CAPITOLO
VENTISETTE – Esperimento (non) proprio riuscito
I've
been meaning to tell you
I've
got this feelin' that won't subside
I
look at you and I fantasize
You're
mine tonight
Now
I've got you in my sights
With
these hungry eyes
One
look at you and I can't disguise
I've
got hungry eyes
I
feel the magic between you and
Hungry
Eyes- Eric Carmem
Alla
domenica sera Hermione si Smaterializzò dalla casa dei
genitori e
riapparve all'ingresso dell'appartamento in Diagon Alley.
Si
diresse in cucina col desiderio di un bel bicchiere di Succo di Zucca
ghiacciato. Il corridoio era buio, ma non era un problema; quella
casa ormai la conosceva a memoria. Si adattava con facilità
alle
situazioni, questo era indubbio. Si era trasferita da una casa
babbana a un castello magico senza batter ciglio; durante le passate
estati era spesso stata ospite alla Tana, in mezzo ad una baraonda di
gente; e, ciliegina sulla torta, aveva passato mesi chiusa in una
tenda a cercare Horcrux, portandosene dietro non uno, ma due
–
anche Harry, come avrebbero in seguito scoperto, era nel novero.
Però
con l'appartamento sopra i Tiri Vispi era diverso: era come se
Hermione avesse sempre vissuto lì. Non si era dovuta adattare
alla situazione, si era ambientata immediatamente.
Giunta
alla porta accese la luce e per poco non sobbalzò nel vedere
Fred
seduto al tavolo della cucina. "Mi hai fatto spavento!"
esclamò, facendolo sorridere per quell'espressione inusuale.
Chi
dice 'fare spavento'? si chiese Fred –
probabilmente solo
Hermione Granger e gli over settantacinque nei film
anni
quaranta.
"Che
fai qui?" domandò Hermione.
Fred
sollevò lo sguardo dal boccale di Burrobirra che teneva in
mano.
"L'ultima
volta che ho controllato, al Ministero risulta essere la mia
residenza" rispose indispettito.
"Intendevo
dire, cosa fai a luce spenta" si corresse, prima di estrarre la
bacchetta e pronunciare l'incantesimo Lumos. Era
possibile
trovarla sensuale anche nel soffiare dolcemente una parola sentita e
risentita da quando era bambino, persino dalla stessa ragazza
–
come aveva fatto, in tutti quegli anni, a non saltarle addosso?
Al
buio era tutto più semplice, ma così perfino la
fievole lucina che
la punta della bacchetta emavava, costituiva un problema. Fred la
vedeva, la vedeva per quello che era. Non la Granger
dei loro
primi incontri: un' undicenne con la gonnellina e lo stemma
grifondoro sulla blusa, bensì una donna, il cui solo suardo
esercitava su di lui un enorme potere magnetico.
E
quella luce flebile e azzurrina, a illuminarle il viso pallido, gli
ricordava, ancora e per sempre, quanto fosse diventata bella.
E, purtroppo, non sua.
"Oh,
quello!" Fissò gli occhi al soffitto e fece spallucce. "Non
mi andava di accenderla" rispose con un sorriso. La fievole luce
della bacchetta illuminava gli oggetti intorno a loro; Hermione
notò
che sul tavolo c'era una copia del giornaletto che le aveva inviato
Draco, e si sentì morire.
"Non
l'ho comprato io" si giustificò Fred, intercettando lo
sguardo.
Non voleva litigare, proprio no. "Oggi sono stato alla Tana..."
aggiunse.
Se
possibile, ora Hermione si sentiva peggio di prima. Sotto terra, a
dire il vero. Così dicendo, Fred non aveva fatto altro che
avallare
il sospetto che alla Tana si parlasse di lei, com'era ovvio che
fosse. Non le piaceva granché l'idea di un mucchio di
persone –
persone che amava – discutessero delle sue uscite come fosse
una
star e non il loro solito e affidabile Prefetto Hermione Granger.
Si
sedette al tavolo, con una strana sensazione che le scivolava
addosso. Erano giorni e giorni che lei e Fred si evitavano a vicenda,
e non capiva perché in quel momento lui non sentisse il
bisogno di
schizzare via di lì alla velocità della luce. Per
quanto riguardava
se stessa, conosceva la risposta. Fred Weasley le mancava. Le mancava
parlare, bere una Burrobirra, scherzare, ridere, mangiare insieme.
E
adesso che finalmente aveva il coraggio di non voltare le spalle e
andarsi a rintanare di sopra nella propria stanza a sfogliare antichi
sillabari e dizionari runici, non sapeva come comportarsi. Si sentiva
così infantile e impacciata che non aveva idea di cosa fosse
giusto
dire, in quel momento. Forse perché non c'era niente da
dire, o
forse perché c'era davvero troppo, e avrebbero iniziato a
vomitare
parole senza la certezza di saper mettere un punto. Anche
perché
Hermione non avrebbe saouto dove collocarlo, questo
punto.
"Mi
dispiace che si debbano vedere foto mie e di Malfoy sul giornale"
disse d'impulso. Le dispiaceva che lui
dovesse vedere foto sue e di Malfoy sul giornale, con titoli ridicoli
come <<A un passo
dalle nozze>> o <<A
quando il lieto evento?>>
e una volta addirittura
<<Il
pargolo sarà Grifondoro
o Serpeverde?>>
In
effetti in quell'occasione aveva creduto di scoppiare, di non poter
resistere più. Si era anche messa a progettare di far
saltare in
aria la redazione del Settimanale Delle Streghe e di tutti i
giornaletti scandalistici di bassa qualità come quello. Poi
Ollivander le aveva fatto notare che, se l'avesse fatto,
benché ex
Indicibile e piena di contatti al Ministero, niente l'avrebbe salvata
dalla prigione.
"Ti
dispiace?" ribattè Fred contrariato, voltandosi. "Ti
dispiace di cosa? Se esci con lui significa che non ti vergogni
di..." Hermione storse le labbra, perplessa: nel tono di Fred
non c'era l'astio che aveva udito in occasioni precedenti. Quella
pareva solo una banale costatazione. Avrebbe potuto essere una frase
sul tempo piovoso.
"Continua,
so che lo vuoi fare" disse. "Che non mi vergogno di..."
Fred
tacque, incerto se troncare sul nascere quella conversazione; la
piega che aveva appena preso era identica a quella di tante altre,
che l'avevano sempre lasciato deluso e insoddisfatto. Non voleva
l'ennesima replica. Era stufo di sentimenti negativi, proprio lui che
era il re degli scherzi. Le risa erano sempre stata la sua forza, che
ultimamente gli stava venendo meno. E questo era male,
nella
vira e sul lavoro – secondo George.
Senza
risate, senza positività, si sentiva incompleto. Era
incompleto.
Non era più Fred Weasley. C'era però da
aggiungere che anche senza
Hermione, si sentiva incompleto. E questo era un vero rompicapo da
risolvere; come tutto quello che riguardava la Granger da vicino,
ormai Fred l'aveva capito.
"Che
non mi vergogno di uscire con un Mangiamorte. Stavi per dire questo,
vero?" Era vero, pensò Fred, stava per dirlo, e allora?
L'aveva
ripetuto talmente tante volte, sia a lei che a se stesso, che ormai
il pensiero scattava automaticamente in quella direzione.
"In
effetti sì, ma è inutile ribadire l'ovvio".
"Ma
Draco non è un Mangiamorte" ripetè meccanicamente
– e con
quella era salita più o meno a quota centocinquanta. Non
poteva aver
detto quella frase meno di centocinquanta volte. A ciascuno, nelle
più disparate occasioni. A se stessa, a Fred, a Harry, a
Ginny, agli
altri amici, e soprattutto a Draco.
Era
innegabile che avesse il braccio sinistro tatuato, ma non comprendeva
quella mania di ricordarlo ogni cinque minuti. Lui non era Lucius o
Bellatrix Lestrange, non ce n'era bisogno.
"Ti
ostini a difenderlo" constatò di nuovo, senza neanche alzare
la
voce. Hermione lo guardò in volto, per quel poco che la
fioca luce
le permetteva. I capelli rossi erano al solito posto, come pure gli
occhi castano chiaro, le sopracciglia, il naso e le labbra –
le
piacevano tanto le labbra di Fred.
Eppure,
Fred Weasley non era lì. Mancava la cosa più
importante su quella
bocca carnosa, qualcosa che non avrebbe dovuto mancare: il sorriso.
"Non
lo sto difendendo" sospirò. "Tu non capisci". E come
avrebbe potuto, del resto? Non aveva gli elementi sufficienti per
farlo, e a volte persino lei faticava a comprendere.
"Chiamami
idiota, Granger" disse,"ma no, non capisco!" Poggiò
la birra sul tavolo. "Non vedo proprio cosa possiate avere in
comune tu e lui" dichiarò gesticolando,
senza smettere
di guardarla. Hermione non si tirò indietro e non
abbassò lo
sguardo come avrebbe tanto voluto fare; si fermò a
riflettere,
perché una risposta pronta non ce l'aveva: era finito il
tempo in
cui aveva una replica per ogni obiezione che le veniva mossa o per
ogni domanda che le veniva posta.
Era
anche finito il tempo in cui poteva essere totalmente aperta e
sincera; quindi il silenzio era l'unica opzione. Non era più
ai
primi anni di Hogwarts, non si trattava più di prendere un
bel voto
agli esami; questa era la sua vita – e lei la stava
letteralmente
buttando alle ortiche.
"A
prima vista niente" fu ciò che riuscì a dire.
Ma
non era vero. Avevano in comune una guerra combattuta su fronti
opposti, anni di risse e liti per la scuola, paure e incubi, ferite
di tipo diverso, che avevano sanato in due – anche se questo
Fred
non poteva saperlo. Il legame c'era eccome, ma non era percepibile 'a
prima vista'; perciò non poteva biasimare Fred, se non
riusciva a
vederlo, tantomeno a comprenderlo.
"Una
promessa è una promessa" mormorò sovrappensiero.
Fred la fissò
come se si stesse preoccupando per la sua salute mentale, e in fondo
non aveva tutti i torti.
"Promessa?
A prima vista? Di che stai parlando,
Granger?"
chiese, indispettito. "A volte penso che ti abbia Confusa;
quando parli di lui sei strana".
Hermione
provò il forte desiderio di chinare il capo, o quantomeno di
distogliere gli occhi da quelli di Fred. Non poteva reggere a lungo,
se la fissava in quel modo. E di certo non voleva mettersi a frignare
in quel frangente.
Spostò
lo sguardo sulle proprie mani poggiate sul tavolo, improvvisamente
più interessanti di tutto il resto.
"Devi
smetterla di chiuderti in questo mutismo!" esclamò, stavolta
energico – eppure, anche allora, dolce, in un certo qual
modo. "Io
non ce la faccio a starti dietro!" Nel dirlo posò una mano
sulla sua in modo delicato, contrastante con il tono un po' duro che
aveva usato.
Eccolo,
il mio Fred, fu lo sciocco pensiero di Hermione.
"Dovresti
rinunciare a starmi dietro, forse. Magari non sono fatta
perché
qualcuno lo faccia". Quello che accadde Hermione non se l'era
aspettato.
Fred,
anzichè risponderle, si sporse sul tavolo e, quello che non
era
riuscito a dire, cercò di racchiuderlo nel bacio che le
soffiò
sulle labbra. Hermione fu talmente presa alla sprovvista che,
inizialmente, a stento si rese conto di quanto stava accadendo. Poi
staccò completamente la spina, lasciandosi andare. Si
sentiva come
una foglia trasportata dal vento, e non possedeva energia sufficiente
ad opporvisi. Chi era lei per contrastare il vento? Solo una
foglia, appunto. E le foglie si lasciano cullare, o
trascinare
via. Dipende solo dalla direzione verso cui soffia il vento e dalla
veemenza con cui lo fa.
Fred
esercitò dapprima una leggera pressione sulle labbra di lei,
che si
schiusero senza opporre resistenza, lasciandolo piacevolmente
sorpreso.
La
mano del ragazzo rimase sulla sua, ma le loro dita si intrecciarono e
lui si sistemò meglio per avere accesso all'interno della
bocca di
lei, desideroso di esplorarla completamente. Fu un bacio lento,
appassionato; sembrava che nessuno dei due avesse intenzione di
riprendere a respirare in forma autonoma. Solo quando sentì
mancare
l'aria, Hermione si staccò dalle labbra del ragazzo.
Non
perse però il contatto visivo e neppure ritrasse la mano; il
che, se
possibile, mandò Fred ancora di più in
confusione.
In
effetti, non si sarebbe potuto dire chi al momento fosse più
confuso
– e non certo per l'effetto di un incantesimo. Hermione si
sentiva
in preda al duplice – e un tantino schizofrenico –
istinto di
lasciarsi andare a quella dolce sensazione e allo stesso tempo di
scappare a gambe levate, pur conscia del fatto che nessuno dei due
comportamenti fosse adeguato.
"Granger"
bisbigliò Fred, a corto di fiato. "Tu devi deciderti, o
finirò
per impazzire. Esci con lui, ma baci me" le fece
notare.
"Ne devo dedurre che quantomeno ti piaccio".
Hermione
annuì lentamente, sentendo la salivazione ridotta a zero
– neanche
le avessero scagliato una fattura Languelingua.
"Allora"
riprese lui, "perché non mi fai sapere quello che pensi?"
"In
questo momento non sto pensando, a dire il vero" rispose,
sincera. "Non esci più con Sally?" chiese invece.
"Non
si risponde ad una domanda con un'altra domanda" replicò
affannato. "Comunque no, non ci esco più".
Hermione
si maledisse in turkmeno e in sanscrito antico... e
pensare che tutto
era
iniziato da
un desiderio di
rivalsa, da una stupida ripicca, e
c'era
dentro fino al collo! E
lui
rispondeva che no, adesso
non usciva
più con Sally.
"Granger,
ti prego, decidi"
pregò.
"O almeno
parlami".
Nel
sentire quel tono supplice Hermione quasi rimpianse il Fred rancoroso
che sembrava annegato nella Burrobirra, o risucchiato dalla scatola
vuota delle Cioccorane. Dovette reprimere un singhiozzo. Vederlo
così, di fronte a sè, ad implorarla di renderlo
partecipe, di
aprirgli la mente, la
addolorava oltre ogni misura. Avrebbe potuto dirgli che aveva passato
la vita a ragionare, a trovare le parole esatte per esprimersi, a
cercare di studiare
gli altri per capire
come affrontarli. Però ormai una risposta del genere sarebbe
stata
vuota, perché non trovava parole da usare, nè
ragionamenti da
esporre, e tantomeno poteva affrontare gli altri.
Fred
dovette accorgersi delle emozioni che si agitavano nel petto di lei,
perché si limitò ad abbracciarla, mormorando:
"Non
insisto" disse. "Forse sei confusa, o forse stai cercando
un modo carino
per rifiutarmi, questo non posso saperlo. Ma non ho intenzione di
forzarti, di certo non stasera..." Lei gli
donò un sorriso, si alzò
lentamente e, dimentica del Succo di Zucca, si diresse verso le
scale. Solo dopo averle sentito chiudere la porta, Fred si concesse
un sospiro.
Non
era mai stato un tipo particolarmente paziente, Fred, ma per Hermione
avrebbe fatto un'eccezione. La situazione era quantomai strana e,
persino in quel momento, Fred avrebbe voluto tempestarla di domande
fino a capire cosa le passasse per la testa. Tuttavia, aveva deciso
di tacere. Grida e sfuriate non facevano per lui e, se la conosceva,
neppure per Hermione. Inoltre, per il momento, non sembrava fossero
molto utili. George aveva ragione: era confusa. In quale
misura e
per quanto ancora lo sarebbe rimasta, erano due misteri.
Però,
su Malfoy, a Fred restava ancora il vantaggio di vivere con la
Granger. Intanto avrebbe cercato di riprendersi la sua
quotidianità
con lei, il resto era nelle mani di Merlino.
I
raggi del sole svegliarono Hermione fin troppo presto. Aveva
dimenticato di abbassare la tapparella, e il risultato fu che alle
sei e mezza era già pronta per uscire. Rilesse appunti su
appunti e
tentò di prepararsi psicologicamente all'mmediato avvenire:
quel
giorno avrebbe fabbricato la prima bacchetta della sua vita. Un
disastro annunciato, come Ollivander ci aveva tenuto a sottolineare.
Solo
quando furono le sette e venti mise piede fuori dalla propria camera
da letto e scese a fare colazione, scoprendo che Fred doveva essere
uscito da poco. Il bollitore era ancora sul tavolo e la tazza che
aveva utilizzato non era stata rimessa a posto. Evidentemente aveva
fretta di uscire, forse per non incontrare lei. Hermione si
dispiacque al pensiero di come quella convivenza – iniziata
sotto
buoni auspici – fosse diventata complicata – di
come lei
l'avesse complicata. Forse perché non era solo un
coinquilino,
il ragazzo con cui divideva l'appartamento.
O
forse perché non aveva saputo prendere bene le misure e
tenere a
distanza le persone che andavano tenute a distanza, per Merlino!
Sul
tavolo, accanto al bollitore, trovò qualcosa che le
causò un calore
improvviso, facendo sciogliere qualcosa all'altezza del cuore: il
risultato fu un sorriso.
Una
bustina di tè al gelsomino giaceva nella tazza pulita
– tra
l'altro, la sua tazza preferita – ed Hermione ebbe un
flash-back
della mattina successiva al primo bacio che lei e Fred si erano
scambiati, quando aveva trovato un fiore di gelsomino e la colazione
pronta. Versò l'acqua calda nella tazza e
sorseggiò il tè
lentamente, assaporandone il gusto delicato, insieme a una fetta di
Torta di Zucca. Quando la colazione fu conclusa, spicciò il
tavolo e
uscì di casa, pronta per una giornata di duro lavoro.
L'ingresso
di Hermione nel negozio fu accompagnato dal consueto scampanellio
sopra la porta e Ollivander, già chino a trafficare con una
bacchetta, sollevò la testa e la salutò con le
labbra strette.
Hermione gli riservò un gran sorriso.
Ormai
Garrick Ollivander era l'unico uomo al mondo in grado di infonderle
buonumore benché non si impegnasse affatto in tal senso.
Pochi mesi
prima Hermione sarebbe stata incredula davanti a una previsione
così.
L'odore
del legno, la polvere sugli scaffali più alti, la scritta
all'esterno in lettere d'oro scrostate: era tutto parte della sua
vita. Lo scampanellio che per gli altri rappresentava solo un banale
ritornello che ricorreva ogni volta che la porta veniva aperta, per
lei era casa. Come
casa era
l'odore del dopobarba di Ollivander, o quello di resina e incenso sul
retro della bottega. Perché sì, Garrick lavorava
mentre nella
stanza si spandeva il leggero fumo di un bastoncino d'incenso
–
incantato per durare
più a lungo di quelli babbani.*
"Sono
felice di vederla" gli disse, sincera. Lui la guardò di
sbieco,
come se diffidasse di quella dichiarazione.
"Se
fossi in te, aspetterei a dirlo" rispose scrutandola con i suoi
occhi argentei. "Sai che giorno è oggi" affermò.
Hermione
non capiva perché volesse ribadirglielo; come se l'ansia non
fosse
già alle stelle. Fissò lo sguardo sulle mani di
lei, sembrava
intento a riflettere. Su cosa, non era dato saperlo.
"Il
giorno in cui fallirai la prima bacchetta" le disse. "Non
sei emozionata?" Hermione sentì uno strano senso di
oppressione
misto ad eccitazione. Aveva una tremenda paura di sbagliare, ma anche
curiosità di mettersi alla prova.
"Deve
essere proprio oggi?" chiese, la voce tremula tradiva
l'incertezza. "Forse si può rimandare di un giorno o due,
tanto
per prepararmi meglio" farfugliò, poco convinta. A chi
voleva
darla a bere? La sua era solo voglia di procrastinare.
"Oggi"
ripetè Ollivander con tono fermo. Opporsi sarebbe stato
inutile,
comprese Hermione. Il Grande Capo aveva deciso: meglio non rischiare
di farlo infuriare. Del resto, rispolverare vecchi tomi non sarebbe
valso a nulla; l'unico rimedio a qualsiasi errore Hermione avrebbe
commesso, era la pratica.
"Bene!"
esclamò con un entusiasmo che solitamente non mostrava. "Al
lavoro, ragazza!" Hermione si affrettò a togliere la giacca
e a
rimboccarsi le maniche, confidando in quello che le era parso un tono
incoraggiante.
"Ribadisco"
aggiunse l'uomo, "che il prodotto finale sarà una vera
schifezza".
Ecco,
come non detto!
Qualche
ora dopo, Hermione stava ancora cercando di capire come amalgamare il
nucleo di crine di unicorno senza danneggiare irrimediabilmente il
pezzo di legno che teneva in mano. Voleva assolutamente smentire i
nefasti presagi formulati da Ollivander. Mentre ci lavorava, lui non
aveva fatto che ripetere che la prima bacchetta sarebbe stata uno
scempio.
"Molte
grazie, signore" aveva risposto, incapace di trattenersi. Lui
aveva messo su un ghigno in risposta; che si aspettava Hermione?
Ollivander non era rinomato a Diagon Alley per il suo ottimismo.
Si
era impegnata attentamente a suddividere i crini che le parevano
adeguati da quelli che certamente non lo erano – tutto sotto
lo
sguardo indagatore dell'uomo. Si fingeva impegnato, ma Hermione
sapeva che occhieggiava verso di lei più o meno ogni cinque
minuti;
e la cosa aggiungeva ansia all'ansia.
Un
lieve strato di sudore le imperlava la fronte; probabilmente era solo
l'ansia, ma Hermione preferiva pensare che la temperatura fosse
insolitamente alta.
Non
chiedeva certo di creare una bacchetta di prima qualità,
nè di
poterla mettere in vendita. Semplicemente, desiderava che non
saltasse in aria appena impugnata.
"Allora,
a che punto sei?" chiese l'uomo. Hermione sollevò lo sguardo
e
incontrò quello argentato del vecchio, timorosa.
"A
dire il vero" ammise, "non ne ho idea..."
Ollivander
la guardò con un misto di impazienza e dileggio, prendendole
la
bacchetta dalle mani. Era intagliata in maniera abbastanza rozza,
quasi degna delle impugnature di Jimmy Kiddle.*
"Non
si può certo dire che sia da esposizione"
commentò a bassa
voce. "E... posso sapere perché hai usato il legno di rosa,
che
è il più difficile da intagliare*?" disse, quasi
gli avesse
fatto un torto. A un certo punto, proprio mentre stava per aggiungere
qualche altro sgradevole commento, la bacchetta cominciò a
sprizzare
scintille azzurre, rosse e dorate, senza che Ollivander l'avesse
agitata. Come nelle più catastrofiche previsioni di
Hermione, con
uno sbuffo cadde di mano all'uomo e cominciò a roteare in
aria,
colpendo una sedia e uno sgabello di legno e riducendoli in pezzi.
Roteò ancora su se stessa e buttò giù
una mensola dalla parete; la
strega era già pronta ad sfoderare la propria bacchetta per
porre
fine a quel disastro, ma non ce ne fu necessità.
Il
pezzo di legno – quel coso non era degno
dell'appellativo di
bacchetta – cadde in terra e
improvvisamente esplose in
mille pezzi, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio su
questa Terra.
Meglio
così, sebbene le prove del crimine ci fossero eccome: una
mensola
caduta e due oggetti disintegrati. Non era proprio un gran risultato,
a dirla tutta. Quando trovò il coraggio di girarsi verso
Ollivander,
gli occhi scoloriti di lui la fissavano imperscrutabili.
"Bel
lavoro!" bisbigliò, in tono evidentemente ironico.
Detto
ciò, scomparve dal retrobottega e riapparve solo dieci
minuti dopo,
quando ormai Hermione aveva rimesso a posto tutti i danni provocati
dal proprio esperimento fallito.
"Signore..."
provò a giustificarsi, ma non le uscì niente di
sensato. Ollivander
la guardava con i suoi occhi argentei, senza rimproverarla
nè
rassicurarla. Con tutta probabilità doveva provare una pena
infinita
per lei, Hermione ne era certa.
"Puoi
andare" disse infine.
"Ma...
non sono neppure le cinque, signore" ribattè flebilmente.
A
dire il vero, non aveva la minima voglia di continuare la giornata in
negozio – probabilmente Ollivander l'aveva capito. Hermione
era
una stakanovista; e non poteva tollerare –
se non in casi
eccezionali – di essere rispedita a casa prima della chiusura.
"Sei
stanca" rispose Garrick. "Riproverai domani" e con ciò
la faccenda parve conclusa. La ragazza non replicò. Si
limitò a
infilare cappotto e sciarpa e a dileguarsi. Ollivander la
guardò
uscire e sospirò: era stato troppo duro e, allo stesso
tempo, troppo
poco. Dal giorno seguente, si disse, avrebbero cambiato registro.
Hermione
vagò qualche minuto per Diagon Alley, incerta sul da farsi.
L'opzione più sensata era andare al Paiolo Magico e chiedere
a Tom
di servirle qualcosa di molto forte. Tuttavia, non era in vena di
sbronzarsi al pub. Farlo in casa sarebbe stato decisamente
più
consono. Pensarlo e trovarsi a frugare nella borsa in cerca delle
chiavi, fu un tutt'uno.
Solo
quando si fu chiusa la porta alle spalle si concesse quello che
voleva essere un sospiro, ma che le uscì più
simile ad un gemito di
frustrazione.
Desiderava
gettarsi a terra senza neppure spogliarsi, ma fu costretta a
scostarsi dalla porta, perché qualcuno stava tentando di
entrare.
"Come
mai già a casa?" Fred chiuse la porta senza smettere di
fissarla. Probabilmente la sconfitta le si leggeva in faccia.
"Potrei
farti la stessa domanda".
Perché
diamine di motivò, pensò, non
posso solo gettarmi a terra e
piagnucolare?
"E
io ti risponderei che sono passato a prendere una cosa"
mentì.
"Tanto in negozio c'è George".
L'aveva
detto con disinvoltura, ma non era vero. Era uscito di proposito per
parlarle. L'aveva vista passare davanti ai Tiri Vispi con
l'espressione triste che poteva scorgerle tuttora in volto. Aveva
afferrato al volo che qualcosa non andava, e non aveva resistito
all'impulso di andare a controllare se stesse bene. Di dirglielo,
ovviamente, non se ne parlava neppure.
"E'
il tuo turno, Granger".
"D'accordo"
disse lei, trascinandosi fino al salotto e stravaccandosi sul divano.
"Ma sappi che è una storia molto triste".
"Per
questo ti serve una spalla su cui piangere".
"A
dire il vero, ho intenzione di piangermi addosso per qualche ora di
fila" brontolò.
Scrollò
le spalle. "George se ne farà una ragione".
Hermione
gli rivolse uno sguardo grato e si rannicchiò per fargli
spazio sul
divano, ma lui si limitò a togliere il giaccone.
"Arrivo
tra cinque minuti" borbottò diringendosi in cucina.
Hermione
si dispose all'attesa con calma, tanto non aveva nulla da fare
–
perfino il suo capo l'aveva scacciata – e nessun altro con
cui
sfogarsi. A ben vedere, così sfortunata non era, dal momento
che si
trovava nel posto che chiamava casa, con la persona che avrebbe
voluto lì per consolarla – ma queste informazioni,
al momento, il
cervello di Hermione fingeva di ignorarle, pur di consentirle un po'
di piagnisteo. Prima che si mettesse a rivivere la patetica scena in
cui diversi orpelli vecchi come il cucco – come del resto lo
era il
negozio intero – erano esplosi a causa sua, Fred fece ritorno
insieme ad un vassoio che galleggiava nel nulla.
"Tè"
fu la sola parola necessaria a Fred perché il viso di
Hermione si
illuminasse. Il ragazzo si sedette accanto a lei; mentre, sul
vassoio, un cucchiaino continuava a mescolare lo zucchero nei due
tè
al bergamotto.
"Adoro
la magia" mormorò Hermione sorridendo. Fred, non visto,
sorrise
di riflesso, dandosi dello stupido nel contempo.
"Allora"
si riscosse, "hai distrutto il negozio al vecchio Ollivander?"
Hermione
lo guardò, prese la tazza dal vassoio e cominciò
a sorseggiare
lentamente, attenta a non scottarsi. Fred non aveva idea di quanto
fosse andato vicino alla realtà. La strega decise di
prendere tempo,
e il modo migliore per farlo era sicuramente lamentarsi.
"Scotta!"commentò.
"Non
sviare l'attenzione, Granger!" la rimbeccò. "Cosa
è
successo?" Prese in mano la propria tazza ed Hermione iniziò
a
narrare ogni singola sventura della giornata: la fatica nel seguire
le scarse e intricate istruzioni che Ollivander le aveva fornito sul
processo di lavorazione – sostenendo che avrebbe impiegato
maggior
tempo, ma comunque imparato meglio sul campo- ;
l'impegno e i
tentativi falliti, fino all'esplosione del legno di rosa
–
continuava a rifiutarsi di attribuirgli l'appellativo di bacchetta.
Fred rimase in silenzio fino alla fine, immobile.
"Insomma,
è tutto?"
"Sì"
rispose amareggiata, "è proprio tutto".
"Direi..."
e qui parve riflettere almeno un po', "... che è andata
bene".
"No,
assolutamente no. Fred Weasley, come osi prendermi in giro?" Il
tono gracchiante di lei lo fece ridere di gusto. Sembravano tornati i
primi tempi del loro 'coinquilinato'.
"Oh,
andiamo, non è poi una gran tragedia; ti pare?" le fece
notare,
tentando di mantenersi serio. "Vedila così: poteva andare
peggio. Avresti potuto appiccare il fuoco, o far esplodere l'intero
negozio, invece ti sei limitata a rompere quattro vecchi cocci"
sminuì. "Sicuramente è quello che avremmo fatto
io e George,
se ti consola".
"Non
mi consola affatto – e smetti di ridere!" intimò.
"E'
sicuramente il modo più penoso in cui io sia mai stata
consolata".
"Sto
immaginando la tua faccia durante l'esplosione degli oggetti di
Ollivander! Sono indeciso se fossi più stravolta o
mortificata".
Hermione,
indispettita, posò la tazza sul vassoio che ancora
fluttuava, e fece
per andarsene. Fred fu subito in piedi.
"Dove
vai?"
"Se
mi sfogo solo per sentirmi derisa preferisco andar via!"
replicò
piccata. Fred le sorrise, e per risponderle scelse un tono
stranamente saggio.
"Non
ti sto deridendo; sto solo cercando di tirarti su il morale. Hai
fallito Granger, non posso negarlo perché sarebbe una bugia.
Hai
fallito, ripeto, ma è umano" disse.
"Siamo persone;
come tali commettiamo degli errori, ed è normale".
"Grazie,
Weasley" replicò sbuffando. "So che si commettono sbagli,
e so di essere una persona".
"A
volte tendi a dimenticarlo, però" rispose prontamente.
"Pretendi di essere sempre perfetta e, quando non succede, vai
in crisi" aggiunse. "Da quando ti conosco non mi è ancora
capitato di vederti fallire; non sai cosa voglia dire quella parola.
Un esperimento – per di più il primo –
basta a mandare in crisi
la So-Tutto-Io Granger?" sbuffò.
"Tu
si che puoi prenderla alla leggera!" scottò lei. "E se,
alla fine, non fossi portata per la pratica? E se non fossi in grado
di costruire bacchette? Ollivander potrebbe licenziarmi per questo"
brontolò. "Potrei aver perso solo tempo e averne fatto
perdere
a lui..." Fred sbuffò sonoramente a questi scroscio di
catastrofici possibili eventi.
"È
questo che intendo" disse. "Hai realizzato una sola
bacchetta Granger, e già stai pensando di dover sloggiare
dal
negozio" protestò, posando ambo le mani sulle spalle di lei.
"Ollivander ti ha sempre seguito pazientemente e ti aveva messa
in guardia sull'alto rischio di fallimento al primo tentativo. Non
smetterà di credere in te, se non sarai tu a farlo".
Hermione
lo guardò negli occhi e sorrise. Fred sapeva essere un
buffone,
sapeva come farla irritare, come farla soffrire; ma sapeva anche come
tranquillizzarla. Il solo tocco delle sue mani e il tono calmo
avevano appena contribuito a migliorare di molto la giornata. Le
tornò alla mente il bacio della sera prima, che entrambi
avevano
volutamente ignorato fino a quel momento.
"Forse
è che penso di non meritare tutta questa fiducia: la sua,
quella dei
miei genitori, degli amici, la tua..." La frase
fini in
un sussurro strozzato, ma gli occhi di Hermione non si ritrassero
come aveva creduto, continuando invece a guardare Fred.
"Ascolta"
fece lui,"sei una donna determinata, intelligente e forte: non
c'è niente che non meriti dalla vita. Ti sei rialzata cento
volte,
hai sempre scelto strade difficili, e ora hai iniziato ad imparare
daccapo un mestiere di cui si sa poco o niente. Non mi sembra sia
tutto sa buttare. L'unica pecca è che vivi in questo
bugigattolo con
me" scherzò, "ma suppongo che appena Ollivander ti
alzerà
lo stipendio..."
Hermione
smise di ascoltarlo in quel momento. Davanti agli occhi le si era
formata l'immagine di quella stessa casa, ma vuota – senza di
lei.
Non c'era altro posto al mondo, in quel momento, cui sentiva di
appartenere tanto quanto apparteneva a quella casa. Fred, per
consolarla, stava fingendo che le indecisioni di Hermione, i suoi
continui cambi di rotta, semplicemente non esistessero. In
quell'istante i problemi tra loro non c'erano, e l'unica immagine a
turbarla altro non era che la certezza, prima o poi, di dover
lasciare quella casa – di dover lasciare Fred.
"Granger,
non mi stai ascoltando". Hermione si riscosse.
"Scusa"
disse. "E' che, pensavo... questa casa non è un
bugigattolo".
"Suppongo
sia passabile" rispose serio, guardandosi attorno. "Ma le
stanze non sono grandi, e ci sono solo due camere da letto".
"Per
noi vanno bene". Lui le scoccò un'occhiata penetrante.
"Finchè
resterai" aggiunse, come una provocazione.
"Perché
lo dici in quel modo?" domandò lei.
"Prima
o poi andrai a vivere..." Lei lo interruppe.
"Se
stai per dire con Draco..." Fred si gelò a quel nome, ma
riprese la frase.
"A
meno che non sia costretto, ho deciso di nominare Malfoy il meno
possibile" spiegò seccamente. "Intendevo dire 'da un'altra
parte' – se da sola o in compagnia non so". A quelle parole
le
venne in mente un particolare che aveva dimenticato.
"Mi
hai lasciato il tè stamattina".
"Che
c'entra ora?"
"Era
al gelsomino".
"Quando
ti bacio sento profumo di gelsomino..." Lo disse con una nota
così dolce nel tono che Hermione non potè fare a
meno di dire:
"Anche
ora?".
Fred
colse il tono fermo, ma non ebbe il tempo di realizzare ciò
che
aveva udito, quando Hermione – o la sua versione
spregiudicata –
colmò la poca distanza tra loro e si levò sulle
punte, sfiorandogli
la bocca con la propria. Sorpreso, si ritrovò coinvolto in
un bacio
che divenne subito consapevole e appassionato. Il più lungo
che si
fossero mai scambiati.
Hermione
non comprese come, ma uno ad uno, finirono a terra gli indumenti di
entrambi, mentre ancora non smettevano di accarezzarsi il viso, i
capelli, le braccia. Le sembrava che tutto passasse in un attimo, e
allo stesso tempo avvenisse in slow motion, tanto
era attenta
ai particolari. Gli occhi di Fred non si stancavano di percorrere il
suo corpo per poi tornare al suo volto, non avrebbe saputo definirli
in nessun modo se non 'affamati'.
Le
mani di Fred erano calde e grandi, rassicuranti anche quando le
tirarono giù le spalline del regiseno, e nel momento esatto
in cui
stava per sfilarle anche quello... le squillò il cellulare.
Fu
come riprendersi da un sogno, per Hermione. Guardò Fred in
volto,
anche lui sembrava essersi appena risvegliato, come se fosse stato
Confuso. Distolse lo sguardo, Hermione, e si mise a frugare nelle
tasche dei jeans (ormai a terra) finché non ebbe trovato il
telefono. Raccattò i vestiti in fretta e furia e
schizzò
letteralmente su per le scale. Una volta al piano di sopra diede
un'occhiata al nome sul display del telefono, che ancora,
imperterrito, squillava. Era l'ultima persona che si sarebbe
aspettata di dover odiare; quella a cui aveva sempre perdonato tutto,
per la quale aveva rischiato la vita innumerevoli volte e che,
sicuramente, come sempre, doveva dirle qualcosa di poco importante.
La frustrazione fu piuttosto percepibile nel tono di Hermione, quando
rispose:
"Ciao,
Harry".
NOTE
AL CAPITOLO:
1)
Sì, ho sempre immaginato che Ollivander bruciasse qualcosa
di simile
all'incenso in negozio. Da un alone mistico alla cosa. In
realtà non
mi piace l'odore dell'incenso se è troppo forte,
però posseggo un
bruciaessenze e sono una fan delle Yankee Candle. Credo che la cosa
non interessi nessuno, ma sentivo il bisogno di condividerla con voi.
2)
In realtà nessuno sa come Ollivander fabbrichi le sue
bacchette, le
mie descrizioni saranno sempre come io ho immaginato il procedimento.
Nei prossimi capitoli Hermione ritenterà e allora
approfondiremo il
magico mondo del 'come costruire male una
bacchetta' (no dai,
prima o poi ce la farà, ma aspettatevi una bella paternale
di
Ollivander).
3)
Avevo già nominato Jimmy – per chi non lo
ricordasse è un
'concorrente' di Ollivander che ha il negozio in Diagon Alley, ma non
è famoso per la qualità delle bacchette.
ANGOLO
AUTRICE
Non
è facile dirvi: 'sono tornata, eccomi qua'. Potrei
allegramente
fischiettare, ma sono mancata per mesi (e una parte di me spera che
la storia vi sia mancata e
che ne ricordiate ancora la trama - dite di sì, vi prego -,
perché sarebbe buon segno). Avevo perso, banalmente,
l'ispirazione –
capita. Mi
ero inoltre messa
in testa di
non essere una
buona 'scrittrice' (passatemi il termin)
come se i miei dubbi fossero una giustificazione per aver lasciato in
sospeso la storia a cui tengo di più...
Poi
però diverse persone mi hanno chiesto quando avrei
pubblicato e io
rispondevo che non avevo il capitolo pronto – cosa vera
– e che
non riuscivo materialmente a mettermi a scrivere. Ad ogni modo,
l'interesse – nello specifico quello inatteso della 'palli'
(anche
se non hai
ancora
commentato, ma
lo farai)
– mi ha fatto riaccendere la voglia di
sceivere. Questa storia non deve avere un finale scritto solo nella
mia testa, ma anche nero su bianco.
Non
importa se lo leggeranno in tanti o in pochi, ringrazio comunque chi
è rimasto fedele alla storia e chi continuerà a
seguire e, spero,
recensire.
Da
parte mia ho riletto blandamente la storia (cosa che una
perfezionista come me non dovrebbe mai fare, perché trovo il
pelo in
ogni maledetto uovo!), per vedere 'come ci eravamo lasciati...?' e
per ritrovare la voglia di proseguire.
A
quanto pare è stato utile, se vi siete scordati qualche
particolare
della trama che quindi non vi torna non vi fate problemi e chiedete
chiarimenti a me nelle recensioni, mi raccomando.
Dopo tanti
mesi, non mi offendo se avete perso il filo. Quello che contava in
questo capilolo era tornare a Casa, come Hermione quando la mattina
va da Ollivander. Vorrei che rientraste in questa storia mettendovi
le ciabatte e i calzini antiscivolo, non so se mi spiego. Non voglio
un pubblico che si sia troppo 'raffreddato', quindi ho preferito
scrivere un capitolo così, che accogliesse anche. Ora la
smetto e mi
rimetto al vostro giudizio.
Cercherò
di smetterla con le crisi mistiche da scrittore pazzoide, ma non
posso garantire per la vita, che ti sorprende spesso (a me, quasi
sempre in negativo ).
Alloraaa...
Il-ragazzo-dalla-molesta-presenza
è tornato a infastidire una delle nostre coppie; se non li
avesse
interrotti, sarebbe successo quello che in effetti stava per
succedere? La mia domanda ha un senso? Siamo soli
nell'universo??
Va
bene, la smetto.
Detto
ciò, Hermione sta combinando un bel po' di casini eh? Anche
sul
lavoro adesso. Ci vorrà un po' prima che riesca a creare una
bacchetta decente. La vedremo rimettersi alla prova nel prossimo
capitolo. Stavolta né io né Ollivander volevamo
infierire troppo su
di lei, poverina. Per quanto riguarda la scena tra lei e Fred, se la
trovate confusionaria, è voluto.
Volevo
esprimere lo stato d'animo di Hermione in quel momento, come se fosse
trascinata da una corrente di emozioni, più che dal proprio
buonsenso – e quindi leggermente confusa e stordita. Mi
rimetto ai
vostri giudizi. (E fan di Draco, tranquille, tornerà, lui
è come
l'erba cattiva, spunta sempre fuori).
Besos
a tutti/e!
Jules
(che
si è sbloccata dall'incubo della pagina bianca)
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