Vi ricordate la saga di Tsubaki, vero? Stavolta, attingo dal manga e non dall’anime. Perciò, niente
sacerdotesse rosse/bianche o altri riempitivi inutili.
Tsubaki,
la vecchia nemica di Kikyou, sollecitata da Naraku, si impossessa
di Kagome, cerca di farle uccidere Inuyasha, ma viene battuta.
Kikyou ha
una breve, ma per me significante apparizione all’interno della saga di Tsubaki, che io ho, da sempre, “letto” in questo modo.
Pedine.
Anch’io
sono questa? Solo una delle tante pedine nel suo gioco? Un piccolissimo
frammento di un mosaico?
Perché
desidero di più, allora? Perché voglio sentirmi
libera?
Ah, quanto lo odio! E lui lo sa. Non capisco; lui sa cosa c’è nel mio cuore …
lui lo tiene in pugno.
E guardalo,
seduto tranquillo davanti allo specchio di Kanna, a
godersi lo spettacolo.
Guardalo, con quale destrezza manovra
i fili delle passioni, di bisogni e desideri; mentre tesse paziente la sua tela
e, come un artista, rimira soddisfatto il risultato, compiaciuto della propria
abilità.
Ha fatto leva sull’avidità, sull’odio
e sulla gelosia della kuro miko,
Tsubaki. Con che facilità l’ha trasformata nella sua
ennesima pedina!
Gli è bastato sventolarle sotto
il naso l’esca della vita eterna e della vendetta contro Kikyou, che la umiliò e la sconfisse tanti anni fa.
Quanto possono
essere persistenti i moti dell’anima umana!
Kagura
non manca mai di stupirsene. Dopo tutto questo tempo, sembra quasi che per la miko sia più importante vendicarsi di
Kikyou, annientando la sua reincarnazione, che appropriarsi della Shikon no Tama.
Ed ecco
che il fantoccio di Naraku la provoca.
“Quella ragazza chiamata Kagome,
è la reincarnazione di Kikyou, Tsubaki. Dovrai
impegnarti di più, se vuoi sconfiggerla.”
E subito, la
vecchia maldestramente travestita da giovane raddoppia i suoi sforzi. Infine,
la sua passione riesce là dove i suoi poteri stavano
per fallire.
Un’altra pedina da aggiungere sulla
scacchiera. Stavolta, la ragazzina del futuro. Quella Kagome offre resistenza.
Attacca Inuyasha; ma, al tempo stesso, gli grida di fuggire.
Naraku sorride. Come sempre,
mostra interesse quando la partita si fa più avvincente.
“Tsubaki.
Se Inuyasha fugge, uccidi Kagome con il tuo juso.”
E ora
anche Inuyasha è diventato involontaria pedina di questo gioco. Mentre è costretto a vedersi puntare contro per la seconda
volta una freccia dalla donna amata, la sua stessa presenza diventa a sua volta
un sofferto tormento per la ragazza ormai priva di controllo sul proprio corpo,
ma del tutto consapevole di quanto sta accadendo e della propria impotenza.
Kagura
rabbrividisce, disgustata; quasi si sente addosso quei
lacci invisibili che Naraku sta tirando.
Poi, d’improvviso. Il fantoccio viene fatto a pezzi con un unico colpo. Naraku,
involontariamente, sussulta per la sorpresa.
Riflessa nell’immagine dello
specchio di Kanna: Kikyou.
Kagura
vede Naraku irrigidirsi.
Ecco qualcosa che non avevi previsto, vero, Naraku?! Esulta.
Naraku segue attento la lotta di
volontà tra le due miko.
Tsubaki
sfida la sua antica nemica, e rivela a Kikyou le intenzioni di Naraku. Di nuovo, come quella volta, l’uno contro l’altra …
Kagura
sorride tra sé. Tra poco, ne è certa, ci saranno due miko morte all’interno del tempio.
E
invece.
Accostando la bocca all’orecchio
di Tsubaki fin quasi a sfiorarlo con le labbra,
scandendo piano ogni parola, Kikyou risponde.
“Tsubaki.
Non ho intenzione di interferire, qualunque cosa tu abbia
intenzione di fare a Kagome. Ma se ti azzarderai ad attaccare Inuyasha … in
quel momento, io ti ucciderò.”
Senza quasi attendere risposta,
Kikyou lascia bruscamente la chioma bianca di Tsubaki
così duramente trattenuta fino a un momento prima, e
se ne va.
Kagura
resta gelata dalla sorpresa. In quel momento, Naraku scoppia a ridere, di una
risata profonda e soddisfatta.
“Non capisco.” Le parole sfuggono
dalle labbra di Kagura prima che possa
trattenerle.
Quando è
dell’umore giusto, a volte Naraku la mette a parte dei suoi pensieri. Questa è
una di quelle volte.
“Ah, Kagura.
Non dimenticare che cosa è Kikyou, ormai. Non lasciarti ingannare dal suo aspetto, come fanno in molti.
Ciò che la anima è e resta, semplicemente, odio. Povera, fragile, perduta
Kikyou … non è altro che una marionetta manovrata da un risentimento di cui non
potrà mai liberarsi. E così anche lei ha finito per servirmi; come, d’altronde,
fa qualsiasi altra cosa.” Le lancia una significativa occhiata in tralice, che Kagura
decide di ignorare.
“Eppure,
hai sentito cos’ha detto. Non vuole che Inuyasha muoia.”
“No. Non vuole che Inuyasha venga ucciso da mani che non siano le sue. Taci, ora.
Vediamo cosa farà Inuyasha, adesso che la vita di Kagome è ostaggio della kuro miko.”
La battaglia prosegue.
Forse è solo un’impressione di Kagura, ma le sembra che gli attacchi di Tsubaki a Inuyasha siano poco
convinti. Infine, la miko scaglia la maledizione contro
Kagome. In pochi istanti tutto finisce.
Lo shikigami
dalla forma di serpente viene ribaltato contro Tsubaki.
Il potere di Tsubaki
è dissipato.
La kuro
miko fugge, sconfitta.
L’espressione di Naraku è imperscrutabile.
Kagura
apre un poco il suo ventaglio, portandoselo davanti alla bocca per mascherare il
volto.
“Quella Kagome si è rivelata
molto più resistente del previsto, Naraku.”
Naraku gira appena il viso a
cercare i suoi occhi cremisi e scintillanti.
“Anzi. Mi sembra che questa esperienza l’abbia resa più forte e pericolosa di
prima. Se mi permetti di dire la mia, Naraku, forse
sarebbe stato meglio lasciare da parte certi giochetti ed ucciderla finché era
possibile …”
“Stai zitta.”
“ …invece di indugiare in una
vecchia pantomima. Chissà cosa starà pensando di te in questo
momento quella miko morta … ”
“Taci!”
Con una voce sommessa e
ossequiosa, prosegue.
“Perdonami se ti ho turbato,
Naraku. Forse preferisci stare un po’ solo con i tuoi pensieri. Se hai bisogno di me, chiamami pure. Sono sempre pronta a
servirti … come qualsiasi altra cosa.”
Si gira e lascia veloce la
stanza, prima che lui possa ribattere.
Ah, Naraku, credo che quella Kikyou sappia molto bene quanto sono persistenti
i moti dell’anima umana!
Senza riuscire a trattenersi
oltre, per la prima volta nella sua vita di schiava, ride di un riso libero
come il vento.