Sailor Moon - Dentro di noi
Note: ho deciso; saranno quattro capitoli. Ancora uno alla
fine. Risposte alle recensioni in fondo, grazie mille a chi ne lascia :)
DENTRO
DI NOI
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
'Yuna!'
La ragazza smette di
correre.
Lui le si avvicina da
dietro. 'Non hai lasciato che
finissi, perché sei scappata?'
Grosse lacrime cadono
dagli occhi di lei. Si volta, ma non riesce a guardarlo.
'Come fai a chiedermi
perché? Stavi dicendo a tutta la classe che hai vinto la tua
scommessa, no?'
Tenta nuovamente di
scappare, ma lui le afferra un braccio. E la stringe contro di
sé.
Lei ha gli occhi
spalancati contro il suo petto.
'Stavo per dire che sono
stato uno stupido ad accettare quella scommessa. Io... tu mi piaci
veramente, Yuna.'
Le prende il viso tra le
mani.
Si guardano negli occhi.
Si baciano,
in un disegno a due pagine.
....
....
Mamoru era... perplesso.
Chiuse lo shoujo manga: la storia era finita.
A parte il bacio finale, non capiva cosa ci fosse di romantico nella
trama: il protagonista maschile, prima della scommessa, non aveva mai
guardato
la ragazza e, dopo, aveva iniziato ad interessarsi a lei principalmente
perché si era dimostrata carina e accomodante.
Non era detto, ma gli sembrava chiaro.
Aveva sperato di trovare uno spunto per capire meglio cosa potesse
desiderare Usagi, ma dubitava che desiderasse vedersi ignorata per
tutto il
tempo, solo per poi ricevere una dichiarazione finale saltata fuori dal
nulla.
Eppure il manga sembrava esserle piaciuto in libreria; ricordava ancora
quello sguardo... strano. Forse lei non lo aveva letto per bene, visto
che erano rimasti lì giusto per una ventina di minuti.
O forse le erano piaciuti i disegni. Supponeva che la mangaka
avesse una certa abilità.
O magari ancora, semplicemente, aveva dei gusti diversi dai suoi.
O forse... rigirò il manga in una mano. Forse quello era il
tipo
di storie che piacevano alle ragazze. Storie in cui venivano sorprese
dall'idea di poter far innamorare di sé qualcuno di prima
inavvicinabile, quando per tutto il tempo avevano coltivato
un'infatuazione per il ragazzo
in questione, un interesse che era parso senza speranza, almeno
all'inizio.
Beh, il manga glielo avrebbe regalato, era stata sua intenzione farlo
fin da quando lo aveva comprato.
Comunque, se la sua ultima idea era giusta, non aveva niente a che fare
con la loro situazione: se c'erano due parole che Usagi non aveva mai
associato in passato, erano il nome di lui e 'infatuazione'.
Prese a guardare il soffitto.
Anche se...
All'improvviso, sorrise.
Usagi non stava più in sé dalla gioia.
Erano passati solo due giorni dall'ultima volta che lo aveva visto, ma
Mamoru le mancava già così tanto.
Prese la borsa e si diresse di corsa verso la porta.
«Usagi?»
«Oh, ciao mamma. Sto uscendo, tornerò
tardi.»
«Come? Aspetta, torna qui.»
Tornò indietro, entrando in cucina. «Sono un po'
in
ritardo.»
«Per cosa? È domenica, non c'è
scuola.»
«Lo so, è che ho un... sì,
voglio dire, sono... »
Sua madre si abbasso per guardarla meglio. «Quello
è...
rossetto?»
«Eh?» Sentì il viso in fiamme.
«No, no, solo un po' di
lucidalabbra. Non... non si nota troppo, vero?» Non voleva
essere
troppo sfacciata con il suggerimento.
Sua madre iniziò a ridere sommessamente. «No, si
vede solo
da vicino. Hai un appuntamento?»
Ma perché non riusciva a smettere di arrossire?
«... sì.»
«Sono molto contenta per te, Usagi-chan. È un
bravo
ragazzo?»
«Oh sì, bravissimo.» Mamoru e bravura
erano due parole
profondamente legate.
«Bene. Un giorno fammelo conoscere.»
Annuì. «Certo. Allora vado, ciao,
mamma!»
«Ciao. Divertiti!» Ikuko urlò l'ultima
parola:
Usagi era praticamente già scappata.
Sorrise. Quell'entusiasmo, per lei completamente
nuovo, era tipico del primo amore.
La sua bambina stava crescendo. Si sentì travolgere dalla
tenerezza.
Kenji entrò in cucina. «Hmm, che buon odore cara.
Era Usagi
prima?»
«Sì. Oggi è uscita con... delle
amiche.»
Se avesse saputo, anche Kenji sarebbe stato travolto, ma da
furiosissime crisi di pianto isterico.
Appena nel precedente compleanno di Usagi aveva suggerito di regalarle
una bambola Ken per completare la sua raccolta. Dubitava che avrebbe
preso bene sapere che la loro bambina aveva iniziato a interessarsi a
modelli in carne ed ossa.
Era meglio introdurlo all'idea con
estrema lentezza.
Usagi fece un paio di giravolte su se stessa e una signora,
passandole accanto, ridacchiò.
Cercò di trattenersi per non attirare troppo l'attenzione,
ma... quello poteva essere il giorno del suo primo bacio!
Oh sì, lo voleva talmente tanto.
Smise di avanzare e iniziò ad arrossire
sempre di più.
L'idea si era fatta strada dentro di lei dopo il loro ultimo
appuntamento.
Lui l'aveva accompagnata a casa e, quando si erano salutati,
all'improvviso... non sapeva spiegare come fosse accaduto, ma gli
aveva guardato la bocca e aveva pensato che erano fidanzati e che lui
si sarebbe potuto avvicinare e che lei
avrebbe potuto alzare un po' la testa e... ahhh!
Era
arrossita come una sciocca e non era più riuscita a
guardarlo in faccia. Mamoru o non aveva capito o aveva pensato che
lei fosse una ragazzina.
E così non poteva andare avanti, no, no. Ora era
mentalmente preparata!
Riprese a camminare.
Come sarebbe
successo?
Beh... non ne aveva idea, per quanto avesse passato ormai parecchio
tempo
a rimuginarci su.
Lei e Mamoru ora erano molto più in sintonia rispetto a due
settimane prima, ma tutti i modi in cui aveva sempre sognato di venire
baciata sembravano molto lontani da quelli che avrebbe scelto lui.
Camminavano di sera,
tenendosi per mano. Lui all'improvviso si fermava e delicatamente la
spingeva con le spalle ad un muro. Poi, senza dire una parola, si
abbassava su di lei e-
No.
'Io trovo che tu sia la
ragazza più bella che io abbia mai visto.' Lei arrossiva,
non riuscendo però a staccare lo sguardo da quello di lui.
'Per favore, esci assieme a me?'... '... sì.' I loro
sguardi erano incatenati l'uno all'altro. Senza potersi controllare,
avvicinarono i visi e-
No.
'Io ti amo, Usagi.' Lei
gli saltava tra le braccia, stupita da quella dichiarazione improvvisa.
Non avrebbe mai immaginato che... e invece ora lui le prendeva il
mento, sollevandoglielo e avvicinandosi a lei, fino a che-
No, no e no.
Quello non era Mamoru. Si trattava solo di fantasie che aveva avuto per
tanti mesi, ben prima di immaginare qualcuno di preciso nel ruolo
del ragazzo che l'avrebbe baciata.
Mamoru non si sarebbe mai comportato così; lui era
più riservato e poi non avrebbe mai detto certe... cose.
Si bloccò in mezzo al marciapiede.
Già... lui ancora non le aveva detto che l'amava.
Era certa che Mamoru l'amasse, però... le sarebbe
piaciuto tanto
sentirglielo dire.
Cercò di non prendersela: in fondo lui era molto... timido.
Pensarci le causò una piccola risata. Sì, Mamoru
non
amava le manifestazioni d'affetto pubbliche o
esagerate. Ad esempio, non aveva problemi a tenerle la mano, ma a volte
lo aveva visto guardarsi intorno con aria imbarazzata quando lei
insisteva per camminare a braccetto. Un po' si era risentita, pensando
che magari si vergognasse di lei, e una volta si era staccata del
tutto: se per lui doveva essere un fastidio, allora potevano anche
stare lontani! Non era stata una strategia studiata per fargli
cambiare idea, ma lui, prendendole la mano, si era scusato e
si era avvicinato fino a farle capire che voleva
ritornare nella posizione di prima. Lo aveva accontentato
volentieri.
Guardò il cielo con aria pensosa.
Sì, nei loro appuntamenti aveva imparato qualcosa: poteva
trovare il modo di fargli fare quello che voleva, di tanto in tanto.
Tornò ad avanzare, girando l'angolo.
Beh, comunque non voleva domandargli di farle una dichiarazione. Non
avrebbe saputo da dove cominciare, ma soprattutto voleva che lui ci
arrivasse da solo.
Doveva solo stare attenta a non dirlo lei per prima, già una
volta aveva quasi rovinato quell'importante passaggio e non poteva di
nuovo fare lo stesso errore. Su quel punto si sentiva intransigente:
doveva essere lui a dichiararsi per primo. Se lei lo avesse anticipato,
Mamoru
si sarebbe sentito in dovere di rispondere di conseguenza e allora non
sarebbe
stata una dichiarazione spontanea, sincera.
Sospirò.
No, sincera sì. Mamoru non avrebbe mai mentito su
una cosa simile.
Però... sbuffò. Non era chiedere troppo, no,
volere che lo dicesse prima lui?
No, non lo era. Annuì con la testa.
Poi... beh, poteva invece fargli capire che le sarebbe piaciuto tanto,
ma davvero tanto, che lui la baciasse.
Sorrise. Su quel punto non c'erano problemi. In quei due giorni le era
già sembrato di pazientare per anni, non voleva
più aspettare.
E magari... si immaginò che le dichiarasse il suo amore
dopo il bacio.
Sì.
Sì, riusciva ad immaginare benissimo una scena simile.
Riusciva a pensare al viso di lui vicino al suo, le loro labbra
staccate dopo il bacio, mentre la guardava e apriva la bocca per
dirle... arrossì di nuovo, in modo meno violento,
più
dolce.
Sarebbe stato perfetto, se fosse accaduto così.
Accelerò il passo.
«Che cos'è?»
Mamoru la osservò aprire il sacchetto che le aveva appena
dato. «Aprilo.»
Aveva già capito che ad Usagi piacevano molto le sorprese.
Quando lei tirò fuori il manga, la sentì
rilasciare
un'esclamazione di incredulità.
«Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere averlo.»
«Oh... è bellissimo.»
Il manga? Non proprio. Ah, no, si riferiva al
regalo.
Usagi gli rivolse un sorriso felice.
Aveva un modo di sorridere che, da solo, riusciva a farlo
stare meglio, a fargli capire che c'erano migliaia di cose belle al
mondo, ma che lui era abbastanza fortunato da averne una solo per
sé.
Usagi gli buttò le braccia al collo.
Lui attese con una
sorta di trepidazione quello che sapeva sarebbe venuto e, appena dopo,
sentì il tocco leggero delle labbra di lei sulla faccia.
«Grazie tantissime, Mamo-chan. È proprio un bel
regalo.» Si staccò, senza lasciargli il tempo di
ricambiare il gesto.
Lui inspirò inconsciamente,
tentando invano di risentire almeno il profumo della
guancia di lei.
Avrebbe dovuto essere più deciso: era solo un bacio
sulla guancia.
Eppure non riusciva ad immaginare di abbassarsi all'improvviso e
semplicemente... farlo.
Non in pieno giorno, non in mezzo a tutta quella gente.
Però, quando era
lei a cominciare, semplicemente smetteva di pensarci.
Corrugò la fronte e si raddrizzò sul bordo
della fontana su cui si erano seduti. Erano paure da mocciosi alle
prime cotte.
«... ho detto qualcosa di sbagliato?»
Si girò. «No. Non
è... niente. C'è un posto che voglio farti
vedere.»
Usagi stringeva il manga tra le mani, contro il petto. Non voleva
ancora metterlo nella borsa.
Che cosa... dolce. Lui aveva visto quel manga solo per pochi attimi e
ben due settimane prima, eppure le aveva portato proprio il volumetto
giusto. La copertina doveva essergli rimasta in
mente, ma ricordarsi un particolare del genere era talmente tenero.
Oh, Mamoru era proprio il
miglior fidanzato del mondo!
Ridacchiò tra sé, non riuscendo a pensare ad
altro.
Lui si girò a guardarla, un sopracciglio inarcato.
«Se non guardi dove metti i piedi, finirai col
cadere.»
Forse non proprio il migliore.
Tirò fuori la lingua e l'espressione vagamente
sorpresa di lui sfociò in una risata.
«Scusa.»
Lei avanzò velocemente, annullando la breve distanza tra
loro e iniziando a camminare accanto a lui.
«Non lo fai
apposta, vero?» Se ne sorprendeva lui stesso, era chiaro. E
non era la
prima volta, lo aveva notato.
Lui scosse la testa. «Temo di no.»
Doveva trovarla ancora buffa, in fondo; non avrebbe dovuto stupirsene.
Cercò di trovare il lato positivo. «Facciamo che
la prossima volta aggiungi anche il Testolina Buffa alla
fine. Potrebbe essere un nome affettuoso.» Quell'idea era
uscita dal
nulla e non le sembrò proprio buonissima. Ma se lui lo
diceva in un certo modo... sì, poteva diventare persino una
cosa romantica.
«Come Mamo-chan per te.»
«Non sembri entusiasta.»
«Ma no. Potrebbe essere una buona idea.»
«Sai» iniziò a sorriderle.
«Credo che non ce ne sia
bisogno. C'è già un nome con cui penso a te;
userò quello.»
Un nome con cui-? Gli si aggrappò al braccio, tirandoglielo
e fermandolo. «Quale?»
«Usa... ko.»
Si sciolse, letteralmente.
Le idee migliori le aveva sempre lui.
Ed era il fidanzato migliore del mondo.
O forse no.
Sbadigliò davanti all'ennesimo incomprensibile oggetto
tecnologico.
Si ricompose non appena Mamoru si avvicinò anche lui alla
teca. Lo sentì leggere il cartellino. «Nasa - TPS,
thermal
protection system.»
Che in linguaggio umano era?
Mamoru contemplò il pezzo. «Questa mostra
è piena
di oggetti incredibili, è molto raro vedere
campioni di
questo tipo. Volevo venire qui da diverso tempo ma mi piaceva l'idea
che venissi anche tu con me.»
Oh. L'aveva portata lì per condividere
con lei una sua passione. Si sentì un verme per non essere
riuscita ad apprezzare il gesto che fino a quel
momento; decisamente era lei ad essere una pessima fidanzata.
«Ti stavi annoiando?» le
chiese all'improvviso lui, sorridendo.
«No, no... solo...» si portò
una mano dietro alla
testa e rise, «Non ne capisco molto.»
Mamoru si rese conto che avrebbe dovuto pensarci prima: vagare tra le
stanze della mostra senza conoscere il significato degli oggetti
esposti doveva essere stato
di un tedio difficilmente sopportabile. Si abbassò un poco
verso di lei, indicando con la testa il pezzo accanto a loro.
«Questo
è un
campione del rivestimento esterno di uno Shuttle, i veicoli spaziali
americani. Ricopre per intero la struttura della nave e impedisce
al calore prodotto dal sole e dalla velocità di
bruciare tutto ciò che c'è all'interno: motori,
cabine... piloti. Per ottenere questa lega ci sono voluti anni di
tentativi, di fallimenti, ma gli scienziati che ci hanno lavorato hanno
continuato a provarci e alla fine hanno ottenuto quello che volevano.
Un tempo noi tutti non avremmo mai immaginato di poter
guardare il nostro pianeta dall'alto, invece, ora, grazie ad un
rivestimento
come questo, voliamo nello spazio.»
Usagi si ritrovò a osservare quello che poco prima le era
sembrato un qualunque pezzo di metallo. «Allora è
la forma
dei sogni.»
Mamoru si voltò verso di lei, colpito.
«Le persone hanno tanti sogni diversi. Per gli uomini di cui
hai
parlato» appoggiò un dito sul vetro,
«questa
è la forma che ha preso il loro sogno. Una forma che sta
permettendo il sogno di tanti altri.» Sorrise tra
sé. «Hai
ragione, è speciale.»
Mamoru rimase per un lungo attimo in silenzio, non riuscendo a produrre
un commento più intelligente di quello che lei aveva appena
tirato fuori.
Infine la portò verso un altro pezzo, sicuro che sarebbe
stata
capace di mettere a fuoco un'altra verità che a lui non
sarebbe mai venuta in mente.
«Oh, è fantastico!»
Usagi osservò la grande distesa erbosa della collina che
scendeva ai loro piedi. Non riusciva nemmeno a contare quante persone
fossero sdraiate sull'erba, a leggere, a parlare, a rilassarsi. I
bambini giocavano e
gli innamorati stavano distesi l'uno accanto all'altra.
Iniziò a saltellare e afferrò il braccio di
Mamoru. «Facciamolo anche noi!»
Lo trascinò di corsa fino ad un punto libero e si
lasciò cadere morbidamente sul terreno, mettendo le mani
sopra la testa.
Mamoru la osservò ridendo, ancora in piedi. Poi si
sistemò vicino a lei.
Usagi chiuse gli occhi, sentendo una calda brezza sulla pelle.
«Si sta
così bene.»
«Sì» concordò lui.
Rimasero ad osservare le nuvole che solcavano lentamente il
cielo, come a dare il tempo di ammirarle.
Forse era perché Usagi si trovava lì con lui, ma
a
Mamoru non avevano mai infuso tanta pace. E, in quella bella giornata,
in cielo c'era proprio ogni tipo di nuvola. «Quegli
stratocumuli hanno
delle forme davvero interessanti. Anche se» alzò
un
braccio, puntando la parte sinistra del cielo, «i cirri
più alti che si intravedono appena hanno una consistenza e
un colore più
vari.»
Usagi scoppiò a ridere. «Credo che tu abbia appena
parlato
di nuvole, ma non ho capito niente.»
Mamoru la vide girare
appena la
testa verso di lui, sorridendo con una dolcezza che era solo sua.
«Sai
tantissime cose. Insegnami. Quelle bianche e batuffolose lì
a destra cosa sono?»
Le parlò della conformazione, dell'altezza, dei tanti nomi
delle nuvole, tutto il tempo sapendo di non essere mai stato tanto
orgoglioso di se stesso come quando lei lo guardava con ammirazione.
Alla fine, Usagi non trattenne un'esclamazione di meraviglia.
«Wow. È
incredibile pensare che possano stare ad altezze tanto diverse.
Sembrano tutte dipinte nel cielo, come su un quad- ah!» Una
bambina le saltò su una gamba, di corsa.
Usagi la
seguì con lo sguardo, voltando completamente la testa,
mentre quella e un altro bambino più piccolo si rincorrevano
nel
tentativo di strapparsi dalle mani un palloncino.
Sorrise, ma, all'improvviso, la sua
attenzione fu attirata da qualcosa che stava
nell'erba, molto più vicino a lei.
«Ahhhh!» Scattò di lato, girandosi a
cercare Mamoru e
finendogli addosso con le mani che gli martellavano sul petto.
«Mandalo
via, mandalo via!!»
Mamoru alzò lo sguardo oltre Usagi, cercando di capire di
cosa di stesse parlando. Scorse una cavalletta che saltava via,
allontanandosi da loro. «È
scappata.»
«Sei sicuro?»
«Sì.»
Anche così Usagi girò con circospezione solo la
testa, non osando avvicinarsi a dove si era trovata prima. Dopo un
lungo
attimo, capì che quell'insetto era proprio sparito.
Tirò un sospiro di sollievo. «Grazie
mille.»
«Non ho fatto niente.»
Fu solo in quel momento che si accorse che il respiro che lui
aveva emesso con quell'ultima parola le era finito su una guancia.
Immobilizzò lo sguardo sulla prima cosa che i suoi occhi si
trovarono davanti: la bocca di Mamoru.
Oh.
Non si mosse. Non si allontanò, né si
avvicinò.... non lo aveva fatto nemmeno lui.
Piano, con incredibile lentezza, alzò lo sguardo. E dopo il
naso dritto, dopo la guancia, vide finalmente i suoi occhi; di un blu
che non era più solo blu, ma il colore della notte
più profonda.
Non stava più respirando. Percepì, con
chissà quale senso, un lieve movimento: del proprio corpo o
del suo, non ne aveva idea. Chiuse gli occhi, preparandosi alla
sensazione più-
BAM!
Per poco non saltò in aria. Incredula, si girò
mentre
accanto a loro arrivava uno dei due bambini di prima, in lacrime.
«Il mio palloncino!!!»
Il suo palloncino?
E il suo bacio? Iniziò a sentire la
tentazione di piangere pure lei.
La bambina più grande si unì a loro, indicando il
fratello con un dito accusatore. «È stata
colpa tua!» La sua attenzione sembrò venir
catturata da
qualcosa di molto più interessante; sul piccolo
volto si
dipinse un grosso sorriso entusiasta, «Vi stavate
baciando!»
Lei e
Mamoru si staccarono in un quarto di secondo netto, rimettendosi in
piedi.
Un uomo arrivò di corsa. «Mizuko! Ti avevo detto
di non correre col
palloncino!»
«Ma l'ha rotto lui!»
L'uomo si abbassò a prendere in braccio il ragazzino
piangente. «Lui è più piccolo di
te.» Si
rivolse a loro due. «Scusate.»
Ridacchiò. «Mia
figlia ha una fissazione per i baci.» Prese per mano la
bambina e
annuì, come se tutto fosse stato risolto.
«Continuate pure.» Si allontanò con i
figli.
Molti istanti dopo, Usagi era ancora completamente paralizzata,
con addosso un sorriso stupidamente mortificato.
«Ah...»
Si girò con scatti legnosi verso la voce di Mamoru.
«T-ti porto a casa?»
Con un paio di scricchiolii, la sua testa riuscì ad annuire.
Disastro, un completo disastro.
Mamoru continuò a pensarlo fino a che non arrivarono al
muretto dietro la casa di Usagi.
Come aveva potuto reagire in modo tanto stupido?
E ancora lo stava facendo! Ancora non le aveva detto una sola parola
oltre
il minimo
necessario, si era limitato a scambiarsi con lei un paio di
sguardi
impacciati. Da moccioso alla prima cotta.
Usagi si fermò prima di girare l'angolo e
ritrovarsi davanti alla porta di casa sua.
Gli aveva detto che suo padre poteva
non essere pronto alla novità di lei con un fidanzato e lui
l'aveva
trovato quasi divertente, ma aveva capito.
La osservò mentre ancora non riusciva a guardarlo. Infine,
la
sentì emettere un lungo sospiro, che in quel momento gli
sembrò di rassegnazione e delusione.
No, lui non era un moccioso alla sua prima cotta. Era un uomo con la
prima donna che amava.
La afferrò piano per entrambe le braccia. «Mi
dispiace.»
Usagi rilasciò un sorriso, incontrando il suo sguardo.
«...
È stato imbarazzante, vero?»
Lui annuì con riluttanza. «La prossima volta non
sarà
così.» Riuscì a infonderle nello
sguardo ciò
che aveva
voluto: speranza e felicità.
La lasciò con un braccio, usandolo per rovistare nella tasca
laterale dei pantaloni. «C'è una cosa che volevo
darti oggi.»
Lo sguardo di lei si abbassò, incuriosito.
Lui tirò fuori un paio di chiavi e gliele
porse. Furono accettate su un palmo.
«Sono le chiavi del mio appartamento. Questa è per
il
portone di
sotto e questa-» si fermò, colpito
dall'espressione attonita
di
lei.
«Le chiavi di casa tua?» la sentì
ripetere.
«Sì.»
Lei le prese nell'altra mano, toccandole con la delicatezza riservata
ad un raro tesoro.
Gli si gettò addosso all'improvviso, stringendogli il torace
in una
morsa che si poteva definire mortale, deliziosamente mortale.
Ridendo, la avvolse anche lui contro di sé, abbassandosi
fino a poterle parlare quasi all'orecchio.
«Così puoi entrare quando vuoi, anche quando non
ci sono.»
Usagi annuì contro il suo petto. Quando si
allontanò per
guardarlo, lui le prese la faccia tra le mani. «Non
piangere.»
Lei scosse la testa, piano. «No, sono lacrime di gioia. Sono
una
sciocca, ma sono troppo felice.» Gli prese il volto tra le
dita, fino a che lui non sentì il freddo delle chiavi
sulla guancia. «Ti amo, Mamo-chan.»
Respirare sembrò non avere più importanza. Con la
parte di mente che ancora gli funzionava, notò lo
sguardo di Usagi che si posava sulle chiavi. «Ti amo
tantissimo.»
E lei era tutto per lui.
Tutto quanto.
Le asciugò gli occhi e le ciglia di lei si abbassarono;
tornò a guardarlo come se non potesse farne a meno.
Nemmeno lui riusciva a immaginare come avesse fatto a vivere senza
di lei per tanto tempo.
Le sfiorò le labbra con un dito.
Gli occhi di lei si spalancarono appena e il rossore le
imporporò le guance.
Non era imbarazzo, era calore d'amore.
Si sentì circondare il collo dalle sue braccia e si
abbassò fino ad avere la fronte contro la sua.
Chiusero gli occhi nello stesso momento.
«CRIIIIIIIIIIIIIIK! THUMP!»
Usagi si voltò, senza più parole o espressioni,
verso la
sua vicina di casa. Aveva sbattuto con la bicicletta sul proprio
muretto.
Era una signora di sessant'anni molto simpatica e la conosceva
da
quando era nata, ma in quel momento l'avrebbe squartata viva.
«Ah, ciao Usagi-chan.» Almeno sembrava imbarazzata.
«Scusa se...» Guardò in molte
direzioni, ma anche in quella della casa di lei.
... cavolo.
Si alzò in punta di piedi, fino a poter appoggiare un
bacio sulla guancia di Mamoru. Con lo sguardo gli fece capire che per
lei era tutto a posto,
per quanto potesse esserlo in quel momento. «Devo parlare
con-... per-... »
Lui annuì. «Ho capito. Ciao... Usako.»
Le uscì un sospiro e lo seguì con lo sguardo
mentre si allontanava.
Fece una breve corsa verso la vicina che si stava preparando a
entrare dentro il proprio giardino con la bicicletta. Le tenne aperto
il cancello. «Signora Shizaki, ecco... so cosa sta pensando,
ma lui
non-»
«Bimba mia» la interruppe lei con affetto.
«Dubito che tu sappia a cosa
sto pensando.»
«No?» domandò Usagi, con cautela.
«Non ti devi preoccupare, non lo dirò ai tuoi
genitori.
Perché vedi... stavo pensando che quarant'anni fa facevo la
stessa cosa con mio marito, davanti alla mia vecchia casa.»
Le sorrise. «Però il tuo ragazzo è
più carino.» Abbassò
la voce con fare cospiratore., «Ma non dirlo al signor
Shizaki.»
Usagi proruppe in una risata.
«Scusami per averti interrotto, piuttosto. Per il resto, sta'
tranquilla.»
«Grazie mille.» Usagi terminò di
ridacchiare. «Grazie
davvero.» Si girò e corse verso casa sua.
Quella notte, rimase a fissare il soffitto.
Due volte!
D.u.e v.o.l.t.e!
Le era sembrato quasi che le loro labbra si
toccassero e invece...
Sospirò, rigirandosi nel letto e cercando di prendere sonno.
All'improvviso, qualcosa colpì la finestra.
Usagi si alzò per controllare e, quando fu
abbastanza vicina, vide una rosa dietro al vetro. Spalancò
le ante e scrutò l'orizzonte, senza però
scorgere nessuno.
Sorrise, scuotendo la testa e prendendo in mano il fiore; aveva
già i petali al naso quando si
rese conto che sul gambo c'era un foglio piegato più volte
su se
stesso.
Si buttò sul letto e accese la lampada sul comodino.
Voglio
davvero farlo.
E voglio
davvero dirtelo.
Presto.
Si sdraiò sulla schiena, appoggiandosi il messaggio sul
cuore, la parte di lei che quelle parole erano già riuscite
a toccare.
Ridacchiò e corse a chiudere la finestra. Ributtandosi sotto
le coperte, spense la
luce.
Domani doveva arrivare prestissimo.
CONTINUA...
Risposte
alle recensioni:
luisina - sì, ho cercato di avvicinarmi allo stile
dell'anime,
per accentuare il lato leggero e divertente. Va un po' in contrasto con
le altre due storie che ho in ballo in questo momento; era quello il
mio scopo. Non ti preoccupare per avermi fatto notare gli errori: per
me quello che conta è che il testo sia al meglio e se non ci
sono arrivata da sola a vedere gli errori, che lo facciano altri
è solo un aiuto. Per gli altri complimenti, è
sempre un
onore sentir dire cose come queste.
chichilina - no, purtroppo Facebook non mi ha. :) Grazie per il
commento sulle storie scelte.
Sailor Uranus - sono contenta di averti trasmesso l'incertezza delle
prime fasi del rapporto tra questi due. Grazie anche a te per i
complimenti.
bunny1987 - accontentata :) Spero ti sia piaciuto
luciadom - sapere di riuscire ad emozionare è qualcosa che
ogni
autore vuole sentirsi dire. Grazie per averlo voluto rimarcare con
parole così belle. Spero
ti piaccia anche questo capitolo.
maryusa - qui finalmente Mamoru si era deciso, ma a quanto pare non era
destino (o mio volere :) ) Divina, addirittura. :)
Ami_mercury - spero lo sia anche questo capitolo; devo ammettere che mi
piace un
po' più dell'altro, forse perché ho trovato un
paio di
soluzioni narrative che considero azzeccate.
ISA1983 - grazie per ogni parola. In questo capitolo mi sono
concentrata più su un rapporto già un minimo
consolidato,
perché appunto sono già usciti insieme un po' di
volte.
Curiosità soddisfatta anche per te. :)
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