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TENDAGGI SCURI E SORRISI DI PLASTICA
Per riempire il mondo di crudeltà non serve che tutti siano cattivi.
Basta che i buoni, davanti ad una azione malvagia, facciano finta di nulla.
Alyssa Irvin era una ragazza come tutte le altre.
Aveva diciott'anni, andava a scuola, usciva con gli amici, adorava mangiare la pizza e la cioccolata. Insomma, cose normali.
C'era però una cosa che la differenziava da molti dei suoi coetanei. Lei non aveva un padre.
Sua madre era tutta la sua famiglia.
Viveva con lei in una piccola ma luminosa casa di periferia.
In un quartiere come un altro, abitato da persone come altre, in case come tante altre. Dall'esterno, sembravano tutte uguali.
"E' come disponi l'interno che fa cambiare la casa nella sua essenza." Le ripeteva sempre sua madre.
Se solo le avesse dato ascolto quando era il momento!
Il cambiamento in lei iniziò quasi per caso. A causa di una serie di fattori che coincisero nel momento meno opportuno.
O forse, ogni cosa era già stata predisposta perchè succedesse proprio in quel momento.
In fondo non è un mistero che sia il male ad albergare su questa terra.
Il ragazzo con cui stava insieme da due anni la lasciò su due
piedi. "Credevi davvero fosse una cosa seria? Per me è stato
solo un gioco." Fu l'unica, lapidaria, spiegazione.
Tredici parole. Un rapporto di due anni stroncato con appena tredici parole.
Incredulità, sconforto, dolore, rabbia. Furono diverse le emozioni che attraversarono Alyssa in quel momento.
Fu però la rabbia a prevalere. Non subito, certo.
La rabbia arrivò solo in un secondo tempo.
Quando la maggioranza dei suoi amici, dei loro
amici - perchè in fondo uscivano con lo stesso gruppo - decise
di stringersi le spalle e non fare nulla. "La storia è vostra,
vedetevela voi." Fu il commento più gettonato.
Non un "Come va? Come stai? Come ti senti?"
Sarebbe bastato poco. Ma queste domande non arrivarono mai.
E Alyssa non ce la faceva ad uscire con loro come prima. Ogni singola volta c'era anche lui. E lei ci stava malissimo.
Ma o rimaneva lì o si sarebbe ritrovata probabilmente senza
amici. In fondo crearsi un nuovo gruppo dal nulla era piuttosto
difficile no?
Quindi iniziò a fingere. E ad usare dei sorrisi di plastica ogni volta che usciva con loro - anche se succedeva sempre più raramente.
Fu in quel periodo che nel quartiere si trasferì una nuova vicina.
Karen Burbage.
La prima volta che Alyssa la vide, stava tornando a casa da scuola.
Karen era in piedi davanti alla casa nella quale si era appena
trasferita - quella accanto all'abitazione di Alyssa che non riuscivano
mai a vendere - e osservava con i suoi penetranti occhi scuri gli
uomini addetti al trasloco.
Alla vista di Alyssa, il suo sorriso si allargò. "Io sono Karen. La nuova vicina." Si presentò.
"Alyssa. Benvenuta nel quartiere."
Poi la ragazza cercò le chiavi per entrare in casa. Aveva una marea di compiti da fare.
"Spero che ci potremo rivedere presto Alyssa. Potresti venire a bere un
the a casa mia, un giorno di questi. Così potrò iniziare
a conoscere chi abita in questo delizioso quartiere."
"Volentieri." Fu la risposta. Per pura educazione.
Il secondo incontro avvenne circa una settimana dopo.
Alyssa aveva appena litigato al telefono con uno dei suoi amici. Un
ragazzo che, da prassi, aveva difeso le ragioni del suo ex fidanzato.
"Sei tu che non riesci a fartene una ragione Alyssa. Lui è
andato avanti, perchè non lo fai anche tu?"
Non c'era stato verso di fargli capire che non era questione di andare
avanti o no. Lei ci stava male. E sicuramente vederlo ogni volta non
aiutava.
La ragazza si era rifugiata in cortile, per non far vedere alla madre che stava piangendo.
Sua madre aveva sempre il mal di testa in quel periodo. Non voleva disturbarla più del necessario.
E fu lì che la trovò la vicina, superando con la testa la
siepe. "Ah ecco cos'era quel rumore! Tutto bene Alyssa?"
Ad un cenno di assenso da parte della ragazza - che cercò di
scacciare via le lacrime - Karen le rivolse un sorriso. "Che ne dici di
prendere quella famosa tazza di the? Ho dei biscotti al cioccolato
favolosi e so che di solito aiutano quando uno è triste."
"Vado ad avvisare mia madre." Acconsentì alla fine la ragazza.
"Ma certo! Anzi, invita anche lei!" Fu la risposta. "Sono sicura che
non avrà nulla da obiettare, visto che è venuta anche lei
ieri."
Dopo cinque minuti Alyssa si presentò nella casa da sola.
Era una bella casa, ma aveva la tappezzeria scura. Quasi soffocante.
Però Alyssa ci entrò ugualmente. Per la prima di molte volte.
Fu durante una di quelle visite, che venne informata da Karen del suo segreto.
Era una strega. "Sì ma
non di quelle alla Hansel e Gretel. Sono tutti piccoli incantesimi
innocui. Ed è per quello che sono stata attirata qui.
Perchè sentivo che c'era qualcun altro come me. Tu Alyssa.
Perchè anche tu credi nella magia, no?" Le aveva domandato in
quella occasione.
E la ragazza, suo malgrado, si era trovata ad annuire stupita. In fondo
era vero. Lei degli incantesimi li aveva davvero provati. Ma nessuno
aveva mai funzionato.
"Mia cara... forse non hanno funzionato perchè non hai ancora
trovato la giusta energia da sfruttare per far sì che
funzionino." Osservò Karen sorridendo e appoggiandole una mano
sulla spalla.
"E quale sarebbe?"
"Ogni cosa a suo tempo. Ti spiegherò tutto al momento giusto." Promise lei.
E Alyssa continuò a frequentare la sua casa. Sempre più spesso e per sempre più tempo.
Ormai, se non andava a casa di Karen almeno una volta al giorno diventava irrequieta.
D'altra parte, qual era l'alternativa?
Con il suo vecchio gruppo di amici non si divertiva più. Sfoggiava solo un sorriso di plastica. Sempre più vuoto. Sempre più falso. E nessuno se n'era accorto. Erano ormai convinti che anche lei se ne fosse fatta una ragione. E per loro tutto continuava a scorrere come prima.
Continuò a scorrere tutto come prima anche quando i mal di testa
della madre di Alyssa divennero più frequenti. Non era mal di
testa. Era tumore al cervello. E non c'era niente da fare.
"Mi dispiace per tua madre." Fu il massimo che ottenne da loro.
E un giorno, finalmente, Karen disse che poteva saperlo, che era pronta.
"La più grande fonte per realizzare una magia è la
rabbia. E l'odio. Ma naturalmente non significa doverli usare per
forza. Questi sono solo i mezzi più potenti."
Alyssa non voleva crederci. Ma ne ebbe la conferma quella sera.
Era stata invitata a casa di uno del gruppo per vedere un film.
E quando arrivò, trovò il suo ex fidanzato con la nuova ragazza.
"Non pensavo ci fossi anche tu Aly." Fu il commento del padrone di casa. "Puoi restare, se vuoi, ma cerca di non fare scenate."
Un'enorme rabbia le montò nel petto. L'unica cosa di cui si preoccupavano era che lei non facesse scenate?
"Siete ancora il mio gruppo oppure mi rivolgete la parola solo per pietà?" Sibilò infuriata.
Ma l'unica risposta che ottenne fu una rotazione degli occhi e un "Ecco vedi? E' esattamente a questo che mi riferisco."
La rabbia aumentò. E la luce del lampadario sopra di loro iniziò a lampeggiare.
"Che strano! Ho appena cambiato la lampadina."
Alyssa a malapena lo sentì. Per qualche minuto fissò la
luce, che continuava ad andare e a venire insieme al suo respiro.
Decidendo di focalizzarsi solo sulla rabbia che provava in
quel momento. E la luce saltò del tutto.
"Aveva ragione." Si ritrovò a sussurrare.
"Come?"
"Niente... stavo solo pensando ad una cosa che mi ha detto la vicina...
Non ti preoccupare." Aggiunse avvicinandosi all'interruttore e
sfoggiando un sorrisetto che, se qualcuno avesse potuto vedere, avrebbe
giudicato inquietante. Ma nessuno poteva. Erano tutti al buio. "La luce
torna. Basta premere il pulsante per spegnerla... e poi riaccenderla."
Concluse liberando un fiotto della propria energia, restituendo così la luce all'abitazione.
"Wow! La tua vicina è un'esperta eh?"
"E' un'esperta in tante cose." Rispose lei sorridendo. Il suo sorriso era tornato ad essere di plastica.
Non attese neanche il giorno dopo per recarsi da Karen. Vi si recò quella notte, appena finito il film.
Aveva passato la serata ad osservare i suoi ex amici, che continuavano
a scherzare e ridere come se niente fosse. A guardare il suo ex ragazzo
che faceva con la nuova ciò che aveva sempre fatto con lei. E
intanto la rabbia in lei cresceva a dismisura.
La luce saltò cinque volte quella sera. E ogni volta era lei a riattivarla, sfruttando la stessa energia che aveva usato per toglierla.
"Karen... Adesso ho capito. Sono pronta."
La donna si limitò ad accoglierla in casa con un sorriso.
E ben presto Alyssa seppe padroneggiare alla perfezione ogni incantesimo.
"Aly! Eccoti. Non ti ho più visto dalla sera del film." Disse Daisy accomodandosi nel banco accanto a lei.
"Mia madre è morta."
"Oh, mi dispiace."
Non sapete proprio dire nulla di più profondo eh?
"E adesso dove vivi? Non hai nessun altro no?"
In realtà sì. "Dalla mia vicina di casa."
"Oh beh... dovete avere proprio un bel rapporto se ti ha accolto."
"Infatti."
"Allora è per questo motivo che hai lasciato Ben? Volevi occuparti di tua madre? Potevi dirglielo, avrebbe capito."
A quelle parole, Alyssa si alzò di scatto, facendo stridere la
sedia. E facendo voltare tutti. "Come? E' questo che vi ha
detto?"
"Perchè, non è così?"
"E' successo l'esatto contrario! Ha detto che per lui è stato
solo un gioco!" Strillò in risposta, fregandosene del fatto che le
stessero guardando tutti.
"Alyssa! Risiediti e calmati. Ci stanno guardando tutti!"
"Ti importa solo di questo?" Continuò ad urlare lei, sorda ad
ogni tipo di ragione. "Beh Daisy... sai che ti dico? Vaffanculo!" Poi,
non ascoltando neanche la voce dell'insegnante che chiedeva
spiegazioni, abbandonò l'aula.
Non sapeva neanche lei dove volesse andare. Forse nel cortile
dell'Istituto, forse semplicemente a casa. Ma si bloccò poco
prima delle scale, dalle quali stava salendo proprio lui.
"Ben!" Lo chiamò mentre sentiva la rabbia montare sempre di più. Maledetto bugiardo!
E Benjamin Kalvish cadde dalle scale, spinto da una forza invisibile.
Alyssa lo sorpassò senza neanche stare a guardare se si fosse
fatto male oppure no. Lui ne aveva fatto di sicuro di più a lei.
"Non sei riuscita a controllare i tuoi poteri, ma in fondo le prime volte è normale." La giustificò Karen.
"Mi ha spinto giù dalle scale." La accusò invece Ben davanti a tutta la scuola.
E i suoi ex amici, ancora una volta, gli credettero. In fondo
l'avevano vista tutti uscire dall'aula arrabbiata dopo aver mandato a
quel paese Daisy. "Solo perchè è morta sua madre non
può comportarsi come vuole."
E fu in una stradina dimenticata da tutti che l'ultimo passo verso il male venne compiuto.
Ben l'aveva attraversata come scorciatoia, per far prima. Peccato che
quel pomeriggio, quella stessa stradina l'avesse percorsa anche Alyssa.
Fu così che i due si incrociarono a metà.
Lo sguardo di Alyssa si fece scuro, ripensando a tutto il male che lui le aveva fatto. L'aveva presa in giro, abbandonata e addirittura messa contro tutti i suoi amici. E il suo cuore, ancora una volta, si riempì di rabbia e odio.
Intorno non c'era nessuno.
Non fu solo la luce a spegnersi quel pomeriggio in quel vicolo.
Fu anche l'umanità di Alyssa.
E il cuore di Ben.
Solo dopo diverse ore, gli investigatori ritrovarono il cadavere
completamente dissanguato. Con un buco al centro del petto. E con il
cuore strappato via con una violenza da far pensare ad un animale
feroce.
Alyssa stava sfregando il suo braccio destro sotto al rubinetto da ore ormai.
Il sangue di Ben era già stato lavato via del tutto e i suoi
vestiti erano stesi ad asciugare al sole, ma lei non riusciva ancora a
capacitarsi di ciò che aveva appena fatto. Era come se, di
colpo, il suo cervello si fosse spento.
Aveva solo fatto parlare la rabbia e l'odio, che lentamente l'avevano corrotta dall'interno.
"Il giovane Ben ha pagato per quello che ha fatto, finalmente."
Pronunciò una voce dietro di lei, facendole eseguire uno scatto
sorpreso.
"Karen... no... io..." Riuscì a malapena a balbettare.
La donna avanzò lentamente verso di lei. In modo sicuro,
deciso e - in qualche modo - ipnotizzante. "Non devi nasconderti con me
Aly. Sei la figlia che non ho mai avuto. La polizia cercherà un
colpevole. E se voglio proteggerti da loro devo sapere tutto. Allora...
com'è stato?"
La ragazza rimase in silenzio. Di
colpo, quella casa con i tendaggi scuri che l'aveva sempre affascinata,
le sembrava un ambiente soffocante.
"Non vuoi fornirmi una risposta? Come ti sei sentita Alyssa?
Sentire il suo cuore batterti tra le mani, vedere i suoi occhi
spegnersi, sapere che un tuo solo gesto poteva lasciarlo in vita oppure
togliergliela... Avevi molta rabbia che ti scorreva in corpo vero?"
"Sì."
"E sentivi di odiarlo più di qualsiasi altra cosa."
"Sì."
"E volevi fargliela pagare."
"Sì"
"Perchè lui ti ha ferita, presa in giro, umiliata. Ha sparso
veleno su di te, ha allontanato tutti i tuoi amici raccontando bugie."
"Sì."
"Volevi solo vendicarti. E l'unica maniera per farlo era sfruttare
qualcosa... che lui non ha. Altrimenti ti avrebbe sopraffatto di
nuovo."
"Sì."
"E questo non ti ha fatto sentire... potente?"
Un secondo di silenzio, poi... "Moltissimo."
"Noi streghe siamo sempre state perseguitate Aly. Questo perchè
gli uomini sono sempre stati abituati a comandare sulle donne. Avere a
che fare con una in grado di metterli fuori gioco con un solo dito per
loro è l'onta più grande. Ma donne ferite e umiliate come
è stato fatto con te ce ne sono tante. E noi due, insieme,
possiamo trovarle. Possiamo insegnare loro ciò che io ho
insegnato a te. Perciò ti domando: saresti disposta a farlo
di nuovo?"
... "Sì."
Quell'arredamento non era più soffocante. Era diventato il simbolo del loro forza. E del loro odio.
Alyssa Irvin era una ragazza come tutte le altre.
Aveva diciott'anni, andava a scuola, usciva con gli amici, adorava mangiare la pizza e la cioccolata. Insomma, cose normali.
Ma non aveva nè un padre nè una madre.
Questo perchè ho detto che ERA, non che E'.
Perchè lei non è più quella ragazza.
Vive insieme alla sua vicina Karen. E ogni tanto una ragazza nuova si
aggiunge a loro. Mentre i tendaggi della casa in cui vivono diventano
sempre più scuri.
Il cambiamento in lei è ormai completo. E un sorriso di plastica è sempre presente sul suo viso.
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