Penne 41
Capitolo
quarantunesimo
Solo
un gioco
Sasuke
scrutava Konoha dalla finestra dello studio dell’Hokage, le
braccia
incrociate e i fianchi appoggiati alla scrivania.
Non
era sicuro di stare agendo per il meglio... Aveva il sospetto che
avessero frainteso qualcosa del loro ruolo.
Ci
aveva riflettuto dopo che si era riconciliato con Sakura, quando
aveva trovato il tempo di pensare a qualcosa che non fosse solo se
stesso, gli Uchiha e il suo marchio. Si era chiesto perché
Kakashi
avesse voluto circondare Naruto di persone così diverse tra
loro, e
aveva concluso che non era per guidarlo, come sosteneva Sakura.
Più
probabilmente c’erano dietro dei giochi politici.
Alla
moglie non lo aveva detto, ma da quando Kakashi se ne era andato
aveva ricevuto un paio di visite da eminenti consiglieri di Konoha,
che gli avevano proposto di organizzare un golpe e prendere il posto
di Hokage. Per aiutarlo offrivano il sostegno di alcune famiglie
influenti e in cambio chiedevano una fetta di potere.
Sasuke
sospettava che qualcosa del genere fosse successo anche a Shikamaru
–
probabilmente persino più spesso, visto che lui non era un
ex
traditore riabilitato per il rotto della cuffia – ma non
glielo
aveva mai chiesto.
In
effetti Naruto doveva essere una bella gatta da pelare per il
Consiglio... Impulsivo, arrogante, completamente refrattario alle
regole della gerarchia; non riusciva a immaginare niente di
più
ingestibile. Tanto più che era uno di quei rari uomini che
nella
vita potevano dire di essere riusciti a realizzare il proprio sogno,
e dato che non era mai stato un tipo modesto questo gli aveva montato
la testa.
Forse
Kakashi aveva voluto che loro tre affiancassero Naruto per difenderlo
proprio da questi intrighi politici, di cui lui non capiva e non
avrebbe mai capito niente... Oppure la verità era
semplicemente
banale, ed erano lì come rete di salvataggio nel caso in cui
fosse
successo esattamente quello che stava succedendo: la situazione si
era complicata, Kakashi non poteva dare aiuto e Naruto iniziava ad
essere in difficoltà.
Ma
quello non era il modus operandi
di Kakashi...
«A
che pensi?»
Una
mano si posò sulla sua schiena, scivolando poi fino alla
vita per
stringerlo delicatamente. Sakura, del cui ingresso Sasuke si era
accorto ai margini della coscienza, posò la testa sulla sua
spalla e
cercò di capire cosa stava guardando.
«Penso
a Naruto» rispose lui senza girarci intorno.
Sakura
si irrigidì e ritirò la mano. Lei e Sasuke non
avevano le stesse
idee riguardo a quell’argomento, e al momento preferiva
proprio non
parlarne, visto che era ancora arrabbiata per come Naruto aveva
giudicato la sua gestione del caso Chiharu. Erano passati alcuni
giorni dall’incidente, ma evidentemente erano ancora troppo
pochi.
Sasuke
si accorse della rigidità di Sakura e chiuse gli occhi.
«Sto
pensando anche a Fugaku e Hitoshi» disse per cambiare
argomento.
«Hitoshi sta cercando di riavvicinarsi.»
«L’ho
notato anche io» Sakura fece un mezzo sorriso. «Ma
già sapevo che
sarebbe stato lui: Fugaku è il più orgoglioso dei
due.»
Sasuke
avrebbe potuto spiegarle le dinamiche nelle famiglie numerose, ma
lei, che era figlia unica, non avrebbe capito che il primogenito
aveva molti doveri nei confronti dei minori, e che i minori questi
doveri li sentivano meno... E comunque per farlo avrebbe dovuto
tirare fuori l’argomento Itachi, la qual cosa non gli piaceva.
«Non
sarà semplice» disse invece. «Sono molto
competitivi...»
«Ma
non mi dire!» Sakura finse enorme sorpresa. «Da chi
avranno mai
preso?»
Sasuke
incurvò un angolo della bocca. «E’ nel
sangue degli Uchiha...»
«Dopotutto,
così come ha controllato quel marchio riuscirà a
controllare ogni
cosa. E' nel sangue degli Uchiha.»
Un
ricordo improvviso, la voce di Ryuichiro.
Era
qualche tempo che non lo vedeva... Chissà come stava?
Meditabondo,
Sasuke si accarezzò involontariamente il collo, dove il
marchio di
Orochimaru gli segnava indelebilmente la pelle.
Forse
era giunto il momento di andare a cercare il nipote.
Ma
Sasuke non poteva trovare Ryuichiro, perché Ryuichiro, in
quel
momento, era nel posto meno probabile di tutti: in piedi accanto al
letto di Kakashi.
Aveva
aspettato che la stanza fosse vuota perché nessuno lo
vedesse
entrare, e adesso stava immobile, le mani in tasca. Una sola ruga,
sottilissima, si disegnava verticalmente tra le sue sopracciglia.
Kakashi
non dava segni di ripresa. Sempre pallido, attaccato a una flebo dopo
l’altra, sembrava addormentato come Biancaneve. Forse
sognava, o
forse era intrappolato nel proprio corpo... Gli Aburame che erano
stati interpellati come consulenti non avevano saputo dare una
risposta certa.
La
porta si aprì all’improvviso, e Ryuichiro si
voltò di scatto,
colto di sorpresa.
Sulla
soglia, lievemente interdetto, Jin incrociò il suo sguardo.
«Salve»
disse Ryuichiro per primo, con un sorriso di scuse. «Mi
dispiace,
credevo non ci fosse nessuno.»
«Sono
appena tornato da una missione» spiegò il
ragazzino, entrando con
aria guardinga.
In
quei giorni faceva da scorta per i gruppi di ambasciatori che Naruto
aveva sguinzagliato in giro per le grandi Terre. Anche se una parte
di lui avrebbe preferito restare accanto al padre, sapeva che
lavorare lo avrebbe aiutato a mantenere la lucidità.
«Perché
è qui?» domandò in atteggiamento
guardingo, adottando
involontariamente il lei.
«Stavo
cercando Sasuke. In commissariato non c’era, mi hano detto di
provare in ospedale. Ma qui non c’è nemmeno sua
moglie, e
trovandomi a passare...» Ryuichiro si strinse nelle spalle.
«Mi
dispiace, ero solo curioso.»
Jin
lo scrutò ancora per un istante, poi distolse lo sguardo.
«Non è
un problema.»
Non
era il primo che veniva a trovare Kakashi per curiosità, e
in ogni
caso lui non percepiva minacce. Solo un certo imbarazzo.
Jin
sapeva quasi tutto di Ryuichiro, ovviamente: per tutta la vita si era
sentito ripetere che era simile a Itachi, il traditore morto
tragicamente per mano di Naruto, e quando era spuntato
l’erede e
fotocopia del defunto Itachi aveva voluto studiarlo per bene.
Però
non era riuscito a capire granché... Ryuichiro non era uno
shinobi;
non aveva niente del grande Itachi, neanche un tratto che lo
ricollegasse a lui – a parte la somiglianza impressionante.
Così,
presto Jin aveva perso interesse, e ora poteva dire in tutta
onestà
che gli prestava attenzione per la prima volta dopo tantissimo tempo.
Ma
anche Ryuichiro, a modo suo, era interessato a Jin. Le voci a Konoha
correvano veloci, e non era dovuto passare molto tempo prima che alle
sue orecchie arrivassero i paralleli tra il figlio del sesto Hokage e
il padre che non aveva mai conosciuto. Un po’ di
curiosità era
naturale.
Ryuichiro
rimase fermo a guardare Jin che si toglieva il marsupio. Lo vide
posarlo sulla sedia con movimenti precisi, lo vide slacciare le
protezioni attorno ai polsi e lasciarle accanto al marsupio, lo
studiò mentre inclinava il collo per tendere un muscolo
contratto.
Anche
Itachi aveva avuto quella precisione nei movimenti, o era una
caratteristica comune a tutti i ninja?
No,
capì quasi subito. Jin aveva qualcosa di speciale, quello
stesso
qualcosa che probabilmente doveva aver avuto anche suo padre...
In
qualche modo quella consapevolezza glielo fece sentire più
vicino,
meno alieno.
«Veramente
sono venuto per lo sharingan di Obito Uchiha»
confessò.
Jin
tornò a guardarlo. «Lo sharingan di mio
padre?»
«Sì»
Ryuichiro annuì, senza abbassare gli occhi.
«È straordinario che
una persona comune, senza una goccia di sangue Uchiha, abbia potuto
padroneggiare una tecnica oculare ereditaria. Kakashi Hatake deve
essere uno shinobi straordinario.»
«Infatti
è il sesto Hokage» Jin lo disse quasi come se
stesse parlando a un
idiota.
Ryuichiro
fece un sorriso quasi impercettibile, da vero Uchiha, uno di quelli
che a Sasuke non mostrava. «Ciò che si tramanda
nel sangue va ben
oltre le cariche elettive» disse lentamente. «Se un
uomo come
Kakashi Hatake fosse nato nella casata Uchiha, sarebbe stato uno
shinobi di altissimo livello.»
«Può
darsi...» borbottò Jin, a disagio.
«Intendo, più di adesso –
che comunque è praticamente il livello massimo a cui
può aspirare
uno shinobi...»
Ryuichiro
allargò il sorriso, socchiudendo gli occhi quasi con
tenerezza. «Mi
scuso ancora per la visita inattesa. Vi lascio soli.»
Jin
annuì e salutò senza cercare di trattenerlo. Il
disagio provato nel
trovarlo lì non si era ancora attenuato, anche se poteva
semplicemente essere dovuto all’intrusione nel suo momento
con
Kakashi... Tuttavia si sentiva sollevato al pensiero che Ryuichiro
andasse via.
Uscendo,
i due si scambiarono un ultimo sguardo.
Dopotutto
non era nemmeno nato, quando mio padre è morto,
pensò Ryuichiro, perdendo interesse.
Nel
sangue degli Uchiha c’è sicuramente qualcosa di
malato,
pensò Jin.
Kakashi
continuò a dormire, senza pensare a niente.
La
brezza tiepida di giugno era carica di profumi.
Dopo
tutti i giorni trascorsi in ospedale persino l’odore della
terra
sembrava un balsamo al naso di Chiharu, ma gli aromi che venivano dal
bosco dei Nara quasi la stordivano. Era un vero peccato che dovesse
studiare, invece di appisolarsi sotto un albero.
Alla
fine aveva deciso di fare qualcosa: visto che era inchiodata a casa
con il cane da guardia, si era detta che poteva investire qualche ora
del suo tempo nel capire come funzionava un cuore umano e cosa non
andava nel suo in particolare.
L’idea
le era venuta pensando al contratto che aveva firmato con Baka e a
tutte le cose che Sakura aveva detto sarebbero potute andare storte.
Quante e quali erano? Cosa aveva rischiato? Cosa stava rischiando?
La
medicina era l’unico ramo della conoscenza che non avesse
quasi mai
sfiorato, a parte le lezioni di anatomia all’Accademia. In
quei
giorni aveva capito che probabilmente era perché non voleva
davvero
sapere quanti danni stava facendo a se stessa, ma dopo il discorso di
Jiraya in ospedale aveva iniziato a pensare che ci fossero motivi per
preoccuparsi. E se c’era una preoccupazione, allora doveva
pensarci
alla maniera dei Nara.
Insieme
a Fay aveva chiesto di visitare la biblioteca dell’ospedale
– la
stessa che quasi vent’anni prima aveva ospitato il primo
bacio di
Naruto e Sakura. Lì aveva preso una manciata di volumi di
medicina
per principianti e se li era portati a casa, riempiendo il salotto di
conoscenza e polvere.
Fay
l’aveva osservata senza fare commenti, spesso dal cortile,
dove si
ritirava a fumare almeno venti volte al giorno.
Non
le aveva più parlato di Yoshi; di questo Chiharu era grata,
perché
nemmeno lei aveva molta voglia di pensare a lui o alle conseguenze di
quello che lui poteva dire.
Dopo
aver lasciato l’ospedale era riuscita a darsi una calmata: ci
aveva
riflettuto, e aveva concluso che Yoshi non poteva dimostrare in
nessun modo di averla coinvolta in qualcosa di oscuro ai danni di
Konoha. L’unica cosa che le si poteva imputare era di non
aver
indagato su come recuperava le sue informazioni, ma nessuno poteva
dire che lui l’avesse fatta partecipare a qualcosa di losco.
Questa
era una certezza. E anche se avessero voluto incastrarla, avrebbero
dovuto fare leva su Akeru, che non l’avrebbe mai messa in
mezzo.
Probabilmente. Forse. Beh, lo sperava...
Ora,
per stare proprio tranquilla, doveva solo trovare il modo di tornare
nelle grazie dei suoi superiori, Naruto in primis: doveva fare la
brava, essere una kunoichi obbediente, seguire le cure e mostrarsi
pentita. Orgogliosa com’era, si faceva praticamente una
violenza;
ma sapeva che probabilmente non aveva alternative per risalire dal
baratro... Anche perché la voce di Jiraya che le parlava
della sua
salute risuonava anche delle parole che aveva speso riguardo a
Orochimaru, ed era fresca e spaventosa alle sue orecchie.
Shikaku
veniva a trovarla più volte al giorno, portandosi dietro
anche
Yoshino. I primi tempi c’erano stati momenti di altissima
tensione,
perché la nonna trovava inaccettabile la storia sulla
privacy medica
e soprattutto non capiva come mai Chiharu rifiutasse la sua tenpura,
che fino a quel giorno era stata sempre un successo garantito; poi le
cose erano migliorate, e Yoshino aveva iniziato a lamentarsi con
Shikaku perché aveva allevato un figlio che aveva allevato
una
nipote ingestibile.
Passando
tanto tempo con la nonna, Chiharu aveva finalmente capito che non era
colpa di Shikamaru se era finito con Temari: ce l’aveva nel
sangue.
«Come
mai ti è venuto questo improvviso amore per la
medicina?» chiese
Fay, sfogliando distrattamente un manuale di fisiologia del chakra.
«Perché
mi annoio» mormorò Chiharu, senza neanche alzare
gli occhi. «Sapevi
che gli effetti del fumo nei polmoni impiegano non meno di quattro
anni per svanire, e anche allora non se ne vanno del tutto?»
«Sono
una specializzanda, due cose di medicina me le hanno
insegnate» le
ricordò Fay.
Chiharu
ricambiò il sorriso – specializzanda,
come no! – e tornò
a ignorarla subito dopo.
Studiando
dal mattino alla sera, nel giro di alcuni giorni aveva appreso i
rudimenti della fisiologia cardiaca, con un excursus nel sistema
respiratorio e nel sistema circolatorio del chakra. I concetti erano
un po’ confusi nella sua testa, ma i geni dei Nara stavano
già
lavorando per collocare le informazioni al posto giusto. E
soprattutto, quel tipo di impegno non le faceva venire
l’affanno
dopo dieci minuti.
«Hai
visite.»
Nel
sentire ancora la voce di Fay Chiharu spostò lo sguardo
oltre la
finestra aperta. Dal fondo del cortile, lungo il vialetto
serpeggiante, avanzava Naruto.
Immediatamente
il cuore di Chiharu assunse un ritmo irregolare – le
succedeva
molto più spesso, dopo l’incidente con i
chakravakam. Richiuse il
libro che stava leggendo, scattando in piedi, e Fay strinse le
palpebre per studiare la sua reazione.
L’ultima
volta che Chiharu si era trovata faccia a faccia con Naruto lui
l’aveva sospesa dai suoi incarichi; poi Jiraya aveva detto
che gli
avrebbe parlato, ma visto che la situazione descritta da lui era
anche peggiore di quella iniziale, Chiharu non sapeva con che spirito
accogliere il maestro.
Nel
dubbio, si fece trovare ritta in piedi come un militare.
«Posso
entrare?» chiese Naruto, aprendo la porta senza bussare.
«Ti ho
vista da fuori. Oh. Fay» fece un cenno verso la donna,
esitante.
«Settimo»
rispose lei con un sorriso lieve.
«Ciao»
disse Chiharu.
«Ciao»
Naruto tossicchiò, guardandosi intorno.
«Posso
offrirle un tè?» propose Fay, dopo almeno due
secondi di silenzio
da entrambe le parti.
«Sì.
Per favore. Grazie» Naruto si schiarì la voce per
la terza volta
nell’arco di trenta secondi.
Fay
li lasciò soli. In teoria Sakura le aveva ordinato di
sorvegliare
Chiharu soprattutto quando qualcuno veniva a visitarla, ma immaginava
che l’Hokage fosse un ospite abbastanza sicuro.
«Lei
è il tuo... medico?» esordì Naruto un
po’ goffamente.
«Pare
sia una specializzanda» borbottò Chiharu, in un
tono così poco
convinto che per un attimo temette di aver rivelato che sapeva di
essere sorvegliata.
«Capisco»
Naruto si adattò malvolentieri al copione di Sakura, senza
insistere. «Senti, sono qui per... Insomma, ti ho cercata in
ospedale ma eri già stata dimessa. Ho parlato con
Jiraya.»
Chiharu
annuì, stringendo le braccia al petto in attesa del seguito.
«Mi
ha detto quella cosa dei charva... chaka... dell’evocazione.
La
storia che non muoiono se ti riprendi il chakra» Naruto si
massaggiò
la nuca, guardando ovunque fuorché lei. Era sempre difficile
ammettere un errore, figurarsi farlo con una come Chiharu.
«Non lo
sapevo. Ma perché non me lo hai detto subito?»
Chiharu
scrollò le spalle, di nuovo incapace di parlare. Era
snervante
vederlo succedere così spesso, e sempre in presenza di
Naruto.
Si
morse l’interno della guancia, sperando di riuscire a
convincersi a
superare il blocco, ma ebbe il solo effetto di affondare troppo i
denti e provocarsi una ferita.
«Non
che cambi completamente le cose, eh» chiarì subito
Naruto. «Anche
se quelle evocazioni non muoiono restano tuoi compagni, e come tali
vanno rispettati. Mi incazzerei anche se dessi solo uno spintone a un
compagno per il tuo tornaconto... Ma se mi avessi detto che
quell’uccello non era morto magari avrei potuto parlare
con...
avremmo potuto parlarne. Perché non vuoi mai spiegare
niente?»
Perché
non ci riesco,
rispose Chiharu dentro di sé. E davvero, ancora non ci
riusciva.
Naruto
aspettò qualche secondo, ma non vide arrivare risposte.
Pensò che
Chiharu si stesse rifiutando di comunicare, e per un attimo
provò
uno scatto d’ira: in passato aveva avuto a che fare con teste
ben
più dure della sua, e sempre era riuscito a spuntarla; aveva
convinto Gaara, Sasuke e persino Kyuubi! Perché quella
ragazzina si
ostinava così ferocemente? Cosa serviva per farla aprire?
«Mi
dispiace» disse Chiharu, con una fatica enorme.
«Ti
dispiace per cosa?»
«Per...»
Chiharu aprì e richiuse la bocca, a corto di saliva.
Naruto
fece un respiro profondo, cercando una sedia con lo sguardo, ma
Chiharu alzò una mano per fermarlo. Chiuse gli occhi,
passò una
mano sulle palpebre.
Voleva
chiedere aiuto a Naruto, ma non le usciva la voce. Non riusciva a
capire se era il suo orgoglio a paralizzarla o la paura di quello che
sarebbe successo dopo.
«Prima
ho bisogno di sapere una cosa» disse quindi, accorgendosi che
era
più facile attaccare che chiedere aiuto.
«Perché ci accompagnavi
in missione anche quando gli altri maestri non accompagnavano
più i
loro gruppi? Perché le nostre missioni non erano mai troppo
difficili?»
«In
che senso?» replicò Naruto, colto alla sprovvista.
«Ci
avete sempre detto che il nostro gruppo era stato assemblato per
raccogliere i migliori del nostro anno... Ma da quando ci siamo
diplomati, con Kotaro e Hitoshi non abbiamo fatto niente di
imporante. Ci hai tenuto in disparte volontariamente?»
«Ti
sembro il tipo che tiene in disparte qualcuno?»
sbottò Naruto
indignato.
Chiharu
provò un moto di sollievo. Sentire che non era stato
intenzionale
era già qualcosa... «Però le nostre
missioni non sono mai state
davvero pericolose. C’eri sempre tu con noi.»
«Io
non facevo tutto...»
«Tu
sei la Volpe a nove code, andare in giro con te già dimezza
gli
avversari» disse Chiharu, ricalcando le parole di Akeru.
Naruto
si accigliò. Sapeva che c’era qualcosa di vero in
quello che lei
diceva, ma era la prima volta che ci faceva caso.
Eppure
era convinto di aver cresciuto i suoi ragazzi nella maniera
migliore... Certo, non li aveva mandati allo sbaraglio tra le fila
nemiche ed era rimasto con loro molto più a lungo degli
altri
maestri... Ma quello era soltanto il suo modo di fare.
E
comunque affidare al gruppo la missione di Loria era stata una bella
dimostrazione di fiducia, giusto? Per non parlare della promozione di
Hitoshi ad Anbu!
«Non
mi sembra di essere stato...» iniziò a difendersi,
ma tutt’a un
tratto sussultò.
Chiharu
lo vide immobilizzarsi, gli occhi sbarrati su un punto tra il divano
e il muro. Poi, all’improvviso, scomparve in una nuvoletta di
fumo,
rivelando di essere soltanto una copia.
«Che
è successo?» chiese Chiharu a voce alta.
Dalla
cucina si affacciò Fay, appena in tempo per vedere le ultime
volute
che sparivano negli angoli del soffitto.
«Dov’è andato?» chiese,
il tè pronto tra le mani.
«Che
ne so?» Chiharu strinse leggermente i denti, indignata.
«Uhm.»
Fay sorseggiò il tè che aveva preparato,
attraversando il salotto
per andare verso la stanza degli ospiti. Avrebbe mandato subito un
messaggio a Sasuke per capire se stava succedendo qualcosa.
Chiharu
invece lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
Non
era riuscita a dire niente, alla fine. Anzi, Naruto non
l’aveva
proprio ascoltata.
Che
diavolo è venuto a fare qui?,
si chiese risentita. E poi, in un attimo di lucidità: ma
soprattutto, perché se ne è andato in quel modo?
Capitava
raramente che Sasuke andasse a cercare Ryuichiro, soprattutto
perché
di solito era lui a cercarlo; ma ogni tanto si chiedeva che fine
avesse fatto, e soprattutto, come gli aveva richiesto Kakashi,
controllava la situazione.
Quel
giorno dunque, dopo aver lasciato Sakura nello studio
dell’Hokage,
lui si era avviato verso il quartiere Uchiha per bussare alla porta
di Saifon, la donna che sosteneva di essere la madre di Ryuichiro
–
cosa di cui Sasuke non era mai troppo sicuro, visto che il ragazzo
somigliava esclusivamente a Itachi.
Qualche
tempo prima aveva assegnato ai due un’abitazione al limitare
del
quartiere, in una zona tranquilla. Per raggiungerla doveva superare
la propria casa e attraversare quasi tutto l’abitato, in quel
tempo
deserto. Li aveva sistemati distanti per dare loro privacy, e anche
perché non sapeva se sarebbe riuscito a incrociare tutte le
mattine
la faccia di Itachi, uscendo di casa... Questo poteva rendere
difficile la sorveglianza richiesta da Kakashi, ma se non altro gli
dava un po’ di pace interiore.
Era
vagamente inquietante che sentisse il bisogno di incontrare un
ragazzino con la metà dei suoi anni per rasserenarsi. Era
inquietante anche che il ragazzino avesse il volto dei suoi incubi da
adolescente. Ryuichiro in sé era inquietante, per dirla
proprio
tutta, ma, poveretto, di questo non aveva colpa.
Mentre
camminava lungo le vie del quartiere, prendendo nota dei piccoli
lavori di manutenzione che avrebbe dovuto commissionare ai
carpentieri di Konoha, Sasuke si accorse di un gruppetto di voci
concitate a breve distanza.
Dal
momento che il quartiere era disabitato, la cosa lo mise
sull’attenti.
Alleggerì
immediatamente il passo, avvicinandosi alla parete di una casa. Le
voci venivano da un vicolo tra due costruzioni, che secondo i suoi
ricordi si apriva in una piazzetta con un pozzo in disuso. Era un
vicolo cieco, chiunque si fosse introdotto in quell’anfratto
aveva
poche vie di fuga.
Sasuke
avanzò cautamente, portando una mano al kunai di emergenza
che
teneva nascosto sulla schiena...
Le
voci che aveva sentito aumentarono di volume; non sembravano tentare
di nascondersi. Lui tese le orecchie per distinguere le parole, i
sensi all’erta, e solo allora, di colpo, capì che
conosceva gli
intrusi.
«...E
comunque Hina è super noiosa adesso... Non vuole
più giocare con
nessuno. Tiene il muso. Per questo sono poco allenato!»
«Tutte
scuse... Sei scemo.»
La
mano che si stava avvicinando al kunai scese lungo il fianco, mentre
Sasuke esalava un sospiro a metà con un grugnito. Aveva
proibito
mille volte a Itachi di giocare dove nessuno poteva vederlo, ma
tentare di proibire qualcosa a un bambino di
quell’età era follia,
dovette riconoscere.
Comunque,
con la guerra e le spie e tutti i problemi che aveva in quel momento,
preferiva di gran lunga sapere Itachi al sicuro dentro casa, quindi
aveva intenzione di aggiungere alla proibizione pacata un rimprovero
di quelli davvero efficaci.
Percorse
gli ultimi metri del vicolo pestando i piedi perché lo
sentissero
arrivare. I bambini abbassarono la voce istantaneamente, ma ormai era
tardi: Sasuke comparve all’imbocco della piazzola, le mani
sui
fianchi e le sopracciglia aggrottate, e loro ebbero solo il tempo di
radunarsi tutti vicini.
«Cosa
state facendo?» chiese seccamente il capoclan degli Uchiha.
«Niente»
risposero loro in coro.
«Itachi?»
Itachi
lanciò ai compagni uno sguardo mortificato. «Li ho
portati a
giocare qui...»
Sasuke
prese un respiro profondo ed esalò lentamente. «Ti
ho già detto
che il quartiere Uchiha è pericoloso... Adesso sono
arrabbiato.»
«Ma
è per questo che ci stiamo allenando!» insorse
Minato,
nell’identico modo in cui lo avrebbe fatto Naruto
trent’anni
prima. «Così anche le cose pericolose diventeranno
cose sicure!»
«Cretino!»
sibilò Chomi, rifilandogli una gomitata tra le costole per
farlo
tacere.
Ovviamente
l’educazione di Naruto aveva poco a che vedere con la sua,
constatò
Sasuke: se uno dei suoi figli avesse risposto in quel modo a un altro
genitore... no, non riusciva neanche a immaginare cosa sarebbe potuto
succedere. Ma Minato non era suo figlio, poteva farci poco.
«Non
adesso. Quando sarete più grandi e frequenterete
l’Accademia...»
tentò di dire.
Minato
non lo lasciò finire: «Io mi sto allenando
già adesso!» esclamò
pomposamente.
«Chiudi
la bocca!» sussurrò anche Itachi, con una gomitata
dall’altro
lato.
«Allenando?»
suo malgrado Sasuke esitò.
Sakura
non faceva che ripetergli che Itachi era troppo piccolo per allenarsi
seriamente, ma se lo faceva Minato allora anche lui era legittimato a
imitarlo, giusto?
«Certo!
Guarda!»
In
uno slancio d’orgoglio Minato unì le manine per
raccogliere il
chakra. Itachi e Chomi si lanciarono uno sguardo spaventato, ma non
riuscirono a muoversi per fermarlo.
Sasuke
vide l’impostazione di Minato e la trovò buona,
per questo si
incuriosì... Poi però notò qualcosa
che non andava.
Di
colpo attivò lo sharingan.
Vide
Minato impastare il chakra, vide il chakra sfumare tra le sue mani
come una nuvola. Vide il sussulto delle sue braccia, intuì
il
sobbalzo del suo piccolo cuore, e infine il collasso.
Intervenne
appena prima che fosse troppo tardi, spostandosi in un lampo accanto
a Minato e separando le sue mani giunte.
Minato
lo guardò stupito.
Poi
rovesciò gli occhi all’indietro e perse i sensi.
«Micchan!»
strillò Chomi. «Oh no, no! E’ successo
ancora!»
«Papà!»
esclamò Itachi spaventato.
«Non
è la prima volta? Quando è successo
prima?» Sasuke cercò il polso
di Minato, sentì se respirava.
«Un
po’ di tempo fa» disse Chomi. «Stavamo
giocando, e poi è caduto
a terra... Ma era solo un gioco! Era solo un gioco!»
«Stava
provando a raccogliere il chakra» intervenne Itachi.
Sasuke
sollevò il mento di Minato per liberare le vie aeree.
Respirava, ma
a malapena. Le sue labbra erano diventate viola.
«Itachi,
corri a chiamare Naruto. Chomi, corri all’Ufficio
dell’Hokage e
trova Sakura!»
«Dove
lo porti?» chiese Itachi.
«Fateli
venire in ospedale!» ordinò Sasuke brusco.
Poi
sollevò il corpo esanime di Minato, e in un balzo fu sui
tetti. I
bambini partirono in direzione della strada più veloci che
potevano.
Mentre
correva Sasuke ne era sicuro: se si fosse trattato di uno dei suoi
figli non sarebbe potuto andare più veloce.
Minato,
tra le sue braccia, era innaturalmente flaccido e pesante. A un
tratto prese a tremare convulsamente, senza riprendere conoscenza.
Sasuke si fermò, incerto sul da farsi, ma la crisi smise
subito.
Allora ripartì.
Nonostante
tutti quegli anni accanto a Sakura, non aveva idea di cosa fare.
Tutto ciò a cui riusciva a pensare era alla faccia di Naruto
quando
Minato era nato, cinque anni prima; al sollievo con cui aveva
raccontato come il parto era avvenuto miracolosamente.
Vide
l’ospedale in lontananza, grande e bianco contro la rupe
degli
Hokage. Allungò il passo.
Sakura
dovette tradurre i singhiozzi di Chomi prima di capire che era
successo qualcosa a Minato. Purtroppo quando la figlia di Choji era
agitata mangiava, e quando mangiava era difficile decifrare le
parole; tanto più se intanto piangeva come una fontana. In
qualche
modo alla fine capì che doveva volare in ospedale, e
lasciando la
bambina nelle mani di Koichi se ne andò velocissima.
Raggiunse
Sasuke quando Minato era già tra le mani di un medico del
pronto
soccorso, che lo aveva steso su un lettino e stava percorrendo il suo
petto con la mano avvolta dal chakra. A Sakura bastò
un’occhiata
per capire che il ragazzo era inesperto, così lo fece
spostare
mentre chiedeva a Sasuke cosa fosse successo.
«Mentre
raccoglieva il chakra?» chiese conferma al termine del
racconto,
recidendo con il chakra i vestiti di Minato e scoprendogli il petto.
«Aveva
appena iniziato. L’ho fermato subito.»
Sakura
avvicinò il palmo della mano al torace di Minato, senza
toccarlo. Un
sottile strato di chakra si dispose tra lei e lui, come gelatina; poi
alcuni lembi si staccarono, strisciarono assottigliandosi fino alla
nuca, al petto, all’addome. Una volta in posizione aderirono
alla
pelle come ventose, e da lì Sakura chiuse gli occhi. Sasuke
tacque.
Trascorsero
pochi secondi, forse mezzo minuto. Le mani di Minato sussultarono.
«E’
sempre rimasto svenuto?» mormorò Sakura,
corrucciata.
«Sì.
Ma ha avuto una specie di attacco mentre venivo qui.»
«Che
tipo di attacco?»
«Sembravano
convulsioni.»
Altre
due lingue di chakra partirono dai lembi che si congiungevano alla
nuca, e si posarono delicatamente sulle tempie di Minato. Sakura
posò
l’altra mano sulla fronte del bambino e attese.
Minato
sospirò. Sul suo collo le arterie pulsarono debolmente, le
guance
smisero di essere così pallide. Le labbra si schiarirono
leggermente.
Il
chakra che lo aveva perlustrato si ritirò lentamente,
tornando alla
mano di Sakura. Lei la tolse con cautela, come un chirurgo che
richiude una ferita, e riaprì gli occhi. Non smise di essere
corrucciata.
«Sakura?»
chiese solo Sasuke.
Lei
scosse la testa, gli fece segno di tacere. La mano sulla fronte di
Minato era ancora lì.
«Sakura!»
La
porta dello studio si spalancò con tanta violenza che quasi
uscì
dai cardini. Naruto si catapultò nella stanza, con
un’infermiera
agitata al seguito, e non appena vide Minato fece per avvicinarsi, ma
Sasuke lo bloccò.
«Adesso
sta meglio» disse subito Sakura, congedando
l’infermiera che si
scusava per aver lasciato passare Naruto. Tolse la mano dalla fronte
del bambino.
«Minato!»
esclamò Naruto, scansando Sasuke e correndo con le mani al
viso
addormentato del figlio. «Micchan... Ehi...»
Lui
gemette, con un brivido. Cercò di alzare una mano, ma
ricadde.
«Cos’ha,
Sakura?» domandò Naruto con voce angosciata.
«Non
lo so» rispose lei sottovoce. «Cioè, ho
visto dove è il problema,
ma non capisco perché. Devo fare qualche ricerca prima di
risponderti...»
«Vuol
dire che è grave?» Naruto sollevò su
Sakura uno sguardo
implorante.
Lei
non lo aveva mai visto così, e le si strinse lo stomaco.
«Preferisco
non sbilanciarmi adesso. Prima voglio fare delle ricerche. Intanto
voglio fargli fare alcuni esami, e... Naruto, sarebbe meglio che
restasse in ospedale per un po’.»
Naruto
deglutì, accarezzando la testa di Minato. Con
l’altra mano gli
coprì la pancia, usando i lembi della maglietta che Sakura
aveva
tagliato.
Aveva
le orecchie invase dal rumore del suo sangue che scorreva forsennato,
le mani sudate e gelide. Quando Itachi era comparso alla sua porta il
mondo gli era caduto addosso. Aveva perso le sue copie, aveva perso
il contatto con Kyuubi, aveva perso tutto di colpo. Non si sentiva
così dal giorno in cui Sakura gli aveva confessato di amare
Sasuke.
Anzi, si sentiva anche peggio di allora... Perché Minato era
Micchan, era il suo bambino, e il suo bambino non poteva stare male,
non di nuovo, aveva fatto di tutto perché stesse bene...
Tentò
di deglutire, ma non ci riuscì. Sentì
confusamente Sakura che gli
diceva che dovevano portare Minato altrove, e allora lo prese in
braccio. Era così pesante, così freddo. Doveva
avvisare anche
Hinata... Come glielo avrebbe detto? Chi glielo avrebbe detto? Dopo,
ci avrebbe pensato dopo...
«Sakura,
dimmi a cosa pensi. Ti prego» insisté, e non
riconobbe la sua voce.
«Morirà?»
«Non
lo so, non credo... Spero di no» farfugliò Sakura,
cercando di non
sbilanciarsi. «Ti ho detto che per adesso non posso dire
niente»
deglutì. «Però, probabilmente non
potrà mai essere uno shinobi.»
Naruto
annuì meccanicamente. Cosa gli interessava avere un figlio
shinobi
se poteva avere un figlio vivo? Purché stesse bene,
purché stesse
bene, purché...
Sasuke
vide Naruto uscire dallo studio con lo sguardo perso nel vuoto. Solo
allora si accorse di aver tenuto la mandibola serrata per tutto il
tempo, e la rilassò. Sentì la schiena fredda.
Pensò ai suoi figli,
a casa, alle battaglie del prossimo futuro.
Erano
stati preparati per la guerra, per la morte dei maestri e degli
amici; erano stati preparati alle ferite e alla malattia. Erano stati
addestrati a resistere a tutto... Ma nessuno li aveva addestrati
all’idea di perdere un figlio.
Sasuke
si passò una mano sulla fronte, la fece scivolare lungo la
guancia e
si fermò a coprire la bocca. Naruto era sconvolto, Sakura
era
sconvolta, persino lui era turbato. E Shikamaru era a Suna.
Tralasciando
Kakashi, che era in coma, Konoha si ritrovava senza Hokage.
E
adesso?
L’ultimo
giorno sereno era appena finito.
* * *
Buongiorno a tutti!
Sono tornata indietro nel tempo,
a un'epoca in cui internet non esisteva.
Di nuovo.
Trasferirsi crea sempre danni secondari imprevisti.
Quindi perdonate la lunga assenza,
ma vivere di connessione dal cellulare è una faccenda assai
grama!
Nel frattempo ho scoperto l'esistenza di
BORUTO,
la seconda serie di Naruto,
e sento l'esigenza di chiarire subito:
praticamente hanno plagiato tre quarti dei miei piani futuri
(nel senso che ci sono molte cose nel manga che saranno presenti anche
in questa storia.
Non la trama, sulla quale non mi esprimo,
ma alcuni dettagli di una certa rilevanza).
Quando troverete invenzioni della storia inquietantemente simili a
quelli della serie,
SAPPIATE CHE IO LE AVEVO PENSATE PRIMA,
stramaledizione!
Sono super indignata.
E scema.
Se avessi portato a termine la storia otto anni fa
avrei potuto citarli per plagio e diventare ricca.
Piango.
Ciò detto, mi sono presa benissimo anche con
Fantastic Beast and where to find them,
quindi sto scrivendo pure di loro.
(Strano ma vero.)
Spero di riuscire a pubblicare qualcosa entro breve!
Grazie a voi che continuate a leggere,
spero di pubblicare presto!
Susanna
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