Capitolo
7. La Stamberga Strillante
«Lumos»
sussurrò e dalla punta della bacchetta scaturì un
intenso fascio di
luce, che illuminò l'antro buio in cui erano caduti.
Nessuno
aveva più usato quel passaggio dai tempi di Sirius Black. Da
allora
si era riempito di lunghe radici, che erano state in parte spezzate
dal loro improvviso atterraggio.
«Dove
diamine siamo finiti?» disse Draco in un lamento,
rimettendosi in
piedi.
Hermione
puntò la luce su di lui.
«Malfoy!»
esclamò preoccupata «Ma tu stai
sanguinando!»
Non
aveva un bell'aspetto: metà del viso era coperto di sangue
raggrumato, su cui continuava a colare quello fresco della ferita
aperta sulla fronte.
«Sì,
ma non è niente di che» tagliò corto
«adesso dimmi dove ci
troviamo».
«Oh,
ecco...» aveva agito senza pensare. Poteva davvero fidarsi di
Malfoy? Sentiva di star tradendo i suoi amici ma anche una parte di
sé.
«Questo
è un passaggio segreto per... per la Stamberga
Strillante» disse le
ultime parole tutte d'un fiato. «Non guardarmi
così! Non è davvero
infestata, sono solo voci messe in giro da...» si morse la
lingua.
Draco
sospirò esausto «Senti, non mi interessa sapere
altro, tieni pure i
tuoi segreti per te. Pensi che sia un posto sicuro?»
«Sì,
conosciamo in pochi il passaggio»
«Perfetto,
allora andiamo».
Si
inoltrarono nella stretta e bassa galleria, procedendo a fatica
piegati in avanti. Hermione faceva strada, la bacchetta puntata ad
illuminare la via.
«Ci
siamo quasi» disse quando il cunicolo iniziò a
salire verso l'alto.
Rimise
la bacchetta in tasca e si arrampicò sulla parete di terra,
fino a
raggiungere la fine del tunnel, e sollevò la botola con una
spinta.
Draco
la seguì in silenzio e, una volta arrivato dentro la vecchia
casa,
si lasciò cadere sul pavimento con uno sbuffo, incurante
della
polvere e dello sporco.
Hermione
accese gli ultimi moccoli di candela e si occupò degli
incantesimi
di protezione. Lui nel frattempo si era già rimesso in piedi
e
vagava per la stanza con fare annoiato, calciando di tanto in tanto
gli oggetti che trovava sul suo cammino.
«Siamo
a Hogsmeade, dentro una vecchia casa polverosa, quei mangiamorte
wannabe ci staranno cercando e non possiamo metterci in contatto con
Dukes. Fantastico» disse Draco passandosi nervosamente una
mano tra
i capelli.
Hermione
lo ignorò.
«Stai
ancora sanguinando».
«Allora
datti una mossa» le si piazzò davanti, le braccia
incrociate e una
smorfia di disappunto.
Hermione
poggiò la punta della bacchetta sulla ferita ed
evocò prima un
incantesimo per pulire via il sangue, dopo uno di guarigione. Il
volto tumefatto si distese, lasciando solo un taglio là dove
prima
c’era un piccolo squarcio.
«Scusa,
non posso fare più di così, sono troppo
stanca» fu costretta ad
ammettere.
Draco
sospirò «Hai fatto anche troppo...»
disse e si allontanò per
togliere il mantello.
A
quelle parole Hermione sentì lo stomaco stringersi e il
senso di
colpa farsi strada dalle viscere alle labbra.
«Avrei
potuto fare di più. Usare un incantesimo per frenare la
nostra
caduta, oppure attaccarli...»
«Senti
Granger, è successo, non ha senso pensarci»
iniziò ad arrotolarsi
le maniche della camicia. «Al momento abbiamo questioni
più
urgenti: i nostri vestiti sono fradici, questo tugurio è
pieno di
spifferi e dobbiamo accendere un fuoco – fece una pausa per
spezzare il legno di una sedia tarlata - che non lo bruci fino alle
fondamenta, senza farci scoprire; quindi, se hai intenzione di
sprecare le ultime risorse pensando ai calci che avresti potuto
rifilare alla Parkinson, fai pure. Io mi accontento di sopravvivere a
questa gelida notte del cazzo» diede un forte pestone al
resto della
sedia, che si frantumò in pezzi e schegge.
«Stai
tentando di consolarmi? Perché se è
così ho una brutta notizia per
te: fai davvero schifo».
«No,
sto tentando di far muovere quel grazioso culetto Grifondoro»
si
accanì su un cassetto, le guance rosse per lo sforzo.
Era
strano vederlo in quelle condizioni, sporco e bagnato, intento a fare
un ingrato lavoro manuale.
«Non
dirlo!» disse all’improvviso puntando un dito nella
sua direzione.
«Dire
cosa?!» si sentì come una bambina sorpresa con le
mani nella
scatola dei biscotti.
«Non
lo so, qualunque cosa tu stia pensando! Te lo si legge in faccia, hai
già pronto un commento acido sul nobile Malfoy che si
abbassa a fare
il lavoro dell’elfo domestico».
«Mmh,
be’ può darsi. E visto che ci siamo posso sapere
il motivo del tuo
imbarbarimento?» fu lei ad incrociare le braccia al petto
stavolta.
«Sono
stanco e ho freddo» disse, continuando a distruggere oggetti.
«Ne
sei sicuro? Sembra che ti piaccia parecchio…»
Si
fermò a guardarla esasperato «Granger, te lo dico
col cuore in
mano, hai rotto il…»
«Va
bene! Va bene, ho capito» alzò le mani
«dimmi cosa devo fare».
«Ammucchia
la legna lì, accanto al braciere» le
indicò il grosso recipiente
di metallo.
Usò
un incantesimo levitante, ma era davvero stremata e alcuni pezzi
volarono in giro per la stanza, facendole guadagnare altre occhiate
al vetriolo da parte del Serpeverde.
Quando
ebbero distrutto e raccolto la legna necessaria, Draco
spostò un
grosso baule al centro della stanza e accese il fuoco.
La
cera delle candele si era ormai consumata e l'unica fonte di luce
erano le braci che sfrigolavano davanti a loro. A turno facevano
evanescere il fumo, per evitare che invadesse tutto l'ambiente.
Erano
passate più di due ore, Hermione sentiva ancora i vestiti
umidi
attaccati addosso e la testa bollente. Si strinse nel mantello e
rabbrividì quando il vento fischiò forte,
penetrando dalle assi
delle finestre sbarrate.
Lei e Draco erano seduti vicini, ma non
troppo. Le barriere tra loro due erano state piegate dalla
necessità,
ma, come fili d'erba, erano tornate al loro posto una volta cessato
il pericolo.
Il
Serpeverde, a differenza sua, aveva tolto anche il maglione e lo
reggeva per farlo asciugare.
Il fuoco creava luci e ombre sul suo
viso e sui sottili capelli d'oro. Per un momento – uno solo -
pensò che il suo profilo affilato fosse davvero bello.
“Argh,
Hermione, stai vaneggiando!”
si rimproverò. Cosa sarebbe accaduto se avesse letto nella
sua
mente? Dubitava che fosse abbastanza in forze, ma era sempre meglio
non rischiare...
«Hai
intenzione di tormentarmi ancora per molto?» le chiese a
bruciapelo.
Hermione
si sentì morire dentro: era stata scoperta. Certo, avrebbe
potuto
difendersi richiamando il diritto alla privacy (dubitava che i maghi
ne avessero la stessa concezione babbana), ma niente avrebbe
cancellato il fatto che aveva pensato quel che aveva pensato.
«Come?»
chiese provando a dimostrarsi ignara.
«Smettila di battere i
denti, mi irrita» la guardò di traverso.
«Ah...
oh... ehi!»
Ah, ma allora non ha letto i miei pensieri.
Oh, mi dispiac... ehi! Ma che
cafone maleducato!
«Anche
i versi?!» sbottò e, prima ancora di finire
l'esclamazione, le mise
una mano sulla fronte.
Il sangue di Hermione fece un paio di giri
su e giù per poi concentrarsi sulle guance.
«M-malfoy, che stai
fac...?»
«Scotti» disse con semplicità, come se
quel contatto
fosse normale e per niente assurdo.
La facilità con cui
abbatteva e innalzava barriere la spiazzava. L'attimo prima sembrava
voler prendere le distanze, quello dopo la toccava con nonchalance
per verificare le sue condizioni di salute.
«Sto... sto
benissimo» balbettò.
«L'invincibile
Granger si è ammalata» ghignò tornando
al suo posto «Speriamo che
quell'auror idiota abbia qualche pozione ricostituente da
darti».
«Sto
benissimo» ripeté, ma i brividi resero
quell'affermazione ancora
meno credibile. Draco si voltò a guardarla con un
sopracciglio
alzato.
«E va bene! Forse hai ragione tu»
«Oh! Lasciami
segnare la data sulla mia agenda, devo ricordarmi di festeggiare ogni
anno questo evento epocale: la Granger mi ha dato ragione»
ridacchiò, ma il sorriso gli morì sulle labbra
quando vide che
Hermione aveva iniziato a tremare apertamente.
«Granger, levati
quel mantello fradicio o dovrò pensarci io» disse
e lei obbedì, ma
non senza scoccargli un'occhiata truce. «Anche il
maglione».
«E
magari la gonna, che ne dici?» disse piccata.
«Cristo, quanto
sei acida! Volevo proporti uno scambio» le mostrò
il gilet di lana
che aveva fatto asciugare al fuoco.
«Oh,
ehm... grazie» forse era lei che continuava a vedere barriere
che
ormai non esistevano più.
Si sfilò il maglioncino grigio con lo
stemma della sua Casa e lo poggiò a terra, sopra il mantello.
Vide
il cambiamento negli occhi del Serpeverde e le bastò una
rapida
occhiata verso il basso per capire il motivo: la camicetta era
così
bagnata da essere trasparente e lei, che non faceva troppo caso a
quel genere di cose, aveva scelto di mettere un reggiseno nero
proprio quella sera.
«Malfoy! Sei impazzito per caso?!» gli
strappò il gilet dalle mani e se lo mise addosso.
«Che
ho fatto stavolta?»
«Tu...! Tu... ti stai prendendo troppe
libertà» strinse le braccia al petto e
accavallò le gambe,
chiudendosi su se stessa come un riccio.
«Devo elencarti tutte le
volte in cui mi hai toccato senza permesso, Granger?» disse
con un
tono a metà tra il divertito e l'incredulo.
«Erano tutte
situazioni d'emergenza!» esclamò oltraggiata. Lui
fece finta di
pensarci, accarezzandosi il mento.
«Mmh, no, non tutte» scosse
infine la testa.
«Hai tenuto il conto? Forse sei tu quello con
qualche problema...»
«Forse, ma dipende. A quale problema ti
riferisci?»
Hermione aveva dalla sua parte una vasta scelta di
risposte, ma tutte implicavano che anche lei avesse pensato a lui e a
ciò che stava involontariamente cambiando. Tutte, tranne una.
«Ti
farò una domanda, rispondi con
sincerità» disse e lui la invitò a
proseguire con un gesto della mano. «Bene, pensi ancora che i
purosangue siano la razza superiore?»
La
sorpresa si dipinse sul viso di Draco, ma fu solo un attimo, poi una
cupa serietà prese il suo posto.
«Sì,»
disse rivolto al fuoco «siamo un gradino più in
alto rispetto agli
altri. I mezzosangue, i Nati babbani, i Magonò, non meritano
posti
di spicco nella società. La nostra
società. Se ti stai
chiedendo se abbia cambiato idea rispetto al passato, la risposta
è
sempre sì. Penso che i babbani debbano vivere nel loro
ambiente
senza che i maghi si intromettano, e viceversa, ma non potrà
mai
esserci integrazione. E questo non significa che siano necessarie
azioni violente e sette segrete»
«Un modo di pensare un tantino
medievale, no?»
«Forse, ma è mio» la
voce bassa e calda
vibrò sull'ultima parola, e Hermione capì che
c'era molto più di
quello che le parole e i gesti mettevano in mostra.
C'era un
ragazzo cresciuto e radicato nell'ambiente sbagliato, che aveva perso
ogni cosa e che, da solo in una cella buia, aveva dovuto mettere in
discussione se stesso e un'intera vita di pregiudizi.
«Allora, ho
risposto alla tua domanda?» chiese dopo una lunga pausa.
Hermione
aveva quasi dimenticato come erano arrivati a quel punto. I brividi
continuavano a scuoterla e la temperatura era così alta che
sentì
la testa girare e fu costretta ad aggrapparsi al bordo del baule per
non cadere in avanti.
«Granger! Ti senti bene?» per la seconda
volta le toccò la fronte.
Hermione chiuse gli occhi, che
bruciavano per la febbre e il fumo della brace, e sospirò.
La mano
di Draco era fresca e morbida, odorava di erba tagliata, terra e
pioggia. Era una sensazione inaspettata, chissà
perché aveva sempre
immaginato la sua pelle viscida come quella di un serpente.
Che
stesse davvero perdendo colpi come lui insinuava di continuo?
Era
stata una sciocca a immischiarsi in quella brutta situazione, una
volta tanto avrebbe potuto lasciare agli auror il compito di
risolverla e godersi l'ultimo anno da normale studentessa... ma forse
il problema era proprio quello, lei aveva smesso di essere normale.
Aveva disimparato a esserlo.
Dopo sette anni di intrighi, misteri,
battaglie, non sapeva più vivere in altro modo.
Da quando Ron e
i suoi genitori erano usciti dalla sua vita, non c'era più
nulla a
tenerla ancorata alla vecchia Hermione.
La nuova, però, era già
sfinita.
Aveva freddo e sentiva ogni giuntura cedere, come se
sulle sue spalle si fosse appena concentrato tutto il peso del
mondo.
«Va bene, Granger» sussurrò Draco tra i
denti «questa è
davvero un'emergenza» disse e poi la prese per le spalle e la
fece
alzare.
«Malfoy,
che stai facendo?» gli chiese barcollando, mentre lui
stendeva il
suo mantello sul pavimento.
«Quale incantesimo usate voi ragazze
per asciugare i capelli?» disse ancora inginocchiato.
«Ehm,
io non lo uso spesso ma dovrebbe essere Calefacio, agita la bacchetta
in senso orario mentre lo pronunci».
Draco seguì le sue
indicazioni e con quel semplice incantesimo asciugò il
mantello di
Hermione e il suo maglione, poi passò ai vestiti che aveva
indosso,
infine le puntò contro la bacchetta.
«Tranquilla, se avessi
voluto ucciderti l'avrei già fatto»
«Non ho pensato che volessi
farlo» disse mentre l'incantesimo faceva evaporare le ultime
tracce
di umidità dai propri abiti. «Mi chiedevo come...
io... come ho
fatto a non pensarci subito?»
«Granger, non per essere
ripetitivo ma...»
«Perdo colpi, lo so» sospirò.
«Esatto,
dieci punti a Grifondoro!» disse e poi sibilò
“engorgio”
colpendo di nuovo il mantello di Hermione.
«Quello sarebbe un
letto?» gli chiese quando vide che stava facendo la stessa
cosa con
il maglioncino.
«Wow, di questo passo vincerete la Coppa della
Case entro domani mattina» disse avvolgendo il maglione
extra-large
a mo' di cuscino.
«Perché devi essere sempre così
odioso?»
«Scusa,» disse stendendosi sul giaciglio di fortuna
«ma la situazione è già abbastanza
complicata e il sarcasmo mi dà
l'impressione di essere ancora Draco Malfoy, il Serpeverde che odia
chiunque condivida la sua stessa aria».
Hermione si stropicciò
le palpebre, le aprì e chiuse un paio di volte,
osservò Draco che
la guardava dal basso a braccia aperte.
«Cos...?
No. Non puoi pensare sul serio che io... che noi...»
«O questo o
l'assideramento, sono le regole base di sopravvivenza. Non le
insegnano alla scuola dei babbani?» disse sprezzante.
Avrebbe
preferito tornare fuori ad affrontare Pansy piuttosto che stendersi
tra due mantelli insieme a Malfoy, ma tutto il corpo le stava urlando
di stramazzare al suolo e farla finita...
«Sappi
che ti odio dal profondo del cuore» disse con espressione
sdegnata.
«Lieto di sentirtelo dire. E... oh, andiamo sembra che
tu stia stendendo dentro una bara!» la rimproverò.
E in effetti
non aveva tutti i torti, era rigida come un pezzo di legno, ma come
poteva essere altrimenti? Solo Ron e Harry le erano stati
così
vicini e lui non era un ragazzo qualunque.
Sbuffò a disagio,
poggiò la testa sul suo petto e allora Malfoy le
circondò le spalle
con un braccio, poi con l'altra mano tirò su il mantello
ingrandito
e coprì entrambi.
«Che sia chiaro, lo faccio solo
perché
non mi va di essere ricordato come colui che uccise il Bambino
Sopravvissuto»
«Harry?»
«Sì, Harry. Se tu morissi
stanotte – e non accadrà – dovrei
affrontarlo, e sai come vanno
a finire certe cose. Senza contare che mi distoglierebbe dai miei
piani»
«Ah, capisco, molto Serpeverde da parte tua»
sorrise a
quel maldestro tentativo di trovare una buona giustificazione.
Draco
non rispose, ma sfregò una mano sul suo braccio nel vano
tentativo
di scaldarla.
Restarono in quella posizione abbastanza a lungo da
permettere a Hermione di seguire il ritmico alternarsi e incrociarsi
dei loro battiti e dei loro respiri. Non erano poi così
diversi.
«Malfoy?»
«Mh?»
«Sai,
anche i cani un tempo sono stati lupi» disse sollevando lo
sguardo
per incontrare il suo.
Draco
fece una smorfia «Mi stai dando del cane?»
«Della migliore
razza pura in circolazione»
«Oh, ti ringrazio, adesso sì che mi
sento meglio»
«Sono seria, anche il primo mago è Nato
Babbano»
«Va bene, ammettiamo che tu abbia ragione. Qual è
la
conclusione?» girò il viso verso di lei.
Erano così vicini che
i loro respiri si mescolavano e potevano specchiarsi uno negli occhi
dell'altra.
«Puoi smettere di odiarmi» disse in un soffio.
La
sua mente era troppo annebbiata per farsi domande, la ragione era
fuori dal suo controllo, a guidarla c'era solo l'istinto. Si
sollevò
fino a sfiorare le labbra del ragazzo con le proprie.
Draco si
irrigidì e quasi smise di respirare.
«Sei
la solita so-tutto-io» sussurrò con voce roca e
poi le mise una
mano sulla nuca e approfondì quel contatto.
Una scarica elettrica
le attraversò il corpo, dalla testa alla punta dei piedi.
I baci
di Ron avevano il rassicurante sapore di casa e certezze, sapevano di
torta di mele e biscotti di marzapane.
Baciare Malfoy era
totalmente diverso, il compimento di un desiderio proibito di cui lei
stessa era all'oscuro. Era come assaporare un dolce al caramello e
nero cioccolato bollente.
Non riusciva a smettere, ogni bacio ne
richiamava un altro e un altro ancora. Affondò le dita tra i
chiari
capelli sottili e lo attrasse a sé - sopra di sé
– e, quando
sentì di non avere più alcun respiro da offrire,
mandò indietro la
testa guidandolo verso il basso.
Contro ogni aspettativa Malfoy si
avventò sulla pelle chiara del collo, mordendola e
baciandola dietro
le orecchie e lungo la giugulare, fino a raggiungere la scollatura
della camicia, sbottonandola.
La mani nel frattempo si muovevano
libere lungo il suo corpo, strinsero le gambe e i glutei e poi si
spostarono sui seni proprio mentre le labbra iniziavano ad
esplorarli.
Hermione fremette, emise un gemito più forte degli
altri e l'incantesimo di spezzò.
Fu come uscire da una campana di
vetro, tutti i sensi si acuirono per captare di nuovo l'ambiente
circostante e la coscienza tornò vigile al proprio posto.
Restarono
stesi uno di fianco all'altra a guardare il soffitto finché
non
ripresero fiato.
«Cos'è successo?» Draco pose la domanda
che
aleggiava sopra le loro teste.
«Niente. Non è successo niente
che meriti di essere, ehm... sì, insomma»
«Niente a cui si
debba pensare o di cui si debba parlare» le venne in aiuto
lui.
«Esatto! Allora buonanotte» gli voltò le
spalle e si coprì
con il mantello.
«Buonanotte»
rispose lui facendo lo stesso.
Eppure qualcosa era successo e
sapevano entrambi che sarebbe stato impossibile archiviarlo.
Hermione
deglutì e strinse le gambe, ancora preda delle sensazioni
che non
volevano abbandonarla. Il fatto che si trovassero sullo stesso
rettangolo di stoffa, schiena contro schiena, non era d'aiuto.
Si
morse forte le labbra per impedirsi di muovere un solo muscolo e si
costrinse a ripercorrere con la mente tutti gli anni precedenti, ogni
più piccola frase intrisa di cattiveria che le aveva
rivolto, ogni
umiliazione subita, fino a quando l'adrenalina e l'eccitazione
sfumarono e il sonno prese il sopravvento.
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