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Autore: L_Fy    27/04/2009    16 recensioni
"Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant'è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v' ho scorte." Dante Alighieri, La Divina Commedia
Genere: Commedia, Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PROLOGO

Capitolo 13 : Superbia

Morti li morti e i vivi parean vivi:
non vide mei di me chi vide il vero,
quant'io calcai, fin che chinato givi.
Or superbite, e via col viso altero,
figliuoli d'Eva, e non chinate il volto

sì che veggiate il vostro mal sentero!

Dante Alighieri, La Divina Commedia, Purgatorio, Canto XII

 

Eva rimase a fissare Amelia con intenso sospetto, ma dalla figura esile della ragazza non trasudava nessuna sorta di malefico potere, come invece era successo per gli altri Demoni Capitali che aveva incontrato. Valutò che evidentemente l’incursione del Demone nel corpo di Lorella aveva smorzato non poco le sue facoltà. Ciononostante, la personalità di Amelia traspariva da ogni singolo dettaglio: dagli occhi socchiusi e calcolatori che avevano sostituito lo sguardo perennemente stupefatto di Lorella, alla bocca dalla piega sardonica che aveva spazzato via il solito timido sorriso, alle spalle dritte e arroganti, alle gambe elegantemente accavallate… Non c’era più niente in quel corpo della Lorella originale ed Eva tremò di paura per lei.

“Allora?” domandò a bruciapelo “Visto che non sei stata invitata alla festa sei venuta a minacciarmi di pungermi con un arcolaio?”

“Come l’hai capito che non ero la tua amichetta mortale?” glissò Amelia con una punta di genuino interesse: evidentemente non aveva previsto di essere subito riconosciuta, anche se forse la cosa non mancava di lusingarla.

“Niente di trascendentale” rispose allora Eva con modestia “Che non fossi Lorella era chiaro da come hai camminato. Nel breve tragitto dall’angolo a qua la vera Lorella avrebbe fatto cadere tre o quattro oggetti, oltre a se stessa. E’ una ragazza deliziosa, ma un tantino goffa. A proposito, dov’è di preciso adesso?”

“Qui.” rispose Amelia con un cenno vago ed elegante della mano.

“Qui. E avremo il piacere di riaverla tra noi, quando questo colloquio sarà terminato?

Amelia fece un sorriso ambiguo e scaltro… terribile sulla faccia innocente di Lorella.

“Chissà” tergiversò “E una volta appurato che non ero più Lorella, come sei giunta alla conclusione che ero io?”

Vlad mi ha spiegato che solo i Demoni Capitali e i figli di Lucy hanno l’autorizzazione per entrare in questo posto benedetto” rispose Eva con altrettanta alterigia “Avendo già incontrato i tuoi esimi colleghi e sperando vivamente di non aver niente a che fare con Caius, Ellena e Sisar nei secoli dei secoli amen, l’unica alternativa possibile eri tu. Poi, naturalmente, la postura. Sai, quella boria da scopa nel culo che hanno le baronesse… E’ piuttosto tipica di voi superbi.”

Questo sembrò piacere un po’ meno ad Amelia: strizzò le labbra e ingiallì come un limone, assumendo finalmente un’aria oltremodo pericolosa.

“Vedo che Vlad ti sta insegnando un sacco di cose” ringhiò quasi mandando scintille dagli occhi “Certe uscite di cattivo gusto sono così talmente farina del suo sacco che sembri tu quella posseduta.”

“Come ti è venuto in mente di possedere Lorella?” ne approfittò Eva alla quale premeva sapere che fine aveva fatto la povera ragazza.

“Oh, un semplice colpo di genio” rispose Amelia ammansita e di nuovo tracotante come un tacchino “Volevo parlare con te, ma hai Vlad e quell’altro pennuto biondo sempre attorno a ronzare come tafani… Sfruttare qualcuno già dentro il tuo entourage mi è sembrata la scelta migliore. E lo è stato anche per te, visto che le mie intenzioni sono pacifiche… altrimenti il tuo sangue starebbe già imbrattando le pareti di questo deplorevole buco benedetto.”

“Se avessi saputo che chiunque poteva indossare i miei conoscenti come un maglioncino di lana sarei stata più guardinga.” ammise Eva sforzandosi di mantenere il tono di voce leggero.

Amelia ridacchiò con aria vagamente ammirata.

“Sei simpatica! Comunque tranquillizzati, questo tipo di possessione silenziosa, chiamiamola così, è estremamente difficile da eseguire: certi poteri sottili non sono patrimonio di tutti.”

“Ne sono oltremodo confortata. Ma immagino che tu non abbia esattamente tutte le carte in regola per stare legalmente su questo Piano, occupando il corpo di una mortale innocente e non consenziente.

Amelia si limitò a rispondere con un sorriso leonardesco.

“A cosa devo l’onore di una tale regale visita?” lasciò perdere Eva per arrivare al sodo.

“Il mio buon cuore, naturalmente” tubò Amelia esultante “E anche un leggero prurito che dovevo grattare.”

“Partiamo dal buon cuore” propose Eva rimanendo ben piazzata davanti ad Amelia e tenendola sempre sotto il tiro della sua pistola “Ho recentemente avuto una visione dei cosiddetti pruriti di voi Demoni Capitali e non mi è piaciuta un granché.”

Ma davvero” sogghignò Amelia con aria saputa “Tesoro, quello che tu credi di aver visto non è nemmeno un quarto di quello che succede quando facciamo sul serio… e comunque, nel tuo caso, era tutta una messa in scena, quindi non fa testo.”

Suo malgrado, Eva si incuriosì.

“Sua maestà sarebbe così gentile da spiegare meglio?” chiese con estrema educazione.

“Sono qui per questo. Come hai brillantemente intuito, c’è la faccenda dell’arcolaio…

Si alzò in piedi e di riflesso Eva indietreggiò di un passo, sulla difensiva.

“Sì, fai bene ad avere paura di me” approvò Amelia “Sono qui per farti del male, anche se alla fine ti farò un favore.”

Eva cominciò a spaventarsi sul serio.

“Dimmi cosa cazzo vuoi, Amelia.” ringhiò con convincente durezza.

“Voglio metterti in guardia” rispose Amelia amabilmente “E nello stesso tempo voglio ripagare con la stessa moneta un certo Demone Capitale che mi ha un po’, come dire, preso sottogamba… capisci, nessuno prende sottogamba me. Nemmeno un bocconcino appetitoso come Vlad.”

Lo sguardo di Eva corse involontariamente al corridoio buio che portava alle celle dei monaci provocando una risata chioccia da parte di Amelia.

“Per tutti i santi del Paradiso, non mi dire che stai pensando di proteggerlo! In questo caso devo ammetterlo, sono davvero ammirata da come sia riuscito a lavorarti per bene.

Eva tornò a guardare il Demone nel corpo di Lorella: capì improvvisamente che Amelia era davvero venuta per farle del male… e che gliene avrebbe fatto, perché già cominciava a sentirne le bucature sul cuore.

“In che modo Vlad mi avrebbe lavorata?” chiese confidenzialmente.

“In un milione di modi” rispose Amelia con un sorriso perfido “L’apoteosi è stata la sceneggiata al covo austriaco, quando ti ha fatto credere di immolarsi per te… che genio! Solo una sciocca, piccola Sanguemisto con gli ormoni in subbuglio come te poteva pensare che un Demone come Vlad si sarebbe fatto fare quelle cose senza che lui stesso non le avesse programmate e concesse.

In un lampo, come in una foto in bianco e nero, Eva rivide nella mente il corpo indifeso di Vlad, le braccia aperte, Morgana, Demetrio e Alana che grufolavano sopra di lui come suini, facendo scempio della sue pelle dorata, del suo corpo armonioso…

“Di solito non siamo così infoiati, ma era un po’ che Vlad non veniva a trovarci.”

Rivide gli occhi chiusi di Vlad, l’espressione distante, quasi indifferente e ancora sentì schifo e tormento. Cominciò però a pensare con amara rassegnazione che Vlad doveva sapere piuttosto bene quale sarebbe stata la sua reazione. Dopotutto, il mezzo Angelo che era in lei non era esente da compassione. E poi era da un pezzo che non vedeva l’ora di avere un pretesto per riabilitare Vlad.

“Sciocca, piccola Sanguemisto con gli ormoni in subbuglio.” 

“Lo sanno tutti, sia Sopra che Sotto, che Demetrio e Morgana sono completamente schiavi di Vlad” proseguiva intanto Amelia lapidaria “Nemmeno respirano se lui non glielo concede. E in occasione dello show a tuo uso e consumo Vlad ha concesso loro un bel po’… Morgana chissà per quanto rimarrà ancora in estasi mistica!

Rise con insolita acidità. Eva fremette di impazienza.

Quindi, a parte l’estasi di Morgana, cosa avrei dovuto notare?”

“Che c’erano tutti a parte Bersaba e me. Non ti sei chiesta perché io non ci fossi?

“A dire il vero no” ripose Eva sinceramente “Forse semplicemente Vlad non ti aveva invitata?”

Amelia sorrise con la bocca di Lorella, sembrando in tutto e per tutto uno squalo.

“Effettivamente no” ammise dolcemente “Vlad sapeva che altrimenti sarei venuta… ammetto di avere anche io un certo debole per le sue indubbie doti.”

Ammiccò ed Eva d’un tratto intuì cosa increspava la fredda superficie di quella regina di ghiaccio: una cocente, devastante invidia e un puro, titanico risentimento.

Gelosetta?” si lasciò sfuggire freddamente ma non fece nemmeno in tempo a coglierne il movimento che la mano di Lorella, piccola e morbida, le calò di piatto sulla faccia, spedendola per terra con la guancia in fiamme.

“Attenta, piccola” mormorò con voce secca il Demone sovrastandola con grazia “Per il momento ce l’ho abbastanza con Vlad da volerti viva, giusto per vedere come reagirà quando tu manderai all’aria i suoi piani… qualsiasi essi siano. Ma non provocarmi troppo, perché faccio presto a schiacciarti come l’inutile insetto che sei in realtà.

Eva la guardò da sotto in su con gli occhi appannati, un filo di sangue che le usciva dal naso dolorante. Si sforzò di ricordare che gran parte del potere di Amelia era dovuto al fatto che lei, Demone Capitale della superbia, si riteneva più invincibile di quanto fosse in realtà, ma di fatto questo non l’aiutò ad avere meno paura di lei.

“Quindi, perché Vlad non ti avrebbe invitata?” domandò cercando di riportare il discorso su terreni più accessibili.

Amelia sembrò tornare più tranquilla e si sedette sulla panca con indolenza.

“Perché io non sono facilmente manipolabile come gli altri” spiegò con arrogante alterigia mentre Eva si rialzava cautamente da terra “Io e Vlad siamo piuttosto intimi…” ammiccò di nuovo allusiva facendo chiaramente intendere di che natura fossero i suoi rapporti con Vlad “Ma lui sa che non mi sarei piegata al suo volere e non sarei stata al suo gioco… così ha preferito tenermi fuori.”

Una brutta sensazione di dolore diffuso cominciò ad arrampicarsi lungo la schiena di Eva che aveva quasi già capito dove Amelia volesse andare a parare, ma ancora non era pronta per affrontare quello che il Demone ventilava.

“Non sembrava proprio una recita di Natale.” azzardò con ammirevole coraggio.

“Per favore” la schernì Amelia accavallando di nuovo le gambe “Demetrio, si sa, è sessualmente passivo come un merluzzo: in genere Vlad lo tratta peggio di uno zerbino. E Morgana si fa squartare in due da lui, quando a Vlad aggrada così. Quindi, tesoro, è ovvio che quello che hai visto era qualcosa di preparato! Qualcosa che Vlad voleva che tu vedessi.”

“Perché?” chiese controvoglia Eva e già il cuore sanguinava ferito: Amelia concentrò sul sopracciglio alzato tutto il suo traboccante disprezzo.

“Per colpire il tuo tenero cuoricino” rispose poi con dolcezza “Voi Sanguemisto solo che abbiate un grammo di essenza d’Angelo in corpo diventate più prevedibili di un film già visto! Persino io, senza conoscerti, sapevo che la sceneggiata del cavaliere senza macchia avrebbe fatto presa sulla tua testolina romantica.

Romantica. Lei, Eva! Eppure, a conti fatti, sembrava avere più ragione Amelia di Eva stessa. Una cocente umiliazione si decise a imporporarle le guance.

“Io sarei romantica?” chiese con quanto più scetticismo riuscì a mettere nella voce e per tutta risposta Amelia si tolse un immaginario cappello piumato dalla testa.

“E chi non lo sarebbe, con un cavaliere sexy come Vlad” chiocciò con voce strascicata “Guarda, piccola, cosa sto facendo per te. Guarda quanto conti per me… e guarda che bella armatura scintillante che ho addosso!”

All’improvviso rise davanti all’espressione ferita di Eva, buttando indietro la testa.

“Te la sei proprio bevuta! E dire che tutti pensavamo saresti stata un osso duro: Vlad deve averti messo più fregola addosso che una mandria di giovenche in calore per confonderti così. Se fossi stata un minimo lucida avresti dovuto accorgerti che non era da Vlad atteggiarsi da eroe. Lui non è un eroe: è un Demone. Se credi che sia un cavaliere è perché lui te la sta vendendo bene.

“Ok, non è un cavaliere” concesse Eva con una punta di forzata gaiezza “Continuo a non vedere il motivo per una simile sceneggiata.”

“Beh, cocchina, è chiaro che lui ti vuole…

E qui Amelia fece di nuovo la faccia a succo di limone, per un attimo.

“… ti vuole così tanto che è disposto a tutto.”

Sorrise di nuovo, quasi materna.

“Disposto a tutto?” domandò Eva che ormai sentiva male dappertutto, non solo al naso sanguinante.

“Tutto quello che può fare un Demone, naturalmente” spiegò Amelia compunta “Mentire, raggirare, ingannare, ferire. Ti ha fatto proprio il servizio completo, il nostro buon Vlad, cominciando con l’infarcirti di balle come il cappone di Natale.

Quali balle?, pensò affannosamente Eva.

“A dire il vero sono stata io a chiedere l’aiuto di Vlad” comunicò in tono neutro “Prima di allora non mi aveva mai nemmeno cercata.”

“Dici?” rispose freddamente Amelia così che Eva intuisse che non doveva essere del tutto vero: con gesti lenti e studiati Amelia infilò una mano in tasca e tirò fuori un foglio stazzonato. Lo tenne davanti alla faccia sventolandolo mentre un lento sorriso malvagio iniziava a stirarle le labbra.

“Cos’è?” chiese Eva ben sapendo che Amelia non aspettava altro che le sue domande per proseguire.

“Un Permesso.” rispose Amelia con intenzione.

Eva rimase talmente impassibile che Amelia si decise a sbuffare di impazienza.

“Capisco che la trasposizione grafica di un Permesso su questo Piano non sia delle migliori…” fissò indignata il foglio come se potesse migliorarne l’aspetto con la forza del pensiero “… ma persino una cimice come te dovrebbe riconoscerlo. Un Permesso, diavolo! Concesso e firmato niente popò di meno che da Sisar in persona.”

Allungò il foglio verso Eva che dovette far appello a tutta la forza che aveva per obbligare la sua mano a non tremare mentre lo prendeva in consegna. Lentamente lo aprì, trattenendo segretamente il fiato: il Permesso era scritto a mano con una bella ed elegante calligrafia inclinata. Il richiedente chiedeva il permesso, nella dovuta forma burocratica, di scatenare un’orda infernale di livello C (piuttosto buona, come categoria) nei confronti di una certa Eva, entità Sanguemisto, professione Recuperante, residenza Piano terrestre.

“L’orda è passata dal Nodo di Linus” specificò Amelia salottiera “C’è scritto sotto, penultima riga.”

Un altro flash in bianco e nero attraversò la mente di Eva, inchiodandola col foglio in mano come una stratua di pietra: Linus con la testa ciondolante e la vocetta querula da vecchio sdentato.

“Mi sottovaluta, Vlad, e mi disprezza. Ma ha fatto male, stavolta. In fondo, l’ho fatta passare io la seconda.

“La seconda cosa?”

“La seconda orda infernale.”

“Ricordi il motivo per il quale hai chiesto il suo aiuto?” chiese Amelia togliendo delicatamente il Permesso dalle mani di Eva.

“Sì.” rispose Eva neutra quando già una voragine di buio le si apriva nello stomaco.

Quindi non sei sorpresa?” incalzò il Demone con voce esultante e melliflua.

La firma di Vlad con un insolente inchiostro nero.

Eva chiuse gli occhi, sentendosi di colpo fragile e dolorante come se Amelia l’avesse picchiata a sangue.

“Sai chi l’ha scatenata?”

“Non essere sciocca, ragazza: tu lo sai già chi è stato.”

E lei che non ci voleva credere. Lei che aveva sempre creduto con assoluta, granitica certezza che non fosse stato Vlad a scatenarle contro l’orda infernale.

Ingenua.

Bugiardo.

Ingenua.

Traditore.

Ingenua.

Demonio!

Strizzò gli occhi forte come per trattenere qualcosa dentro di sé… ma ormai era troppo tardi.

“No” mormorò sottovoce riaprendo gli occhi asciutti e vuoti “Nessuna sorpresa.”

*             *             *

Vlad le aveva scatenato contro l’orda infernale. Vlad, il suo tutore. Vlad che doveva proteggerla. Vlad che l’aveva baciata. Vlad che le posava la testa sul petto e che diceva di voler dormire con quella voce ruvida che le grattava il cuore. Vlad, a cui lei aveva creduto per la prima volta in vita sua. Vlad, che le aveva mentito. Alla luce di questo, era logico pensare che Vlad fosse anche il mandante dell’omicidio di Paolo e Sandra: le due cose dovevano essere collegate, Eva ne era certa. Ma Vlad era capace di fare una cosa così terribile? La risposta era semplice: sì. Eva lo aveva sempre saputo e l’unica cosa che l’aveva trattenuta dall’odiarlo del tutto era il fatto che lui non avesse ancora ucciso nessuno vicino a lei. Ma adesso, oh, adesso… Il vuoto che premeva dentro lo stomaco di Eva diventò più pesante di un macigno. La sua faccia però rimase impassibile sotto lo sguardo curioso e anche vagamente deluso di Amelia.

“Ok” sospirò infine il Demone quando capì che Eva non sarebbe scoppiata in calde lacrime seduta stante “Stai pensando che il Permesso sia falso?”

“Non dovrei?” chiese Eva con uno strano sguardo fisso.

“Certo che no. I Permessi non si possono falsificare, è un vincolo imprescindibile del Comitato di Sorveglianza.

Eva concentrò la sua mente sulla mano che impugnava la pistola: non tremare, pensava con determinazione, non ti azzardare ad avere un solo microscopico fremito…

“Quello che non mi spiego è perché Vlad l’abbia fatto.” disse poi con quanta più indifferenza poteva.

“Non chiederlo a me” sospirò Amelia “Vlad riesce a essere completamente subdolo e malvagio, quando vuole, quindi immagino che ti voglia semplicemente uccidere, magari divertendosi un po’. E visto gli ultimi sviluppi sulla panca, se ti uccidesse adesso si saprebbe già dove andresti a finire… nel suo girone. Accanto a lui. Cheek to cheek per l’eternità. Magari puntava proprio a questo.”

Eva sbatté le palpebre velocemente diventando se possibile ancora più pallida.

“Io e Vlad… per sempre?”

“Ammetterai che come prospettiva non è così malvagia… in seconda istanza, a quanto si dice del tuo caratterino, poteva capitarti Morgana.”

La mano di Eva tremò ma Amelia non se ne avvide: si era lasciata distrarre da un sospetto cigolio proveniente dal corridoio, seguito da un cavernoso borbottio.

“Il tuo amichetto umano si è svegliato” sospirò quindi rizzando la schiena “Che peccato che il nostro tempo sia scaduto: contavo di farmi offrire un cognac e chiacchierare ancora della tua completa mancanza di acume e di come ti sia fatta fregare da Vlad, ma mi sa che devo proprio scappare.”

Eva, di riflesso, alzò la pistola puntando dritta alla fronte di Amelia che inarcò un sopracciglio con aria tediata.

“Amore, che cosa vuoi fare? Non penserai di potermi uccidere, vero?”

“Ammetto che l’idea mi ha sfiorata.” ringhiò Eva sempre tenendola sotto tiro.

“E la tua amichetta mortale? Vorrei ricordarti che il sangue e la materia cerebrale che schizzerebbero dovunque sarebbero i suoi.”

“Non credo che avrebbe comunque qualche possibilità di sopravvivenza, dopo il tuo passaggio.”

Amelia sospirò alzando gli occhi al cielo.

“Cosa mi tocca sentire! Visto che non sai niente di come funzionano queste cose te lo dico io: la tua amichetta è salva. La mia emanazione in questo corpo ha poteri molto limitati, lo ammetto: non posso fare niente di quello che farei di solito. D’altra parte, la morte improvvisa e repentina del corpo che sto occupando non mi scuoterebbe nemmeno la messa in piega. Quindi, dolcezza, metti giù quel ferro e salutami come si deve. Sempre che tu non voglia che il tuo bisonte mortale arrivi qui e partecipi alla discussione… non avrò tutti i miei poteri, ma riuscirei lo stesso a combinare qualcosa di interessante con questo corpicino secco.”

Sorrise con aria malvagia ed Eva cedette il passo, abbassando la pistola.

“Eva?” borbottò la voce impastata di Gino: si udì un rumore di passi pesanti interrompere l’ovattata quiete notturna e nel corridoio comparve una lenta figura ondeggiante in avvicinamento.

Eva e Amelia si fissarono negli occhi a lungo, insondabili gli uni, scaltri e vittoriosi gli altri: poi Eva alzò il mento seccamente e la bocca di Amelia si aprì il un largo sorriso.

“Allora tanti saluti” mormorò sottovoce alzandosi in piedi con grazia mentre Gino usciva dall’ombra entrando nel refettorio e aggrottava le sopracciglia davanti alle due donne “Porta i miei ossequi al nostro comune amico e digli che lo aspetto per un po’ di sano divertimento, giù di sotto: dopo avervi visto all’opera sulla panca, devo ammettere che mi è rimasto un budellino vuoto.”

“Non mancherò.” rispose Eva trattenendo la rabbia.

“Che fate qui a quest’ora, donne?” chiese Gino arrivando con un grosso sbadiglio “Parlate di mestruazioni?”

Nessuno rispose e Gino lanciò un breve sguardo interrogativo a Lorella, senza tuttavia accorgersi di nulla; Eva, frustrata, rimase immobile e impotente aspettando una mossa del Demone.

Come intuendo i suoi pensieri, Amelia sghignazzò a denti stretti: lo sguardo di Gino allora captò la presenza della pistola nella mano abbassata di Eva e la sua faccia assonnata passò da un’espressione perplessa a una maschera di meraviglia.

Chi cazzo è?” borbottò tramortito dalla sorpresa: Amelia gli lanciò uno sguardo sprezzante, di quelli che una regina riserva a una larva di mosca incontrata sul suo regale cammino: poi, abbassò la testa, chiuse gli occhi e di colpo Lorella fu di nuovo Lorella.

*             *             *

La ragazza vacillò brevemente fino a crollare sulla panca alle sue spalle: riaprì gli occhi sbattendoli ripetutamente e sembrò avere serie difficoltà nel mettere a fuoco la vista.

Chi cazzo era?” rettificò la domanda Gino, continuando a fissare la ragazza con curiosa sorpresa.

“Come?” domandò Lorella: aveva la voce impastata e l’aria intontita come se avesse dormito per ore.

Eva scoprì di poter di nuovo respirare liberamente: quando gli occhi vacui di Lorella si fermarono sulla pistola nella sua mano e si spalancarono stupefatti, si decise a riporre l’arma e a rilassare le spalle.

“Eva!” gracidò Lorella con voce offesa “Che stavi facendo?”

“Io voglio sapere chi cazzo era.” ribadì invece Gino aggrottandosi.

“Nessuno.” rispose Eva stancamente.

Non aveva una gran voglia di rispondere alle domande dei due umani: doveva ancora metabolizzare quello che Amelia le aveva riferito e pensava di non avere abbastanza risorse per tutto, in quel momento.

“Chi era chi?” domandò Lorella spaesata: probabilmente non aveva ancora capito bene di essere sveglia.

“Quella. Cioè, tu.”

“Io?”

“No, quella! Una femmina di sicuro, mi ha guardato come se fossi sterco di vacca…

“Chi?”

“Tu! Cioè… Eva spiegaglielo o qui facciamo notte. O giorno, visto che è passata mezzanotte.

Eva non si spazientì e nemmeno sorrise: sembrava particolarmente priva di vita mentre fissava Lorella con un piatto sguardo alieno. Era indecisa se riferire o no a Lorella di quanto le era successo: forse in un altro momento sarebbe stata anche più attenta alla sensibilità della ragazza, alla scelta delle parole giuste. In quel preciso istante, invece, si sentiva particolarmente arida e lapidaria.

“Sei stata posseduta.” le spiegò seccamente: non aggiunse altro e lo sguardo fiducioso di Lorella divenne prima perplesso, poi ferito, poi spaventato.

“Cosa?” ragliò indietreggiando “Qualcuno mi ha violentata?”

“Macché violentata” la rimproverò Gino con una parvenza di buonumore nella voce “Sei stata posseduta nel senso che qualcuno ha usato il tuo corpo per parlare con Eva. Certo che anche tu, miss Delicatezza, potevi trovare qualche termine migliore, no? E tu, fiorellino, sei più a senso unico del rosso! Comunque, non hai subito nessuna possessione fisica: sei ancora vergine, non ti preoccupare.”

“Sono tornata vergine?” balbettò Lorella confusa “Ma io ho avuto un fidanzato e noi, beh…

“Ok, allora non sei più vergine” rettificò Gino esasperato “Dio, parlare con questa è peggio che andare di notte! Eva, ti decidi o no a dirmi chi cazzo ha posseduto la cerebrolesa?”

Eva, sorprendentemente, non reagì: aveva ben altro a cui pensare. Il suo cuore sanguinava, ma la sua parte demoniaca aveva già pronta una bella corazza d’ira da indossare sopra le ferite. Una corazza irrazionale, impulsiva e distruttiva che non ragionava mai sulle conseguenze ma che agiva con puro istinto di sopravvivenza. In quel momento, il distillato d’odio che le permeava il cuore vedeva un’unica via d’uscita. L’unico problema era far ingoiare quella decisione anche alla parte angelica che governava quella porzione ballerina di cuore che continuava a gridare sottovoce Vlad no, Vlad no…

“Eva…?”

Lei abbassò lo sguardo e si passò una mano sulla fronte, rapida e tuttavia pesante, come se ogni movimento le costasse uno sforzo titanico.

“Devo parlare con Vlad.” disse in tono monocorde.

La faccia di Gino perse tutta la sua allegria mentre Lorella, intuendo che non avrebbe avuto più risposte, sprofondava sulla panca, perplessa e incredula.

“Uhm” commentò Gino “Guai in vista?”

“E quando mai non ci sono guai in vista se c’è di mezzo Vlad?” rispose Eva con una voce che sembrava vagamente rotta suo malgrado.

“Devi farlo fuori?”

“Potendo… ma no, non devo farlo fuori.”

“Hai bisogno di aiuto?”

“No.”

“Sei incazzata?”

Stranamente no; ma la fredda calma piatta della vendetta per Gino sarebbe stata un’ammissione di debolezza.

“Sì.”

“Incazzata come una baronessa a cui hanno sbagliato la miscela di tè o come un gatto con un ferro rovente nel culo?”

Eva fece un sorriso freddo.

“Siamo più sul gatto, ma non disdegno la baronessa.”

Gino le posò una manona ruvida sull’avambraccio, tornando serio.

“Sicura di non aver bisogno d’aiuto?”

Eva non osò guardarlo in faccia.

“Sì. Ma una cosa la puoi fare: chiama Raf e digli… digli che deve fare una cosa importante.

“Cosa?”

Eva deglutì.

Contattare Giacinta.”

“Per cosa?”

Eva glielo disse e Gino non fece più domande.

*             *             *

La cella di Vlad era immersa in una fresca penombra: Eva sgusciò dentro silenziosamente, chiudendosi la porta alle spalle e rimanendo poi con la schiena aderente allo stipite. La vaga forma scura di Vlad era stesa sul letto candido: si alzò senza fretta a sedere e accese una candela con gesti lenti e misurati, rischiarando la stanza e il suo volto con una luce delicata. Il cuore di Eva perse un battito, e poi due, e poi tre: era così bello, pensò con una sorta di doloroso struggimento. E sembrava così innocuo, così accessibile seduto su quel letto, con la camicia slacciata e i capelli rossi che cadevano morbidamente sulle spalle, gli occhi cangianti pieni di fuoco.

“Ciao.” gracidò, incapace al momento di fare nient’altro.

“Ce ne hai messo di tempo.” rispose Vlad con voce calma ma vibrante: il suo viso era di una bellezza così ammaliante che Eva dovette distogliere dolorosamente lo sguardo per poter proseguire.

E comunque, non proseguì lo stesso: sapeva cosa doveva fare, sapeva anche che lo avrebbe fatto, ma una vocina conficcata nel suo cervello le urlava a squarciagola di aspettare un momento solo, di non partire subito con la distruzione totale. Giusto il tempo di un’ultima parola, un ultimo sguardo… un ultimo bacio.

“Hai intenzione di rimanere incollata lì?” chiese la voce di Vlad con educato divertimento.

“Sì. E’ molto più… è meglio, ecco.”

Che balbettio penoso: Eva si sarebbe presa volentieri a schiaffi da sola per quanto si sentiva debole in quel momento.

“Ok” sospirò Vlad alzandosi elegantemente in piedi “Come al solito tocca a me fare il lavoro pesante.”

Si avvicinò di un passo e il cuore di Eva balzò in alto andando a ostruirle la gola: una parte di lei diceva no, no! e un’altra diceva sì, si, ti prego… tra le due vinse il silenzio finché Vlad non fu davanti a lei e poté percepirne il calore della pelle. Lo guardò dal basso verso l’alto, indifesa: era certa che nel silenzio tombale dell’eremo Vlad avrebbe potuto sentire il rombo del suo cuore impazzito e probabilmente esultare, sapendo di averla in mano. Ma il suo viso vicino e addolcito dalla luce soffusa non sembrava affatto esultante: sembrava tante cose, tra cui vagamente sorpreso, ma non esultante.

Vlad.” disse Eva sicura di poter proseguire, ma quando Vlad alzò una mano e le scorse la guancia con il dorso del dito indice sussultò penosamente.

“Fifa?” mormorò lui con un mezzo sorriso all’angolo della bocca.

Forse era il caso di mentire, pensò Eva remotamente con lo sguardo inchiodato su quella bocca vicinissima.

S-no.”

Il sorriso di Vlad si accentò, sornione.

“Anch’io.” le confidò chinandosi su di lei.

Le baciò una palpebra e il naso con estrema delicatezza, poi le sfiorò la guancia febbricitante con la propria liscia e fresca; respirò la sua stessa aria e posò le proprie labbra sulle sue senza premere, senza forzarla. Come se ce ne fosse stato bisogno: Eva lo baciò di sua spontanea e completa iniziativa, chiudendo gli occhi e circondandogli il collo con le braccia, premendosi contro di lui con totale, esausto abbandono. Ci fu un attimo di sospensione sorpresa da parte di Vlad che probabilmente non si aspettava quella resa incondizionata: un attimo solo in cui furono alla pari, né vincitori né vinti… un attimo di struggente malinconia in cui Eva comprese che Vlad le apparteneva almeno quanto lei apparteneva a lui. Poi, Vlad rispose al suo bacio con convinta passione, strizzandole fuori il respiro con un abbraccio violento e invadendole la bocca con rabbiosa urgenza. Ma il momento se n’era già andato e con esso Eva intuì di aver detto addio a quel qualcosa che non era mai nemmeno davvero nato. Lasciò ricadere le braccia e subì passivamente il bacio di Vlad, lasciando che le sue mani le vagassero sul corpo. Immediatamente, Vlad si accorse della stonatura e si interruppe, scostandola da sé ma tenendole saldamente la nuca con una mano e la vita con l’altra. Le piantò in faccia i suoi occhi cangianti e le scrutò a fondo le iridi scure, sondandola con durezza: Eva si lasciò guardare dentro, svuotata e tutto sommato contenta di non aver più niente da nascondere e da offrire.

“Che succede?” chiese Vlad con piatta impazienza, ogni dolcezza completamente scomparsa dalla sua voce.

Eva inspirò a fondo senza tuttavia riuscire a riempire d’aria i polmoni, compressi da un doloroso e inspiegabile peso.

“Ho avuto una visita.” rispose infine con voce piana.

“Chi?”

“Una tua vecchia conoscenza, giù nei quartieri caldi.”

Vlad le scrollò leggermente la testa con impazienza.

“Chi?” ripeté duro.

“Amelia.” rispose Eva con calma.

Vlad non batté ciglio.

“Cosa ti ha detto?”

“Credo che abbia una cotta per te” rispose Eva con indifferenza “Certo, anche gli altri vostri degni compari hanno dimostrato un certo apprezzamento per le tue, chiamiamole così, doti. Ma Amelia deve proprio tenerci un sacco a te visto quanto se l’è presa per non essere stata invitata al vostro ultimo festino.

Vlad si scostò bruscamente da lei, come se d’un colpo la sua pelle scottasse.

“E quante balle ha tentato di rifilarti la nostra cara Amelia, mossa dalla gelosia e dalla sua innata stronzaggine?”

“Non molte. Mi ha deliziato con qualche particolare piccante sul tuo rapporto con Demetrio e Morgana… a quanto pare sono più le volte che tu ti gingilli con loro di quelle in cui loro si gingillano con te. Anzi, sembra che l’exploit dell’altro giorno sia stato un vero e proprio evento storico.

Le sopracciglia di Vlad si aggrottarono appena.

“Mi sembrava abbastanza intuibile che l’evento storico, se così lo vuoi chiamare, fosse stato necessario per salvare il tuo prezioso culo Sanguemisto.”

“O forse è stata un’ottima mossa per farmi credere che tu mi stessi proteggendo?”

La faccia di Vlad era una maschera di pietra.

“Ma io ti stavo proteggendo” scandì lentamente “Ti ho sempre protetta, scimmietta mia.”

“Davvero?” rispose Eva con gli occhi improvvisamente scintillanti “Allora a conti fatti deduco che le nostre opinioni sul significato di protezione siano decisamente discordanti.”

“Spiegati, tesoro, perché non ci sto capendo un cazzo.” sferzò Vlad ficcandosi le mani in tasca con un gesto che a Eva sembrò vagamente difensivo… come se fosse possibile che Vlad si sentisse davvero minacciato. Lui. Da lei. Magari, pensò in un accesso di rabbiosa vendetta: magari avesse potuto davvero fargli male.

“Veramente sei tu che dovresti spiegare a me” rispose incrociando le braccia sul petto “Mi devi spiegare perché dopo tutto questo tempo hai deciso che era ora di finire il lavoro che avevi cominciato quando eri mio tutore e uccidermi una volta per tutte.”

“Ucciderti?” domandò Vlad “Io non ho mai voluto ucciderti.”

Era una bugia così palese che Eva azzardò un sorriso.

“Oh, scusami. Allora mi devi spiegare una cosa, Vlad, mio diletto Demone Tutore, perché davvero non capisco. Se non mi vuoi uccidere, perché di grazia mi hai scatenato contro un’orda infernale?

 

 

NOTE DELL’AUTRICE:

Scusate se non riesco ad essere puntuale e a rispondervi ad personam

Sappiate però che sempre, sempre spero che qualcuno di voi si ricordi di me e mi lasci una traccia che ancora mi segue!!

Un saluto e una speranza per tutti, SMACK!

 

P.S.: Menzione unica e specialissima per MARZYPAPPY che finalmente si è laureata!!!!! BRAVA!!!!!!!!!

  
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