1. Guacamole
E dopo
“Fiore d’Inverno” ecco una nuova Bethyl!
Questa volta divisa in pochi capitoli.
La Prossima Volta
1.
Guacamole
A volte ci sono
parole che non dicono niente,
ma sguardi che
dicono tutto.
(Anonimo)
avorare in un
caffè il giorno di
Natale non è l’ideale.
Non per Beth, non dopo quella notte.
Non dopo che suo padre l’ha trascinata a messa insieme a
Maggie. Non dopo aver
trascorso due ore con sua sorella
ad
aprire i regali!
No, decisamente non è un bel periodo.
E veder entrare lui, sedere al
solito tavolo e farle cenno di avvicinarsi – proprio
quella mattina – non è il massimo.
«Ciao Daryl» dice, allungando le
labbra in un sorriso – dopo aver intercettato
l’occhiata del suo capo, Carol,
dietro il bancone.
«Mmh.»
«Non mi chiamo “mmh”, sai?»
mormora
sottovoce, chinandosi in avanti.
Daryl solleva
gli occhi e la guarda.
Che abbia capito?
Che esista ancora speranza al mondo?
«Una
bella bistecca con le patatine.
E mettici anche un po’ di quella salsa messicana, come la
chiamate? Guaca…»
«Guacamole» risponde Beth, stringendo
i denti.
No, decisamente il mondo è senza
speranza. O almeno, quello dove vive Daryl.
«Sì,
quella! Abbondante.»
«Niente
uova, oggi? Come mai?»
Beth sta per voltarsi, quando –
stranamente – si ferma per ascoltare la risposta.
«È
Natale.»
Vorrebbe tanto
ridergli in faccia – o
prenderlo a sberle – perché sa che è
venuto solo per irritarla. Per prenderla
in giro, e farle pesare ancora di più il dover lavorare
proprio quel giorno.
Natale.
Forse per Daryl non significa nulla,
ma Beth ha un delizioso pranzetto ad attenderla a casa.
«Ma
davvero?»
«Già. Non sei stata tu ad appendere
ghirlande un po’ ovunque?»
Beth chiude gli
occhi per mantenere
il controllo. Certo che è stata lei! E Daryl era presente.
Si era anche un po’
offeso quando Beth, festosa, gliene aveva avvolto una intorno al collo.
“Ti
sta d’incanto.”
“Sta
un po’ zitta.”
Ma erano altri
giorni, e lei non
aveva idea di dover trascorrere la mattina di Natale in caffetteria.
A
servire lui.
«Sì, Daryl, sono stata io.»
Non ci sono altri clienti, e Beth può
puntare direttamente dietro il bancone. Sbuffa e guarda
l’orologio, sperando
che l’orario di chiusura arrivi presto.
APERTURA
STRAORDINARIA
Natale,
aperto fino alle 11.30
Manca ancora
un’ora – un’intera ora –
alla fine della “giornata”. E Beth non ne ha
più voglia. Soprattutto con Daryl,
lì, in attesa delle sue patatine con guacamole.
«Beth» la chiama Carol, dalla cucina.
«Puoi venire un attimo?»
«Che succede?»
Il capo è intento a cuocere la
bistecca per Daryl, e non c’è nessun altro con lui.
«Finisco
qui, poi me ne devo andare.»
«Che
cosa?»
Beth sgrana gli occhi, lanciando uno
sguardo dietro la spalla. E il loro unico cliente? «Daryl non
la prenderà
bene.»
«Mi ha chiamata Sofia e… ma perché
dici questo? Daryl ha chiesto di me?»
Il profumo della
carne cotta – e di
tutte le spezie che Carol ha il vizio di aggiungere – si
propaga in fretta
nell’aria, e a Beth viene in mente di aver sì
fatto colazione, ma sei ore prima.
«No» risponde, coprendo appena il
borbottio del suo stomaco. «Ma quando lo manderemo
via…»
«Perché
dovremmo mandarlo via?»
Ora, nel sorriso
di Carol, Beth
riesce a vedere. Non stanno per
chiudere il negozio in anticipo, non raggiungerà in tempo
Maggie per aiutarla a
cucinare… No, resterà lì, a badare
alla caffetteria, la mattina di Natale.
Con Daryl.
«Io…
credevo che ce ne stessimo
andando.»
È un tentativo, si dice, camuffando
la delusione con un sorriso incoraggiante.
«Io
me ne sto andando» la corregge Carol, versando bistecca e
patatine – così invitanti
– in un piatto. La salsa
guacamole – la famosa versione della caffetteria –
è al peperoncino. «Tu
resti qui.»
«Fino a quando?»
Il dito di Carol si solleva per
indicare il cartello, che fa la sua figura appeso alla parete.
«Undici e
trenta.»
«E tu non tornerai più?»
L’espressione di Carol sembra dirle
“stai scherzando?”, ma le sue parole sono
più dolci – tanto per farle indorare
meglio la pillola.
«No,
Beth. Mi ha chiamato Sofia. È
un’emergenza.»
Vorrei
anch’io un’emergenza come questa. Tipo riempire il
tacchino, o correre a
comprare il vino.
«E
Daryl?» tenta un’ultima volta,
abbassando la voce. «Mi lasci da sola con lui?»
«Sono certa che non ti creerà nessun
problema.»
Carol sorride, e Beth anche.
«Portagli
da mangiare, adesso. Prima
termina, prima se ne va.»
Non
fa una piega. Afferra il
piatto dalle mani di Carol,
ma rimane un istante a fissarla mentre si slega il grembiule per
appenderlo in
fondo alla stanza.
Se
ne va davvero.
Chissà perché, Beth si era illusa
ancora una volta prima di vederla uscire. Potrebbe
ancora tornare.
No, e lo sa bene.
«La
mia bistecca?» grida qualcuno
dalla sala.
Lei solleva gli occhi al cielo e
gliela porta, reggendo il piatto come se pesasse dieci chili.
«Ehi,
ragazzina» Daryl ha una faccia
che non le piace. Divertita, troppo
divertita. «Che ti è successo? Hai scoperto che
Babbo Natale non esiste?»
Beth avrebbe la risposta giusta per
lui, ma molla il piatto sul tavolo e si volta senza dire una parola.
Trattieniti,
si ripete.
«O forse è perché non ti ha portato
il regalo giusto?»
Non ha nessuna voglia di discutere
con lui. O forse sì? Sarebbe un bel modo di
sfogarsi… Ma se Carol lo venisse a
sapere sarebbero guai. Guai seri.
«Mi
chiamo Beth.»
«Come va con Zach?»
Stringi
i denti. Non rispondere.
«Mi era simpatico quel ragazzo.»
«Ci siamo lasciati, Daryl» Beth si
volta, trafiggendolo con uno sguardo infuriato. «Non te lo
ricordi?»
«Dovrei?»
Sì,
dovresti, visto che c’eri.
Beth scuote la
coda bionda,
dirigendosi a passo spedito verso il bancone. Posa il vassoio, e quando
si volta,
Daryl è seduto lì davanti. Con birra, bistecca e
patatine.
«Avevo chiesto una dose abbondante
di guacamole.»
«Prenditela con Carol. Ti ha servito
lei.»
Fingere di
essere sola non sta
funzionando. Passare uno straccio asciutto sul banco, strofinare i
bicchieri –
già lucenti, grazie a Carol – o sciacquare il
lavandino non sembrano
alternative valide.
Perché Daryl è sempre lì, e continua
a parlare con lei.
«Ok,
chiamala.»
Beth sgrana gli
occhi e lo guarda,
fermandosi con lo straccio a mezz’aria.
È
andata via. Siamo soli.
«Non c’è. Dovrai dirglielo
un’altra
volta.» Magari senza che
coinvolgiate me.
Daryl prende a tagliare la carne – in
modo grezzo – e Beth
cerca di non
cedere al dolce aroma che arriva dritto alle narici. Cerca di
convincersi di
aver appena mangiato, e…
«Ne
vuoi?»
Lei solleva gli
occhi – sul piatto
invitante – e trattiene il respiro.
Dì
di sì, dì di sì!
«Io… ho appena mangiato.»
La
dignità ha un prezzo.
«Davvero?»
la deride Daryl,
puntandole contro la forchetta. «Non si direbbe da come
brontola il tuo
stomaco.»
In effetti, pensa Beth, ignorare quel
profumo è davvero difficile. Scuote la testa e riprende a
pulire un bicchiere –
cristallino.
«Ho un po’ fame» ammette,
lanciandogli una veloce occhiata.
Le patatine sono
ancora intonse, e
Beth non sa cosa darebbe per averne una! Anche senza salsa,
così, subito, per
prenderla e gustarsela per bene.
Daryl allarga le braccia e fa un
cenno verso il piatto. «Serviti pure. Non sia mai che tu
muoia di fame il
giorno di Natale.»
Di
nuovo. Ricordarle ancora
dove si trova, quando e soprattutto con chi, non ha l’effetto
sperato: la
innervosisce, sì, ma non abbastanza da farle passare la fame.
«Avanti,
Beth» insiste Daryl,
stringendo gli occhi. «Datti da fare. Qui si raffredda
tutto.»
Lei stringe le
labbra, chiedendosi se
valga la pena opporre resistenza.
No,
decisamente no.
Prende forchetta e coltello da un
cassetto, e si sporge in avanti per potersi servire. Adocchia una
patatina, perfetta, lunga e dorata,
ricoperta a
metà di salsa, e fa per prenderla.
«Ehi,
ferma» dice Daryl, facendo
scontrare la sua forchetta con quella di Beth. «Non
così. Le patatine vanno
mangiate con le mani.»
Beth sta per ribattere, quando le
dita di lui corrono ad afferrare la patatina. Proprio quella che aveva
visto
lei!
«E
poi, questa è mia.»
C’è
qualcosa, nel modo in cui lo ha
detto, che la fa arrossire. «Avevo puntato proprio
quella» mormora, affranta.
«Sei arrivata tardi, ragazzina.»
Beth sta per
prenderne un’altra –
quasi perfetta come la prima – quando Daryl intercetta il suo
sguardo e gliela
ruba. Di nuovo.
«Daryl!» grida, spalancando la bocca.
«Ma lo fai apposta?»
«Perché? Prendo le migliori.»
«Finora solo quelle che ho visto io.»
Lui abbassa lo
sguardo. «Allora
prendo quelle che vuoi tu» dice, prima di ingollare il
contenuto della lattina.
«E perché proprio quelle che voglio
io?»
Daryl mastica un boccone di carne – aroma
intenso – e scrolla le spalle.
«Sono
più saporite.»
«Questa
poi!»
Beth sgrana gli occhi e scoppia a
ridere. Un bel pezzo di bistecca è dalla sua parte del
piatto – tagliato da
Daryl per lei – e mentre lo infilza con coltello e forchetta,
sente il profumo
del rosmarino.
«Allora punterò alle più
brutte»
aggiunge, addentando il primo assaggio.
Socchiude gli occhi, abbandonandosi
al dolce sapore della carne rosea… e non vede cosa sta
arrivando da parte di
Daryl. Una spennellata di guacamole, inflitta tramite una patatina!
«Daryl!»
Lui sogghigna,
prima di infilare l’arma
in bocca. «Te la sei cercata.»
Beth passa il dorso della mano sulla
guancia per ripulirsi, poi sorride. «Sai che
brucia?»
«Tieni» mormora lui, avvicinandole la
lattina. «Rinfrescati.»
«È peperoncino, Daryl… Non credo che
un po’ di birra possa servire.»
«È Natale» risponde, guardandola
serio. «Anche tu hai diritto di festeggiare.»
Beth arrossisce e distoglie lo
sguardo. «Non vuoi proprio lasciarmi mangiare in pace,
vero?»
«Mai.»
Stavolta è lei a colpire a tradimento,
insozzandogli il mento di salsa. «Colpito!»
«Ehi,
attenta… non vorrai mica
cominciare una guerra?»
Beth scuote la chioma bionda e
sorride. «Anche se fosse?»
Daryl si china appena in avanti,
tanto da catturarla con uno sguardo. «Perderesti.»
Anche Beth si sporge in avanti,
mordendosi il labbro. «Ne sei convinto?»
Splat!
Altro punto a suo favore, quando
un’altra patatina – che gocciola
guacamole – si abbatte sulla sua faccia.
«Daryl!»
grida, con voce indemoniata.
Lui ride di
gusto. «Dovresti
vederti!»
Tentare di ripulirsi, questa volta,
serve solo a farle riempire le mani di salsa. Beth sbuffa, cercando di
mantenere un contegno dignitoso – sperando
che non entri un cliente da quella porta, e che nessuno debba vederla
così.
«Dai»
dice Daryl, avvicinandosi con
un tovagliolo di carta. «Vieni qui.»
«Non
importa» sussurra lei per
l’imbarazzo. «Davvero, non fa niente.»
Ma la sta già tamponando, togliendo
quel che è rimasto della salsa verde dal suo viso. Ed
è… una sensazione
piacevole. Sì, decisamente!
«Ecco,
ora stai già meglio. Somigli
un po’ a un elfo, ma siamo in quel periodo, giusto?»
Gli occhi di Beth diventano due
fessure. «Un elfo, eh?»
«Solo un pochino.»
«Signor
Dixon» proferisce lei,
incrociando le braccia al petto. «Non credi di
esagerare?»
Daryl si spinge
in avanti, tanto da
arrivarle a un soffio. E Beth riesce a sentire il suo respiro sulla
guancia.
Da
quando fa così caldo qui dentro?
«No.»
Poi lui torna al
suo posto e riprende
a mangiare, facendole tirare un sospiro di sollievo.
Restano così per un po’, finché lei
non gli offre una fetta di dolce – in
fondo è Natale – e Daryl non ordina un
caffè. Niente chiacchiere – per
fortuna! Pensa Beth
– niente di niente. Solo una mattina di festa
silenziosa e tranquilla, senza bisogno di parlare.
Quando sente suonare le campane, d’istinto
lei solleva gli occhi all’orologio della caffetteria e scopre
di essere fuori orario.
Sono le dodici meno un quarto!
«Oddio!»
Daryl la guarda
senza capire. Tanto
da metterla ancor più in agitazione.
«Tardi!» prende a dire, scuotendo
forte le braccia. «Maggie mi ucciderà!»
«Maggie?»
«Mia sorella» spiega Beth, alzandosi.
Scioglie in fretta il grembiule,
raccatta le ultime cose sul banco, le sciacqua e le infila nella
lavastoviglie.
«Farò
tardi. E non l’ho nemmeno
avvertita… A quest’ora nemmeno sentirà
il telefono. Abbiamo ospiti, oggi.»
Passa una mano sui capelli,
avvolgendo la coda bionda, e si chiede come reagirà suo
padre.
Non sarà lui ad arrabbiarsi… solo
Maggie.
«Vivi
molto distante da qui?»
Lei fa cenno di
sì con la testa, poi,
in un ultimo tentativo di calmarsi, fa un respiro profondo e prende a
piegare
il grembiule.
«Fuori dal paese» chiarisce subito,
come se servisse a qualcosa. «Farò tardi. E Maggie
mi ucciderà.»
Daryl lascia il suo posto, alzandosi
e sgranchendosi le braccia. «Posso portarti io.»
«Non importa… Cercherò di
avvertirla.»
Beth lo osserva toglierle il
grembiule dalle mani – dopo averlo piegato più e
più volte… - e farle cenno di
no con il dito.
«Non
voglio rischiare di perdere la
mia cameriera preferita.»
«Se ti
sentisse Carol…» risponde lei,
avvampando. Carol sarebbe gelosa! Poco ma sicuro.
«Ma Carol non è una cameriera, il
locale è suo.»
Un pugno leggero sul braccio, e Beth
si sente subito meglio. «Ehi!»
«Che c’è?»
«Ci
siamo solo io e lei qui dentro,
Daryl.»
Lo vede fare un
gran sorriso. «Lo so,
per questo ho detto che sei la mia preferita.»
Beth solleva gli occhi al soffitto e
scrolla le spalle. Cambierà mai? Verrà mai il
giorno in cui lo sentirà dire
qualcosa di sensato?
Persino
a Natale!
«Prendo
la giacca e andiamo.»
Lui non risponde, limitandosi a
raggiungere la porta. Certo che a vederlo così, impettito e
vestito di nero,
anche Beth comincia a capire la gelosia di Carol. Non sarebbe poi tanto
male – se solo stesse zitto.
Quando finalmente è pronta, escono
entrambi e Daryl sparisce dietro l’angolo. Al suo ritorno,
sta spingendo una-moto.
Una moto!
«Stai
scherzando.»
Lui la guarda con aria interrogativa.
«Io non ci salgo.»
«O
questo o arrivare tardi.» Ed essere
uccisi da Maggie, sembrano
dire i suoi occhi.
Beth resta a
pensarci, stringendosi
nel cappotto. Sarà pericoloso? Da una parte l’idea
di salire sembra attrarla,
ma dall’altra… dall’altra preferirebbe
correre a nascondersi dentro la
caffetteria, a tentare di richiamare sua sorella.
«Andrai
piano?»
«Pianissimo.»
Mentre si avvicina al mezzo, Beth gli
lancia un’occhiata di sbieco. «Chissà
perché non ti credo.»
«Dai,
sali» dice lui, montando sulla
sua moto. «Farò il bravo.»
«Niente casco?»
Quando Daryl si volta, Beth ha una
mano appoggiata sulla sua spalla, pronta a salire. «Non va
più di moda, non lo
sai?»
«Forse
dalle tue parti.»
Lei fa una
smorfia e si costringe a
salire. Abbandona le mani sul giubbotto di Daryl, sperando di non
doversi
aggrappare di più a lui. Sarebbe imbarazzante…
soprattutto per le battute che
riceverebbe in seguito.
«Non
mi sembri molto fiduciosa.»
«Non lo sono, in effetti.»
«Per
il casco?»
Daryl si volta appena, guardandola
oltre la spalla. E Beth distoglie lo sguardo. Chiunque nelle vicinanze
potrebbe
pensare a loro come una coppietta intenta in effusioni, invece che a litigare.
«Sì,
per il casco.»
«La prossima volta te lo farò
trovare.»
«La prossima…»
Ma
Beth non ha il tempo di terminare
la sua domanda, che Daryl mette in moto e parte. Non può
fare altro che
stringersi di più a lui, nascondendo la testa dietro la sua
schiena per sentire
meno il vento gelido.
Maggie
mi ucciderà comunque, quando mi vedrà con lui.
Note
dell’autrice:
Ciao a tutti!
Sono alla seconda
Bethyl, ed è decisamente l’opposto di “Fiore d'Inverno”. Ho
ripreso lo stesso tema (caffetteria, rapporti
inizialmente
distaccati, periodo invernale), ma in modo completamente
diverso.
Tengo davvero moltissimo a quella storia, credo si sia capito (per
questo, se
non la conoscete, vorrei chiedervi di leggerla).
E grazie, fin da adesso, a chi leggerà,
commenterà o
aggiungerà la storia a seguite/preferite.
Vi lascio il link della mia pagina
Facebook (Celtica).
P.S.:
ringrazio Relie che mi ha fornito
un prompt bellissimo, e di nuovo in un
coffee shop (anche se alla fine l’ho un po’
trasformato in una tavola calda…).
E ovviamente Sb89 che non manca mai
(mai!) di farmi sapere cosa pensa di ogni cosa io scriva.
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