Capitolo
13 : Superbia
Morti li
morti e i vivi parean vivi:
non vide mei di me chi vide il vero,
quant'io calcai, fin che chinato givi.
Or superbite, e via col viso altero,
figliuoli d'Eva, e non chinate il volto
sì che veggiate il vostro mal sentero!
Dante Alighieri, La Divina Commedia,
Purgatorio, Canto XII
Eva rimase a fissare Amelia con
intenso sospetto, ma dalla figura esile della ragazza non trasudava nessuna
sorta di malefico potere, come invece era successo per gli altri Demoni
Capitali che aveva incontrato. Valutò che evidentemente l’incursione del Demone
nel corpo di Lorella aveva smorzato non poco le sue facoltà. Ciononostante, la
personalità di Amelia traspariva da ogni singolo dettaglio: dagli occhi
socchiusi e calcolatori che avevano sostituito lo sguardo perennemente
stupefatto di Lorella, alla bocca dalla piega sardonica che aveva spazzato via
il solito timido sorriso, alle spalle dritte e arroganti, alle gambe
elegantemente accavallate… Non c’era più niente in quel corpo della Lorella originale ed Eva tremò di paura per lei.
“Allora?” domandò a bruciapelo “Visto che non sei stata invitata alla festa sei venuta a
minacciarmi di pungermi con un arcolaio?”
“Come l’hai capito che non ero la
tua amichetta mortale?” glissò Amelia con una punta di genuino interesse:
evidentemente non aveva previsto di essere subito riconosciuta, anche se forse
la cosa non mancava di lusingarla.
“Niente di trascendentale”
rispose allora Eva con modestia “Che non fossi Lorella era chiaro da come hai
camminato. Nel breve tragitto dall’angolo a qua la vera Lorella avrebbe fatto
cadere tre o quattro oggetti, oltre a se stessa. E’ una ragazza deliziosa, ma un tantino goffa. A proposito, dov’è di
preciso adesso?”
“Qui.” rispose Amelia con un
cenno vago ed elegante della mano.
“Qui. E avremo il piacere di
riaverla tra noi, quando questo colloquio sarà terminato?”
Amelia fece un sorriso ambiguo e
scaltro… terribile sulla faccia innocente di Lorella.
“Chissà” tergiversò “E una volta
appurato che non ero più Lorella, come sei giunta alla
conclusione che ero io?”
“Vlad
mi ha spiegato che solo i Demoni Capitali e i figli di Lucy hanno
l’autorizzazione per entrare in questo posto benedetto” rispose Eva con
altrettanta alterigia “Avendo già incontrato i tuoi esimi colleghi e sperando
vivamente di non aver niente a che fare con Caius,
Ellena e Sisar nei secoli dei secoli amen, l’unica alternativa possibile eri tu. Poi, naturalmente, la postura.
Sai, quella boria da scopa nel culo che hanno le
baronesse… E’ piuttosto tipica di voi superbi.”
Questo sembrò piacere un po’ meno
ad Amelia: strizzò le labbra e ingiallì come un limone, assumendo finalmente
un’aria oltremodo pericolosa.
“Vedo che Vlad
ti sta insegnando un sacco di cose” ringhiò quasi mandando scintille dagli
occhi “Certe uscite di cattivo gusto sono così talmente farina del suo sacco
che sembri tu quella posseduta.”
“Come ti è venuto in mente di
possedere Lorella?” ne approfittò Eva alla quale premeva sapere che fine aveva
fatto la povera ragazza.
“Oh, un semplice colpo di genio”
rispose Amelia ammansita e di nuovo tracotante come un tacchino “Volevo parlare con te, ma hai Vlad
e quell’altro pennuto biondo sempre attorno a ronzare come tafani… Sfruttare
qualcuno già dentro il tuo entourage mi è sembrata la scelta migliore. E lo è
stato anche per te, visto che le mie intenzioni sono
pacifiche… altrimenti il tuo sangue starebbe già imbrattando le pareti di
questo deplorevole buco benedetto.”
“Se avessi saputo che chiunque
poteva indossare i miei conoscenti come un maglioncino di lana sarei stata più guardinga.” ammise Eva sforzandosi di
mantenere il tono di voce leggero.
Amelia ridacchiò con aria
vagamente ammirata.
“Sei simpatica! Comunque
tranquillizzati, questo tipo di possessione silenziosa, chiamiamola così, è estremamente difficile da eseguire: certi poteri sottili non
sono patrimonio di tutti.”
“Ne sono oltremodo confortata. Ma
immagino che tu non abbia esattamente tutte le carte in regola per stare
legalmente su questo Piano, occupando il corpo di una mortale innocente e non
consenziente.”
Amelia si limitò a rispondere con
un sorriso leonardesco.
“A cosa devo l’onore di una tale
regale visita?” lasciò perdere Eva per arrivare al
sodo.
“Il mio buon cuore, naturalmente”
tubò Amelia esultante “E anche un leggero prurito che dovevo grattare.”
“Partiamo dal buon cuore” propose
Eva rimanendo ben piazzata davanti ad Amelia e
tenendola sempre sotto il tiro della sua pistola “Ho recentemente avuto una
visione dei cosiddetti pruriti di voi Demoni Capitali e non mi è piaciuta un
granché.”
“Ma
davvero” sogghignò Amelia con aria saputa “Tesoro, quello che tu credi di aver
visto non è nemmeno un quarto di quello che succede quando facciamo sul serio…
e comunque, nel tuo caso, era tutta una messa in scena, quindi non fa testo.”
Suo malgrado, Eva si incuriosì.
“Sua maestà sarebbe così gentile
da spiegare meglio?” chiese con estrema educazione.
“Sono qui per questo. Come hai
brillantemente intuito, c’è la faccenda dell’arcolaio…”
Si alzò in piedi e di riflesso Eva
indietreggiò di un passo, sulla difensiva.
“Sì, fai bene ad avere paura di
me” approvò Amelia “Sono qui per farti del male, anche se alla fine ti farò un
favore.”
Eva cominciò a spaventarsi sul
serio.
“Dimmi cosa cazzo vuoi, Amelia.”
ringhiò con convincente durezza.
“Voglio metterti in guardia”
rispose Amelia amabilmente “E nello stesso tempo voglio ripagare con la stessa moneta un certo Demone Capitale che mi ha un po’,
come dire, preso sottogamba… capisci, nessuno prende sottogamba me. Nemmeno un bocconcino appetitoso come Vlad.”
Lo sguardo di Eva corse
involontariamente al corridoio buio che portava alle celle dei monaci
provocando una risata chioccia da parte di Amelia.
“Per tutti i santi del Paradiso,
non mi dire che stai pensando di proteggerlo! In questo caso devo
ammetterlo, sono davvero ammirata da come sia riuscito a lavorarti per bene.”
Eva tornò a guardare il Demone
nel corpo di Lorella: capì improvvisamente che Amelia era davvero venuta per
farle del male… e che gliene avrebbe fatto, perché già cominciava a sentirne le
bucature sul cuore.
“In che modo Vlad
mi avrebbe lavorata?” chiese confidenzialmente.
“In un milione di modi” rispose
Amelia con un sorriso perfido “L’apoteosi è stata la sceneggiata al covo
austriaco, quando ti ha fatto credere di immolarsi per te… che genio! Solo una
sciocca, piccola Sanguemisto con gli ormoni in subbuglio come te poteva pensare
che un Demone come Vlad si sarebbe fatto fare quelle
cose senza che lui stesso non le avesse programmate e concesse.”
In un lampo, come in una foto in
bianco e nero, Eva rivide nella mente il corpo indifeso di Vlad,
le braccia aperte, Morgana, Demetrio e Alana che
grufolavano sopra di lui come suini, facendo scempio della
sue pelle dorata, del suo corpo armonioso…
“Di solito non siamo così
infoiati, ma era un po’ che Vlad non veniva a
trovarci.”
Rivide gli occhi chiusi di Vlad, l’espressione distante, quasi indifferente e ancora sentì schifo e tormento. Cominciò però
a pensare con amara rassegnazione che Vlad doveva
sapere piuttosto bene quale sarebbe stata la sua reazione. Dopotutto, il mezzo
Angelo che era in lei non era esente da compassione. E poi era da un pezzo che
non vedeva l’ora di avere un pretesto per riabilitare Vlad.
“Sciocca,
piccola Sanguemisto con gli ormoni in subbuglio.”
“Lo sanno tutti, sia Sopra che Sotto, che Demetrio e Morgana sono completamente schiavi
di Vlad” proseguiva intanto Amelia lapidaria “Nemmeno
respirano se lui non glielo concede. E in occasione dello show a tuo uso e
consumo Vlad ha concesso loro un bel po’… Morgana
chissà per quanto rimarrà ancora in estasi mistica!”
Rise con insolita acidità. Eva
fremette di impazienza.
“Quindi,
a parte l’estasi di Morgana, cosa avrei dovuto notare?”
“Che c’erano tutti a parte Bersaba e me. Non ti sei chiesta perché io non ci fossi?”
“A dire il vero no” ripose Eva
sinceramente “Forse semplicemente Vlad non ti aveva invitata?”
Amelia sorrise
con la bocca di Lorella, sembrando in tutto e per tutto uno squalo.
“Effettivamente no” ammise
dolcemente “Vlad sapeva che altrimenti sarei venuta…
ammetto di avere anche io un certo debole per le sue
indubbie doti.”
Ammiccò ed Eva d’un
tratto intuì cosa increspava la fredda superficie di quella regina di ghiaccio:
una cocente, devastante invidia e un puro, titanico risentimento.
“Gelosetta?”
si lasciò sfuggire freddamente ma non fece nemmeno in tempo a coglierne il
movimento che la mano di Lorella, piccola e morbida, le calò di piatto sulla
faccia, spedendola per terra con la guancia in fiamme.
“Attenta, piccola” mormorò con
voce secca il Demone sovrastandola con grazia “Per il momento ce l’ho abbastanza con Vlad da
volerti viva, giusto per vedere come reagirà quando tu manderai all’aria i suoi
piani… qualsiasi essi siano. Ma non provocarmi troppo, perché faccio presto a
schiacciarti come l’inutile insetto che sei in realtà.”
Eva la guardò da sotto in su con gli occhi appannati, un filo di sangue che le
usciva dal naso dolorante. Si sforzò di ricordare che gran parte del potere di
Amelia era dovuto al fatto che lei, Demone Capitale
della superbia, si riteneva più invincibile di quanto fosse in realtà, ma di
fatto questo non l’aiutò ad avere meno paura di lei.
“Quindi, perché Vlad non ti avrebbe invitata?”
domandò cercando di riportare il discorso su terreni più accessibili.
Amelia sembrò tornare più
tranquilla e si sedette sulla panca con indolenza.
“Perché io non sono facilmente
manipolabile come gli altri” spiegò con arrogante alterigia mentre Eva si
rialzava cautamente da terra “Io e Vlad siamo
piuttosto intimi…” ammiccò di nuovo allusiva facendo
chiaramente intendere di che natura fossero i suoi rapporti con Vlad “Ma lui sa che non mi sarei piegata al suo volere e
non sarei stata al suo gioco… così ha preferito tenermi fuori.”
Una brutta sensazione di dolore
diffuso cominciò ad arrampicarsi lungo la schiena di Eva che aveva quasi già
capito dove Amelia volesse andare a parare, ma ancora non era pronta per
affrontare quello che il Demone ventilava.
“Non sembrava proprio una recita
di Natale.” azzardò con ammirevole coraggio.
“Per favore” la schernì Amelia
accavallando di nuovo le gambe “Demetrio, si sa, è sessualmente passivo come un
merluzzo: in genere Vlad lo tratta peggio di uno
zerbino. E Morgana si fa squartare in due da lui, quando a Vlad
aggrada così. Quindi, tesoro, è ovvio che quello che
hai visto era qualcosa di preparato! Qualcosa che Vlad voleva che tu vedessi.”
“Perché?” chiese controvoglia Eva
e già il cuore sanguinava ferito: Amelia concentrò sul sopracciglio alzato
tutto il suo traboccante disprezzo.
“Per colpire il tuo tenero
cuoricino” rispose poi con dolcezza “Voi Sanguemisto solo che abbiate un grammo
di essenza d’Angelo in corpo diventate più prevedibili di un film già visto!
Persino io, senza conoscerti, sapevo che la sceneggiata del cavaliere senza
macchia avrebbe fatto presa sulla tua testolina romantica.”
Romantica. Lei, Eva! Eppure, a
conti fatti, sembrava avere più ragione Amelia di Eva stessa. Una cocente
umiliazione si decise a imporporarle le guance.
“Io sarei romantica?” chiese con
quanto più scetticismo riuscì a mettere nella voce e per tutta risposta Amelia
si tolse un immaginario cappello piumato dalla testa.
“E chi non lo sarebbe, con un
cavaliere sexy come Vlad” chiocciò con voce
strascicata “Guarda, piccola, cosa sto facendo per te. Guarda quanto conti per me… e guarda che bella armatura
scintillante che ho addosso!”
All’improvviso rise davanti
all’espressione ferita di Eva, buttando indietro la testa.
“Te la sei proprio bevuta! E dire
che tutti pensavamo saresti stata un osso duro: Vlad
deve averti messo più fregola addosso che una mandria di giovenche in calore
per confonderti così. Se fossi stata un minimo lucida
avresti dovuto accorgerti che non era da Vlad
atteggiarsi da eroe. Lui non è un eroe: è un Demone. Se credi che sia un
cavaliere è perché lui te la sta vendendo bene.”
“Ok, non è un cavaliere” concesse
Eva con una punta di forzata gaiezza “Continuo a non vedere il motivo per una
simile sceneggiata.”
“Beh, cocchina,
è chiaro che lui ti vuole…”
E qui Amelia fece di nuovo la
faccia a succo di limone, per un attimo.
“… ti vuole così
tanto che è disposto a tutto.”
Sorrise di nuovo, quasi materna.
“Disposto a tutto?” domandò Eva
che ormai sentiva male dappertutto, non solo al naso sanguinante.
“Tutto quello che può fare un
Demone, naturalmente” spiegò Amelia compunta “Mentire, raggirare, ingannare,
ferire. Ti ha fatto proprio il servizio completo, il nostro buon Vlad, cominciando con l’infarcirti di balle come il cappone
di Natale.”
Quali balle?,
pensò affannosamente Eva.
“A dire il vero sono stata io a
chiedere l’aiuto di Vlad” comunicò in tono neutro
“Prima di allora non mi aveva mai nemmeno cercata.”
“Dici?” rispose freddamente
Amelia così che Eva intuisse che non doveva essere del tutto vero: con gesti lenti e studiati Amelia infilò una mano in tasca e
tirò fuori un foglio stazzonato. Lo tenne davanti alla faccia sventolandolo
mentre un lento sorriso malvagio iniziava a stirarle le labbra.
“Cos’è?” chiese Eva ben sapendo
che Amelia non aspettava altro che le sue domande per proseguire.
“Un Permesso.” rispose Amelia con
intenzione.
Eva rimase talmente impassibile
che Amelia si decise a sbuffare di impazienza.
“Capisco che la trasposizione
grafica di un Permesso su questo Piano non sia delle migliori…” fissò indignata
il foglio come se potesse migliorarne l’aspetto con la forza del pensiero “… ma
persino una cimice come te dovrebbe riconoscerlo. Un Permesso, diavolo! Concesso e firmato niente popò di meno che da Sisar
in persona.”
Allungò il foglio verso Eva che
dovette far appello a tutta la forza che aveva per obbligare la sua mano a non
tremare mentre lo prendeva in consegna. Lentamente lo aprì, trattenendo
segretamente il fiato: il Permesso era scritto a mano con una bella ed elegante
calligrafia inclinata. Il richiedente chiedeva il permesso, nella dovuta forma
burocratica, di scatenare un’orda infernale di livello C (piuttosto buona, come
categoria) nei confronti di una certa Eva, entità Sanguemisto, professione
Recuperante, residenza Piano terrestre.
“L’orda è passata dal Nodo di
Linus” specificò Amelia salottiera “C’è scritto sotto, penultima riga.”
Un altro flash in bianco e nero
attraversò la mente di Eva, inchiodandola col foglio in mano come una stratua
di pietra: Linus con la testa ciondolante e la vocetta
querula da vecchio sdentato.
“Mi sottovaluta,
Vlad, e mi disprezza. Ma ha
fatto male, stavolta. In fondo, l’ho fatta passare io la seconda.”
“La seconda cosa?”
“La seconda orda infernale.”
“Ricordi il motivo per il quale hai
chiesto il suo aiuto?” chiese Amelia togliendo delicatamente il Permesso dalle
mani di Eva.
“Sì.” rispose Eva neutra quando
già una voragine di buio le si apriva nello stomaco.
“Quindi
non sei sorpresa?” incalzò il Demone con voce esultante e melliflua.
La firma di Vlad
con un insolente inchiostro nero.
Eva chiuse gli occhi, sentendosi
di colpo fragile e dolorante come se Amelia l’avesse picchiata a sangue.
“Sai chi l’ha scatenata?”
“Non essere sciocca, ragazza:
tu lo sai già chi è stato.”
E lei che non ci voleva credere.
Lei che aveva sempre creduto con assoluta, granitica certezza che non fosse
stato Vlad a scatenarle contro l’orda infernale.
Ingenua.
Bugiardo.
Ingenua.
Traditore.
Ingenua.
Demonio!
Strizzò gli occhi forte come per
trattenere qualcosa dentro di sé… ma ormai era troppo
tardi.
“No” mormorò sottovoce riaprendo
gli occhi asciutti e vuoti “Nessuna sorpresa.”
*
*
*
Vlad le
aveva scatenato contro l’orda infernale. Vlad, il suo
tutore. Vlad che doveva proteggerla. Vlad che l’aveva baciata. Vlad
che le posava la testa sul petto e che diceva di voler dormire con quella voce
ruvida che le grattava il cuore. Vlad, a cui lei aveva creduto per la prima volta in vita sua. Vlad, che le aveva mentito. Alla luce di questo, era logico
pensare che Vlad fosse anche il mandante
dell’omicidio di Paolo e Sandra: le due cose dovevano essere collegate, Eva ne
era certa. Ma Vlad era
capace di fare una cosa così terribile? La risposta era semplice: sì. Eva lo
aveva sempre saputo e l’unica cosa che l’aveva trattenuta dall’odiarlo del
tutto era il fatto che lui non avesse ancora ucciso
nessuno vicino a lei. Ma adesso, oh, adesso…
Il vuoto che premeva dentro lo stomaco di Eva diventò più pesante di un
macigno. La sua faccia però rimase impassibile sotto lo sguardo curioso e anche
vagamente deluso di Amelia.
“Ok” sospirò infine il Demone
quando capì che Eva non sarebbe scoppiata in calde lacrime
seduta stante “Stai pensando che il Permesso sia falso?”
“Non dovrei?” chiese Eva con uno
strano sguardo fisso.
“Certo che no. I Permessi non si
possono falsificare, è un vincolo imprescindibile del Comitato di Sorveglianza.”
Eva concentrò la sua mente sulla
mano che impugnava la pistola: non tremare, pensava con determinazione, non ti
azzardare ad avere un solo microscopico fremito…
“Quello che non mi spiego è
perché Vlad l’abbia fatto.” disse poi con quanta più
indifferenza poteva.
“Non chiederlo a me” sospirò
Amelia “Vlad riesce a essere completamente subdolo e
malvagio, quando vuole, quindi immagino che ti voglia
semplicemente uccidere, magari divertendosi un po’. E visto gli ultimi sviluppi
sulla panca, se ti uccidesse adesso si saprebbe già
dove andresti a finire… nel suo girone. Accanto a lui. Cheek to cheek per l’eternità. Magari puntava
proprio a questo.”
Eva sbatté le palpebre
velocemente diventando se possibile ancora più pallida.
“Io e Vlad…
per sempre?”
“Ammetterai che come prospettiva
non è così malvagia… in seconda istanza, a quanto si
dice del tuo caratterino, poteva capitarti Morgana.”
La mano di Eva tremò ma Amelia
non se ne avvide: si era lasciata distrarre da un sospetto cigolio proveniente
dal corridoio, seguito da un cavernoso borbottio.
“Il tuo amichetto umano si è
svegliato” sospirò quindi rizzando la schiena “Che peccato che il nostro tempo
sia scaduto: contavo di farmi offrire un cognac e chiacchierare ancora della
tua completa mancanza di acume e di come ti sia fatta fregare da Vlad, ma mi sa che devo proprio scappare.”
Eva, di riflesso, alzò la pistola
puntando dritta alla fronte di Amelia che inarcò un sopracciglio con aria
tediata.
“Amore, che cosa vuoi fare? Non penserai di potermi uccidere, vero?”
“Ammetto che l’idea mi ha sfiorata.” ringhiò Eva sempre tenendola sotto tiro.
“E la tua amichetta mortale?
Vorrei ricordarti che il sangue e la materia cerebrale che schizzerebbero dovunque sarebbero i suoi.”
“Non credo che avrebbe comunque
qualche possibilità di sopravvivenza, dopo il tuo passaggio.”
Amelia sospirò alzando gli occhi
al cielo.
“Cosa mi tocca sentire! Visto che non sai niente di come funzionano queste cose te
lo dico io: la tua amichetta è salva. La mia emanazione in questo corpo ha
poteri molto limitati, lo ammetto: non posso fare niente di quello che farei di solito. D’altra parte, la morte improvvisa
e repentina del corpo che sto occupando non mi scuoterebbe nemmeno la
messa in piega. Quindi, dolcezza, metti giù quel ferro
e salutami come si deve. Sempre che tu non voglia che il tuo bisonte mortale
arrivi qui e partecipi alla discussione… non avrò
tutti i miei poteri, ma riuscirei lo stesso a combinare qualcosa di
interessante con questo corpicino secco.”
Sorrise con aria malvagia ed Eva
cedette il passo, abbassando la pistola.
“Eva?” borbottò la voce impastata
di Gino: si udì un rumore di passi pesanti interrompere l’ovattata quiete
notturna e nel corridoio comparve una lenta figura ondeggiante in
avvicinamento.
Eva e Amelia si fissarono negli
occhi a lungo, insondabili gli uni, scaltri e vittoriosi gli altri: poi Eva
alzò il mento seccamente e la bocca di Amelia si aprì il un
largo sorriso.
“Allora tanti saluti” mormorò
sottovoce alzandosi in piedi con grazia mentre Gino usciva dall’ombra entrando
nel refettorio e aggrottava le sopracciglia davanti alle due donne “Porta i
miei ossequi al nostro comune amico e digli che lo aspetto per un po’ di sano
divertimento, giù di sotto: dopo avervi visto all’opera sulla panca, devo
ammettere che mi è rimasto un budellino vuoto.”
“Non mancherò.” rispose Eva
trattenendo la rabbia.
“Che fate qui a quest’ora,
donne?” chiese Gino arrivando con un grosso sbadiglio “Parlate di
mestruazioni?”
Nessuno rispose e Gino lanciò un
breve sguardo interrogativo a Lorella, senza tuttavia accorgersi di nulla; Eva,
frustrata, rimase immobile e impotente aspettando una mossa del Demone.
Come intuendo i suoi pensieri,
Amelia sghignazzò a denti stretti: lo sguardo di Gino allora captò la presenza
della pistola nella mano abbassata di Eva e la sua faccia assonnata passò da
un’espressione perplessa a una maschera di meraviglia.
“Chi
cazzo è?” borbottò tramortito dalla sorpresa: Amelia gli lanciò uno sguardo
sprezzante, di quelli che una regina riserva a una larva di mosca incontrata
sul suo regale cammino: poi, abbassò la testa, chiuse gli occhi e di colpo
Lorella fu di nuovo Lorella.
*
*
*
La ragazza vacillò brevemente
fino a crollare sulla panca alle sue spalle: riaprì gli occhi sbattendoli
ripetutamente e sembrò avere serie difficoltà nel mettere a fuoco la vista.
“Chi
cazzo era?” rettificò la domanda Gino, continuando a fissare la ragazza con
curiosa sorpresa.
“Come?” domandò Lorella: aveva la
voce impastata e l’aria intontita come se avesse dormito per ore.
Eva scoprì di poter di nuovo
respirare liberamente: quando gli occhi vacui di Lorella si fermarono sulla
pistola nella sua mano e si spalancarono stupefatti, si decise a riporre l’arma
e a rilassare le spalle.
“Eva!” gracidò Lorella con voce
offesa “Che stavi facendo?”
“Io voglio sapere chi cazzo era.” ribadì invece Gino aggrottandosi.
“Nessuno.” rispose Eva
stancamente.
Non aveva una gran voglia di
rispondere alle domande dei due umani: doveva ancora metabolizzare quello che
Amelia le aveva riferito e pensava di non avere abbastanza risorse per tutto,
in quel momento.
“Chi era chi?” domandò Lorella spaesata:
probabilmente non aveva ancora capito bene di essere sveglia.
“Quella. Cioè,
tu.”
“Io?”
“No, quella! Una femmina di
sicuro, mi ha guardato come se fossi sterco di vacca…”
“Chi?”
“Tu! Cioè… Eva spiegaglielo o qui
facciamo notte. O giorno, visto che è passata mezzanotte.”
Eva non si spazientì e nemmeno
sorrise: sembrava particolarmente priva di vita mentre fissava Lorella con un
piatto sguardo alieno. Era indecisa se riferire o no a Lorella di quanto le era successo: forse in un altro momento sarebbe
stata anche più attenta alla sensibilità della ragazza, alla scelta delle
parole giuste. In quel preciso istante, invece, si sentiva
particolarmente arida e lapidaria.
“Sei stata posseduta.” le spiegò
seccamente: non aggiunse altro e lo sguardo fiducioso di Lorella divenne prima
perplesso, poi ferito, poi spaventato.
“Cosa?” ragliò indietreggiando
“Qualcuno mi ha violentata?”
“Macché violentata” la rimproverò
Gino con una parvenza di buonumore nella voce “Sei stata posseduta nel senso
che qualcuno ha usato il tuo corpo per parlare con Eva. Certo che anche tu,
miss Delicatezza, potevi trovare qualche termine migliore, no? E tu,
fiorellino, sei più a senso unico del rosso! Comunque, non hai subito nessuna
possessione fisica: sei ancora vergine, non ti
preoccupare.”
“Sono tornata vergine?” balbettò
Lorella confusa “Ma io ho avuto un fidanzato e noi, beh…”
“Ok, allora non sei più vergine”
rettificò Gino esasperato “Dio, parlare con questa è peggio che andare di
notte! Eva, ti decidi o no a dirmi chi cazzo ha
posseduto la cerebrolesa?”
Eva, sorprendentemente, non
reagì: aveva ben altro a cui pensare. Il suo cuore
sanguinava, ma la sua parte demoniaca aveva già pronta una bella corazza d’ira
da indossare sopra le ferite. Una corazza irrazionale, impulsiva e distruttiva
che non ragionava mai sulle conseguenze ma che agiva con puro istinto di
sopravvivenza. In quel momento, il distillato d’odio che le permeava il cuore
vedeva un’unica via d’uscita. L’unico problema era far ingoiare quella
decisione anche alla parte angelica che governava quella porzione ballerina di
cuore che continuava a gridare sottovoce Vlad no, Vlad no…
“Eva…?”
Lei abbassò lo sguardo e si passò
una mano sulla fronte, rapida e tuttavia pesante, come se ogni movimento le
costasse uno sforzo titanico.
“Devo parlare con Vlad.” disse in tono monocorde.
La faccia di Gino perse tutta la
sua allegria mentre Lorella, intuendo che non avrebbe avuto più risposte,
sprofondava sulla panca, perplessa e incredula.
“Uhm” commentò Gino “Guai in
vista?”
“E quando mai non ci sono guai in
vista se c’è di mezzo Vlad?” rispose Eva con una voce
che sembrava vagamente rotta suo malgrado.
“Devi farlo fuori?”
“Potendo… ma no, non devo farlo
fuori.”
“Hai bisogno di aiuto?”
“No.”
“Sei incazzata?”
Stranamente no; ma la fredda
calma piatta della vendetta per Gino sarebbe stata un’ammissione di debolezza.
“Sì.”
“Incazzata come una baronessa a cui hanno sbagliato la miscela di tè o come un gatto con
un ferro rovente nel culo?”
Eva fece un sorriso freddo.
“Siamo più sul gatto, ma non
disdegno la baronessa.”
Gino le posò una manona ruvida sull’avambraccio, tornando serio.
“Sicura di non aver bisogno
d’aiuto?”
Eva non osò guardarlo in faccia.
“Sì. Ma una cosa la puoi fare:
chiama Raf e digli… digli che deve fare una cosa importante.”
“Cosa?”
Eva deglutì.
“Contattare
Giacinta.”
“Per cosa?”
Eva glielo disse e Gino non fece
più domande.
*
*
*
La cella di Vlad
era immersa in una fresca penombra: Eva sgusciò dentro silenziosamente,
chiudendosi la porta alle spalle e rimanendo poi con la schiena aderente allo
stipite. La vaga forma scura di Vlad era stesa sul
letto candido: si alzò senza fretta a sedere e accese una candela con gesti
lenti e misurati, rischiarando la stanza e il suo volto con una luce delicata.
Il cuore di Eva perse un battito, e poi due, e poi tre: era così bello, pensò
con una sorta di doloroso struggimento. E sembrava così innocuo, così
accessibile seduto su quel letto, con la camicia slacciata e i capelli rossi
che cadevano morbidamente sulle spalle, gli occhi cangianti pieni di fuoco.
“Ciao.” gracidò, incapace al
momento di fare nient’altro.
“Ce ne hai messo di tempo.”
rispose Vlad con voce calma ma vibrante: il suo viso
era di una bellezza così ammaliante che Eva dovette distogliere dolorosamente
lo sguardo per poter proseguire.
E comunque, non proseguì lo
stesso: sapeva cosa doveva fare, sapeva anche che lo
avrebbe fatto, ma una vocina conficcata nel suo cervello le urlava a
squarciagola di aspettare un momento solo, di non partire subito con la
distruzione totale. Giusto il tempo di un’ultima parola, un
ultimo sguardo… un ultimo bacio.
“Hai intenzione di rimanere
incollata lì?” chiese la voce di Vlad con educato
divertimento.
“Sì. E’ molto
più… è meglio, ecco.”
Che balbettio penoso: Eva si
sarebbe presa volentieri a schiaffi da sola per quanto si sentiva debole in
quel momento.
“Ok” sospirò Vlad
alzandosi elegantemente in piedi “Come al solito tocca
a me fare il lavoro pesante.”
Si avvicinò di un passo e il
cuore di Eva balzò in alto andando a ostruirle la gola: una parte
di lei diceva no, no! e un’altra diceva sì, si,
ti prego… tra le due vinse il silenzio finché Vlad
non fu davanti a lei e poté percepirne il calore della pelle. Lo guardò dal
basso verso l’alto, indifesa: era certa che nel silenzio tombale dell’eremo Vlad avrebbe potuto sentire il rombo del suo cuore
impazzito e probabilmente esultare, sapendo di averla in mano. Ma il suo viso
vicino e addolcito dalla luce soffusa non sembrava affatto
esultante: sembrava tante cose, tra cui vagamente sorpreso, ma non esultante.
“Vlad.”
disse Eva sicura di poter proseguire, ma quando Vlad
alzò una mano e le scorse la guancia con il dorso del dito indice sussultò
penosamente.
“Fifa?” mormorò lui con un mezzo
sorriso all’angolo della bocca.
Forse era il caso di mentire,
pensò Eva remotamente con lo sguardo inchiodato su quella bocca vicinissima.
“S-no.”
Il sorriso di Vlad
si accentò, sornione.
“Anch’io.” le confidò chinandosi
su di lei.
Le baciò una palpebra e il naso
con estrema delicatezza, poi le sfiorò la guancia febbricitante con la propria
liscia e fresca; respirò la sua stessa aria e posò le proprie labbra sulle sue
senza premere, senza forzarla. Come se ce ne fosse stato bisogno: Eva lo baciò
di sua spontanea e completa iniziativa, chiudendo gli occhi e circondandogli il
collo con le braccia, premendosi contro di lui con totale, esausto abbandono.
Ci fu un attimo di sospensione sorpresa da parte di Vlad
che probabilmente non si aspettava quella resa incondizionata: un attimo solo
in cui furono alla pari, né vincitori né vinti… un attimo di struggente
malinconia in cui Eva comprese che Vlad le
apparteneva almeno quanto lei apparteneva a lui. Poi, Vlad rispose al suo bacio con convinta passione,
strizzandole fuori il respiro con un abbraccio violento e invadendole la bocca
con rabbiosa urgenza. Ma il momento se n’era già
andato e con esso Eva intuì di aver detto addio a quel qualcosa che non era mai
nemmeno davvero nato. Lasciò ricadere le braccia e subì passivamente
il bacio di Vlad, lasciando che le sue mani le
vagassero sul corpo. Immediatamente, Vlad si accorse
della stonatura e si interruppe, scostandola da sé ma
tenendole saldamente la nuca con una mano e la vita con l’altra. Le piantò in
faccia i suoi occhi cangianti e le scrutò a fondo le iridi scure, sondandola
con durezza: Eva si lasciò guardare dentro, svuotata e tutto
sommato contenta di non aver più niente da nascondere e da offrire.
“Che succede?” chiese Vlad con piatta impazienza, ogni dolcezza completamente
scomparsa dalla sua voce.
Eva inspirò a fondo senza
tuttavia riuscire a riempire d’aria i polmoni, compressi da un doloroso e
inspiegabile peso.
“Ho avuto una visita.” rispose
infine con voce piana.
“Chi?”
“Una tua vecchia conoscenza, giù
nei quartieri caldi.”
Vlad le
scrollò leggermente la testa con impazienza.
“Chi?” ripeté duro.
“Amelia.” rispose Eva con calma.
Vlad
non batté ciglio.
“Cosa ti ha detto?”
“Credo che abbia una cotta per te”
rispose Eva con indifferenza “Certo, anche gli altri vostri degni compari hanno
dimostrato un certo apprezzamento per le tue, chiamiamole così, doti. Ma Amelia
deve proprio tenerci un sacco a te visto quanto se l’è presa per non essere
stata invitata al vostro ultimo festino.”
Vlad si
scostò bruscamente da lei, come se d’un colpo la sua
pelle scottasse.
“E quante balle ha tentato di
rifilarti la nostra cara Amelia, mossa dalla gelosia e dalla sua innata
stronzaggine?”
“Non molte. Mi ha deliziato con
qualche particolare piccante sul tuo rapporto con Demetrio e Morgana… a quanto
pare sono più le volte che tu ti gingilli con loro di quelle in cui loro si
gingillano con te. Anzi, sembra che l’exploit dell’altro giorno sia stato un
vero e proprio evento storico.”
Le sopracciglia di Vlad si aggrottarono appena.
“Mi sembrava abbastanza intuibile
che l’evento storico, se così lo vuoi chiamare, fosse stato necessario per
salvare il tuo prezioso culo Sanguemisto.”
“O forse è stata un’ottima mossa
per farmi credere che tu mi stessi proteggendo?”
La faccia di Vlad
era una maschera di pietra.
“Ma io ti stavo proteggendo”
scandì lentamente “Ti ho sempre protetta, scimmietta
mia.”
“Davvero?” rispose Eva con gli
occhi improvvisamente scintillanti “Allora a conti fatti deduco che le nostre
opinioni sul significato di protezione siano decisamente
discordanti.”
“Spiegati, tesoro, perché non ci sto capendo un cazzo.” sferzò Vlad
ficcandosi le mani in tasca con un gesto che a Eva sembrò vagamente difensivo…
come se fosse possibile che Vlad si sentisse davvero
minacciato. Lui. Da lei. Magari, pensò in un accesso di rabbiosa vendetta:
magari avesse potuto davvero fargli male.
“Veramente sei tu che dovresti
spiegare a me” rispose incrociando le braccia sul petto “Mi devi spiegare perché
dopo tutto questo tempo hai deciso che era ora di finire il lavoro che avevi
cominciato quando eri mio tutore e uccidermi una volta per
tutte.”
“Ucciderti?” domandò Vlad “Io non ho mai voluto ucciderti.”
Era una bugia così palese che Eva
azzardò un sorriso.
“Oh, scusami. Allora mi devi
spiegare una cosa, Vlad, mio diletto Demone Tutore,
perché davvero non capisco. Se non mi vuoi uccidere, perché di grazia mi hai
scatenato contro un’orda infernale?”
NOTE DELL’AUTRICE:
Scusate se non riesco ad essere
puntuale e a rispondervi ad personam…
Sappiate però che sempre, sempre spero che qualcuno di voi
si ricordi di me e mi lasci una traccia che ancora mi segue!!
Un saluto e una speranza per tutti, SMACK!
P.S.: Menzione unica e specialissima per MARZYPAPPY che
finalmente si è laureata!!!!! BRAVA!!!!!!!!!