lesta giù dal sedile ben attenta a non
sfiorare il Demone e rifugiandosi quasi alle spalle di Raf.
“Vlad, non…”
“Ho proposto a Eva un incontro con
i Demoni Capitali miei colleghi” la interruppe Vlad “L’idea è del primate
umano, ma non è affatto male, risparmierebbe un sacco di seccature a tutti
quanti. E se qualcuno all’Inferno sa qualcosa di questa storia, loro lo sanno
di sicuro.”
“Non è pericoloso per Eva?”
chiese Raf dubbioso.
“Mio caro gallo cedrone! Lo
sarebbe, ma Eva ha dalla sua il suo Demone Tutore, ovvero moi-même.
Naturalmente, io la proteggerei a spada tratta.”
Ammiccò ed Eva pensò a quanto
fosse spudoratamente falso il suo sorriso angelico.
“Mi sembra una buona idea.”
rispose pacato Raf dopo averci pensato un po’ su.
“Lo è, Biancaneve, lo è. Ma Eva
tentenna e fa un po’, come dire, la preziosa…”
“No, sei tu che fai lo stronzo,
sporco ricattatore.”
“Le ho solo chiesto di slacciarsi
la camicia. A te, Cenerella, sembra una cosa così grave?”
“Beh, no.” rispose Raf corrugando
la fronte ed Eva alzò gli occhi al cielo; cosa poteva saperne un Angelo della
intrigante malizia che accompagnava lo sbottonarsi davanti a un uomo? Per lui
era un gesto sensuale come togliersi un calzino.
“Raf è un Angelo” grugnì
rabbiosamente all’indirizzo di Vlad “Non può capire. Non ha la tua mentalità da
porco patentato.”
“Ma tu sì, scimmietta.” mormorò
lui trionfante.
“Che roba” borbottò Gino ancora
bellamente concentrato nella guida “Normalmente troverei tutto questo lavorio
ormonale anche divertente, ma con questo maxiparabrezza sembra di stare in
Cinemascope, siamo già in quattro in cabina di guida e c’è un posto di blocco
ogni tre per due, quindi se non vogliamo finire tutti quanti al fresco, direi
che dovreste spostare gli spogliarelli sul retro.”
“Tu Gino chiudi il becco e tu
Vlad non credere minimamente di poter scuotere i miei ormoni!”
“Oooooh, che aperta provocazione!
Allora, per far contenti tutti, ho avuto un’idea ancora più favolosa!
Pollicina, visto che non ci trovi niente di male, perché non sbottoni tu la
camicia di Eva?”
“No!” ruggì immediatamente Eva,
stringendosi la camicia al petto come se gliela volessero strappare.
“Io?” domandò Raf incerto sbattendo
le palpebre: Vlad agitò una mano con noncuranza, ma gli occhi gli scintillavano
di luce maligna.
“Andiamo, che vuoi che sia? Tre
bottoni ed è fatta: appuntamento combinato e orda infernale schivata. Che vuoi
di più dalla vita? Una cetra d’oro zecchino per cantare i Salmi?”
“Sei così stronzo che mi viene la
nausea a guardarti.” berciò Eva, ma non guardava Vlad negli occhi.
Non poteva farlo perché lui
avrebbe capito, oh, certo che lo avrebbe intuito al volo… nonostante la
vergogna, l’umiliazione e la rabbia, lui avrebbe capito subito quanto le
sarebbe piaciuto farsi spogliare da Raf.
“Perché fai così?” si informò Raf
con voce tranquilla; Vlad sogghignò con aria rapace.
“Perché sono un Demone” rispose
arrogante “Per natura io sono crudele e tu checca. E poi è divertente. A te non
viene mai voglia di divertirti?”
“No, se il divertimento comporta
quell’angoscia negli occhi di Eva” rispose Raf riflessivo “Mai, per niente al
mondo le farei del male volontariamente.”
Era così innocente e disarmante
che persino Gino dovette tacere: Eva, dal canto suo, stava furiosamente
cercando di non arrossire troppo.
“Un vero angioletto di pan di
zucchero” ringhiò tra i denti Vlad, ma una parte del suo sadico buonumore
sembrava scomparsa “Comunque i termini dell’accordo sono questi: tre bottoni,
un appuntamento. Prendere o lasciare. Adesso.”
Raf, con calma, si girò verso Eva
e la fissò con i suoi franchi occhi di cielo.
“Non so cosa dire.” si difese Eva
che, chissà perché, si sentiva colpevole.
“E’ davvero importante quell’incontro?”
“Sì” rispose Eva dopo essersi
morsa brevemente il labbro “Ma è importante anche non cedere a ogni capriccio
di quel crotalo cornuto.”
“Ma stavolta è più importante
l’appuntamento, vero?”
Avere la verità che camuffava i
bassi istinti di Eva non rendeva di certo le cose più facili. O forse sì?
“Sì.”
Dolce, dolorosa verità…
“E non c’è altra via che
accontentare Vlad nelle sue puerili richieste?”
“Storicamente parlando, no.”
rispose Eva senza nemmeno bisogno di pensarci su.
Gli occhi di Raf erano un tormento
dolceamaro mentre il cuore le batteva come un tamburo contro il petto.
“Tu sei disposta a farti
slacciare quei tre bottoni da me?” chiese Raf con dolcezza.
Vlad sbuffò irriverente ma
miracolosamente non infierì.
“Sì.” rispose Eva sottovoce.
Ma dovette mettercela davvero
tutta per non tremare.
“Ok, allora.”
Rapido e leggero come un battito
d’ali di farfalla, Raf si girò verso di lei e le posò con delicatezza le mani
sulle spalle: Eva suo malgrado sobbalzò e Vlad sogghignò sommessamente
nell’ombra.
“Buona, scimmietta… lo spettacolo
è appena all’inizio!”
Eva non osò fulminarlo con lo
sguardo: rimase contro lo stipite della porta scorrevole a occhi bassi e viso
immobile, le braccia mollemente distese lungo i fianchi e il cuore che batteva
così forte che sembrava voler schizzare fuori dal petto.
Raf, sorridendole incoraggiante,
fece scivolare le dita leggere sul colletto della camicia e armeggiò con
delicatezza al primo bottone: probabilmente voleva solo essere riguardoso, ma
per Eva il tiepido tocco delle due dita era una vera e propria tortura
infernale.
“Ahi ahi ahi” gorgogliò Vlad
garrulo “Che respiro pesante che abbiamo, signorina Sanguemisto! Un po’ di
bronchite o ormoni selvaggi in libertà?”
Eva e Raf lo ignorarono, ma le
guance di Eva erano rosa e calde come per la febbre: Raf aprì il primo bottone
e scese sul secondo, che occhieggiava proprio sull’attaccatura dei seni,
continuando a guardarla in viso con tranquilla dolcezza.
“Posso?” domandò sottovoce: Vlad
sogghignò di nuovo mentre Eva annuiva appena.
“Sì.” rispose con la gola secca:
le dita di Raf aprirono il bottone e le ciglia di Eva sfarfallarono, incerte.
“Che tornado ormonale” commentò
Vlad malefico “Principessa sul pisello, ma proprio non senti niente? La
donzella qui sta spandendo tanti di quei feromoni che abbatterebbe una mandria
di tori! E tu niente? Nemmeno un alito, nemmeno un sussulto…?”
Raf non rispose: arrivò al terzo
bottone e lo aprì. Le sue dita sfiorarono il seno di Eva e qualcosa di torbido
e irresistibile invase le viscere della ragazza che smise di respirare dalla
paura di cedere di colpo a quella marea di emozioni.
“Fatto.” disse Raf con voce
neutra, indietreggiando di un passo: per un attimo i suoi occhi incrociarono
quelli di Eva e forse per la confusione che la agitava, forse perché un po’ lo
desiderava davvero, vide qualcosa in quelle iridi celesti, qualcosa che sarebbe
stato molto meglio per tutti se non fosse mai esistito. Ma non fece in tempo a
constatare altro perché Vlad, rapido come un serpente, era scattato in piedi e
aveva bloccato le spalle di Raf con una salda presa da rapace.
“Allora?” gli alitò
nell’orecchio, sensuale, provocante e vicino come non lo era mai stato.
“Lasciami.” pigolò Raf e il suo
respiro era denso e liquido come melassa.
“Ho visto le tue dita toccarle la
pelle… quella pelle bella e bianca, morbida come velluto… hai sentito com’era
calda e pulsante? Hai sentito come voleva solo che tu la toccassi ancora… e
ancora e ancora…?”
Gli parlava con la bocca quasi a
contatto di pelle, alitandogli sul collo dove una vena pulsava impazzita. Raf
aprì la bocca per rispondere e in quel momento Gino inchiodò il camper, facendo
barcollare l’Angelo e il Demone fino a dividerli.
“Qui non si respira” bofonchiò
l’umano slacciandosi la cintura e aprendo deciso la portiera “Ne ho decisamente
piene le balle dei vostri giochetti erotici. Faccio un giro e torno.”
Eva, un po’ sollevata e un po’
irritata, si precipitò a inseguirlo.
“Gino, non è prudente andare
soli…” iniziò a dire.
Poi, si scatenò l’inferno.
* * *
“Cazzo.” mormorò Vlad irritato.
Nessuno gridò: non ne ebbero il
tempo. Dalla portiera spalancata sciamarono dentro il camper tante piccole
figure nere e membranose che stridevano come rami spezzati. Prima ancora di
rendersi conto di farlo, Eva aveva estratto la sua pistola e aveva sparato in
rapida successione a tre Demoni alati inquadrati dalla portiera spalancata;
colpiti dalle pallottole d’argento benedetto, i corpi dei Demoni esplosero
letteralmente spiaccicando sulle pareti del camper e sul parabrezza una densa
melma verdastra e maleodorante. Nel frattempo, Raf si riparava il volto con le
braccia alzate e un Demone, tentando di aggredirlo, lo sfiorò e prese fuoco
come fosse carta; Vlad, dal canto suo, agitò appena una mano irritata e i
Demoni si sparpagliarono attorno a lui come foglie secche mosse dal vento.
“Eva!” grugnì appena appena di
malumore “Vuoi chiudere quella fottuta portiera?”
“Raf, pensa a Lorella!” strillò
Eva di rimando, colpendo con un calcio piazzato un Demone che cercava di
strisciarle addosso dal sedile di guida “Gino! Dove sei, Gino!”
Dalla strada nessuno rispose:
Raf, emettendo luce inaccessibile, sparì sul retro del camper, Vlad sbuffò e
tranciò la testa di un Demone con una pedata scocciata, spargendo altro liquame
brunastro sulla moquette del vano guida ed Eva trattenne a stento un verso
disgustato quando il suo massiccio stivale sfondò il cranio bitorzoluto di un
Demone, imbrattandola fino al ginocchio di roba grigiastra e fumante.
“Gino!” ragliò infuriata e stava
quasi per gettarsi in strada dalla cabina di guida, nel bel mezzo della massa
pressante di Demoni, quando Vlad la strattonò rudemente all’indietro,
mandandola a sbattere contro il sedile del passeggero.
“Che cazzo fai?” la rimproverò
spingendo poi fuori dalla portiera aperta la testa di un Demone, infilando il
pollice in una molliccia orbita oculare “Dobbiamo chiudere la portiera e
filare!”
Eva scattò in piedi alla velocità
della luce.
“C’è Gino lì fuori!” spiegò
facendo di nuovo per uscire e di nuovo Vlad la spintonò indietro chiudendo la
portiera.
“Sveglia, scimmietta! Ci sono un
milione di Demoni che presto spaccheranno in quattro questo trabiccolo e ti
smembreranno come tanti piranha! Dobbiamo tagliare la corda, capito?”
Cocciuta, Eva fece per scansarlo
e Vlad le immobilizzò i polsi, bloccandole poi il passaggio con tutto il suo
peso; Eva gli piantò in faccia due furibondi occhi neri, il naso a un
millimetro dalla sua bocca.
“Io non me ne vado senza Gino”
scandì con cupa determinazione “Tu fai quello che vuoi, stronzo. Di te posso
fare a meno, di lui no.”
Poi, con un deciso colpo di reni,
riuscì a rotolare addosso a Vlad e a liberarsi dalla sua presa.
“Stupida Sanguemisto!” le gridò
dietro Vlad con voce tonante e furiosa, ma Eva non si prese nemmeno la briga di
rispondergli: spalancò di nuovo la portiera e si gettò a testa china tra i
Demoni, beccandosi un colpo subito sotto lo sterno che la lasciò letteralmente
senza fiato. Qualcosa le ferì una spalla, tagliente come un rasoio;
qualcos’altro le atterrò dolorosamente su uno stinco, azzoppandola. Erano
davvero troppi: Eva scudisciava con le braccia, sparava, ansimava senza nemmeno
vedere dove andava. I Demoni puzzavano in maniera indicibile e le loro ali
membranose le vorticavano intorno, rendendo tutto buio e grigio.
“Gino!” ragliò e qualcosa le
colpì la testa con violenza: vide tutto bianco, poi tutto nero e una nausea
improvvisa le attanagliò le viscere.
“Gino!”
Un Demone le addentò il braccio,
subito sopra al gomito: Eva strillò e gli sparò in mezzo alla fronte, facendo
schizzare via i suoi furiosi occhietti rossi. Ma un altro le morse un fianco,
un altro la coscia; un altro le strappò i capelli.
“Gino!” ansimò Eva e qualcosa le
afferrò il braccio, strattonandoglielo con insistenza.
Spaventata Eva si accorse di non
poterselo scrollare di dosso.
“Razza di imbecille!” grugnì una
voce rauca e arrabbiata. Era la voce di Vlad.
Mai, nemmeno in un milione di
anni Eva avrebbe ammesso di essere contenta di sentirla: ma lo fu e per un
attimo si abbandonò alla sua presa salda e solida. Subito sentì Vlad
trascinarla verso il camper e puntò debolmente i piedi.
“Gino…” gorgogliò sbattendo le
palpebre.
Vlad si girò e lei vide i suoi
occhi accesi in mezzo alla polvere scura sollevata dai Demoni: brillavano come
topazi ed erano bellissimi e furibondi.
“E’ già dentro!” ruggì Vlad
strattonandola con ben poca delicatezza “Adesso entra anche tu alla svelta, se
non vuoi vedere un Demone Tutore completamente incazzato!”
Eva si lasciò trascinare dentro
al camper: Vlad quasi la catapultò dentro e un tremulo respiro di sollievo uscì
dal petto di Eva quando per poco non finì addosso a un Gino gemente e
sanguinante, disteso sul sedile del passeggero.
“Che diavolo aspetti, maledetto
piccione?” strepitò Vlad all’indirizzo di Raf che era più o meno seduto al
posto di guida, con la faccia attonita e spaesata “Fila!”
Raf ubbidì di riflesso: accese il
motore e ingranò la marcia, facendo schizzare il camper in mezzo alla strada
sparato come un proiettile. Dopo un paio di sbandate il veicolo marciò veloce
in linea retta, disturbato da alcuni Demoni che erano rimasti aggrappati alle
maniglie delle portiere e ai tergicristalli.
“Fateli andare via!” pigolò
Lorella ed Eva si accorse di lei solo in quel momento, rannicchiata in un
angolo con le mani sopra alla testa come una bambina in mezzo a un uragano. Raf
strattonò un po’ il volante e riuscì a liberarsi degli ultimi Demoni: solo
allora si girò a lanciare un rapido sguardo ansioso a Eva.
“Stai bene?” le chiese con voce
rauca “Eva, parlami!”
“Sto bene.” gorgogliò Eva rauca,
ma era una bugia bella e buona: le faceva male dappertutto, dai capelli agli
stivali imbrattati di gelatina tiepida e puzzolente. Qualcosa di denso e
scivoloso le colava sul viso e con sorpresa Eva si accorse che era sangue suo.
“Fa vedere.” bofonchiò Vlad
avvicinandosi: aveva un graffio sulla guancia, i capelli rossi vagamente
spettinati e un piccolo strappo alla camicia, ma a parte quello sembrava
perfettamente a posto, non fosse stato che sprizzava furore da tutti i pori.
Rudemente, tastò la testa di Eva e le controllò la ferita.
“Bel buco” commentò freddamente
“Ancora un po’ e si facevano una frittata con il tuo cervello. Deficiente
patentata.”
Le tamponò la ferita con uno
straccio che Lorella, mani tremanti e sguardo allucinato, gli aveva allungato
dal suo angolino protetto. Eva si perse sorpresa a fissare le labbra pressate
di Vlad e le sue curate sopracciglia aggrottate. Per un attimo assurdo, pensò a
come sarebbe stato disegnarne il contorno con un dito e suo malgrado arrossì
furiosamente.
“Scu… ehm, gra… ehm, come sta
Gino?” balbettò scostandosi.
“Spalmato sul sedile” grugnì Vlad
“Biancaneve l’ha rimesso in sesto, ma stava quasi per tirare le cuoia, era un
colabrodo.”
“L’hai salvato tu.”
Risultò quasi un mormorio a metà
tra la domanda e la constatazione. Vlad pressò le labbra in una linea
corrucciata.
“Colpa tua” borbottò “Quando ti
ci metti sei testarda e irritante esattamente come una scimmia.”
“Ho avuto un buon maestro.”
ribatté Eva, con un debole scintillio negli occhi che si rifletté rapido in
quelli di Vlad.
“Bell’impresa da mettere sul
curriculum” borbottò poi questi infastidito “Se Lucy viene a sapere che ho
salvato la vita a un Umano, mi dimezza lo stipendio.”
Le dita di Eva si mossero prima
che lei potesse ordinare coscientemente il contrario: si allungarono e
sfiorarono il dorso della mano di Vlad, leggere e timide.
“Grazie.” mormorò guardandolo
coraggiosamente in faccia. Si aspettava che Vlad facesse qualcosa di
tipicamente vladesco, come riderle in faccia o proporle un rapporto anale;
invece rimase immobile, con le sue dita a sfiorargli il dorso della mano e nei
suoi occhi tempestosi c’era qualcosa che si agitava sul fondo… qualcosa che la
fece tremare come se un terremoto interno le squassasse le viscere.
“Vlad…” mormorò sottovoce.
Il dorso della mano di Vlad
fremette leggermente sotto le sue dita: lo sguardo sorpreso di Eva catturò il
breve attimo in cui la sua mano si girò, sfiorandola in una incerta carezza.
Poi il Demone scattò in piedi, fissandola sprezzante dall’alto in basso, di
nuovo così completamente sé stesso che Eva dubitò di avere avuto
un’allucinazione.
“Ora hai un bel debito di
riconoscenza, mi pare” dichiarò Vlad con la solita voce strafottente
spazzolandosi la camicia con la punta delle dita come a togliere della polvere
invisibile “Vediamo, con cosa si possono barattare due salvataggi? Tre rapporti
orali o quattro classici rapporti senza preservativo? Dimmi tu cosa preferisci,
scimmietta, per me va bene tutto.”
“Ancora con questi discorsi?”
gracidò la voce di Gino, come proveniente dall’oltretomba “Speravo in qualcosa
di diverso, dopo essere stato sbattuto come un uovo da maionese.”
“Oh, guarda, il rottweiler è
ancora tra di noi” commentò Vlad con voce appena divertita “A cuccia, Fido, per
colpa tua abbiamo tutta la moquette del camper che puzza di vomito solforoso.
Personalmente lo trovo gradevole, ma scommetto che un bell’incenso all’oppio
aprirebbe meglio i chakra della scimmietta, e siccome appena si lava via il
sangue di dosso devo riscuotere il mio debito…”
Sospirò rassegnato e Eva agitò
debolmente la mano, distogliendo lo sguardo.
“Fottiti.” disse, ma senza
convinzione.
“Lo sai che aspetto te.” rispose
Vlad sottovoce: Eva non trovò proprio nessuna espressione adeguata per
controbattere.
* * *
Gino e Lorella dormivano. Chissà se
gli umani si rendevano conto di quanto fosse prezioso il dono del sonno: beata
incoscienza, almeno per poco… gli Ultraterreni erano costretti a vegliare
sempre. A pensare sempre. E durante la notte, quando il buio addolciva i
contorni spietati della realtà, tanti, troppi pensieri erano inutili.
Eva pensava alle mani.
Le mani di Raf, tiepide, bianche,
innocenti. Quelle mani ferme che le sfioravano il seno, senza malizia, senza
peccato. Così agognate e pure, così impossibili e lo stesso così desiderate…
Le mani di Vlad, dure, sporche,
implacabili. Quelle stesse mani che avevano avuto un fremito, una carezza
rubata, così impossibile e lo stesso così desiderata…
Eva si chiese angosciata dove
sarebbe finita a furia di pensieri così assurdi: più pensava a Raf e Vlad e più
i contorni delle cose sfumavano, più i confini dell’impossibile si facevano
tenui, vaghi… pericolosamente accessibili.
Spaventata, amareggiata e
tuttavia piena di assurda speranza, Eva chiuse gli occhi e provò a pregare: il
suo mesto surrogato di sonno umano.
Pregò a lungo, senza pensare,
perdendosi nella confortante litania di parole note, cullata dalla guida
monotona di Raf. Vlad se ne stava seduto di fianco a Raf, le lunghe gambe
indolentemente accavallate e lo sguardo annoiato fisso fuori dal finestrino.
Muto, miracolosamente: ma non per questo meno pericoloso.
“Dove andiamo?” sentì chiedere
dalla voce bassa di Raf.
“Cazzo ne so” rispose scorbutica
e arrogante la voce di Vlad “A fanculo, se preferisci.”
“Sei tu che mi devi dire da che
parte” insistette la voce di Raf, pacata e paziente “Ti ricordi, vero,
dell’incontro con gli altri Demoni Capitali?”
“Si mi ricordo.” sbuffò Vlad
imbronciato.
“Allora?”
“Allora cosa?”
“Da che parte devo andare?”
“Dritto.”
Raf gli rivolse un rapido sguardo
pietoso.
“A volte sei davvero pesante.”
mormorò sottovoce.
“Ha parlato il menhir alato.”
“Non ti stanchi mai di fare
sempre il cattivo?”
“E tu, vuoi farmi un pompino?”
Raf sospirò e tacque per un lungo
momento.
“Allora, da che parte?”
“Uffa, Bambi, che palle! Dritto
ti ho detto.”
“Dritto dove?”
“Dritto e basta.”
Eva suo malgrado sorrise, mentre
il dotto scambio di botta e risposta tra Vlad e Raf continuava imperterrito
fino alle prime luci dell’alba. Solo allora si accorse che non aveva più avuto
bisogno di pregare.
NOTE DELL’AUTRICE
Mi scuso davvero col cuore del ritardo e della
discontinuità, ma per cause indipendenti dalla mia volontà mi è impossibile
agire diversamente.
Sappiate che siete comunque e sempre nel mio cuore e che
ringrazio uno per uno per i consigli, le critiche, l’entusiasmo, la simpatia…
per tutto, insomma!
A presto, speriamo
Elfie