Il 2 maggio
- Oggi siamo qui per ricordare. Ricordare la grande
semplicità degli uomini, che non per loro scelta, sono
diventati eroi!
Harry stava in piedi su un palco, con un leggio davanti. Gli stendardi
del Ministero della Magia e di Hogwarts troneggiavano per tutta la Sala
Grande, mentre tutti gli studenti e i professori sedevano su delle
gradinate di legno poste davanti al palco, nel posto solitamente
occupato dai tavoli. Su di esso c'erano un centinaio di sedie, dove
sedevano i combattenti di Hogwarts e le loro famiglie. Era il 2 maggio,
la Festa della Vittoria. La festa da cui aveva preso il nome Victoire,
perché nata in quel giorno.
A Teddy era stato chiesto se voleva salire sul palco, come aveva fatto
fino all'anno prima, ma aveva preferito stare in mezzo ai loro amici.
- Oggi siamo qui per ricordare tutti i morti che, volontariamente o
involontariamente, si sono opposti a Voldemort e sono morti per questo
– continuò Harry – siamo qui per
ricordare Cedric Diggory, Sirius Black, Albus Silente, Malocchio Moody.
Siamo qui oggi per ricordare chi ha dedicato la sua intera vita alla
redenzione, perché loro sono eroi tanto quanto gli altri!
Siamo quindi qui per ricordare Regulus Black e Severus Piton!
Un caloroso applauso dell'intera platea lo interruppe. Teddy si
unì, ma era triste. Ogni anno, quel giorno, si ricordava
quanta gente aveva perso per causa di quella stupida guerra. I suoi
cugini, Sirius e Regulus, il suo nonno omonimo, sua madre e suo padre.
- Siamo qui a ricordare le vite spezzate di quei giovani ragazzi, che
avevano la vostra età o poco più, che trovarono
la morte per permetterci di essere liberi! Ricordiamo Fred Weasley, che
ha dedicato la sua vita alla felicità ed è morto
per difendere la nostra! Ricordiamo Colin Canon, che ha combattuto con
tutto sé stesso per abbattere chi non gli permetteva di
esercitare la magia perché Nato Babbano. Per lui e per tutti
i Nati Babbani che sono morti e che hanno combattuto oggi dobbiamo
ricordare! Per tutte le famiglie stroncata dalla violenza razzista dei
Mangiamorte! A Edward Tonks, il cui nipote oggi porta orgogliosamente
il suo nome!
Teddy aveva la pelle d'oca. L'applauso scatenato da quell'ultima
affermazione lo aveva reso felice e ancora più triste nello
stesso tempo. Felice perché era fiero del nome che portava,
triste perché non sapeva se ne era degno. Suo nonno aveva
combattuto due guerre, lui invece stava infrangendo una cinquantina di
regole, indagando in proprio. George era pallidissimo. Guardava assente
le foto che erano state appese dietro di loro, quelle di tutti i
caduti. Dennis Canon era dello stesso colorito ed era appoggiato contro
una parete, a capo chino. Nonna Weasley stava piangendo, mentre
Andromeda e Percy avevano gli occhi lucidi.
- A chi ha sacrificato la bellezza di essere genitore per garantire ai
propri figli un mondo migliore! A James e Lily Potter, a Frank e Alice
Paciock, a Ninfadora Tonks e Remus Lupin!
Andromeda scoppiò a piangere e Teddy si sentì
cadere. Non sapeva perché, ma ogni volta che Harry, ogni
anno, pronunciava i nomi dei suoi genitori, sentiva qualcosa rompersi
dentro di sé. Sperava fino all'ultimo che i suoi genitori
fossero ancora vivi e che da un momento all'altro spuntassero
all'improvviso e lo abbracciassero, ma tutto crollava quando Harry
pronunciava i loro nomi.
Guardò gli spalti. Alcuni applaudivano, altri erano
più mogi. Gli studenti più vecchi erano entrati
in quella scuola negli anni immediatamente successivi alla guerra e
avevano conosciuto studenti che avevano frequentato Hogwarts sotto i
Carrow. Bartemius in un angolo si asciugava gli occhi. Non si erano
parlati tanto in quei pochi giorni tra la scoperta dell'assassino del
papà di Teddy e la festa del 2 maggio. Bartemius aveva
preferito chiudersi in te stesso e darsi la colpa per suo padre, come
al solito. Avrebbe voluto parlarci, ma Anne gli aveva detto di
desistere, non sarebbe stato utile.
- Siamo qui per ricordare tutti coloro che sono morti, feriti, tutti
coloro che si sono impegnati per farci lavorare, studiare, vivere in
libertà! Ma il ricordo non è nulla senza
l'impegno. Non abbiamo bisogno di eroi, ma di gente consapevole!
Studiate, leggete, informatevi. E a chiunque oggi scappa, che vuole
minacciare la nostra libertà e si rifugia, aspettando il
momento giusto per attaccarci, sappiate che chi di dovere
agirà e vi colpirà, senza alcuna pietà!
Un tripudio di studenti e fischi si alzò dalla folla, mentre
Harry salutava la folla. Sembrava stanco. Era un bravo oratore, ma il
discorso di quel giorno non era stato bello ed emozionante come quelli
che aveva fatto negli anni precedenti. Pareva che non avesse la minima
voglia di salire su quel palco. Lo capiva, non doveva essere semplice
commemorare delle persone che erano morte per fermarne delle altre,
mentre quelle altre erano di nuovo in libertà. Capiva Harry.
Come lui e Bartemius si sentiva in colpa per tutto. Era da anni che si
dannava per qualsiasi piccolo errore della sua vita, per ogni morte che
era accaduta in guerra. Certe volte, quando stavano insieme, notava che
Harry lo osservava triste, come se vedesse i suoi genitori.
Un misto di studenti e sopravvissuti si alternavano davanti al leggio,
leggendo i nomi di tutti i morti uccisi dai Mangiamorte. Victoire
intanto si stava arrampicando sulla gradinata alla sua ricerca.
- Teddy – urlò quando lo vide. Baston e Anne
scoppiarono a ridere, mentre molti studenti più anziani si
giravano a guardarli. Teddy arrossì e sentì
sprofondare. Come faceva quella diavolo di bambina a fregarsene di
tutto quello che le accadeva intorno?
Victoire lo abbracciò – Mi sei mancato!
Teddy si sentì un po' come il gatto di Hermione,
Grattastinchi. Victoire lo stritolava e lui miagolava dolorosamente.
Ora volevo miagolare dolorosamente pure lui.
- Anche tu Victoire, auguri! - biascicò, stritolato dalle
braccia della bambina.
Victoire era nata due anni dopo la Battaglia di Hogwarts, la prima
della nuova generazione Weasley.
- Grazie mille! E' il mio compleanno – urlò alla
platea.
Molti la ignorarono, altrettanti le urlarono gli auguri, la McGranitt
sorrise. Bill Weasley si guardava intorno imbarazzato, mentre George lo
guardava sorridendo malignamente. Era il primo sorriso che il gemello
faceva quel giorno.
*
Sua nipote era un genio, pensò George guardando Victoire.
Quando lui era piccolo, anche se era tutto tranne che timido, era
comunque in difficoltà a relazionarsi con una ragazza che le
piaceva. Lei invece era un'abbordatrice da bar, andava dritta verso il
suo obbiettivo fregandosene di tutto quello che le accadeva intorno.
Tipo che si trovavano in mezzo a una cerimonia di commemorazione o che
un intera scuola la stava osservando. Che bello essere menfreghisti,
non avrebbe mai voluto essere nei panni di Teddy. Era talmente rosso
che perfino i suoi capelli stavano assumendo sfumature di quel colore.
Era grato a Victoire. Quel tocco di gioia che stava dando alla giornata
copriva il nero più profondo in cui George era stato immerso
fino a quel momento. Odiava il 2 maggio, odiava il 2 maggio con tutto
il suo cuore. Ogni volta che si svegliava quel giorno, si ricordava
tutto di quel giorno. Ogni singolo gesto. Si ricordava il suo
risveglio, la colazione con Fred, tutte le battute che avevano detto
prendendo in giro loro madre, la notizia della Battaglia,
l'arrivo a Hogwarts, le battute su Percy, la morte di Fred. Ogni 2
maggio si alzava e vedeva il parallelo tra quella giornata e quella
della morte di suo fratello.
- Cos'è quel sorriso? - le chiese Angelina di fianco a lui,
piacevolmente stupita. Non doveva essere facile essere sua moglie,
soprattutto in quei giorni, dove stava chiuso in sé stesso
per la gran parte del tempo. Era strano la vita con lei. Litigavano
spesso, anche se meno di suo fratello ed Hermione, ma gli piaceva
vivere con lei.
- Nostra nipote – rispose alla moglie a mo' di spiegazione.
- Quello è sangue Weasley, George
Lui annuì – Della miglior specie. Sicuramente non
ha preso da Flebo.
- Nemmeno da Percy.
- Hey vi sento! - bisbigliò il diretto interessato.
- Come se ce ne fregasse qualcosa, Percy – disse George,
facendo scoppiare a ridere Angelina.
Percy sbuffò e tornò a guardare cerimoniosamente
il leggio, dove un Grifondoro stava leggendo alcuni nomi di caduti.
Finalmente la cerimonia finì. Non che non capisse
l'importanza del momento, ma ogni anno era sempre una sofferenza
più grande. Fred non avrebbe mai conosciuto i suoi bambini,
non era stato suo testimone al suo matrimonio. Aveva chiesto un
permesso al Ministero per poterlo celebrare senza testimone, in modo da
lasciare simbolicamente la testimonianza a Fred.
- Zio – disse una voce dietro di lui.
Teddy lo aspettava seduto appena fuori dalla Sala Grande.
- Teddy – disse rivolgendogli un sorriso.
- Ho bisogno di parlare con te.
- Ti serve della roba?
- No, sta succedendo un casino. Ho bisogno di parlarne con qualcuno che
non sia Harry.
George si stupì. Se Teddy doveva parlare con un adulto,
quello era Harry. Non gli era neanche mai passato per la testa di
parlare con qualcun altro. Perché adesso non voleva
più parlare al suo padrino? E soprattutto perché,
tra tutte le persone di buon senso, aveva deciso di rivolgersi a lui?
- Dimmi pure.
- Non qui – borbottò Teddy guardandosi intorno
guardingo – abbiamo bisogno di un posto dove nessuno possa
sentirci.
George annuì e si diresse verso i sotterranei, aprendo un
passaggio segreto che ormai conosceva bene. Lo avevano usato lui e il
suo gemello come magazzino segreto.
- Non c'era questo nella mappa che mi hai fatto.
George sorrise – L'abbiamo costruito io e Fred quando eravamo
a scuola, al nostro ultimo anno. Ci serviva per nascondere della roba
dalla preside di allora. Una strega del peggior tipo. Che volevi dirmi?
Teddy si guardò di nuovo intorno, come se avesse paura che
qualcuno lo spiasse. Quel modo di comportarsi ricordò a
George quando Victoire era venuta da lui a parlare
“ipoteticamente” della sua cotta. La mattina in cui
aveva visto Rookwood, quel lurido bastardo.
- Abbiamo pedinato dei professori – disse bruscamente Teddy,
interrompendo il flusso di pensieri di George.
- E?
- Dawlish collabora con i Mangiamorte.
George annuì. Non gli era mai piaciuta la scelta di piazzare
quell'uomo come insegnante, ma si era fidato del raziocinio di Harry e
della McGranitt. D'altro canto, se dopo la morte di Silente avesse
trovato Piton, lo avrebbe ucciso. Lo stesso con Sirius prima che
scoprisse chi era veramente.
- Come fai a esserne sicuro?
- Lo abbiamo visto parlare con Mundungus Fletcher.
Il gemello si sentì morire. Nessuno sapeva del rapporto tra
Fletcher, Malfoy e di ciò che aveva visto sui Monti
Cambrici, a parte l'Ordine della Felice e l'Ufficio Misteri. C'erano
pochi dubbi, Dawlish era invischiato in quella faccenda.
- Cosa devo fare, zio? - gli chiese il ragazzino, con un misto di paura
e fierezza negli occhi. La stessa espressione che aveva suo padre. La
stessa che suo padre aveva prima di morire.
- Torna a scuola e non fare nulla di pericoloso. Al tuo padrino
è andata bene, ma della gente è morta per molto
meno. Dawlish è pericoloso, tu, per quanto geniale, sei un
ragazzo.
- Non lo dirai a Harry?
George guardò il ragazzo. Sembrava distrutto dai sensi di
colpa.
- Lo dirò, Teddy, e lui, anche se non lo dirà ad
alta voce, sarà fiero di te.
- Fiero?
- Credi davvero che Harry reputa quello che fai sbagliato? Tu hai
pedinato solo un insegnante, lui lo ha fatto più volte. Tu
hai visto un centauro suicidarsi, lui ha affrontato un cane a tre
teste. Da una parte ha paura per te, dall'altra si rivede.
- Non si arrabbierà?
George sorrise, addolcito dallo sguardo dubbioso di Teddy.
- No, non si arrabbierà. Magari eviterò di dirlo
a Hermione. Farebbe l'ennesima scenata.
- Lei e Ron hanno fatto pace?
- Ancora qualche mese e forse ritorneranno a parlarsi –
rispose George con un risata. Ma dentro di sé non c'era
felicità, solo una nuova grande paura.
*
Teddy non riusciva a dormire. Guardava fisso il baldacchino del suo
letto, mentre i suoi due compagni di stanza erano silenziosamente
assopiti.
Il 2 maggio era sempre così per lui; triste, violento e
solitario. La presenza della morte come fatalistico e inderogabile
finale di ogni vita si faceva palese. Lui era solo e non poteva fare
niente per porci rimedio. Avere amici, parenti o divertimenti di ogni
sorta era solo una distrazione dalla inevitabile sconfitta della vita:
la morte. Forse allora era davvero meglio cadere in battaglia, mentre
si combatteva per ciò in cui davvero si credeva. Una morte
eroica, indimenticabile, quasi inumana, affrontando a viso aperto la
morte stessa. Non sdraiato su un letto, circondato dai propri cari,
divorato da una malattia che gli toglieva ogni fierezza, che lo
rendeva, più di altra cosa, un uomo. Un uomo che si spegneva
esattamente come un Mangiamorte, mentre affrontava in modo triste e
doloroso la fine definitiva.
Un gracchio ruppe il silenzio della stanza, svegliando del tutto il
già insonne Teddy.
Plenilunio lo osservava dalla cima di uno dei tanti letti vuoti nella
stanza, cosa che provocò al ragazzo un colpo al cuore.
- Che ci fai qui? - sussurrò rivolto al corvo.
Quello, in tutta risposta, uscì dalla stanza.
Teddy sbuffò e si alzò dal letto. Notò
che non si era ancora tolto la divisa. La festa, Victoire e la
chiacchierata con George lo avevano talmente stremato che si era
perfino dimenticato di mettersi in pigiama. Se non fosse stato
così tanto triste, forse avrebbe trovato la cosa quasi
ironica. Calzò le scarpe e recuperò la bacchetta,
poi uscì. Il corpo svolazzava silenziosamente per una buia e
vuota Sala Grande, come se lo stesse aspettando. Appena lo vide,
volò fuori dalla porta.
- Lumos
– mormorò Teddy, mentre seguiva il suo animale
domestico.
Come al solito sapeva che stava facendo una cosa sbagliata, ma, sempre
come al solito, la sua curiosità stava avendo la meglio sul
suo buonsenso. Odiava quella sua parte di sé.
Teddy si sentiva attirato da dove stava andando. Doveva andarci.
Vari Auror controllavano i corridoi, ma nessuno riusciva a vederlo.
Passava loro di fianco con assoluta tranquillità e nessuno
di loro lo notava. Sembrava che Plenilunio lo stesse rendendo
invisibile. E la cosa strana era che a Teddy sembrava una cosa
normalissima.
Arrivarono alla Stanza delle Necessità. Dentro la stanza era
spoglia, a parte per un'enorme poltrona.
Fu allora, come quella volta nella Foresta Proibita, che
capì che il suo desiderio di venire in quel posto era
irrazionale. Ma, come quella volta nella Foresta Proibita, non era solo.
- Edward Remus Lupin – disse una voce femminile dalla
poltrona.
Una donna incappucciata dava le spalle a Teddy, fluidamente seduta. Sul
suo polso era appoggiato Plenilunio.
- Sei della stessa setta del tuo amico?
Quella rise. Non era una risata cattiva o rancorosa, ma divertita,
gioiosa, felice. Anche a Teddy venne voglia di sorridere. Si sentiva
così a suo agio con lei, come se la conoscesse da anni.
- Sì, possiamo dire così; siamo nella stessa
“setta” - gli rispose lei.
- E cosa vuoi? Aiutarmi anche tu?
La testa incappucciata annuì.
- Altri enigmi stupidi?
- No, quelli li lascio al mio caro collega. Io sarò diretta:
i Mangiamorte attaccheranno tra due settimane. Ci saranno
più offensive e sono sicuro che gli Auror, per quanto bravi,
se ne lasceranno sfuggire almeno una.
- Perché avvisi me? Io sono solo uno studente del primo anno.
- Perché sei l'unica persona con cui posso parlare.
- E per quale motivo?
La donna sospirò – Quando sarà il
momento capirai.
E sparì.
Angolo dell'autore
Sono tornato! Era da un po' che non mi si vedeva, a causa
della Maturità. Si procede verso la conclusione, spero tanto
che vi piaccia. Lasciate una recensione!
Alla prossima,
Ramo97
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