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Autore: Jules_Weasley    09/02/2017    9 recensioni
Siamo nel Post Seconda Guerra Magica, qualche anno dopo la caduta di Voldemort: Hermione, tornata da un viaggio di qualche mese, bussa al negozio del vecchio Ollivander, con una richiesta molto strana. La sua vita non è come la vorrebbe e la guerra le ha fatto realizzare che ha una sola possibilità di essere felice, e non la vuole sprecare facendo quello che è opportuno o che ci si aspetta da lei. Ora, di nuovo in Inghilterra, decide di virare la rotta ed imparare a creare qualcosa con le proprie mani le farà riscoprire le piccole grandi gioie dell'esistenza. In tutto ciò dovrà anche fare i conti con una vita sentimentale... movimentata. Che fine ha fatto Ron? E quale sarà il ruolo di Fred nella sua vita? E quale sarà quello di Malfoy? Questa storia sarà una Fremione o una Dramione? O semplicemente la storia di una ragazza che cerca il suo posto nel mondo? Queste sono le domande, la risposta è la storia...
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Fred Weasley, Hermione Granger, Olivander | Coppie: Draco/Hermione, Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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CAPITOLO VENTISETTE – Esperimento (non) proprio riuscito




I've been meaning to tell you
I've got this feelin' that won't subside
I look at you and I fantasize
You're mine tonight
Now I've got you in my sights


With these hungry eyes
One look at you and I can't disguise
I've got hungry eyes
I feel the magic between you and

Hungry Eyes- Eric Carmem




Alla domenica sera Hermione si Smaterializzò dalla casa dei genitori e riapparve all'ingresso dell'appartamento in Diagon Alley.

Si diresse in cucina col desiderio di un bel bicchiere di Succo di Zucca ghiacciato. Il corridoio era buio, ma non era un problema; quella casa ormai la conosceva a memoria. Si adattava con facilità alle situazioni, questo era indubbio. Si era trasferita da una casa babbana a un castello magico senza batter ciglio; durante le passate estati era spesso stata ospite alla Tana, in mezzo ad una baraonda di gente; e, ciliegina sulla torta, aveva passato mesi chiusa in una tenda a cercare Horcrux, portandosene dietro non uno, ma due – anche Harry, come avrebbero in seguito scoperto, era nel novero.

Però con l'appartamento sopra i Tiri Vispi era diverso: era come se Hermione avesse sempre vissuto lì. Non si era dovuta adattare alla situazione, si era ambientata immediatamente.

Giunta alla porta accese la luce e per poco non sobbalzò nel vedere Fred seduto al tavolo della cucina. "Mi hai fatto spavento!" esclamò, facendolo sorridere per quell'espressione inusuale.

Chi dice 'fare spavento'? si chiese Fred – probabilmente solo Hermione Granger e gli over settantacinque nei film anni quaranta.

"Che fai qui?" domandò Hermione.

Fred sollevò lo sguardo dal boccale di Burrobirra che teneva in mano.

"L'ultima volta che ho controllato, al Ministero risulta essere la mia residenza" rispose indispettito.

"Intendevo dire, cosa fai a luce spenta" si corresse, prima di estrarre la bacchetta e pronunciare l'incantesimo Lumos. Era possibile trovarla sensuale anche nel soffiare dolcemente una parola sentita e risentita da quando era bambino, persino dalla stessa ragazza – come aveva fatto, in tutti quegli anni, a non saltarle addosso?

Al buio era tutto più semplice, ma così perfino la fievole lucina che la punta della bacchetta emavava, costituiva un problema. Fred la vedeva, la vedeva per quello che era. Non la Granger dei loro primi incontri: un' undicenne con la gonnellina e lo stemma grifondoro sulla blusa, bensì una donna, il cui solo suardo esercitava su di lui un enorme potere magnetico.

E quella luce flebile e azzurrina, a illuminarle il viso pallido, gli ricordava, ancora e per sempre, quanto fosse diventata bella. E, purtroppo, non sua.

"Oh, quello!" Fissò gli occhi al soffitto e fece spallucce. "Non mi andava di accenderla" rispose con un sorriso. La fievole luce della bacchetta illuminava gli oggetti intorno a loro; Hermione notò che sul tavolo c'era una copia del giornaletto che le aveva inviato Draco, e si sentì morire.

"Non l'ho comprato io" si giustificò Fred, intercettando lo sguardo. Non voleva litigare, proprio no. "Oggi sono stato alla Tana..." aggiunse.

Se possibile, ora Hermione si sentiva peggio di prima. Sotto terra, a dire il vero. Così dicendo, Fred non aveva fatto altro che avallare il sospetto che alla Tana si parlasse di lei, com'era ovvio che fosse. Non le piaceva granché l'idea di un mucchio di persone – persone che amava – discutessero delle sue uscite come fosse una star e non il loro solito e affidabile Prefetto Hermione Granger.

Si sedette al tavolo, con una strana sensazione che le scivolava addosso. Erano giorni e giorni che lei e Fred si evitavano a vicenda, e non capiva perché in quel momento lui non sentisse il bisogno di schizzare via di lì alla velocità della luce. Per quanto riguardava se stessa, conosceva la risposta. Fred Weasley le mancava. Le mancava parlare, bere una Burrobirra, scherzare, ridere, mangiare insieme.

E adesso che finalmente aveva il coraggio di non voltare le spalle e andarsi a rintanare di sopra nella propria stanza a sfogliare antichi sillabari e dizionari runici, non sapeva come comportarsi. Si sentiva così infantile e impacciata che non aveva idea di cosa fosse giusto dire, in quel momento. Forse perché non c'era niente da dire, o forse perché c'era davvero troppo, e avrebbero iniziato a vomitare parole senza la certezza di saper mettere un punto. Anche perché Hermione non avrebbe saouto dove collocarlo, questo punto.

"Mi dispiace che si debbano vedere foto mie e di Malfoy sul giornale" disse d'impulso. Le dispiaceva che lui dovesse vedere foto sue e di Malfoy sul giornale, con titoli ridicoli come <<A un passo dalle nozze>> o <<A quando il lieto evento?>> e una volta addirittura <<Il pargolo sarà Grifondoro o Serpeverde?>>

In effetti in quell'occasione aveva creduto di scoppiare, di non poter resistere più. Si era anche messa a progettare di far saltare in aria la redazione del Settimanale Delle Streghe e di tutti i giornaletti scandalistici di bassa qualità come quello. Poi Ollivander le aveva fatto notare che, se l'avesse fatto, benché ex Indicibile e piena di contatti al Ministero, niente l'avrebbe salvata dalla prigione.

"Ti dispiace?" ribattè Fred contrariato, voltandosi. "Ti dispiace di cosa? Se esci con lui significa che non ti vergogni di..." Hermione storse le labbra, perplessa: nel tono di Fred non c'era l'astio che aveva udito in occasioni precedenti. Quella pareva solo una banale costatazione. Avrebbe potuto essere una frase sul tempo piovoso.

"Continua, so che lo vuoi fare" disse. "Che non mi vergogno di..."

Fred tacque, incerto se troncare sul nascere quella conversazione; la piega che aveva appena preso era identica a quella di tante altre, che l'avevano sempre lasciato deluso e insoddisfatto. Non voleva l'ennesima replica. Era stufo di sentimenti negativi, proprio lui che era il re degli scherzi. Le risa erano sempre stata la sua forza, che ultimamente gli stava venendo meno. E questo era male, nella vira e sul lavoro – secondo George.

Senza risate, senza positività, si sentiva incompleto. Era incompleto. Non era più Fred Weasley. C'era però da aggiungere che anche senza Hermione, si sentiva incompleto. E questo era un vero rompicapo da risolvere; come tutto quello che riguardava la Granger da vicino, ormai Fred l'aveva capito.

"Che non mi vergogno di uscire con un Mangiamorte. Stavi per dire questo, vero?" Era vero, pensò Fred, stava per dirlo, e allora? L'aveva ripetuto talmente tante volte, sia a lei che a se stesso, che ormai il pensiero scattava automaticamente in quella direzione.

"In effetti sì, ma è inutile ribadire l'ovvio".

"Ma Draco non è un Mangiamorte" ripetè meccanicamente – e con quella era salita più o meno a quota centocinquanta. Non poteva aver detto quella frase meno di centocinquanta volte. A ciascuno, nelle più disparate occasioni. A se stessa, a Fred, a Harry, a Ginny, agli altri amici, e soprattutto a Draco.

Era innegabile che avesse il braccio sinistro tatuato, ma non comprendeva quella mania di ricordarlo ogni cinque minuti. Lui non era Lucius o Bellatrix Lestrange, non ce n'era bisogno.

"Ti ostini a difenderlo" constatò di nuovo, senza neanche alzare la voce. Hermione lo guardò in volto, per quel poco che la fioca luce le permetteva. I capelli rossi erano al solito posto, come pure gli occhi castano chiaro, le sopracciglia, il naso e le labbra – le piacevano tanto le labbra di Fred.

Eppure, Fred Weasley non era lì. Mancava la cosa più importante su quella bocca carnosa, qualcosa che non avrebbe dovuto mancare: il sorriso.

"Non lo sto difendendo" sospirò. "Tu non capisci". E come avrebbe potuto, del resto? Non aveva gli elementi sufficienti per farlo, e a volte persino lei faticava a comprendere.

"Chiamami idiota, Granger" disse,"ma no, non capisco!" Poggiò la birra sul tavolo. "Non vedo proprio cosa possiate avere in comune tu e lui" dichiarò gesticolando, senza smettere di guardarla. Hermione non si tirò indietro e non abbassò lo sguardo come avrebbe tanto voluto fare; si fermò a riflettere, perché una risposta pronta non ce l'aveva: era finito il tempo in cui aveva una replica per ogni obiezione che le veniva mossa o per ogni domanda che le veniva posta.

Era anche finito il tempo in cui poteva essere totalmente aperta e sincera; quindi il silenzio era l'unica opzione. Non era più ai primi anni di Hogwarts, non si trattava più di prendere un bel voto agli esami; questa era la sua vita – e lei la stava letteralmente buttando alle ortiche.

"A prima vista niente" fu ciò che riuscì a dire.

Ma non era vero. Avevano in comune una guerra combattuta su fronti opposti, anni di risse e liti per la scuola, paure e incubi, ferite di tipo diverso, che avevano sanato in due – anche se questo Fred non poteva saperlo. Il legame c'era eccome, ma non era percepibile 'a prima vista'; perciò non poteva biasimare Fred, se non riusciva a vederlo, tantomeno a comprenderlo.

"Una promessa è una promessa" mormorò sovrappensiero. Fred la fissò come se si stesse preoccupando per la sua salute mentale, e in fondo non aveva tutti i torti.

"Promessa? A prima vista? Di che stai parlando, Granger?" chiese, indispettito. "A volte penso che ti abbia Confusa; quando parli di lui sei strana".

Hermione provò il forte desiderio di chinare il capo, o quantomeno di distogliere gli occhi da quelli di Fred. Non poteva reggere a lungo, se la fissava in quel modo. E di certo non voleva mettersi a frignare in quel frangente.

Spostò lo sguardo sulle proprie mani poggiate sul tavolo, improvvisamente più interessanti di tutto il resto.

"Devi smetterla di chiuderti in questo mutismo!" esclamò, stavolta energico – eppure, anche allora, dolce, in un certo qual modo. "Io non ce la faccio a starti dietro!" Nel dirlo posò una mano sulla sua in modo delicato, contrastante con il tono un po' duro che aveva usato.

Eccolo, il mio Fred, fu lo sciocco pensiero di Hermione.

"Dovresti rinunciare a starmi dietro, forse. Magari non sono fatta perché qualcuno lo faccia". Quello che accadde Hermione non se l'era aspettato.

Fred, anzichè risponderle, si sporse sul tavolo e, quello che non era riuscito a dire, cercò di racchiuderlo nel bacio che le soffiò sulle labbra. Hermione fu talmente presa alla sprovvista che, inizialmente, a stento si rese conto di quanto stava accadendo. Poi staccò completamente la spina, lasciandosi andare. Si sentiva come una foglia trasportata dal vento, e non possedeva energia sufficiente ad opporvisi. Chi era lei per contrastare il vento? Solo una foglia, appunto. E le foglie si lasciano cullare, o trascinare via. Dipende solo dalla direzione verso cui soffia il vento e dalla veemenza con cui lo fa.



Fred esercitò dapprima una leggera pressione sulle labbra di lei, che si schiusero senza opporre resistenza, lasciandolo piacevolmente sorpreso.

La mano del ragazzo rimase sulla sua, ma le loro dita si intrecciarono e lui si sistemò meglio per avere accesso all'interno della bocca di lei, desideroso di esplorarla completamente. Fu un bacio lento, appassionato; sembrava che nessuno dei due avesse intenzione di riprendere a respirare in forma autonoma. Solo quando sentì mancare l'aria, Hermione si staccò dalle labbra del ragazzo.

Non perse però il contatto visivo e neppure ritrasse la mano; il che, se possibile, mandò Fred ancora di più in confusione.

In effetti, non si sarebbe potuto dire chi al momento fosse più confuso – e non certo per l'effetto di un incantesimo. Hermione si sentiva in preda al duplice – e un tantino schizofrenico – istinto di lasciarsi andare a quella dolce sensazione e allo stesso tempo di scappare a gambe levate, pur conscia del fatto che nessuno dei due comportamenti fosse adeguato.

"Granger" bisbigliò Fred, a corto di fiato. "Tu devi deciderti, o finirò per impazzire. Esci con lui, ma baci me" le fece notare. "Ne devo dedurre che quantomeno ti piaccio".

Hermione annuì lentamente, sentendo la salivazione ridotta a zero – neanche le avessero scagliato una fattura Languelingua.

"Allora" riprese lui, "perché non mi fai sapere quello che pensi?"

"In questo momento non sto pensando, a dire il vero" rispose, sincera. "Non esci più con Sally?" chiese invece.

"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda" replicò affannato. "Comunque no, non ci esco più".

Hermione si maledisse in turkmeno e in sanscrito antico... e pensare che tutto era iniziato da un desiderio di rivalsa, da una stupida ripicca, e c'era dentro fino al collo! E lui rispondeva che no, adesso non usciva più con Sally.

"Granger, ti prego, decidi" pregò. "O almeno parlami".

Nel sentire quel tono supplice Hermione quasi rimpianse il Fred rancoroso che sembrava annegato nella Burrobirra, o risucchiato dalla scatola vuota delle Cioccorane. Dovette reprimere un singhiozzo. Vederlo così, di fronte a sè, ad implorarla di renderlo partecipe, di aprirgli la mente, la addolorava oltre ogni misura. Avrebbe potuto dirgli che aveva passato la vita a ragionare, a trovare le parole esatte per esprimersi, a cercare di studiare gli altri per capire come affrontarli. Però ormai una risposta del genere sarebbe stata vuota, perché non trovava parole da usare, nè ragionamenti da esporre, e tantomeno poteva affrontare gli altri.

Fred dovette accorgersi delle emozioni che si agitavano nel petto di lei, perché si limitò ad abbracciarla, mormorando:

"Non insisto" disse. "Forse sei confusa, o forse stai cercando un modo carino per rifiutarmi, questo non posso saperlo. Ma non ho intenzione di forzarti, di certo non stasera..." Lei gli donò un sorriso, si alzò lentamente e, dimentica del Succo di Zucca, si diresse verso le scale. Solo dopo averle sentito chiudere la porta, Fred si concesse un sospiro.

Non era mai stato un tipo particolarmente paziente, Fred, ma per Hermione avrebbe fatto un'eccezione. La situazione era quantomai strana e, persino in quel momento, Fred avrebbe voluto tempestarla di domande fino a capire cosa le passasse per la testa. Tuttavia, aveva deciso di tacere. Grida e sfuriate non facevano per lui e, se la conosceva, neppure per Hermione. Inoltre, per il momento, non sembrava fossero molto utili. George aveva ragione: era confusa. In quale misura e per quanto ancora lo sarebbe rimasta, erano due misteri.

Però, su Malfoy, a Fred restava ancora il vantaggio di vivere con la Granger. Intanto avrebbe cercato di riprendersi la sua quotidianità con lei, il resto era nelle mani di Merlino.







I raggi del sole svegliarono Hermione fin troppo presto. Aveva dimenticato di abbassare la tapparella, e il risultato fu che alle sei e mezza era già pronta per uscire. Rilesse appunti su appunti e tentò di prepararsi psicologicamente all'mmediato avvenire: quel giorno avrebbe fabbricato la prima bacchetta della sua vita. Un disastro annunciato, come Ollivander ci aveva tenuto a sottolineare.

Solo quando furono le sette e venti mise piede fuori dalla propria camera da letto e scese a fare colazione, scoprendo che Fred doveva essere uscito da poco. Il bollitore era ancora sul tavolo e la tazza che aveva utilizzato non era stata rimessa a posto. Evidentemente aveva fretta di uscire, forse per non incontrare lei. Hermione si dispiacque al pensiero di come quella convivenza – iniziata sotto buoni auspici – fosse diventata complicata – di come lei l'avesse complicata. Forse perché non era solo un coinquilino, il ragazzo con cui divideva l'appartamento.

O forse perché non aveva saputo prendere bene le misure e tenere a distanza le persone che andavano tenute a distanza, per Merlino!

Sul tavolo, accanto al bollitore, trovò qualcosa che le causò un calore improvviso, facendo sciogliere qualcosa all'altezza del cuore: il risultato fu un sorriso.

Una bustina di tè al gelsomino giaceva nella tazza pulita – tra l'altro, la sua tazza preferita – ed Hermione ebbe un flash-back della mattina successiva al primo bacio che lei e Fred si erano scambiati, quando aveva trovato un fiore di gelsomino e la colazione pronta. Versò l'acqua calda nella tazza e sorseggiò il tè lentamente, assaporandone il gusto delicato, insieme a una fetta di Torta di Zucca. Quando la colazione fu conclusa, spicciò il tavolo e uscì di casa, pronta per una giornata di duro lavoro.








L'ingresso di Hermione nel negozio fu accompagnato dal consueto scampanellio sopra la porta e Ollivander, già chino a trafficare con una bacchetta, sollevò la testa e la salutò con le labbra strette. Hermione gli riservò un gran sorriso.

Ormai Garrick Ollivander era l'unico uomo al mondo in grado di infonderle buonumore benché non si impegnasse affatto in tal senso. Pochi mesi prima Hermione sarebbe stata incredula davanti a una previsione così.

L'odore del legno, la polvere sugli scaffali più alti, la scritta all'esterno in lettere d'oro scrostate: era tutto parte della sua vita. Lo scampanellio che per gli altri rappresentava solo un banale ritornello che ricorreva ogni volta che la porta veniva aperta, per lei era casa. Come casa era l'odore del dopobarba di Ollivander, o quello di resina e incenso sul retro della bottega. Perché sì, Garrick lavorava mentre nella stanza si spandeva il leggero fumo di un bastoncino d'incenso – incantato per durare più a lungo di quelli babbani.*

"Sono felice di vederla" gli disse, sincera. Lui la guardò di sbieco, come se diffidasse di quella dichiarazione.

"Se fossi in te, aspetterei a dirlo" rispose scrutandola con i suoi occhi argentei. "Sai che giorno è oggi" affermò. Hermione non capiva perché volesse ribadirglielo; come se l'ansia non fosse già alle stelle. Fissò lo sguardo sulle mani di lei, sembrava intento a riflettere. Su cosa, non era dato saperlo.

"Il giorno in cui fallirai la prima bacchetta" le disse. "Non sei emozionata?" Hermione sentì uno strano senso di oppressione misto ad eccitazione. Aveva una tremenda paura di sbagliare, ma anche curiosità di mettersi alla prova.

"Deve essere proprio oggi?" chiese, la voce tremula tradiva l'incertezza. "Forse si può rimandare di un giorno o due, tanto per prepararmi meglio" farfugliò, poco convinta. A chi voleva darla a bere? La sua era solo voglia di procrastinare.

"Oggi" ripetè Ollivander con tono fermo. Opporsi sarebbe stato inutile, comprese Hermione. Il Grande Capo aveva deciso: meglio non rischiare di farlo infuriare. Del resto, rispolverare vecchi tomi non sarebbe valso a nulla; l'unico rimedio a qualsiasi errore Hermione avrebbe commesso, era la pratica.

"Bene!" esclamò con un entusiasmo che solitamente non mostrava. "Al lavoro, ragazza!" Hermione si affrettò a togliere la giacca e a rimboccarsi le maniche, confidando in quello che le era parso un tono incoraggiante.

"Ribadisco" aggiunse l'uomo, "che il prodotto finale sarà una vera schifezza".

Ecco, come non detto!





Qualche ora dopo, Hermione stava ancora cercando di capire come amalgamare il nucleo di crine di unicorno senza danneggiare irrimediabilmente il pezzo di legno che teneva in mano. Voleva assolutamente smentire i nefasti presagi formulati da Ollivander. Mentre ci lavorava, lui non aveva fatto che ripetere che la prima bacchetta sarebbe stata uno scempio.

"Molte grazie, signore" aveva risposto, incapace di trattenersi. Lui aveva messo su un ghigno in risposta; che si aspettava Hermione? Ollivander non era rinomato a Diagon Alley per il suo ottimismo.

Si era impegnata attentamente a suddividere i crini che le parevano adeguati da quelli che certamente non lo erano – tutto sotto lo sguardo indagatore dell'uomo. Si fingeva impegnato, ma Hermione sapeva che occhieggiava verso di lei più o meno ogni cinque minuti; e la cosa aggiungeva ansia all'ansia.

Un lieve strato di sudore le imperlava la fronte; probabilmente era solo l'ansia, ma Hermione preferiva pensare che la temperatura fosse insolitamente alta.

Non chiedeva certo di creare una bacchetta di prima qualità, nè di poterla mettere in vendita. Semplicemente, desiderava che non saltasse in aria appena impugnata.

"Allora, a che punto sei?" chiese l'uomo. Hermione sollevò lo sguardo e incontrò quello argentato del vecchio, timorosa.

"A dire il vero" ammise, "non ne ho idea..."

Ollivander la guardò con un misto di impazienza e dileggio, prendendole la bacchetta dalle mani. Era intagliata in maniera abbastanza rozza, quasi degna delle impugnature di Jimmy Kiddle.*

"Non si può certo dire che sia da esposizione" commentò a bassa voce. "E... posso sapere perché hai usato il legno di rosa, che è il più difficile da intagliare*?" disse, quasi gli avesse fatto un torto. A un certo punto, proprio mentre stava per aggiungere qualche altro sgradevole commento, la bacchetta cominciò a sprizzare scintille azzurre, rosse e dorate, senza che Ollivander l'avesse agitata. Come nelle più catastrofiche previsioni di Hermione, con uno sbuffo cadde di mano all'uomo e cominciò a roteare in aria, colpendo una sedia e uno sgabello di legno e riducendoli in pezzi. Roteò ancora su se stessa e buttò giù una mensola dalla parete; la strega era già pronta ad sfoderare la propria bacchetta per porre fine a quel disastro, ma non ce ne fu necessità.

Il pezzo di legno – quel coso non era degno dell'appellativo di bacchetta – cadde in terra e improvvisamente esplose in mille pezzi, senza lasciare alcuna traccia del proprio passaggio su questa Terra.

Meglio così, sebbene le prove del crimine ci fossero eccome: una mensola caduta e due oggetti disintegrati. Non era proprio un gran risultato, a dirla tutta. Quando trovò il coraggio di girarsi verso Ollivander, gli occhi scoloriti di lui la fissavano imperscrutabili.

"Bel lavoro!" bisbigliò, in tono evidentemente ironico.

Detto ciò, scomparve dal retrobottega e riapparve solo dieci minuti dopo, quando ormai Hermione aveva rimesso a posto tutti i danni provocati dal proprio esperimento fallito.

"Signore..." provò a giustificarsi, ma non le uscì niente di sensato. Ollivander la guardava con i suoi occhi argentei, senza rimproverarla nè rassicurarla. Con tutta probabilità doveva provare una pena infinita per lei, Hermione ne era certa.

"Puoi andare" disse infine.

"Ma... non sono neppure le cinque, signore" ribattè flebilmente.

A dire il vero, non aveva la minima voglia di continuare la giornata in negozio – probabilmente Ollivander l'aveva capito. Hermione era una stakanovista; e non poteva tollerare – se non in casi eccezionali – di essere rispedita a casa prima della chiusura.

"Sei stanca" rispose Garrick. "Riproverai domani" e con ciò la faccenda parve conclusa. La ragazza non replicò. Si limitò a infilare cappotto e sciarpa e a dileguarsi. Ollivander la guardò uscire e sospirò: era stato troppo duro e, allo stesso tempo, troppo poco. Dal giorno seguente, si disse, avrebbero cambiato registro.







Hermione vagò qualche minuto per Diagon Alley, incerta sul da farsi. L'opzione più sensata era andare al Paiolo Magico e chiedere a Tom di servirle qualcosa di molto forte. Tuttavia, non era in vena di sbronzarsi al pub. Farlo in casa sarebbe stato decisamente più consono. Pensarlo e trovarsi a frugare nella borsa in cerca delle chiavi, fu un tutt'uno.

Solo quando si fu chiusa la porta alle spalle si concesse quello che voleva essere un sospiro, ma che le uscì più simile ad un gemito di frustrazione.

Desiderava gettarsi a terra senza neppure spogliarsi, ma fu costretta a scostarsi dalla porta, perché qualcuno stava tentando di entrare.

"Come mai già a casa?" Fred chiuse la porta senza smettere di fissarla. Probabilmente la sconfitta le si leggeva in faccia.

"Potrei farti la stessa domanda".

Perché diamine di motivò, pensò, non posso solo gettarmi a terra e piagnucolare?

"E io ti risponderei che sono passato a prendere una cosa" mentì. "Tanto in negozio c'è George".

L'aveva detto con disinvoltura, ma non era vero. Era uscito di proposito per parlarle. L'aveva vista passare davanti ai Tiri Vispi con l'espressione triste che poteva scorgerle tuttora in volto. Aveva afferrato al volo che qualcosa non andava, e non aveva resistito all'impulso di andare a controllare se stesse bene. Di dirglielo, ovviamente, non se ne parlava neppure.

"E' il tuo turno, Granger".

"D'accordo" disse lei, trascinandosi fino al salotto e stravaccandosi sul divano. "Ma sappi che è una storia molto triste".

"Per questo ti serve una spalla su cui piangere".

"A dire il vero, ho intenzione di piangermi addosso per qualche ora di fila" brontolò.

Scrollò le spalle. "George se ne farà una ragione".

Hermione gli rivolse uno sguardo grato e si rannicchiò per fargli spazio sul divano, ma lui si limitò a togliere il giaccone.

"Arrivo tra cinque minuti" borbottò diringendosi in cucina.

Hermione si dispose all'attesa con calma, tanto non aveva nulla da fare – perfino il suo capo l'aveva scacciata – e nessun altro con cui sfogarsi. A ben vedere, così sfortunata non era, dal momento che si trovava nel posto che chiamava casa, con la persona che avrebbe voluto lì per consolarla – ma queste informazioni, al momento, il cervello di Hermione fingeva di ignorarle, pur di consentirle un po' di piagnisteo. Prima che si mettesse a rivivere la patetica scena in cui diversi orpelli vecchi come il cucco – come del resto lo era il negozio intero – erano esplosi a causa sua, Fred fece ritorno insieme ad un vassoio che galleggiava nel nulla.

"Tè" fu la sola parola necessaria a Fred perché il viso di Hermione si illuminasse. Il ragazzo si sedette accanto a lei; mentre, sul vassoio, un cucchiaino continuava a mescolare lo zucchero nei due tè al bergamotto.

"Adoro la magia" mormorò Hermione sorridendo. Fred, non visto, sorrise di riflesso, dandosi dello stupido nel contempo.

"Allora" si riscosse, "hai distrutto il negozio al vecchio Ollivander?"

Hermione lo guardò, prese la tazza dal vassoio e cominciò a sorseggiare lentamente, attenta a non scottarsi. Fred non aveva idea di quanto fosse andato vicino alla realtà. La strega decise di prendere tempo, e il modo migliore per farlo era sicuramente lamentarsi.

"Scotta!"commentò.

"Non sviare l'attenzione, Granger!" la rimbeccò. "Cosa è successo?" Prese in mano la propria tazza ed Hermione iniziò a narrare ogni singola sventura della giornata: la fatica nel seguire le scarse e intricate istruzioni che Ollivander le aveva fornito sul processo di lavorazione – sostenendo che avrebbe impiegato maggior tempo, ma comunque imparato meglio sul campo- ; l'impegno e i tentativi falliti, fino all'esplosione del legno di rosa – continuava a rifiutarsi di attribuirgli l'appellativo di bacchetta. Fred rimase in silenzio fino alla fine, immobile.

"Insomma, è tutto?"

"Sì" rispose amareggiata, "è proprio tutto".

"Direi..." e qui parve riflettere almeno un po', "... che è andata bene".

"No, assolutamente no. Fred Weasley, come osi prendermi in giro?" Il tono gracchiante di lei lo fece ridere di gusto. Sembravano tornati i primi tempi del loro 'coinquilinato'.

"Oh, andiamo, non è poi una gran tragedia; ti pare?" le fece notare, tentando di mantenersi serio. "Vedila così: poteva andare peggio. Avresti potuto appiccare il fuoco, o far esplodere l'intero negozio, invece ti sei limitata a rompere quattro vecchi cocci" sminuì. "Sicuramente è quello che avremmo fatto io e George, se ti consola".

"Non mi consola affatto – e smetti di ridere!" intimò. "E' sicuramente il modo più penoso in cui io sia mai stata consolata".

"Sto immaginando la tua faccia durante l'esplosione degli oggetti di Ollivander! Sono indeciso se fossi più stravolta o mortificata".

Hermione, indispettita, posò la tazza sul vassoio che ancora fluttuava, e fece per andarsene. Fred fu subito in piedi.

"Dove vai?"

"Se mi sfogo solo per sentirmi derisa preferisco andar via!" replicò piccata. Fred le sorrise, e per risponderle scelse un tono stranamente saggio.

"Non ti sto deridendo; sto solo cercando di tirarti su il morale. Hai fallito Granger, non posso negarlo perché sarebbe una bugia. Hai fallito, ripeto, ma è umano" disse. "Siamo persone; come tali commettiamo degli errori, ed è normale".

"Grazie, Weasley" replicò sbuffando. "So che si commettono sbagli, e so di essere una persona".

"A volte tendi a dimenticarlo, però" rispose prontamente. "Pretendi di essere sempre perfetta e, quando non succede, vai in crisi" aggiunse. "Da quando ti conosco non mi è ancora capitato di vederti fallire; non sai cosa voglia dire quella parola. Un esperimento – per di più il primo – basta a mandare in crisi la So-Tutto-Io Granger?" sbuffò.

"Tu si che puoi prenderla alla leggera!" scottò lei. "E se, alla fine, non fossi portata per la pratica? E se non fossi in grado di costruire bacchette? Ollivander potrebbe licenziarmi per questo" brontolò. "Potrei aver perso solo tempo e averne fatto perdere a lui..." Fred sbuffò sonoramente a questi scroscio di catastrofici possibili eventi.

"È questo che intendo" disse. "Hai realizzato una sola bacchetta Granger, e già stai pensando di dover sloggiare dal negozio" protestò, posando ambo le mani sulle spalle di lei. "Ollivander ti ha sempre seguito pazientemente e ti aveva messa in guardia sull'alto rischio di fallimento al primo tentativo. Non smetterà di credere in te, se non sarai tu a farlo". Hermione lo guardò negli occhi e sorrise. Fred sapeva essere un buffone, sapeva come farla irritare, come farla soffrire; ma sapeva anche come tranquillizzarla. Il solo tocco delle sue mani e il tono calmo avevano appena contribuito a migliorare di molto la giornata. Le tornò alla mente il bacio della sera prima, che entrambi avevano volutamente ignorato fino a quel momento.

"Forse è che penso di non meritare tutta questa fiducia: la sua, quella dei miei genitori, degli amici, la tua..." La frase fini in un sussurro strozzato, ma gli occhi di Hermione non si ritrassero come aveva creduto, continuando invece a guardare Fred.

"Ascolta" fece lui,"sei una donna determinata, intelligente e forte: non c'è niente che non meriti dalla vita. Ti sei rialzata cento volte, hai sempre scelto strade difficili, e ora hai iniziato ad imparare daccapo un mestiere di cui si sa poco o niente. Non mi sembra sia tutto sa buttare. L'unica pecca è che vivi in questo bugigattolo con me" scherzò, "ma suppongo che appena Ollivander ti alzerà lo stipendio..."

Hermione smise di ascoltarlo in quel momento. Davanti agli occhi le si era formata l'immagine di quella stessa casa, ma vuota – senza di lei. Non c'era altro posto al mondo, in quel momento, cui sentiva di appartenere tanto quanto apparteneva a quella casa. Fred, per consolarla, stava fingendo che le indecisioni di Hermione, i suoi continui cambi di rotta, semplicemente non esistessero. In quell'istante i problemi tra loro non c'erano, e l'unica immagine a turbarla altro non era che la certezza, prima o poi, di dover lasciare quella casa – di dover lasciare Fred.

"Granger, non mi stai ascoltando". Hermione si riscosse.

"Scusa" disse. "E' che, pensavo... questa casa non è un bugigattolo".

"Suppongo sia passabile" rispose serio, guardandosi attorno. "Ma le stanze non sono grandi, e ci sono solo due camere da letto".

"Per noi vanno bene". Lui le scoccò un'occhiata penetrante.

"Finchè resterai" aggiunse, come una provocazione.

"Perché lo dici in quel modo?" domandò lei.

"Prima o poi andrai a vivere..." Lei lo interruppe.

"Se stai per dire con Draco..." Fred si gelò a quel nome, ma riprese la frase.

"A meno che non sia costretto, ho deciso di nominare Malfoy il meno possibile" spiegò seccamente. "Intendevo dire 'da un'altra parte' – se da sola o in compagnia non so". A quelle parole le venne in mente un particolare che aveva dimenticato.

"Mi hai lasciato il tè stamattina".

"Che c'entra ora?"

"Era al gelsomino".

"Quando ti bacio sento profumo di gelsomino..." Lo disse con una nota così dolce nel tono che Hermione non potè fare a meno di dire:

"Anche ora?".

Fred colse il tono fermo, ma non ebbe il tempo di realizzare ciò che aveva udito, quando Hermione – o la sua versione spregiudicata – colmò la poca distanza tra loro e si levò sulle punte, sfiorandogli la bocca con la propria. Sorpreso, si ritrovò coinvolto in un bacio che divenne subito consapevole e appassionato. Il più lungo che si fossero mai scambiati.

Hermione non comprese come, ma uno ad uno, finirono a terra gli indumenti di entrambi, mentre ancora non smettevano di accarezzarsi il viso, i capelli, le braccia. Le sembrava che tutto passasse in un attimo, e allo stesso tempo avvenisse in slow motion, tanto era attenta ai particolari. Gli occhi di Fred non si stancavano di percorrere il suo corpo per poi tornare al suo volto, non avrebbe saputo definirli in nessun modo se non 'affamati'.

Le mani di Fred erano calde e grandi, rassicuranti anche quando le tirarono giù le spalline del regiseno, e nel momento esatto in cui stava per sfilarle anche quello... le squillò il cellulare.

Fu come riprendersi da un sogno, per Hermione. Guardò Fred in volto, anche lui sembrava essersi appena risvegliato, come se fosse stato Confuso. Distolse lo sguardo, Hermione, e si mise a frugare nelle tasche dei jeans (ormai a terra) finché non ebbe trovato il telefono. Raccattò i vestiti in fretta e furia e schizzò letteralmente su per le scale. Una volta al piano di sopra diede un'occhiata al nome sul display del telefono, che ancora, imperterrito, squillava. Era l'ultima persona che si sarebbe aspettata di dover odiare; quella a cui aveva sempre perdonato tutto, per la quale aveva rischiato la vita innumerevoli volte e che, sicuramente, come sempre, doveva dirle qualcosa di poco importante. La frustrazione fu piuttosto percepibile nel tono di Hermione, quando rispose:

"Ciao, Harry".








NOTE AL CAPITOLO:


1) Sì, ho sempre immaginato che Ollivander bruciasse qualcosa di simile all'incenso in negozio. Da un alone mistico alla cosa. In realtà non mi piace l'odore dell'incenso se è troppo forte, però posseggo un bruciaessenze e sono una fan delle Yankee Candle. Credo che la cosa non interessi nessuno, ma sentivo il bisogno di condividerla con voi.


2) In realtà nessuno sa come Ollivander fabbrichi le sue bacchette, le mie descrizioni saranno sempre come io ho immaginato il procedimento. Nei prossimi capitoli Hermione ritenterà e allora approfondiremo il magico mondo del 'come costruire male una bacchetta' (no dai, prima o poi ce la farà, ma aspettatevi una bella paternale di Ollivander).


3) Avevo già nominato Jimmy – per chi non lo ricordasse è un 'concorrente' di Ollivander che ha il negozio in Diagon Alley, ma non è famoso per la qualità delle bacchette.





ANGOLO AUTRICE


Non è facile dirvi: 'sono tornata, eccomi qua'. Potrei allegramente fischiettare, ma sono mancata per mesi (e una parte di me spera che la storia vi sia mancata e che ne ricordiate ancora la trama - dite di sì, vi prego -, perché sarebbe buon segno). Avevo perso, banalmente, l'ispirazione – capita. Mi ero inoltre messa in testa di non essere una buona 'scrittrice' (passatemi il termin) come se i miei dubbi fossero una giustificazione per aver lasciato in sospeso la storia a cui tengo di più...

Poi però diverse persone mi hanno chiesto quando avrei pubblicato e io rispondevo che non avevo il capitolo pronto – cosa vera – e che non riuscivo materialmente a mettermi a scrivere. Ad ogni modo, l'interesse – nello specifico quello inatteso della 'palli' (anche se non hai ancora commentato, ma lo farai) – mi ha fatto riaccendere la voglia di sceivere. Questa storia non deve avere un finale scritto solo nella mia testa, ma anche nero su bianco.

Non importa se lo leggeranno in tanti o in pochi, ringrazio comunque chi è rimasto fedele alla storia e chi continuerà a seguire e, spero, recensire.

Da parte mia ho riletto blandamente la storia (cosa che una perfezionista come me non dovrebbe mai fare, perché trovo il pelo in ogni maledetto uovo!), per vedere 'come ci eravamo lasciati...?' e per ritrovare la voglia di proseguire.

A quanto pare è stato utile, se vi siete scordati qualche particolare della trama che quindi non vi torna non vi fate problemi e chiedete chiarimenti a me nelle recensioni, mi raccomando. Dopo tanti mesi, non mi offendo se avete perso il filo. Quello che contava in questo capilolo era tornare a Casa, come Hermione quando la mattina va da Ollivander. Vorrei che rientraste in questa storia mettendovi le ciabatte e i calzini antiscivolo, non so se mi spiego. Non voglio un pubblico che si sia troppo 'raffreddato', quindi ho preferito scrivere un capitolo così, che accogliesse anche. Ora la smetto e mi rimetto al vostro giudizio.

Cercherò di smetterla con le crisi mistiche da scrittore pazzoide, ma non posso garantire per la vita, che ti sorprende spesso (a me, quasi sempre in negativo ).



Alloraaa...

Il-ragazzo-dalla-molesta-presenza è tornato a infastidire una delle nostre coppie; se non li avesse interrotti, sarebbe successo quello che in effetti stava per succedere? La mia domanda ha un senso? Siamo soli nell'universo??

Va bene, la smetto.

Detto ciò, Hermione sta combinando un bel po' di casini eh? Anche sul lavoro adesso. Ci vorrà un po' prima che riesca a creare una bacchetta decente. La vedremo rimettersi alla prova nel prossimo capitolo. Stavolta né io né Ollivander volevamo infierire troppo su di lei, poverina. Per quanto riguarda la scena tra lei e Fred, se la trovate confusionaria, è voluto.

Volevo esprimere lo stato d'animo di Hermione in quel momento, come se fosse trascinata da una corrente di emozioni, più che dal proprio buonsenso – e quindi leggermente confusa e stordita. Mi rimetto ai vostri giudizi. (E fan di Draco, tranquille, tornerà, lui è come l'erba cattiva, spunta sempre fuori).

Besos a tutti/e!


Jules

(che si è sbloccata dall'incubo della pagina bianca)

  
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