Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: _ayachan_    11/12/2016    1 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Penne 41
Capitolo quarantunesimo

Solo un gioco




Sasuke scrutava Konoha dalla finestra dello studio dell’Hokage, le braccia incrociate e i fianchi appoggiati alla scrivania.
Non era sicuro di stare agendo per il meglio... Aveva il sospetto che avessero frainteso qualcosa del loro ruolo.
Ci aveva riflettuto dopo che si era riconciliato con Sakura, quando aveva trovato il tempo di pensare a qualcosa che non fosse solo se stesso, gli Uchiha e il suo marchio. Si era chiesto perché Kakashi avesse voluto circondare Naruto di persone così diverse tra loro, e aveva concluso che non era per guidarlo, come sosteneva Sakura. Più probabilmente c’erano dietro dei giochi politici.
Alla moglie non lo aveva detto, ma da quando Kakashi se ne era andato aveva ricevuto un paio di visite da eminenti consiglieri di Konoha, che gli avevano proposto di organizzare un golpe e prendere il posto di Hokage. Per aiutarlo offrivano il sostegno di alcune famiglie influenti e in cambio chiedevano una fetta di potere.
Sasuke sospettava che qualcosa del genere fosse successo anche a Shikamaru – probabilmente persino più spesso, visto che lui non era un ex traditore riabilitato per il rotto della cuffia – ma non glielo aveva mai chiesto.
In effetti Naruto doveva essere una bella gatta da pelare per il Consiglio... Impulsivo, arrogante, completamente refrattario alle regole della gerarchia; non riusciva a immaginare niente di più ingestibile. Tanto più che era uno di quei rari uomini che nella vita potevano dire di essere riusciti a realizzare il proprio sogno, e dato che non era mai stato un tipo modesto questo gli aveva montato la testa.
Forse Kakashi aveva voluto che loro tre affiancassero Naruto per difenderlo proprio da questi intrighi politici, di cui lui non capiva e non avrebbe mai capito niente... Oppure la verità era semplicemente banale, ed erano lì come rete di salvataggio nel caso in cui fosse successo esattamente quello che stava succedendo: la situazione si era complicata, Kakashi non poteva dare aiuto e Naruto iniziava ad essere in difficoltà.
Ma quello non era il modus operandi di Kakashi...
«A che pensi?»
Una mano si posò sulla sua schiena, scivolando poi fino alla vita per stringerlo delicatamente. Sakura, del cui ingresso Sasuke si era accorto ai margini della coscienza, posò la testa sulla sua spalla e cercò di capire cosa stava guardando.
«Penso a Naruto» rispose lui senza girarci intorno.
Sakura si irrigidì e ritirò la mano. Lei e Sasuke non avevano le stesse idee riguardo a quell’argomento, e al momento preferiva proprio non parlarne, visto che era ancora arrabbiata per come Naruto aveva giudicato la sua gestione del caso Chiharu. Erano passati alcuni giorni dall’incidente, ma evidentemente erano ancora troppo pochi.
Sasuke si accorse della rigidità di Sakura e chiuse gli occhi.
«Sto pensando anche a Fugaku e Hitoshi» disse per cambiare argomento. «Hitoshi sta cercando di riavvicinarsi.»
«L’ho notato anche io» Sakura fece un mezzo sorriso. «Ma già sapevo che sarebbe stato lui: Fugaku è il più orgoglioso dei due.»
Sasuke avrebbe potuto spiegarle le dinamiche nelle famiglie numerose, ma lei, che era figlia unica, non avrebbe capito che il primogenito aveva molti doveri nei confronti dei minori, e che i minori questi doveri li sentivano meno... E comunque per farlo avrebbe dovuto tirare fuori l’argomento Itachi, la qual cosa non gli piaceva.
«Non sarà semplice» disse invece. «Sono molto competitivi...»
«Ma non mi dire!» Sakura finse enorme sorpresa. «Da chi avranno mai preso?»
Sasuke incurvò un angolo della bocca. «E’ nel sangue degli Uchiha...»

«Dopotutto, così come ha controllato quel marchio riuscirà a controllare ogni cosa. E' nel sangue degli Uchiha.»

Un ricordo improvviso, la voce di Ryuichiro.
Era qualche tempo che non lo vedeva... Chissà come stava?
Meditabondo, Sasuke si accarezzò involontariamente il collo, dove il marchio di Orochimaru gli segnava indelebilmente la pelle.
Forse era giunto il momento di andare a cercare il nipote.


Ma Sasuke non poteva trovare Ryuichiro, perché Ryuichiro, in quel momento, era nel posto meno probabile di tutti: in piedi accanto al letto di Kakashi.
Aveva aspettato che la stanza fosse vuota perché nessuno lo vedesse entrare, e adesso stava immobile, le mani in tasca. Una sola ruga, sottilissima, si disegnava verticalmente tra le sue sopracciglia.
Kakashi non dava segni di ripresa. Sempre pallido, attaccato a una flebo dopo l’altra, sembrava addormentato come Biancaneve. Forse sognava, o forse era intrappolato nel proprio corpo... Gli Aburame che erano stati interpellati come consulenti non avevano saputo dare una risposta certa.
La porta si aprì all’improvviso, e Ryuichiro si voltò di scatto, colto di sorpresa.
Sulla soglia, lievemente interdetto, Jin incrociò il suo sguardo.
«Salve» disse Ryuichiro per primo, con un sorriso di scuse. «Mi dispiace, credevo non ci fosse nessuno.»
«Sono appena tornato da una missione» spiegò il ragazzino, entrando con aria guardinga.
In quei giorni faceva da scorta per i gruppi di ambasciatori che Naruto aveva sguinzagliato in giro per le grandi Terre. Anche se una parte di lui avrebbe preferito restare accanto al padre, sapeva che lavorare lo avrebbe aiutato a mantenere la lucidità.
«Perché è qui?» domandò in atteggiamento guardingo, adottando involontariamente il lei.
«Stavo cercando Sasuke. In commissariato non c’era, mi hano detto di provare in ospedale. Ma qui non c’è nemmeno sua moglie, e trovandomi a passare...» Ryuichiro si strinse nelle spalle. «Mi dispiace, ero solo curioso.»
Jin lo scrutò ancora per un istante, poi distolse lo sguardo. «Non è un problema.»
Non era il primo che veniva a trovare Kakashi per curiosità, e in ogni caso lui non percepiva minacce. Solo un certo imbarazzo.
Jin sapeva quasi tutto di Ryuichiro, ovviamente: per tutta la vita si era sentito ripetere che era simile a Itachi, il traditore morto tragicamente per mano di Naruto, e quando era spuntato l’erede e fotocopia del defunto Itachi aveva voluto studiarlo per bene. Però non era riuscito a capire granché... Ryuichiro non era uno shinobi; non aveva niente del grande Itachi, neanche un tratto che lo ricollegasse a lui – a parte la somiglianza impressionante. Così, presto Jin aveva perso interesse, e ora poteva dire in tutta onestà che gli prestava attenzione per la prima volta dopo tantissimo tempo.
Ma anche Ryuichiro, a modo suo, era interessato a Jin. Le voci a Konoha correvano veloci, e non era dovuto passare molto tempo prima che alle sue orecchie arrivassero i paralleli tra il figlio del sesto Hokage e il padre che non aveva mai conosciuto. Un po’ di curiosità era naturale.
Ryuichiro rimase fermo a guardare Jin che si toglieva il marsupio. Lo vide posarlo sulla sedia con movimenti precisi, lo vide slacciare le protezioni attorno ai polsi e lasciarle accanto al marsupio, lo studiò mentre inclinava il collo per tendere un muscolo contratto.
Anche Itachi aveva avuto quella precisione nei movimenti, o era una caratteristica comune a tutti i ninja?
No, capì quasi subito. Jin aveva qualcosa di speciale, quello stesso qualcosa che probabilmente doveva aver avuto anche suo padre...
In qualche modo quella consapevolezza glielo fece sentire più vicino, meno alieno.
«Veramente sono venuto per lo sharingan di Obito Uchiha» confessò.
Jin tornò a guardarlo. «Lo sharingan di mio padre?»
«Sì» Ryuichiro annuì, senza abbassare gli occhi. «È straordinario che una persona comune, senza una goccia di sangue Uchiha, abbia potuto padroneggiare una tecnica oculare ereditaria. Kakashi Hatake deve essere uno shinobi straordinario.»
«Infatti è il sesto Hokage» Jin lo disse quasi come se stesse parlando a un idiota.
Ryuichiro fece un sorriso quasi impercettibile, da vero Uchiha, uno di quelli che a Sasuke non mostrava. «Ciò che si tramanda nel sangue va ben oltre le cariche elettive» disse lentamente. «Se un uomo come Kakashi Hatake fosse nato nella casata Uchiha, sarebbe stato uno shinobi di altissimo livello.»
«Può darsi...» borbottò Jin, a disagio. «Intendo, più di adesso – che comunque è praticamente il livello massimo a cui può aspirare uno shinobi...»
Ryuichiro allargò il sorriso, socchiudendo gli occhi quasi con tenerezza. «Mi scuso ancora per la visita inattesa. Vi lascio soli.»
Jin annuì e salutò senza cercare di trattenerlo. Il disagio provato nel trovarlo lì non si era ancora attenuato, anche se poteva semplicemente essere dovuto all’intrusione nel suo momento con Kakashi... Tuttavia si sentiva sollevato al pensiero che Ryuichiro andasse via.
Uscendo, i due si scambiarono un ultimo sguardo.
Dopotutto non era nemmeno nato, quando mio padre è morto, pensò Ryuichiro, perdendo interesse.
Nel sangue degli Uchiha c’è sicuramente qualcosa di malato, pensò Jin.
Kakashi continuò a dormire, senza pensare a niente.


La brezza tiepida di giugno era carica di profumi.
Dopo tutti i giorni trascorsi in ospedale persino l’odore della terra sembrava un balsamo al naso di Chiharu, ma gli aromi che venivano dal bosco dei Nara quasi la stordivano. Era un vero peccato che dovesse studiare, invece di appisolarsi sotto un albero.
Alla fine aveva deciso di fare qualcosa: visto che era inchiodata a casa con il cane da guardia, si era detta che poteva investire qualche ora del suo tempo nel capire come funzionava un cuore umano e cosa non andava nel suo in particolare.
L’idea le era venuta pensando al contratto che aveva firmato con Baka e a tutte le cose che Sakura aveva detto sarebbero potute andare storte. Quante e quali erano? Cosa aveva rischiato? Cosa stava rischiando?
La medicina era l’unico ramo della conoscenza che non avesse quasi mai sfiorato, a parte le lezioni di anatomia all’Accademia. In quei giorni aveva capito che probabilmente era perché non voleva davvero sapere quanti danni stava facendo a se stessa, ma dopo il discorso di Jiraya in ospedale aveva iniziato a pensare che ci fossero motivi per preoccuparsi. E se c’era una preoccupazione, allora doveva pensarci alla maniera dei Nara.
Insieme a Fay aveva chiesto di visitare la biblioteca dell’ospedale – la stessa che quasi vent’anni prima aveva ospitato il primo bacio di Naruto e Sakura. Lì aveva preso una manciata di volumi di medicina per principianti e se li era portati a casa, riempiendo il salotto di conoscenza e polvere.
Fay l’aveva osservata senza fare commenti, spesso dal cortile, dove si ritirava a fumare almeno venti volte al giorno.
Non le aveva più parlato di Yoshi; di questo Chiharu era grata, perché nemmeno lei aveva molta voglia di pensare a lui o alle conseguenze di quello che lui poteva dire.
Dopo aver lasciato l’ospedale era riuscita a darsi una calmata: ci aveva riflettuto, e aveva concluso che Yoshi non poteva dimostrare in nessun modo di averla coinvolta in qualcosa di oscuro ai danni di Konoha. L’unica cosa che le si poteva imputare era di non aver indagato su come recuperava le sue informazioni, ma nessuno poteva dire che lui l’avesse fatta partecipare a qualcosa di losco. Questa era una certezza. E anche se avessero voluto incastrarla, avrebbero dovuto fare leva su Akeru, che non l’avrebbe mai messa in mezzo. Probabilmente. Forse. Beh, lo sperava...
Ora, per stare proprio tranquilla, doveva solo trovare il modo di tornare nelle grazie dei suoi superiori, Naruto in primis: doveva fare la brava, essere una kunoichi obbediente, seguire le cure e mostrarsi pentita. Orgogliosa com’era, si faceva praticamente una violenza; ma sapeva che probabilmente non aveva alternative per risalire dal baratro... Anche perché la voce di Jiraya che le parlava della sua salute risuonava anche delle parole che aveva speso riguardo a Orochimaru, ed era fresca e spaventosa alle sue orecchie.
Shikaku veniva a trovarla più volte al giorno, portandosi dietro anche Yoshino. I primi tempi c’erano stati momenti di altissima tensione, perché la nonna trovava inaccettabile la storia sulla privacy medica e soprattutto non capiva come mai Chiharu rifiutasse la sua tenpura, che fino a quel giorno era stata sempre un successo garantito; poi le cose erano migliorate, e Yoshino aveva iniziato a lamentarsi con Shikaku perché aveva allevato un figlio che aveva allevato una nipote ingestibile.
Passando tanto tempo con la nonna, Chiharu aveva finalmente capito che non era colpa di Shikamaru se era finito con Temari: ce l’aveva nel sangue.
«Come mai ti è venuto questo improvviso amore per la medicina?» chiese Fay, sfogliando distrattamente un manuale di fisiologia del chakra.
«Perché mi annoio» mormorò Chiharu, senza neanche alzare gli occhi. «Sapevi che gli effetti del fumo nei polmoni impiegano non meno di quattro anni per svanire, e anche allora non se ne vanno del tutto?»
«Sono una specializzanda, due cose di medicina me le hanno insegnate» le ricordò Fay.
Chiharu ricambiò il sorriso – specializzanda, come no! – e tornò a ignorarla subito dopo.
Studiando dal mattino alla sera, nel giro di alcuni giorni aveva appreso i rudimenti della fisiologia cardiaca, con un excursus nel sistema respiratorio e nel sistema circolatorio del chakra. I concetti erano un po’ confusi nella sua testa, ma i geni dei Nara stavano già lavorando per collocare le informazioni al posto giusto. E soprattutto, quel tipo di impegno non le faceva venire l’affanno dopo dieci minuti.
«Hai visite.»
Nel sentire ancora la voce di Fay Chiharu spostò lo sguardo oltre la finestra aperta. Dal fondo del cortile, lungo il vialetto serpeggiante, avanzava Naruto.
Immediatamente il cuore di Chiharu assunse un ritmo irregolare – le succedeva molto più spesso, dopo l’incidente con i chakravakam. Richiuse il libro che stava leggendo, scattando in piedi, e Fay strinse le palpebre per studiare la sua reazione.
L’ultima volta che Chiharu si era trovata faccia a faccia con Naruto lui l’aveva sospesa dai suoi incarichi; poi Jiraya aveva detto che gli avrebbe parlato, ma visto che la situazione descritta da lui era anche peggiore di quella iniziale, Chiharu non sapeva con che spirito accogliere il maestro.
Nel dubbio, si fece trovare ritta in piedi come un militare.
«Posso entrare?» chiese Naruto, aprendo la porta senza bussare. «Ti ho vista da fuori. Oh. Fay» fece un cenno verso la donna, esitante.
«Settimo» rispose lei con un sorriso lieve.
«Ciao» disse Chiharu.
«Ciao» Naruto tossicchiò, guardandosi intorno.
«Posso offrirle un tè?» propose Fay, dopo almeno due secondi di silenzio da entrambe le parti.
«Sì. Per favore. Grazie» Naruto si schiarì la voce per la terza volta nell’arco di trenta secondi.
Fay li lasciò soli. In teoria Sakura le aveva ordinato di sorvegliare Chiharu soprattutto quando qualcuno veniva a visitarla, ma immaginava che l’Hokage fosse un ospite abbastanza sicuro.
«Lei è il tuo... medico?» esordì Naruto un po’ goffamente.
«Pare sia una specializzanda» borbottò Chiharu, in un tono così poco convinto che per un attimo temette di aver rivelato che sapeva di essere sorvegliata.
«Capisco» Naruto si adattò malvolentieri al copione di Sakura, senza insistere. «Senti, sono qui per... Insomma, ti ho cercata in ospedale ma eri già stata dimessa. Ho parlato con Jiraya.»
Chiharu annuì, stringendo le braccia al petto in attesa del seguito.
«Mi ha detto quella cosa dei charva... chaka... dell’evocazione. La storia che non muoiono se ti riprendi il chakra» Naruto si massaggiò la nuca, guardando ovunque fuorché lei. Era sempre difficile ammettere un errore, figurarsi farlo con una come Chiharu. «Non lo sapevo. Ma perché non me lo hai detto subito?»
Chiharu scrollò le spalle, di nuovo incapace di parlare. Era snervante vederlo succedere così spesso, e sempre in presenza di Naruto.
Si morse l’interno della guancia, sperando di riuscire a convincersi a superare il blocco, ma ebbe il solo effetto di affondare troppo i denti e provocarsi una ferita.
«Non che cambi completamente le cose, eh» chiarì subito Naruto. «Anche se quelle evocazioni non muoiono restano tuoi compagni, e come tali vanno rispettati. Mi incazzerei anche se dessi solo uno spintone a un compagno per il tuo tornaconto... Ma se mi avessi detto che quell’uccello non era morto magari avrei potuto parlare con... avremmo potuto parlarne. Perché non vuoi mai spiegare niente?»
Perché non ci riesco, rispose Chiharu dentro di sé. E davvero, ancora non ci riusciva.
Naruto aspettò qualche secondo, ma non vide arrivare risposte. Pensò che Chiharu si stesse rifiutando di comunicare, e per un attimo provò uno scatto d’ira: in passato aveva avuto a che fare con teste ben più dure della sua, e sempre era riuscito a spuntarla; aveva convinto Gaara, Sasuke e persino Kyuubi! Perché quella ragazzina si ostinava così ferocemente? Cosa serviva per farla aprire?
«Mi dispiace» disse Chiharu, con una fatica enorme.
«Ti dispiace per cosa?»
«Per...» Chiharu aprì e richiuse la bocca, a corto di saliva.
Naruto fece un respiro profondo, cercando una sedia con lo sguardo, ma Chiharu alzò una mano per fermarlo. Chiuse gli occhi, passò una mano sulle palpebre.
Voleva chiedere aiuto a Naruto, ma non le usciva la voce. Non riusciva a capire se era il suo orgoglio a paralizzarla o la paura di quello che sarebbe successo dopo.
«Prima ho bisogno di sapere una cosa» disse quindi, accorgendosi che era più facile attaccare che chiedere aiuto. «Perché ci accompagnavi in missione anche quando gli altri maestri non accompagnavano più i loro gruppi? Perché le nostre missioni non erano mai troppo difficili?»
«In che senso?» replicò Naruto, colto alla sprovvista.
«Ci avete sempre detto che il nostro gruppo era stato assemblato per raccogliere i migliori del nostro anno... Ma da quando ci siamo diplomati, con Kotaro e Hitoshi non abbiamo fatto niente di imporante. Ci hai tenuto in disparte volontariamente?»
«Ti sembro il tipo che tiene in disparte qualcuno?» sbottò Naruto indignato.
Chiharu provò un moto di sollievo. Sentire che non era stato intenzionale era già qualcosa... «Però le nostre missioni non sono mai state davvero pericolose. C’eri sempre tu con noi.»
«Io non facevo tutto...»
«Tu sei la Volpe a nove code, andare in giro con te già dimezza gli avversari» disse Chiharu, ricalcando le parole di Akeru.
Naruto si accigliò. Sapeva che c’era qualcosa di vero in quello che lei diceva, ma era la prima volta che ci faceva caso.
Eppure era convinto di aver cresciuto i suoi ragazzi nella maniera migliore... Certo, non li aveva mandati allo sbaraglio tra le fila nemiche ed era rimasto con loro molto più a lungo degli altri maestri... Ma quello era soltanto il suo modo di fare.
E comunque affidare al gruppo la missione di Loria era stata una bella dimostrazione di fiducia, giusto? Per non parlare della promozione di Hitoshi ad Anbu!
«Non mi sembra di essere stato...» iniziò a difendersi, ma tutt’a un tratto sussultò.
Chiharu lo vide immobilizzarsi, gli occhi sbarrati su un punto tra il divano e il muro. Poi, all’improvviso, scomparve in una nuvoletta di fumo, rivelando di essere soltanto una copia.
«Che è successo?» chiese Chiharu a voce alta.
Dalla cucina si affacciò Fay, appena in tempo per vedere le ultime volute che sparivano negli angoli del soffitto. «Dov’è andato?» chiese, il tè pronto tra le mani.
«Che ne so?» Chiharu strinse leggermente i denti, indignata.
«Uhm.» Fay sorseggiò il tè che aveva preparato, attraversando il salotto per andare verso la stanza degli ospiti. Avrebbe mandato subito un messaggio a Sasuke per capire se stava succedendo qualcosa.
Chiharu invece lasciò cadere le braccia lungo i fianchi.
Non era riuscita a dire niente, alla fine. Anzi, Naruto non l’aveva proprio ascoltata.
Che diavolo è venuto a fare qui?, si chiese risentita. E poi, in un attimo di lucidità: ma soprattutto, perché se ne è andato in quel modo?


Capitava raramente che Sasuke andasse a cercare Ryuichiro, soprattutto perché di solito era lui a cercarlo; ma ogni tanto si chiedeva che fine avesse fatto, e soprattutto, come gli aveva richiesto Kakashi, controllava la situazione.
Quel giorno dunque, dopo aver lasciato Sakura nello studio dell’Hokage, lui si era avviato verso il quartiere Uchiha per bussare alla porta di Saifon, la donna che sosteneva di essere la madre di Ryuichiro – cosa di cui Sasuke non era mai troppo sicuro, visto che il ragazzo somigliava esclusivamente a Itachi.
Qualche tempo prima aveva assegnato ai due un’abitazione al limitare del quartiere, in una zona tranquilla. Per raggiungerla doveva superare la propria casa e attraversare quasi tutto l’abitato, in quel tempo deserto. Li aveva sistemati distanti per dare loro privacy, e anche perché non sapeva se sarebbe riuscito a incrociare tutte le mattine la faccia di Itachi, uscendo di casa... Questo poteva rendere difficile la sorveglianza richiesta da Kakashi, ma se non altro gli dava un po’ di pace interiore.
Era vagamente inquietante che sentisse il bisogno di incontrare un ragazzino con la metà dei suoi anni per rasserenarsi. Era inquietante anche che il ragazzino avesse il volto dei suoi incubi da adolescente. Ryuichiro in sé era inquietante, per dirla proprio tutta, ma, poveretto, di questo non aveva colpa.
Mentre camminava lungo le vie del quartiere, prendendo nota dei piccoli lavori di manutenzione che avrebbe dovuto commissionare ai carpentieri di Konoha, Sasuke si accorse di un gruppetto di voci concitate a breve distanza.
Dal momento che il quartiere era disabitato, la cosa lo mise sull’attenti.
Alleggerì immediatamente il passo, avvicinandosi alla parete di una casa. Le voci venivano da un vicolo tra due costruzioni, che secondo i suoi ricordi si apriva in una piazzetta con un pozzo in disuso. Era un vicolo cieco, chiunque si fosse introdotto in quell’anfratto aveva poche vie di fuga.
Sasuke avanzò cautamente, portando una mano al kunai di emergenza che teneva nascosto sulla schiena...
Le voci che aveva sentito aumentarono di volume; non sembravano tentare di nascondersi. Lui tese le orecchie per distinguere le parole, i sensi all’erta, e solo allora, di colpo, capì che conosceva gli intrusi.
«...E comunque Hina è super noiosa adesso... Non vuole più giocare con nessuno. Tiene il muso. Per questo sono poco allenato!»
«Tutte scuse... Sei scemo.»
La mano che si stava avvicinando al kunai scese lungo il fianco, mentre Sasuke esalava un sospiro a metà con un grugnito. Aveva proibito mille volte a Itachi di giocare dove nessuno poteva vederlo, ma tentare di proibire qualcosa a un bambino di quell’età era follia, dovette riconoscere.
Comunque, con la guerra e le spie e tutti i problemi che aveva in quel momento, preferiva di gran lunga sapere Itachi al sicuro dentro casa, quindi aveva intenzione di aggiungere alla proibizione pacata un rimprovero di quelli davvero efficaci.
Percorse gli ultimi metri del vicolo pestando i piedi perché lo sentissero arrivare. I bambini abbassarono la voce istantaneamente, ma ormai era tardi: Sasuke comparve all’imbocco della piazzola, le mani sui fianchi e le sopracciglia aggrottate, e loro ebbero solo il tempo di radunarsi tutti vicini.
«Cosa state facendo?» chiese seccamente il capoclan degli Uchiha.
«Niente» risposero loro in coro.
«Itachi?»
Itachi lanciò ai compagni uno sguardo mortificato. «Li ho portati a giocare qui...»
Sasuke prese un respiro profondo ed esalò lentamente. «Ti ho già detto che il quartiere Uchiha è pericoloso... Adesso sono arrabbiato.»
«Ma è per questo che ci stiamo allenando!» insorse Minato, nell’identico modo in cui lo avrebbe fatto Naruto trent’anni prima. «Così anche le cose pericolose diventeranno cose sicure!»
«Cretino!» sibilò Chomi, rifilandogli una gomitata tra le costole per farlo tacere.
Ovviamente l’educazione di Naruto aveva poco a che vedere con la sua, constatò Sasuke: se uno dei suoi figli avesse risposto in quel modo a un altro genitore... no, non riusciva neanche a immaginare cosa sarebbe potuto succedere. Ma Minato non era suo figlio, poteva farci poco.
«Non adesso. Quando sarete più grandi e frequenterete l’Accademia...» tentò di dire.
Minato non lo lasciò finire: «Io mi sto allenando già adesso!» esclamò pomposamente.
«Chiudi la bocca!» sussurrò anche Itachi, con una gomitata dall’altro lato.
«Allenando?» suo malgrado Sasuke esitò.
Sakura non faceva che ripetergli che Itachi era troppo piccolo per allenarsi seriamente, ma se lo faceva Minato allora anche lui era legittimato a imitarlo, giusto?
«Certo! Guarda!»
In uno slancio d’orgoglio Minato unì le manine per raccogliere il chakra. Itachi e Chomi si lanciarono uno sguardo spaventato, ma non riuscirono a muoversi per fermarlo.
Sasuke vide l’impostazione di Minato e la trovò buona, per questo si incuriosì... Poi però notò qualcosa che non andava.
Di colpo attivò lo sharingan.
Vide Minato impastare il chakra, vide il chakra sfumare tra le sue mani come una nuvola. Vide il sussulto delle sue braccia, intuì il sobbalzo del suo piccolo cuore, e infine il collasso.
Intervenne appena prima che fosse troppo tardi, spostandosi in un lampo accanto a Minato e separando le sue mani giunte.
Minato lo guardò stupito.
Poi rovesciò gli occhi all’indietro e perse i sensi.
«Micchan!» strillò Chomi. «Oh no, no! E’ successo ancora!»
«Papà!» esclamò Itachi spaventato.
«Non è la prima volta? Quando è successo prima?» Sasuke cercò il polso di Minato, sentì se respirava.
«Un po’ di tempo fa» disse Chomi. «Stavamo giocando, e poi è caduto a terra... Ma era solo un gioco! Era solo un gioco!»
«Stava provando a raccogliere il chakra» intervenne Itachi.
Sasuke sollevò il mento di Minato per liberare le vie aeree. Respirava, ma a malapena. Le sue labbra erano diventate viola.
«Itachi, corri a chiamare Naruto. Chomi, corri all’Ufficio dell’Hokage e trova Sakura!»
«Dove lo porti?» chiese Itachi.
«Fateli venire in ospedale!» ordinò Sasuke brusco.
Poi sollevò il corpo esanime di Minato, e in un balzo fu sui tetti. I bambini partirono in direzione della strada più veloci che potevano.
Mentre correva Sasuke ne era sicuro: se si fosse trattato di uno dei suoi figli non sarebbe potuto andare più veloce.
Minato, tra le sue braccia, era innaturalmente flaccido e pesante. A un tratto prese a tremare convulsamente, senza riprendere conoscenza. Sasuke si fermò, incerto sul da farsi, ma la crisi smise subito. Allora ripartì.
Nonostante tutti quegli anni accanto a Sakura, non aveva idea di cosa fare. Tutto ciò a cui riusciva a pensare era alla faccia di Naruto quando Minato era nato, cinque anni prima; al sollievo con cui aveva raccontato come il parto era avvenuto miracolosamente.
Vide l’ospedale in lontananza, grande e bianco contro la rupe degli Hokage. Allungò il passo.

Sakura dovette tradurre i singhiozzi di Chomi prima di capire che era successo qualcosa a Minato. Purtroppo quando la figlia di Choji era agitata mangiava, e quando mangiava era difficile decifrare le parole; tanto più se intanto piangeva come una fontana. In qualche modo alla fine capì che doveva volare in ospedale, e lasciando la bambina nelle mani di Koichi se ne andò velocissima.
Raggiunse Sasuke quando Minato era già tra le mani di un medico del pronto soccorso, che lo aveva steso su un lettino e stava percorrendo il suo petto con la mano avvolta dal chakra. A Sakura bastò un’occhiata per capire che il ragazzo era inesperto, così lo fece spostare mentre chiedeva a Sasuke cosa fosse successo.
«Mentre raccoglieva il chakra?» chiese conferma al termine del racconto, recidendo con il chakra i vestiti di Minato e scoprendogli il petto.
«Aveva appena iniziato. L’ho fermato subito.»
Sakura avvicinò il palmo della mano al torace di Minato, senza toccarlo. Un sottile strato di chakra si dispose tra lei e lui, come gelatina; poi alcuni lembi si staccarono, strisciarono assottigliandosi fino alla nuca, al petto, all’addome. Una volta in posizione aderirono alla pelle come ventose, e da lì Sakura chiuse gli occhi. Sasuke tacque.
Trascorsero pochi secondi, forse mezzo minuto. Le mani di Minato sussultarono.
«E’ sempre rimasto svenuto?» mormorò Sakura, corrucciata.
«Sì. Ma ha avuto una specie di attacco mentre venivo qui.»
«Che tipo di attacco?»
«Sembravano convulsioni.»
Altre due lingue di chakra partirono dai lembi che si congiungevano alla nuca, e si posarono delicatamente sulle tempie di Minato. Sakura posò l’altra mano sulla fronte del bambino e attese.
Minato sospirò. Sul suo collo le arterie pulsarono debolmente, le guance smisero di essere così pallide. Le labbra si schiarirono leggermente.
Il chakra che lo aveva perlustrato si ritirò lentamente, tornando alla mano di Sakura. Lei la tolse con cautela, come un chirurgo che richiude una ferita, e riaprì gli occhi. Non smise di essere corrucciata.
«Sakura?» chiese solo Sasuke.
Lei scosse la testa, gli fece segno di tacere. La mano sulla fronte di Minato era ancora lì.
«Sakura!»
La porta dello studio si spalancò con tanta violenza che quasi uscì dai cardini. Naruto si catapultò nella stanza, con un’infermiera agitata al seguito, e non appena vide Minato fece per avvicinarsi, ma Sasuke lo bloccò.
«Adesso sta meglio» disse subito Sakura, congedando l’infermiera che si scusava per aver lasciato passare Naruto. Tolse la mano dalla fronte del bambino.
«Minato!» esclamò Naruto, scansando Sasuke e correndo con le mani al viso addormentato del figlio. «Micchan... Ehi...»
Lui gemette, con un brivido. Cercò di alzare una mano, ma ricadde.
«Cos’ha, Sakura?» domandò Naruto con voce angosciata.
«Non lo so» rispose lei sottovoce. «Cioè, ho visto dove è il problema, ma non capisco perché. Devo fare qualche ricerca prima di risponderti...»
«Vuol dire che è grave?» Naruto sollevò su Sakura uno sguardo implorante.
Lei non lo aveva mai visto così, e le si strinse lo stomaco. «Preferisco non sbilanciarmi adesso. Prima voglio fare delle ricerche. Intanto voglio fargli fare alcuni esami, e... Naruto, sarebbe meglio che restasse in ospedale per un po’.»
Naruto deglutì, accarezzando la testa di Minato. Con l’altra mano gli coprì la pancia, usando i lembi della maglietta che Sakura aveva tagliato.
Aveva le orecchie invase dal rumore del suo sangue che scorreva forsennato, le mani sudate e gelide. Quando Itachi era comparso alla sua porta il mondo gli era caduto addosso. Aveva perso le sue copie, aveva perso il contatto con Kyuubi, aveva perso tutto di colpo. Non si sentiva così dal giorno in cui Sakura gli aveva confessato di amare Sasuke. Anzi, si sentiva anche peggio di allora... Perché Minato era Micchan, era il suo bambino, e il suo bambino non poteva stare male, non di nuovo, aveva fatto di tutto perché stesse bene...
Tentò di deglutire, ma non ci riuscì. Sentì confusamente Sakura che gli diceva che dovevano portare Minato altrove, e allora lo prese in braccio. Era così pesante, così freddo. Doveva avvisare anche Hinata... Come glielo avrebbe detto? Chi glielo avrebbe detto? Dopo, ci avrebbe pensato dopo...
«Sakura, dimmi a cosa pensi. Ti prego» insisté, e non riconobbe la sua voce. «Morirà?»
«Non lo so, non credo... Spero di no» farfugliò Sakura, cercando di non sbilanciarsi. «Ti ho detto che per adesso non posso dire niente» deglutì. «Però, probabilmente non potrà mai essere uno shinobi.»
Naruto annuì meccanicamente. Cosa gli interessava avere un figlio shinobi se poteva avere un figlio vivo? Purché stesse bene, purché stesse bene, purché...
Sasuke vide Naruto uscire dallo studio con lo sguardo perso nel vuoto. Solo allora si accorse di aver tenuto la mandibola serrata per tutto il tempo, e la rilassò. Sentì la schiena fredda. Pensò ai suoi figli, a casa, alle battaglie del prossimo futuro.
Erano stati preparati per la guerra, per la morte dei maestri e degli amici; erano stati preparati alle ferite e alla malattia. Erano stati addestrati a resistere a tutto... Ma nessuno li aveva addestrati all’idea di perdere un figlio.
Sasuke si passò una mano sulla fronte, la fece scivolare lungo la guancia e si fermò a coprire la bocca. Naruto era sconvolto, Sakura era sconvolta, persino lui era turbato. E Shikamaru era a Suna.
Tralasciando Kakashi, che era in coma, Konoha si ritrovava senza Hokage.
E adesso?





L’ultimo giorno sereno era appena finito.









* * *

Buongiorno a tutti!
Sono tornata indietro nel tempo,
a un'epoca in cui internet non esisteva.
Di nuovo.
Trasferirsi crea sempre danni secondari imprevisti.

Quindi perdonate la lunga assenza,
ma vivere di connessione dal cellulare è una faccenda assai grama!

Nel frattempo ho scoperto l'esistenza di
BORUTO,
la seconda serie di Naruto,
e sento l'esigenza di chiarire subito:

praticamente hanno plagiato tre quarti dei miei piani futuri
(nel senso che ci sono molte cose nel manga che saranno presenti anche in questa storia.
Non la trama, sulla quale non mi esprimo,
ma alcuni dettagli di una certa rilevanza).

Quando troverete invenzioni della storia inquietantemente simili a quelli della serie,
SAPPIATE CHE IO LE AVEVO PENSATE PRIMA,
stramaledizione!
Sono super indignata.
E scema.
Se avessi portato a termine la storia otto anni fa
avrei potuto citarli per plagio e diventare ricca.
Piango.

Ciò detto, mi sono presa benissimo anche con
Fantastic Beast and where to find them,
quindi sto scrivendo pure di loro.
(Strano ma vero.)
Spero di riuscire a pubblicare qualcosa entro breve!

Grazie a voi che continuate a leggere,
spero di pubblicare presto!

Susanna



  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: _ayachan_