That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Hogwarts - II.011
- Slytherins vs Gryffindors (1)
Meissa
Sherton
Castello di Hogwarts, Highlands - mar. 26 ottobre
1971
Spalancai la porta della Sala Comune come una furia e mi trattenni a
stento dal continuare a correre, schivando le altre Serpi che si
trovavano sulla mia strada. Mentre mi muovevo con passo imperioso,
sentivo su di me gli occhi incuriositi e divertiti di molti, ma non me
ne curai: ormai ero abituata, detestavo la maggior parte dei miei
compagni di Casa, la loro altisonante boria, i loro assurdi pregiudizi
e non avevo certo alcuna intenzione di parlare con qualcuno di loro.
Finalmente in camera, tirai le pesanti tende del mio baldacchino e mi
nascosi alla vista del mondo, ripensando a quei pochi secondi di totale
follia… Una piacevolissima follia.
Salazar!
Mi appallottolai tra i cuscini, sul letto, tenendomi una mano sulla
bocca, il respiro ancora mozzato e il cuore a mille. Tremavo. Non
sapevo il perché. Non avevo freddo, anzi, sembrava che tutto
di me urlasse “al fuoco!”. Una voce dentro
indignata mi ripeteva
“Come ha osato? Come ha osato?”
Scuotevo la testa, per allontanare quei pensieri misti di vendetta e
offesa perché... Si trattava di Sirius… Sirius
Black… Ormai da mesi sapevo che lui mi piaceva, ed io per
prima avevo desiderato da tempo quel bacio, era talmente evidente che i
miei mi avevano bonariamente preso in giro e detto di stare tranquilla
e serena. Io stessa gli avevo dato un bacio a Herrengton. Di certo,
però, il mio non era stato un bacio come quello…
Io…
Sentivo la faccia riprendermi fuoco…
Io non gli avrei mai dato un bacio come quello, io… non
l’avrei mai abbracciato in quel modo…
E all’improvviso, come una serpe che si desta nella mente,
non riuscii a togliermi dalla testa i pettegolezzi spiati a mia madre e
le mie zie, un anno prima, le loro confidenze divertite dei loro anni a
Hogwarts… Quelle di zia Nora su Orion Black in
particolare… Di colpo non riuscivo a non pensare
che… se Sirius fosse stato come suo padre… Un
giorno…
Salazar!
Mi nascosi sotto le coperte, senza fiato… Mi vergognavo, e
al tempo stesso ero… emozionata? Avevo ridacchiato spesso
dei miei fratelli quando agivano “stranamente” a
causa di qualche ragazza di Inverness, e ora… Io ero sulla
buona strada per comportarmi allo stesso modo. In quel momento sentivo
forte il peso della solitudine che mi attanagliava ogni volta che
entravo nei dormitori di Serpeverde, la mancanza di mia madre, o di
qualcuno di totale fiducia con cui potessi confidarmi. Volevo bene a
Zelda, ma… Avrei voluto avere un’amica vera e
fidata cui raccontare, con cui ridere e sognare, ma sapevo che a
Serpeverde probabilmente non avrei mai potuto farlo. Nessuno doveva
sapere, là dentro, nessuno… o sarebbe diventato
tutto dannatamente complicato.
Dopo anni passati a temere Lucius, non riuscivo a togliermi dalla testa
che chiunque s’interessasse a me lo facesse solo per il nome
e le leggende che mi portavo dietro. Non capivo cosa potesse esserci di
interessante in me, che attirasse l’attenzione degli altri,
oltre la famiglia da cui provenivo. Era per questo che di tutti i
Serpeverde l’unico che apprezzavo e di cui amavo la compagnia
era Severus: essendo un Mezzosangue non poteva farsi fantasie strane su
di me, e soprattutto pensava solo agli affari propri. E in quel covo di
Serpi pettegole era una virtù non da poco.
Io avevo… avevo paura… Anche di Sirius, infondo,
avevo paura… Aveva senso aver paura di Sirius Black?
Perché era di lui che si trattava, non di un ragazzo
qualsiasi, di un Serpeverde qualsiasi, non di un perfetto sconosciuto.
Ci conoscevamo da quasi un anno, ormai, avevamo passato tanto tempo
insieme negli ultimi mesi… Se fossi stata a Herrengton ora
mi sarei affacciata alla finestra e avrei confidato i miei timori e i
miei sogni alla Luna, le leggende del Nord dicevano che era lei la
Grande Madre della razza magica, capace di ascoltarci e darci la forza
di realizzare i nostri sogni. Ma vivevo sotto il Lago Oscuro, sotto
metri e metri di acqua opprimente e gelida: non vedevo
l’astro argentato da quasi due mesi, a parte il
mercoledì, alle lezioni di Astrologia. Sospirai. Non aveva
senso temere Sirius, ma nulla mi garantiva che un giorno non sarebbe
diventato come quel dannatissimo Yaxley… Ancora avevo i
brividi. Nelle ultime settimane con la scusa delle lezioni e degli
appunti e dello studiare insieme, avevo frequentato molto Evan, mi
sembrava un comportamento normale, tra compagni di Casa… Per
lui però non era così, evidentemente…
La settimana prima, davanti alle serre, non mi era sfuggita la sua
strana aria compiaciuta quando era successo quel disastro con la Evans
e Potter, e ancor meno mi era piaciuta la sua faccia soddisfatta quando
mi aveva visto litigare con Sirius… E, infatti, quella
stessa sera, durante i compiti di Difesa da svolgere in Sala Comune,
viscido, mi aveva chiesto di andare con lui alla festa organizzata da
Slughorn per Halloween, quella privata per gli amici
“vip” del tricheco baffuto, subito dopo la festa
ufficiale in Sala Grande. Me l’avevo chiesto
prendendomi la mano con quei suoi tentacoli mollicci…
Che schifo!
L’avevo affatturato sul posto, lanciandogli un incantesimo di
prurito e me l’ero filata, suggerendogli di stare lontano da
me. Aveva riso mezza Casa, ma in cuor mio speravo che fosse
anche passato il messaggio… Dovevano lasciarmi in
pace. Tutti!
Sirius invece…
Se fosse stato Sirius non mi avrebbe fatto schifo… Lo
sapevo. E soprattutto non volevo che anche lui mi lasciasse in
pace… Anche quella sera, dopo lo spettacolino, ero fuggita
in camera mia, perché in quel momento avevo capito tutto: mi
ero ricordata del tentativo di Yaxley di prendermi per mano mentre
arrivavano i Grifoni, la reazione di Sirius, la zuffa. Avevo capito
perché Sirius insistesse tanto nel dirmi che James non aveva
colpe… L’avevo capito subito che avevo commesso un
errore, ma ero troppo orgogliosa per chiedergli scusa, e mi vergognavo
troppo per dirgli come l’avevo capito. E avevo paura che
scoprendo tutto su Yaxley, Sirius potesse fare altre sciocchezze. Da
quando aveva incastrato suo fratello, con quello stupido scherzo a
Grimmauld Place, sapevo quanto potesse essere geloso. Ora,
però, mi aveva appena dimostrato di essere anche un
ragazzino coraggioso e diverso dagli altri, perché per
amicizia verso James e onestà verso di me aveva detto come
stavano le cose, anche a rischio di essere punito e che io reagissi
male. No, Sirius non era uguale agli altri… E quello che
provavo per lui andava molto al di là di quello che provavo
per tutti gli altri… Quando la sera dello smistamento il
Cappello aveva detto che sarei stata adatta anche a Grifondoro, sarei
corsa senza esitazioni, al diavolo la delusione dei miei,
l’odio per i Grifoni, e tutte le dannate conseguenze, sarei
corsa felice, solo perché ci sarebbe stato Sirius ad
affrontare quell’avventura con me… Divenni ancora
più rossa in viso. Tutto questo, però,
dovevo tenerlo nascosto nel cuore. Dovevo cercare di
dissimulare al massimo quello che stavo iniziando a capire,
perché già mi si stampava davanti agli occhi
l’immagine di Walburga Black ghignante di trionfo se quella
storia fosse trapelata e fosse giunta fino alle sue
orecchie…
Salazar…
Se qualcuno ci avesse visto… Nel giro di una settimana
quella megera avrebbe annunciato a tutti il nostro fidanzamento
ufficiale! Certo mio padre mi avrebbe protetta, ma…
E Sirius era migliore di tanti altri, ma… Un giorno Sirius
poteva diventare come lei o, peggio ancora, come Lucius o Mcnair, e
allora quello che al momento poteva essere il sogno più
bello della mia vita, si sarebbe trasformato in un orrendo incubo. Mi
sentivo soffocare. Ero presa tra felicità e angoscia, una
nuova angoscia… Un nuovo dubbio, per altro totalmente privo
di fondamento… Eppure… Mi rotolai sul letto,
insonne, avevo paura delle conseguenze vero, e non sapevo come dovevo
comportarmi con Sirius quando l’avrei visto di nuovo, ma
mentre Morfeo mi sfuggiva il suo abbraccio, non potevo che sorridere
piena di vergogna ritornando a quegli attimi di pura follia
inaspettata. Al diavolo quello che sarebbe potuto accadere un giorno!
Al diavolo Walburga Black e tutte le stramaledettissime leggende dei
Serpeverde! Al diavolo la paura e la vergogna!
Era stato il mio primo vero bacio… E a darmelo era stato
l’unico da cui lo desiderassi davvero… Mi
addormentai, con il nome e il bacio di Sirius Black sulle labbra.
***
Sirius
Black
Castello di Hogwarts, Highlands - mer. 27 ottobre
1971
“Che cosa ne dite? Lo
riportiamo a terra?”
Li sentivo sghignazzare attorno a me, mentre uscivamo dalla lezione di
Storia, bellamente ignorata, come già prima la lezione di
Difesa del professor Pascal, ma non m’interessava…
Quei ragazzini non potevano capire, sarebbero passati secoli prima che
uno di quei tre riuscisse nell’impresa che era riuscita a me,
meno di ventiquattro ore prima.
Salazar…
Nemmeno mi ero lavato la faccia, prima di andare a dormire, e solo il
pudore che mi aveva passato mia madre mi aveva fatto decidere per
lavarmela quella mattina! Aspettavo con ansia di raggiungere la Sala
Grande, lì finalmente l’avrei rivista…
Poi saremmo andati a parlare su alla Torre dell’Orologio.
Parlare…
Merlino…
Un brivido di paura mi prese di colpo… Che cosa ci saremmo
detti? Sarebbe stato tutto come prima? E soprattutto, lei mi avrebbe
parlato ancora? Ero un po’ confuso…
lei… mi aveva dato un bacio sulla guancia
all’inizio, ma poi… alla fine era fuggita senza
una parola e senza voltarsi. Al momento ero troppo emozionato e confuso
e felice per avere paura, ma ora… Non capivo ancora del
tutto quello che mi stava accadendo. A parte un’unica cosa.
Ero felice.
“Si può sapere che
cosa hai combinato? Non è che Snivellus ti ha affatturato?
Perché sei proprio strano stamani!”
“Non ho nulla…
voglio solo andare in Sala Grande…”
Potter scoppiò a ridere, io lo fulminai, guardai Remus ma
pure lui si tratteneva a stento.
“Avete finito?”
“Dovevi vederti ieri
sera… Godric! Che faccia che avevi! Non che stamattina tu
sia messo meglio eh!”
“Ha parlato quello col
porcospino sulla testa!”
Peter guardò verso i capelli di James e scoppiò a
ridere, Potter lo guardò storto, poi toccò a me,
ed io gli rimandai indietro un’occhiata assassina. Sotto gli
occhi divertiti di Remus mi passò una mano sulla spalla con
fare cospiratorio, io mi divincolai dalla presa con sguardo beffardo.
“Dai, Black... ti conviene
dirci quello che è successo… perché lo
sai… non ti daremo pace finché non ti sarai
confidato…”
“E in virtù di
quale legge magica antifolletti dovrei farlo, Potter?”
“Ma allora sei stato a sentire
la lezione?”
Remus mi guardava meravigliato, con un lampo di derisione sulla faccia.
“Che Salazar vi affatturi le
chiappe!”
“Sirius Black, che modi son
questi?!”
Pigolò James, fingendo una vocetta acuta, che secondo le sue
intenzioni doveva rifare il verso a quella di mia madre. Scoppiammo a
ridere ed io riuscii per un po’ a uscire dallo strano stato
di agitazione mista a terrore puro ed esaltazione che non mi aveva
più lasciato dalla sera prima.
“Sarete lieti di sapere che
avete ricevuto un invito dai Tassi per vedere la partita di sabato sui
loro spalti. Voi fate quello che volete, io ho accettato!”
“Che cosa? Andresti a vedere
“La Partita” con i Tassi invece che tra i tuoi
fratelli Grifoni? Black tu vuoi fare una brutta fine! Aspettano tutti
di vederti a questa partita per decidere se appenderti per i pollici
fuori dalla torre di Grifondoro e darti il beneficio del
dubbio!”
“Potter, a me di queste
dispute tra Case non interessa, io voglio stare con Mei e
andrò a vedere la partita con lei tra i
Tassi…”
“Sei un coniglio,
Black!”
“Oggi non mi va di dartele,
Potter! Ci vediamo…”
“Dai! Che cosa ti prende
adesso? Di solito ci azzuffiamo per molto meno! E ora guardati, sembri
di nuovo un’ameba! Per me hai davvero preso qualche virus
strano da Snivellus…”
Vidi Remus fare un’alzata di spalle, rassegnata e confusa,
mentre me li lasciavo alle spalle: in cuor mio mi sentivo
più grande di loro, e ne ero orgoglioso, loro erano bambini,
io sapevo già cosa era davvero importante.
Quidditch!
Feci no con la testa e mi avviai. No, non potevano capire.
Appena apparvero i Serpeverde che scendevano da Difesa, accelerai il
passo verso Meissa, tutta presa a discutere con Zelda, notai con
piacere che Yaxley si teneva a distanza, mentre Snape era poco lontano
da lei. Non mi curai di nessuno degli altri, contava solo lei. Cercai
di catturare e capire il suo sguardo, come avrebbe reagito? Avevo
esagerato, lo sapevo, ma… Era il momento della
verità… Se fosse andata male, avevo sempre il
discorso del giorno prima, ancora inedito, da proporle.
“Mei…”
Alzò gli occhi su di me, si fermò, mentre Zelda
mi faceva un rapido saluto vergognoso e mi scorreva di fianco, Snape mi
ghignò contro con fare poco rassicurante, gli avrei risposto
volentieri con una spallata mentre gli passavo vicino, ma non volevo
rimettermi nei guai di fronte a Meissa. Non quel giorno, almeno. Le
porsi la mano e con un certo sollievo vidi che la accettava e mi
sorrideva. Sembrava intimidita almeno quanto me, ed era così
carina…
Merlino…
Era anche più bella del solito…
“Ciao
Sir…”
Strinsi la presa senza però esagerare, stavolta. Sentivo che
la sua mano prendeva fuoco come la mia.
“Come stai?”
“Bene…
Tu?”
“Non ho dormito molto
stanotte…”
Sorrisi. Sentivo le guance in fiamme. Mi guardava: c’era
ironia in fondo al suo sguardo? Ero sicuro di essere rosso fuoco, lei
invece, da brava Sherton, non si comportava come le altre ragazzine in
situazioni analoghe, non fingeva timidezza e debolezza, lei era come
sempre, orgogliosa e indomita, anche con quello strano e inedito
rossore che andava a impreziosirle le lentiggini.
“Se ancora l’invito
di ieri è valido, io sarei ben felice di vedere la partita
di sabato con i Tassi, insieme a te… I ragazzi…
ancora non hanno deciso… gliel’ho detto poco
fa…”
“Oh
sì…”
Rispose velocemente, senza pensare, d’impulso. Le si erano
illuminati gli occhi anche di più, io mi sentii
immediatamente esaltato.
“…
cioè… per me… va
bene…”
Si riprese subito, ma mi bastava. Forse preferiva fingere che non fosse
successo niente la sera prima, ma non m’importava, per me era
lo stesso, anche la mia faccia parlava al posto mio. Eppure in fondo
alla mente sentivo uno strano senso di vanità e orgoglio che
mi avrebbe volentieri spinto a soddisfare la mia curiosità,
volevo sapere se lei era felice tanto quanto me. Dalla
velocità con cui aveva risposto
“Sì”, e dal tono rubino delle sue
guance, doveva essere proprio nel mio stesso stato d’animo.
“Mei…”
Se mi guardava in quel modo, non sarei stato capace di dire una parola
di più. Ma dovevo farlo.
“Ecco io…
era… da tanto che… insomma…
volevo… ma… Forse ho esagerato…
e… sì, insomma… scusa per
ieri…”
Lo soffiai così velocemente che non mi sarei capito nemmeno
da solo… Lei mi fissò, ma rimase in silenzio,
eravamo ormai davanti alla Sala Grande, mi strinse più forte
la mano. Trattenevo il respiro ormai. Lei era anche più
rossa in faccia di me. O adesso o mai più.
“Mei… ti va
di… cioè…. La sera di
Halloween… io… posso accompagnarti io alla festa
di Slughorn?”
“Salazar…”
Stavolta il suo coraggio di Sherton non le fu sufficiente.
Abbassò gli occhi a guardarsi le scarpe: si riprese subito,
vero, ma ormai sapevo che stava combattendo per comportarsi in modo
impeccabile come suo solito, senza riuscirci appieno. Mi faceva piacere
vederla così, meno forte del solito a causa di qualcosa che
stavo scatenando io nel suo cuore, era meraviglioso vedere che fosse in
piacevole difficoltà, proprio come mi sentivo io. Si mise a
ridere, sussurrandomi un “Sì”, un
po’ più stridulo di quanto avesse voluto, e
fuggì verso le altre Serpi… Io, come un
idiota, svolazzai felice fino ai miei compagni. Non sentii nemmeno uno
dei titoli scherzosi e irriverenti che Potter mi rivolse per tutto il
resto della giornata, la mente tutta proiettata ai magnifici giorni che
mi attendevano con Meissa.
***
Meissa
Sherton
Castello di Hogwarts, Highlands - sab. 30 ottobre
1971
Pioggia. Insistente, pesante pioggia. Il cielo sembrava
cadere a terra sotto gli spalti urlanti, le bandiere rosso-oro e
verde-argento che sventolando abbracciavano tutto. Il giorno
della partita era arrivato. Io ero emozionata e tesa, in parte delusa:
avevo detto a mio fratello che ero felice e impaziente di poterlo
finalmente ammirare sul campo di gioco, in realtà quella
doveva essere, soprattutto, l’occasione per il primo
“appuntamento” tra me e Sirius, di cui nessuno
però doveva sospettare niente. Da mercoledì,
quando Sirius aveva accettato il mio invito e mi aveva fatto il suo,
vivevo in uno stato di agitazione e confusione permanente. Non avrei
mai immaginato di provare delle sensazioni così strane, di
felicità e vergogna fuse insieme. Con lo spauracchio di
Lucius che per anni mi era gravato addosso, avevo sempre creduto che la
vita non mi avrebbe mai riservato dei momenti e delle emozioni del
genere, che per me non ci sarebbe stato mai un sentimento autentico, ma
solo il rispetto di un contratto. Lo smistamento aveva
cambiato tutta la mia vita. Sorrisi, mentre la pioggia mi sferzava la
faccia.
Ben presto, avevamo scoperto che, per questioni di sicurezza,
quell’anno ogni studente sarebbe rimasto in compagnia dei
propri compagni di Casa, durante le partite di Quidditch. Sirius,
deluso quanto me, non si era però perso d’animo,
mi aveva proposto di avviarci insieme, e mi aveva preso per mano lungo
il sentiero che portava allo stadio. Chiacchierando e ridendo,
intabarrati nei nostri mantelli che ci difendevamo dalla pioggia,
stretti come da programma tra i nostri amici di Tassorosso,
c’eravamo tenuti lontano dalle dispute pericolose dei nostri
compagni di Casa, e dagli occhi interessati e indiscreti di troppi. Una
volta arrivati allo stadio ci saremmo separati e avremmo raggiunto i
nostri compagni. James all’inizio non era stato entusiasta
della scelta di Sirius di stare con me e i Tassi, ma visto che era
l’unico modo perché potessimo vedere la partita
insieme al sicuro, alla fine aveva tenuto per sé le
classiche sciocchezze che gli passavano per la testa. Per questo alla
fine, come noi, aveva preso male la direttiva con cui Dumbledore aveva
mandato a monte i nostri programmi: Potter continuava a non piacermi,
ma solo un cieco non avrebbe visto quanto fosse legato ai suoi amici,
di questo dovevo convenire anch’io. Magari avessi avuto tra
le Serpi un’amica com’era James per Sirius. Da
parte sua, Rigel sperava che la prima partita di fronte a un altro
membro della nostra famiglia mi avrebbe visto sugli spalti della nostra
Casa, così, pur ammettendo, per l’amicizia che lo
legava a Sirius, che il nostro era un buon compromesso, utile anche a
tenermi al sicuro durante la partita, fu l’unico soddisfatto
della direttiva del vegliardo.
“Meglio vedere entrambi tra i
Tassi che anche solo uno di voi due tra i Grifoni!”
Sirius aveva sorriso a quella battuta, ma dalla luce strana che aveva
il suo sguardo, capii che iniziava a sentirsi davvero un Grifondoro e
che, prima o poi, quando anche mio fratello l’avrebbe capito,
probabilmente tra loro le cose sarebbero cambiate e la loro amicizia
sarebbe finita. Cancellai dalla testa l’immagine di un futuro
“freddo” e problematico, tornando a godermi il
presente, un presente in cui Sirius era sorridente al mio fianco. Anche
se per pochi secondi ancora. Arrivati allo stadio, lo salutai, lo
aspettavano i suoi amici, notai con sgomento che Remus aveva di nuovo
un’aria un po’ pesta, li lasciai con un sorriso,
poi raggiunsi Zelda e un imbronciato Severus, deluso anche lui dal non
poter seguire la partita al fianco della sua Lily. Ci arrampicammo
all’interno delle antiche strutture di legno dello stadio,
fino a raggiungere gli spalti destinati a noi matricole di Serpeverde,
sotto la pioggia battente e lo sguardo vigile e interessato di
Slughorn: temevo che avrebbe approfittato della partita per prendersi
la rivincita della cena che avevo disdegnato. Infatti, restò
al mio fianco facendo continui e infiniti elogi di mio padre e della
mia famiglia, rovesciandomi addosso una sequela infinita di
pettegolezzi sulle più importanti figure della
società magica in qualche modo legate a qualcuno che avevamo
in quel momento davanti agli occhi. Io ero violacea, per la marea di
stupidaggini che mi raccontava e anche perché stava dando
spettacolo di fronte ai miei due unici amici di Serpeverde, gli unici
che sembravano più interessati a Meissa che non agli
Sherton. Con la coda dell’occhio, mi accorsi che Severus al
mio fianco mi rivolgeva uno sguardo di scherno, gli ruggì
qualcosa di minaccioso non appena Slughorn si distrasse un attimo: se
solo non ci fosse stato il professore, avrei dato a Snape con piacere
un motivo per smettere di sghignazzare alle mie spalle. Fradicia di
pioggia e bersagliata dagli aneddoti del tricheco e dalle risatine di
Severus, rimasi sorpresa nel ritrovarmi all’improvviso
circondata da un silenzio assordante.
Le due squadre stavano entrando in campo, al seguito di Madame Hooch:
ancor prima di raggiungere il centro dello stadio, erano già
inzuppati, i piedi che sollevavano zolle e fango, i capelli che si
appiccicavano alle loro facce. Mi sembrava di osservare il mondo
muoversi al rallentatore. Non mi curai molto della squadra dei
Grifondoro, sapevo individuare facilmente solo Jarvis Brent,
perché mio fratello non aveva mai smesso di parlarne in ogni
occasione da quando era a Hogwarts, e i fratelli Prewett, riconoscibili
da quei capelli color carota, e dall’aria furfantesca e
allegra che avevano sempre stampata in faccia. Tra le Serpi apriva la
fila Lucius Malfoy, cacciatore e capitano, i capelli argentei raccolti
in una lunga coda e gli occhialetti antipioggia già
sistemati sulla fronte; dietro di lui, Cox e Beckett, monumentali come
due divinità nordiche, erano sempre allegri e rumorosi, ma
ora avevano assunto una faccia seria, che dava un senso di assoluta
sicurezza alla difesa della squadra. Seguivano Mills e la Crabble, i
cacciatori, lei era talmente minuta da scomparire in mezzo ai suoi
compagni, infine, a chiudere la squadra, c’era Lestrange con
la solita aria strafottente e Rigel dietro di lui: appena mio fratello
alzò il viso verso gli spalti di Serpeverde,
guadagnò una calda incitazione personale, e con immenso
piacere mi resi conto che ad applaudirlo non erano solo i Serpeverde,
la sua bravura era riconosciuta incondizionatamente. Rigel era per
tutti il più forte cercatore di Serpeverde dai tempi di mio
padre, Slughorn mi stava dicendo che se continuava su quella strada,
mio fratello sarebbe diventato più forte persino di Mirzam.
Lo osservai, in mezzo al campo, con indosso le vesti da cercatore,
assomigliava anche più del solito a mio padre alla sua
età, e improvvisamente mi sentii stranamente orgogliosa di
quel fratello che a casa, sapeva essere solo un dispotico piantagrane,
mentre stavo scoprendo essere assai diverso in quella
scuola. Mentre la Hooch verificava il campo e le palle con i
capitani, Rigel fu afferrato da Rabastan che gli era passato dietro,
gli sollevò il braccio destro in cenno di vittoria e
augurio, a quel punto gli spalti di Serpeverde sembrarono scossi dal
respiro di un drago risvegliato: era una specie di segnale, tutte le
bandiere di verde-argento si alzarono all’unisono, un qualche
incantesimo di asciugatura rapida e permanente faceva sì che
si librassero leggere e svolazzanti nell’aria, al contrario
di quelle rosso-oro appiattite dalla forza della pioggia. Un brivido mi
percorse la schiena, quando dagli spalti più bassi, quelli
occupati dalla Serpi più grandi d’età,
iniziò a levarsi una specie di cantilena piena
d’insulti rivolti agli avversari, filobabbani e dal sangue
sporco. Poco dopo sentii le risposte altrettanto velenose dei
Grifoni. Mi conficcai le unghie nella carne, anche se sapevo da anni
cosa si diceva dei Grifoni, non ero stata abituata a quel genere di
dimostrazioni d’odio, mio padre mi aveva spiegato che non si
valuta un mago dal colore del cravattino. Ma soprattutto non mi piaceva
che offendessero i miei amici. Non volevo che offendessero Sirius, di
certo migliore di molti di loro.
La mia reazione malcelata colpì evidentemente Slughorn, mi
si avvicinò chiedendomi se andasse tutto bene. Gli sorrisi,
fingendomi serena, dissi che ero solo impaziente di vedere mio fratello
all’opera, ma ormai sapevo che quello non era un gioco, ma
solo una scusa per dimostrare il proprio odio all’avversario.
Dumbledore prese la parola e impose il silenzio, gli insulti si
trasformarono in brevi e sommessi bisbigli, qualcuno aveva cercato di
lanciare qualche fattura agli avversari dall’altra parte
dello stadio, il vecchio preside impose allora la calma promettendo
trecento punti in meno a entrambe le Case se non si fosse tenuto un
comportamento corretto, fuori e dentro il campo. Ero convinta che, a
quelle parole, il viso di Rabastan si fosse deformato in uno dei suoi
ghigni, tutti sapevano che non riusciva a essere corretto nemmeno con i
suoi stessi compagni durante gli allenamenti. La partita
iniziò, tra urla e canti: era attesa dalla primavera
precedente, soprattutto dalle Serpi che si sentivano defraudate della
vittoria meritata, per questo adesso c’erano più
rischi del solito che la partita si trasformasse in
un’immensa rissa. Appena madame Hooch diede il via, i
giocatori, disposti secondo i propri ruoli, iniziarono a cacciare la
pfluffa e il boccino: Rigel si alzò, scomparendo dalla vista
di tutti, Brent, al contrario, sembrava voler battere metodicamente
l’area da una media altezza, correndo però il
rischio di farsi centrare da qualche bolide. I fratelli Prewett e i
battitori di Serpeverde, infatti, si ribattevano i bolidi, cercando di
disarcionarsi tra loro e di atterrare i cacciatori avversari: Lestrange
cercava in ogni occasione di giustificare il titolo di “Basty
il bastardo” con cui lo salutavano i Grifoni a ogni
passaggio, la piccola nuova cacciatrice dei Grifoni, Helena Brown, era
uno dei suoi bersagli preferiti e solo per una straordinaria fortuna la
poverina non finì rovinosamente a terra almeno cinque volte
solo nei primissimi minuti. Hooch segnalava falli a ripetizione, ma
Basty continuava a fare come gli pareva. Malfoy si librava tra i nemici
con la consueta grazia, suscitando i sospiri sognanti dalle ragazze di
quasi tutte le case, io al contrario provavo solo un senso di fastidio
alla sua vista e di disgusto per quelle decerebrate che gli sbavavano
dietro. La più agguerrita tra i nostri cacciatori
era senza dubbio Angie Crabble, particolarmente esagitata e impegnata,
quando non cercava la pfluffa, a occhieggiare verso Lestrange, invano.
Dopo i primi giorni, durante i quali si erano fatti vedere incollati da
incanti di adesione permanente su tutti i divani disponibili in Sala
Comune, Basty aveva cambiato almeno altre cinque compagne ma, invece di
odiarlo, come sarebbe stato naturale, quella povera sciocca continuava
a umiliarsi per farsi notare da lui. A fare la differenza tra Serpi e
Grifoni era senza dubbio l’abilità d portiere di
Anthony Cox e l’abilità di cacciatore di Mills,
geniale nei passaggi ad Angie e a Lucius, i quali avrebbero fatto la
metà dei centri se non ci fosse stato lui a prendersi i
bolidi di Prewett e a fare dei passaggi perfetti ai compagni. La
squadra non aveva nuovi elementi aggiuntisi quell’anno,
quindi poteva contare su più di un anno di reciproca
conoscenza, al contrario dei Grifondoro: questo fece sì che,
in breve, i Serpeverde accumulassero un vantaggio di ottanta punti sui
Grifoni. A un certo punto, però, Malfoy sembrò
più impegnato a richiamare Lestrange, che a dar la caccia
alla Pfluffa: il battitore, infatti, aveva cambiato la sua tattica e in
quella seconda fase dell’incontro sembrava più
intenzionato ad abbattere l’innocuo Brent che i cacciatori
avversari, che liberi di scorazzare, in breve recuperarono trenta
punti. All’improvviso Rigel apparve dalle nuvole a tutta
velocità, tutti anticipammo con il fiato sospeso la sua
direzione, ed ecco, fulmineo, apparve il boccino dietro la porta dei
Grifoni: Brent non si era ancora accorto, ma era sicuramente
avvantaggiato dalla posizione più bassa, probabilmente
avrebbe avuto tutto il tempo di raggiungere e prendere il boccino,
decretando la vittoria dei Grifoni, prima che mio fratello potesse
colmare la distanza. Probabilmente ragionò
così Rabastan Lestrange, quando decise di caricare con tutta
la potenza del suo braccio il bolide che vide passarsi vicino,
dirottandolo sul Grifone: tutto lo stadio rimase a bocca aperta,
aspettandosi di vedere Brent mollare la presa ed evitare
l’impatto, ma il bolide era straordinariamente potente e
veloce e raggiunse Jarvis prima ancora che si rendesse conto del
pericolo, disarcionandolo malamente e pressoché
all’istante dalla scopa. Mentre stava accadendo tutto questo,
Rigel aveva accumulato velocità e si ritrovò a
pochi metri dal boccino: i Grifoni inferociti si alzarono dagli spalti
e rumoreggiarono contro Lestrange, le Serpi, sotto e intorno a me, si
alzarono a loro volta, inneggiando a Rabastan, dileggiando Brent che
non si sollevava da terra e acclamando Rigel che ormai stava immobile
col boccino in mano, sorridente, nell’indifferenza degli
altri Grifoni, troppo spaventati per il loro capitano, per occuparsi di
lui. Le Serpi ulularono dalla felicità, la squadra
prese e portò Rigel in trionfo, mentre ancora si sentivano
gli strepiti di Hooch contro Rabastan e le proteste di mezzo stadio,
gli occhi fissi su Brent che ancora non accennava a riprendersi sotto
le cure di madame Pince.
Alcuni Grifoni dagli spalti iniziarono a lanciare fatture contro noi
Serpi, per cui Slughorn estese su tutti noi un incantesimo-scudo e
iniziò a precedere le matricole lungo i camminamenti interni
dello stadio per portarci via dallo stadio il prima possibile, al
sicuro. Sul campo, intanto, a sentire il cronista che pareva
anche più eccitato che durante la partita, Gideon Prewett e
Jeremy Wood cercavano di agguantare Lestrange per legnarlo con le mazze
di battitore, ostacolati da Beckett e Mills, che a stento riuscivano a
contenerli, Fabian Prewett e Alicia Thomas protestavano contro Lucius e
Rigel davanti alla Hooch. Edward McLaggen e Anthony Cox si stavano
già rotolando nel fango prendendosi a pugni, lontani dalla
vista dell’arbitro ma sotto gli occhi di tutto il resto dello
stadio, Helena Brown invece si prendeva per i capelli con Angie
Crabble, poi seppi che nel loro caso il Quidditch c’entrava
poco o niente. In questo clima di follia totale, Dumbledore
lanciò un incantesimo per amplificare la voce, imponendo a
tutti di cessare lo spettacolo indecoroso che si stava svolgendo o
avrebbe mantenuto la promessa che aveva fatto prima
dell’inizio. La Hooch annunciò poi che
pur considerando punibile l’azione di Lestrange, non poteva
essere invalidata la partita, perchè Rigel aveva
già individuato il boccino prima dell’abbattimento
di Brent, e nulla poteva garantire che senza l’intervento di
Lestrange, la partita non sarebbe comunque finita con la vittoria delle
Serpi. I Grifoni ulularono la loro rabbia, a cui risposero le
Serpi con canti di giubilo e di derisione nei loro confronti. Noi
matricole avevamo raggiunto ormai l’esterno dello stadio,
quando gli altri iniziarono a lasciare gli spalti e le squadre si
avviarono agli spogliatoi. Mentre ripercorrevo il sentiero che portava
al castello tra Zelda e Severus, tutta presa dall’emozione
che una vera partita di Quidditch aveva provocato in me, non potevo
immaginare che nello stesso momento negli spogliatoi stava scoppiando
la “rissa del secolo” e che quella che avevamo
davanti, sarebbe stata una lunga serata per tutti noi.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010). L'immagine a inizio
capitolo è tratta dal sito Pottermore.
Valeria
Scheda
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