NOTE
DELL'AUTRICE: Salve a tutti!!! Ecco l'ultimo capitolo di questa piccola
storia... spero vi piaccia... volevo ringraziare tutti coloro che
l'hanno letta, recensita, messa tra preferite/ seguite/ ricordate....
davvero grazie di cuore!!!
Un bacione
Cry
Capitolo
7 – Epilogo
Anno
2007
Harry
Potter era stato da poco
promosso a Capo dell’ufficio Auror e aveva trascorso quella
giornata festeggiando
la bella notizia con la sua famiglia.
Proprio
mentre stava giocando con
suo figlio, James Sirius, insegnandogli ad andare su una scopa
giocattolo, un
gufo reale dalle piume nero cupo mai visto prima cominciò a
picchiettare alla
finestra dello spazioso salotto di casa Potter.
Confuso
e preoccupato, l’Auror
prese la bacchetta, che teneva sempre a portata di mano e
andò ad aprire la
finestra, lasciando entrare il volatile.
Il
piccolo Jamie scese dalla sua
scopa per potersi allungare a prendere le piume dell’uccello,
che si era posato
sul trespolo che Harry aveva tenuto in ricordo della sua coraggiosa
civetta
delle nevi, Edwige.
Tolse
la lettera dal becco del
gufo, ricevendo un verso strano, quasi lo volesse rimproverare per la
sua
cautela, o forse per averci messo tanto. Poi girò la testa
di 360° e Harry notò
che aveva qualcos’altro attaccato al collo con un nastrino di
seta verde
serpeverde.
Lo
sciolse per poter prendere il
resto del pacchetto e il gufo spiccò il volo per tornare da
chiunque fosse il
suo padrone.
Legato
al nastrino c’era un
piccolo sacchetto che conteneva a sua volta un cofanetto minuscolo, che
non
riuscì però ad aprire.
Scosse
la testa e, concentrandosi
sulla lettera, le lanciò contro qualche incantesimo di
controllo per evitare
che fosse maledetta o contenesse qualche pericolo per lui o per il
piccolo
curioso che cercava di arrampicarsi sulla sua gamba per poter vedere
cosa
faceva.
Quando
fu sicuro che non ci fosse
alcun pericolo, si abbassò per prendere James in braccio e
si sedette sul
divano per leggere comodamente.
Potter,
so
che ti sorprenderà leggere questa lettera, almeno quanto
sorprende me lo scriverla.
Il
ritratto di mio nonno ha parlato per la prima volta da molto
tempo e mi ha ordinato di inviare quel cofanetto all’erede di
Lily Evans. Io
non ho idea di cosa ci sia dentro, non sono stato in grado di aprirlo,
né so quale
possa essere il motivo per cui era conservato nello studio del
patriarca
Malfoy, ma a quanto pare ti appartiene.
L’ho
rimpicciolito per poterlo spedire meglio.
Cordialmente,
Draco
Lucius Malfoy
Harry
dovette leggere diverse
volte quella piccola lettera prima di comprenderne appieno il
significato.
Guardò più volte, con preoccupazione crescente,
la piccola scatolina, timoroso
di scoprirne il contenuto.
Poi
una voce dentro di lui gli
disse, -Avanti Harry! Hai sconfitto Voldemort, cosa sarà mai
una stupida
scatola?-
Annuì
a se stesso, prendendo un
bel respiro per farsi coraggio.
“Papi?
Che suttede? Pecché sei tritte?”
domandò a quel punto James, osservando il padre con i suoi
occhioni castano
nocciola, tenendo le sopracciglia corrugate in un’espressione
confusa.
Gli
sorrise leggermente.
“Non
sono triste, piccolo mio! È
solo che questa lettera mi ha molto sorpreso.” Gli
spiegò facendolo sedere sul
divano, per potersi alzare e riportare il cofanetto alle sue dimensioni
reali.
Intanto il bambino non gli aveva tolto gli occhi di dosso, aspettando
per
qualche altra spiegazione.
“Vedi,
io e la persona che mi ha
mandato la lettera non eravamo molto amici a scuola… mi ha
stupito ricevere da
lui questa scatola…” aggiunse, tornando a sedere.
Gli
occhi di suo figlio che si
illuminavano della meraviglia tipica dei bambini mentre lui apriva la
scatola
per svelarne il contenuto.
Non
sapeva esattamente cosa si
aspettava, ma dopo che Draco Malfoy gli aveva detto di non essere
riuscito ad
aprirla, era rimasto un po’ sospettoso.
Il
bambino batté le manine appena
il cofanetto si aprì, senza alcun problema, rivelando
diversi oggetti al suo
interno.
Uno
in particolare gli fece fare
un suono simile ad uno squittio e richiudere immediatamente la scatola,
prima
che il piccolo decidesse di prendere qualcosa.
Lo
scatto spaventò James, che
guardò il padre con gli occhioni spalancati e lucidi.
Harry
lasciò da parte la scatola
per prendere suo figlio in braccio e distrarlo da quel regalo.
“Vieni,
James, andiamo a vedere
cosa stanno facendo la mamma e il tuo fratellino!” disse,
spostando con un
incantesimo il cofanetto nella stanza che divideva con Ginny.
“Ma…
e la ccatola? Non ti va di
ccoprire cosa c’è dento?” gli
domandò il bambino, cercando di divincolarsi
dalla presa del papà per tornare alla scatola.
Harry
sorrise e scosse la testa.
“Papà!
Mettimi giù! Voglio vedere
cosa c’è nella ccatola!” disse,
dimenandosi ancora di più.
“Allora
vuoi che ti metta giù?”
chiese, spostandosi per far fare a James un casquè, per poi
tirarlo su.
Lo
fece un altro paio di volte,
scatenando le risate del bambino.
Poi
recuperò la scopa giocattolo.
“Ora
è meglio andare, sai quanto
sarà contenta la mamma nel vedere che le andiamo
incontro?” domandò Harry,
riuscendo a convincere il bambino a lasciar perdere la scatola, almeno
per un
po’.
Usciti
dalla porta di casa, Harry
smaterializzò entrambi alla Tana, dove Ginny si trovava per
stare un po’ con i
genitori.
“Harry!
James!” li chiamò Ginevra
Weasley-Potter, vedendo il marito materializzarsi nel prato della Tana,
correndo loro incontro.
“Ciao
mamma!” salutò con grande
entusiasmo il piccolo Potter, sbracciandosi per essere preso dalla
mamma.
“Tesoro
mio! Che bella sorpresa
mi avete fatto!” disse, sorridendo, prendendo in braccio il
figlio maggiore,
mentre lanciava sguardi indagatori al Salvatore del Mondo Magico,
preoccupata,
cercando di capire se fosse successo qualcosa.
Harry
la abbracciò, dandole un
bacio sulla guancia.
“Sta
tranquilla non è successo
nulla, volevamo solo venirti incontro, vero Jamie?” fece, con
un sorrisone.
Il
bambino annuì, contento.
Molly
e Arthur Weasley uscirono
dalla casa per salutare il genero e il nipote, insieme a Charlie
Weasley con in
braccio il piccolo Albus Severus Potter.
Il
bimbo venne lasciato a terra e
corse verso i nonni, lo zio e il fratellino.
“Nonna!
Nonno! Zio Charlie!”
gridò, buttandosi tra le braccia aperte della nonna.
“Ciao
piccolo Jamie! Ti va un po’
di succo di zucca e un biscotto? Li ho appena sfornati!”
disse Molly,
accompagnando il bambino dentro.
“Mamma!
Non fargli mangiare i
biscotti, poi a cena non mangia nulla!” si
raccomandò Ginny, implorando il
padre di controllare la situazione.
Arthur
Weasley si strinse nelle
spalle, ormai arresosi davanti al comportamento della moglie e
salutò Harry con
una pacca sulla spalla.
Charlie,
avvicinatosi alla
coppia, porse il piccolo Potter mezzo addormentato tra le braccia di
suo padre,
salutandolo.
“È
bello vederti, Harry! La
piccola peste chiedeva di te!” disse, dandogli anche lui una
pacca sulla
spalla.
Harry
cullò un po’ il suo
secondogenito, Albus Severus, sotto gli occhi inquisitori della moglie.
Appena
il bambino chiuse gli
occhi, poggiando la testa sulla sua spalla, spostò i suoi
occhi verde giada a
ricambiare l’occhiata.
“Ginny,
davvero! Non è successo
niente di grave. Mi è solo arrivata una
lettera…” disse, volendo
tranquillizzarla.
Lei
inarcò un sopracciglio rosso
in risposta, avendo capito che c’era altro che non le stava
dicendo.
Harry
sbuffò leggermente, alzando
gli occhi al cielo.
“La
lettera era da parte di
Malfoy e mi ha mandando anche una scatola con dentro degli oggetti che
non ho
voluto esaminare con James vicino… c’era un
diario… era identico a…”
spiegò.
Gli
occhi castani, che si erano
riempiti di incredulità nel momento in cui aveva sentito chi
gli aveva scritto,
si spalancarono con una punta di paura nel capire a cosa si riferiva.
“Tu
non pensi significhi che…”
provò a dire, bloccandosi senza riuscire a concludere la
frase.
“No!
Voldemort è morto! Di questo
sono pienamente convinto! Ma lui potrebbe in qualche modo avere una
parte in
questa cosa… insomma
la scatola era
tenuta a Malfoy Manor, nello studio privato del patriarca, qualcosa
significherà.” La rassicurò, pur
esponendole i suoi sospetti.
“Pensi
ad una qualche maledizione
contro di te?” gli chiese, appena più tranquilla.
“No,
io e Malfoy non siamo amici,
ma non credo cercherebbe di farmi del male adesso…
però, sentivo che non era il
caso di esaminare il contenuto di quella scatola davanti a
James.” Disse.
Ginny
a quelle parole si
tranquillizzò, decidendo di accantonare le ipotesi per
qualche ora.
“Dai
entriamo, visto che anche tu
e James siete qui, non credo che la mamma ci farà andar via
prima di cena.” Fece,
abbracciando la vita del marito con un braccio mentre entravano.
Trascorsero
una piacevole serata
alla Tana, ridendo e scherzando con i suoceri e il cognato, giocando un
po’ con
i bambini.
°°°
Tornati
a casa, i coniugi Potter
misero i loro figli a dormire nei loro letti, prima di ritirarsi nella
loro
stanza.
La
scatola faceva bella mostra di
sé sul comodino di Harry, che prese un bel respiro e
cominciò lanciare tutti
gli incantesimi che conosceva per esaminare il contenitore e il
contenuto.
Sospirò
in parte più tranquillo
quando non fu rivelato alcun incantesimo, tranne quello che impediva a
chiunque
non fosse consanguineo della persona che aveva sigillato il cofanetto
di
aprirlo.
Questa
cosa comunque non lo fece
sentire meglio, perché voleva dire che in qualche modo lui
era legato a questa
persona e la lettera di Malfoy diceva “all’erede di
Lily Evans”.
Ginny
gli si avvicinò in
silenzio, posandogli una mano su una spalla.
“Ora
dovrei scoprire cosa
contiene…” mormorò.
“Non
sei costretto a farlo ora,
se non vuoi.” Gli disse lei, stringendolo in un abbraccio.
“Lo
so. Ma potrebbe riguardare
mia madre e voglio sapere che collegamenti può mai aver
avuto con Malfoy Manor,
ma soprattutto con Abraxas Malfoy.” Ribatté con
convinzione, prendendo la
scatola e sedendosi sul letto.
La
aprì e osservò il contenuto.
C’erano
diversi bigliettini di
pergamena, una lettera sigillata indirizzata a Lily Evans, due diari
dalla
copertina di pelle, esattamente identici a quelli di Riddle, un piccolo
specchio intarsiato, quelle che sembravano foto magiche piegate a
metà.
Harry
prese la lettera per sua
madre e Ginny tirò fuori lo specchio per esaminarlo.
Dopo
qualche istante, la giovane
si accorse che Harry stava solo osservando la busta della lettera con
occhi
malinconici.
“Harry?”
lo riscosse.
Lui
scosse la testa.
“Avrebbe
dovuto riceverla lei… ma
non le è mai stata inviata…”
mormorò, sfiorando con il pollice il nome di sua
madre.
“Avanti
leggila! Sono certa che
vorrebbe sapessi cosa c’è scritto!” gli
fece coraggio.
“Già…”
rispose lui, aprendo
finalmente la busta.
Quando
prese la pergamena
all’interno le mani quasi gli tremavano per
l’emozione.
Mia
adorata Lily,
ti
scrivo per dirti la verità su chi sei e su chi sono
veramente i
tuoi genitori.
So
per certo che sarai molto sorpresa di ricevere questa lettera,
soprattutto di leggere ciò che sto per dirti, dato che
è improbabile che tu
senta parlare di me…
Io
sono Estele Demon, sono una strega Purosangue e, cosa più
importante, sono tua madre…
Harry
smise di leggere, non
avendo la forza di credere a quelle parole.
Sua
madre era una Nata Babbana.
Non era di certo figlia di una qualche purosangue!
“Queste
sono solo bugie! Deve
essere uno scherzo di pessimo gusto!” esclamò
infervorato, lanciando la
pergamena sul letto.
Ma
Ginny lo calmò e, recuperata
la lettera, gli chiese di continuare a leggere.
…Questa
rivelazione deve essere scioccante per te, me ne rendo
conto. E non sai quanto mi abbia spezzato il cuore doverti allontanare
da me,
da tuo padre e da tua sorella gemella. Perché si, piccola
mia, tu hai anche una
gemella. Non so se avrai già avuto la possibilità
di conoscerla o se la cercherai
dopo aver letto questa lettera.
Il
suo nome è Juliet Silvano.
Potresti
incontrarla addirittura a Hogwarts! Ci sono così tante
cose che vorrei poterti dire. Anche solo dirti ancora che ti voglio
bene, anche
se ho dovuto allontanarti da me.
Vorrei
tanto poterti dire tutto questo di persona, essere con te
quando riceverai la tua lettera per Hogwarts, accompagnarti a prendere
l’Espresso, vederti partire, conoscere persone nuove,
innamorarti.
Crescere.
Ma
queste sono cose che posso solo sognare nel poco tempo che mi
è
ancora concesso.
Posso
solo scriverti ancora che ti voglio tanto bene e che mi si
spezza il cuore al pensiero che non ci conosceremo mai.
Che
non mi chiamerai mai mamma.
È
probabile che ciò che sto per dirti ti stupirà
enormemente, forse
ti lascerà inorridita, ma vorrei pregarti di leggere fino
alla fine. Forse, in
questo modo, ti sarà più facile capire.
Io
e tuo padre ci siamo incontrati per la prima volta poco prima
dell’inizio del mio primo anno di scuola,
nell’orfanatrofio dove lui aveva
vissuto tutta la vita.
Non
è stato semplice interagire con lui, era un tipo molto
chiuso,
molto riservato e schivo verso il mondo, ma già allora
sentivo che ci legava
qualcosa di molto profondo.
Sono
stata smistata nella sua casa, Serpeverde; questo ci ha
permesso di stringere ancora di più i rapporti, anche se lui
non si è mai
aperto con me, non quell’anno almeno…
Il
suo nome era Tom…
Harry
rimase immobile ad
osservare quelle parole, senza avere il coraggio di leggere il resto,
spaventato che potesse essere quello che lui credeva. Le sue mani
tremavano
anche più di prima.
Ginny
gli andò in aiuto,
cominciando a leggere lei stessa il proseguimento della lettera.
…Tom
Orvoloson Riddle.
Mentre
scrivo questa lettera, io prego che questo nome non venga associato
agli orrori che so in agguato nel suo futuro, ma in realtà
so, purtroppo, di
non avere modo di evitarli.
Sappi
solo che, qualunque cosa lui abbia fatto, ha amato te e tua
sorella sin dal momento in cui ha saputo che ero incinta ed
è stato ancora più
felice di scoprire che stava per diventare padre di due bambine.
Il
nostro amore è stato mal visto da molti, sia tra i suoi
seguaci, che al di fuori. Persino Albus Silente, che più di
tutti avrebbe
dovuto capire, mi avvisò di stare lontana da Tom…
“E
aveva ragione! Maledizione!
Aveva ragione! Era malvagio! Non sapeva amare!”
gridò Harry, non riuscendo a
sopportare oltre quelle parole che dicevano cose per lui completamente
assurde.
Inverosimili.
Sua
madre non era figlia di
Voldemort.
Lui
non era imparentato con
l’uomo che aveva ucciso i suoi genitori.
Con
l’uomo che aveva dovuto
uccidere.
Non
poteva essere vero.
Non
era vero.
Quello
doveva essere solo uno
scherzo, di pessimo gusto, ma solo un brutto scherzo.
Ginny
lasciò perdere la lettera,
per andare ad abbracciare suo marito, che si abbandonò in
ginocchio ai suoi piedi,
nascondendo il viso nel suo grembo, mormorando.
“Perché?
Se questa è davvero la
verità perché li ha uccisi? Perché ha
cercato di uccidere me? Perché?”
“Oh
Harry! Non lo so… davvero non
lo so…” gli rispose lei, stringendolo a
sé, mentre incrociava i suoi occhi
verdi pieni di lacrime.
Rimasero
così per un po’, poi
Harry si rialzò e riprese a leggere, volendo ormai arrivare
in fondo a tutta la
faccenda.
...È
possibile che anche tu creda che lui era solo un essere
malvagio e senza cuore, ma ti assicuro che non è
così.
Era
solo una parte di lui, quella che preferiva mostrare al mondo,
cosicché niente potesse ferirlo ed io, probabilmente, lo sto
per ferire nel
modo più completo e brutale che ci sia.
Nel
momento in cui scrivo questa lettera, sto ancora elaborando il
dolore per averti lasciata ad una famiglia di babbani, che mi auguro ti
abbiamo
voluto bene e ti abbiano amata come avrei fatto io, come avrebbe fatto
Tom. Mi
sto preparando per un gesto estremo, che spero garantirà la
salvezza tua e di
Juliet.
Lord
Voldemort, Tom Orvoloson Riddle, Signore Oscuro, in qualunque
modo lo si voglia chiamare, mi ama. E per amor mio, non sta cercando di
sterminare tutti quanti, babbani e maghi, senza motivazione, ma sta
cercando di
agire in maniera più umana, risparmiando le vittime
innocenti che alcuni dei
suoi Mangiamorte adorano torturare.
Questo
ad alcuni di loro non sta bene, pensano che non stia
facendo tutto il necessario per epurare la popolazione magica, sono
convinti
che sia arrivato il momento di usare meno pietà, meno
misericordia nei
confronti di quelli che considerano “indegni”. Per
questo mi vogliono togliere
di mezzo e lo stesso avrebbero fatto con te e tua sorella, bambina mia.
Sto
solo cercando di proteggervi.
Ma
è probabile che il mio gesto non sia sufficiente.
Io
sto per morire. Forse Tom subirà il mio stesso destino, un
giorno, e per questo per te sarà sicuro sapere la
verità.
Sappi
che qualunque cosa sia accaduta, io ti amerò per sempre e,
anche se ti potrà sembrare impossibile, anche Tom ti
porterà per sempre nel suo
cuore.
Maggiori
informazioni su di noi, sulla nostra storia, si trovano
nei diari che trovi nel cofanetto, ti spiegheranno meglio
ciò che è stato,
forse così potrai capire chi erano davvero i tuoi genitori.
Spero che un giorno
potrai perdonarmi per averti abbandonata.
Il
mio tempo su questa terra è scaduto, ma il tuo è
appena
cominciato.
Con
tanto amore,
tua
madre, Estele Demon
Harry
rimase immobile, con lo
sguardo fisso sulla pergamena, senza più essere in grado di
leggerne il
contenuto. Era tutto assurdo.
Sua
madre… Lily Evans… era figlia
di Voldemort…
Lui
stesso… colui che lo aveva
sconfitto più volte e alla fine ucciso… era suo
nipote… Harry Potter era nipote
di Lord Voldemort…
Anche
solo pensarlo sembrava
impossibile…
Ginny
lo osservò in silenzio,
dandogli il tempo di elaborare la notizia, insicura lei stessa su come
doveva
reagire.
Harry
si rialzò e prese la
giacca.
“Dove
vai?” gli domandò
allarmata.
“A
cercare delle risposte.”
Rispose con tono determinato, uscendo dalla stanza.
Ginny
gli andò dietro.
“Dove?
I diari possono…”
cominciò.
“Non
so se posso fidarmi di ciò
che dicono, Gin… voglio parlare con Silente, lui mi
dirà la verità.” La
interruppe, guardandola intensamente.
La
giovane donna si rilassò
appena, sentendo che sarebbe stato ad Hogwarts e non in qualche altro
luogo
chissà dove.
Annuì,
senza dire nulla,
baciandolo prima che andasse via.
Prima
di smaterializzarsi, lui le
sorrise.
°°°
Si
smaterializzò ad Hogsmeade,
non volendo allarmare troppo gli abitanti del castello e approfittando
della
strada per calmarsi e riorganizzare i pensieri.
Una
volta davanti ai cancelli,
mandò un patronus alla preside McGrannitt, che lo
andò ad accogliere.
“Signor
Potter! Si può sapere
cosa sta succedendo? Come mai è piombato qui così
all’improvviso?” domandò, con
una punta di preoccupazione.
“Ho
fatto delle scoperte,
professoressa McGrannitt, e ho bisogno di avere dei chiarimenti, che
solo il
professor Silente può darmi…” rispose,
stupendola.
“Che
tipo di scoperte?” chiese,
ancora preoccupata.
“Se
intanto vogliamo accomodarci
nel suo ufficio, sarò ben lieto di informarla.”
Disse con un piccolo sorriso.
Harry
approfittò dei minuti che occorsero
per arrivare nell’ufficio della preside per riordinare le
idee il più
possibile, poi, poco prima di entrare nell’ufficio chiese
quasi sovrappensiero.
“Professoressa,
lei conosceva una
certa Estele Demon? Era una serpeverde.”
La
donna si girò verso di lui
sorpreso dalle sue parole, poi annuì.
“Oh?
Si, l’ho conosciuta, più o
meno. Abbiamo frequentato Hogwarts negli stessi anni, ma non abbiamo
mai
parlato, che io ricordi. Molti la ammiravano. A quanto pare ha tenuto
più volte
testa a Tom Riddle, a scuola. So che è morta molto tempo fa,
ma non ho mai
saputo cosa le sia successo esattamente.” Disse, entrando e
prendendo due tazze
di tè e bollitore con sopra un incantesimo sempre-pieno e
riscaldante per
mantenere l’acqua sempre calda.
Versò
ad entrambi del tè e chiese
di rimando ad Harry.
“Come
mai me lo chiedi, Potter? E
come conosci il nome di Estele Demon?” lui per tutta risposta
chiese a Dobby di
portargli la scatola e tutti i fogli che conteneva, per rispondere alla
donna
mostrando la lettera che l’aveva tanto sconvolto e che diceva
delle cose
veramente assurde e inconcepibili, ma che, nel mondo magico, avrebbero
potuto
avere una logica. E questo lo spaventava.
Minerva
McGrannit intanto aveva
letto la lettera che Estele Demon aveva scritto a sua figlia, Lily
Evans, e in
cui le spiegava chi erano davvero i suoi genitori.
Tom
Riddle alias Lord Voldemort,
che aveva ucciso la donna perché mezzosangue, schierata
contro di lui nella
guerra; a quanto pareva aveva ucciso la sua stessa figlia e aveva
tentato per
anni di uccidere suo nipote, il quale, alla fine, lo aveva ucciso.
Guardò
il giovane uomo che aveva
davanti, era normale che volesse delle spiegazioni dopo rivelazioni del
genere.
Chissà
cosa avrebbe detto il suo
mentore, che era stato testimone degli sviluppi di quella coppia,
almeno per il
periodo della scuola.
Harry
si perse ad osservare il
ritratto di Silente, sperando che gli desse le risposte che cercava,
ma, come
era da quando era stato messo lì, dopo la morte del vecchio
preside, questo
dormiva, incurante di ciò che gli accadeva attorno.
Il
suo primo istinto da
Grifondoro fu quello di spaccare tutto l’ufficio, come aveva
fatto durante il
quinto anno, ma ora non apparteneva più all’uomo,
perciò non se la sentiva di
fare una cosa del genere.
Continuava
a chiedersi perché
Silente non avesse fatto nulla per impedire che sua madre venisse
uccisa dal
suo stesso padre, anche se nessuno avesse saputo nulla… era
possibile che nel
mondo magico non ci fossero stati segnali del fatto che lei non era una
nata
babbana come pensavano tutti?
La
lettera di Hogwarts avrebbe
dovuto dare qualche risposta, rivelare le reali origini di sua madre,
oppure…
nulla.
Nessuno
ne aveva saputo niente o
comunque nessuno aveva fatto nulla per cambiare le cose.
“Professor
Silente? Signore?
Vorrei poter parlare con lei!” disse, guardando fisso il
volto del ritratto
davanti a lui. Anche Minerva voltò un po’ il busto
e la testa per poter
osservare la reazione del dipinto, che ovviamente fu nulla.
“Professor
Silente! La prego! Ho
bisogno che lei mi dia delle risposte sulla storia di Estele Demon e
Tom
Riddle!” ripeté Potter, alzando leggermente il
tono di voce.
Il
professore continuò a far
finta di nulla, restando a dormire senza mostrare di avere sentito
qualcosa di
ciò che era stato detto.
Harry
strinse i pugni per la
frustrazione di essere così bellamente ignorato e si
alzò, avvicinandosi al
ritratto.
“Adesso
lei mi deve delle
risposte! Ho ucciso l’uomo che aveva ucciso i miei genitori!
Ho vinto la guerra!
E ora vengo a sapere che lui era mio nonno! Era il padre di mia madre!
E l’ha
uccisa! Mi deve delle risposte!” disse, quasi gridando.
Tuttavia,
l’anziano mago nel ritratto
rimase ancora immobile, addormentato.
Il
Grifondoro sospirò
pesantemente, tornando a sedersi sulla poltrona, tenendosi la testa tra
le
mani.
Minerva
gli andò vicino.
“Io
purtroppo non posso darti le
risposte che cerchi, ma…” cercò di
consolarlo Minerva, non riuscendoci, poiché
lui preferì alzarsi di nuovo e salutarla.
“Mi
dispiace di averle fatto
perdere tempo… speravo di ottenere delle
risposte… ma forse devo solo cercare
da qualche altra parte… la ringrazio per avermi ricevuto a
quest’ora così tarda.”
Disse, prendendole la mano che aveva proteso per consolarlo, con un
sorriso
mesto.
“Avrei
voluto poter fare di più,
Harry.” Rispose la donna, aggiungendo l’altra mano
a coprire quelle del giovane
uomo.
Non
capiva perché Albus
continuasse a rifiutarsi di parlare.
Harry
scosse la testa, sorridendo
più sinceramente alla sua vecchia Capocasa.
“Non
importa, davvero! Troverò le
risposte che cerco, anche se non sarà Silente a darmele, ma
ora dovrei proprio
andare…” fece, mostrando una smorfia preoccupata.
“Quando me ne sono andato ero
piuttosto agitato, Ginny sarà preoccupata che mi vada a
cacciare in qualche
guaio!” ridacchiò, guardando un’ultima
volta verso il preside, sperando che
magari cambiasse idea prima che lui uscisse definitivamente
dall’ufficio.
Camminò
per i corridoi del
castello deserto, ricordandosi i giorni che vi aveva trascorso come
studente,
dove, nonostante l’ombra di Voldemort, i problemi erano
riuscire a superare gli
esami, come comportarsi con le ragazze, quale scherzo fare ai
Serpeverde.
Poi
ricordò quando vi aveva
combattuto per salvare la sua vita e quella dei suoi amici.
Aveva
lottato fino alla morte con
suo… era difficile anche solo pensarlo.
Lord
Voldemort non gli era mai
sembrato un tipo che potesse provare amore.
Forse
solo quello che aveva
conosciuto nella Camera dei Segreti al suo secondo anno, ma lui non era
ancora
il Lord Voldemort che aveva ucciso i suoi genitori e centinaia di altre
persone, non era ancora il Lord Voldemort crudele e sanguinario che era
diventato più avanti.
Lui
avrebbe
potuto innamorarsi di una ragazza? E desiderare di avere con lei una
famiglia?
Forse neanche Silente avrebbe saputo rispondere.
Harry
lasciò Hogwarts,
smaterializzandosi nel cimitero di Godrics Hollow, dove erano
seppelliti i suoi
genitori, Sirius Black, Remus Lupin e Ninfadora Tonks, sperando di
trovare
conforto o magari una qualche risposta.
Non
si aspettava di ricevere
davvero un qualche segnale, che però arrivò sotto
forma di una luce bianca
dalla forma vagamente umana, per ciò che riusciva a vedere.
La
seguì, con la convinzione che
non poteva essere una coincidenza che una luce simile comparisse dopo
che avevo
ricevuto quella lettera, soprattutto sulla tomba dei suoi genitori.
La
luce lo condusse in una radura
deserta, per poi avvolgerlo e smaterializzarlo in un altro luogo che
all’inizio
non riconobbe.
Almeno
finché non vide la statua
dello scheletro con le ali e la falce. Era nel cimitero dove Voldemort
era
risorto.
La
luce che lo aveva portato lì
svanì, permettendogli di vedere la figura semitrasparente di
una donna vestita
in maniera elegante che piangeva sul punto esatto dove Lui
era rinato.
Le
si avvicinò con cautela,
timoroso che potesse rivelarsi una trappola di qualche tipo, con la
bacchetta
pronta a colpire se necessario.
Le
arrivò a poche passi di
distanza, ma lei non sembrò accorgersi del fatto che ci
fosse qualcuno.
“Mi
scusi? Signora?” richiamò la
sua attenzione.
Lei
si tirò su dalla sua
posizione accucciata e lo guardò, stupita.
“Tu
puoi vedermi?” domandò con
voce fievole e rotta dal pianto.
“Io…
si, certo!” rispose Harry,
tentennante.
La
osservò bene e rimase stupito
di quanto sembrava esserci di sua madre in quella donna, come se
fossero
imparentate o…
“Voi
siete Estele Demon?” chiese,
continuando a guardarla.
Lei
sorrise appena, annuendo.
“Era
molto tempo che non sentivo
pronunciare quel nome…” Mormorò,
“Ma… se tu mi vedi…sei figlio di Lily?
O di
Juliet?” gli domandò, cambiando tono, passando dal
malinconico all’euforico in
un secondo.
Harry
sgranò gli occhi, sorpreso
dal repentino cambiamento, e balbettò nel rispondere.
“Di…
di Lily.”
Il
fantasma si illuminò di gioia,
sollevandosi da terra e avvicinandosi a lui così tanto che
poteva avvertire il
freddo che proveniva da lei.
“Dimmi!
Come sta la mia bambina?
Tu hai i nostri stessi occhi lo sai? Hai altri fratelli o sorelle? E
come sta
Juliet? Si sono incontrate? Hanno perdonato la loro mamma e il loro
papà? Come
ha preso la mia lettera?” lo interrogò,
sommergendolo di parole.
Harry
stava per rispondere, ma la
luce che lo aveva guidato lì tornò a splendere,
anche se più fiocamente
rispetto a prima.
L’osservò
attentamente,
chiedendosi cosa fosse o cosa la provocasse, poi vide di nuovo la
figura di un
essere umano racchiusa al suo interno e decise di ignorare sua
“nonna” per
capire meglio.
Si
avvicinò alla luce,
lasciandosi avvolgere nuovamente da essa e all’improvviso gli
sembrò di essere
portato in un altro luogo.
Era
una specie di giardino
fiorito, accanto ad un piccolo laghetto.
Seduta
su una panchina di pietra,
con indosso un bell’abito verde smeraldo stava una donna dai
lunghi capelli
biondi e grandi occhi verdi, identici ai suoi.
Lei
gli sorrise, appena lo vide.
“Ciao
Harry! Sono felice di
poterti parlare, finalmente!” lo salutò con voce
dolce.
Harry
la guardò sorpreso.
“Siete…
Estele Demon? Ma… stavo
parlando con voi poco fa… eravate un fantasma!”
disse, indicando il punto alle
sue spalle in cui si trovava il fantasma della donna che aveva davanti,
senza vedere
più nulla.
Estele
rise.
“Si,
quella è una parte di me. È
rimasta bloccata qui e non sa nulla di ciò che è
accaduto…” rispose, perdendo
il sorriso.
Harry
rimase fermo, scrutandola
un po’ insospettito.
Voldemort
dopotutto aveva creato
sei Horcrux per non
morire… in quanto
sua amante, lei poteva aver fatto lo stesso… sostenne il suo
sguardo accusatore
per qualche istante, poi sospirò.
“Non
hai osservato i ricordi del
diario, vero? Comunque no… non ho creato un
Horcrux… credo di aver creato un
“prototipo”, o qualcosa del genere, della
protezione che Lily ha lasciato su di
te e una parte di me è rimasta sopita, legata ad una persona
che, con la mia
morte, ha smesso di esistere.” Mormorò, evitando
di incontrare lo sguardo di
suo nipote. “Non avrei mai voluto che le cose andassero in
questo modo…”
Lui
sospirò.
“Non
credo che avresti potuto
fare qualcosa per impedirlo.” Ribatté con un tono
brusco.
Poi
sulla superficie delle acque
del lago cominciarono a crearsi delle immagini, ritraenti diversi
momenti in
successione che riguardavano una ragazza bionda dagli occhi verdi con
la divisa
Serpeverde e un ragazzo moro con profondi occhi neri, anche lui
Serpeverde.
Harry riconobbe in quel giovane il Tom Riddle che aveva visto nel
ricordo del
diario, durante il suo secondo anno, eppure aveva qualcosa di diverso.
Sembrava
emanare un’aura differente quando si trovava in compagnia
della giovane,
probabilmente Estele.
Osservò
un po’ quelle immagini,
sentendo il cuore stringersi per l’emozione.
“Cosa...
Cosa significa? Cosa
sono?” domandò.
“Sono
i nostri ricordi. Quelli
felici… quelli di quando eravamo insieme… di
quando le cose andavano bene…”
rispose lei con nostalgia.
Rimasero
per qualche istante in
silenzio, perdendosi in quei ricordi, dal sapore dolce amaro per Estele.
“Posso
farti una domanda?” fece
Harry ad un certo punto, dopo aver guardato per un po’ le
immagini.
Estele
annuì.
“Perché
non hai fatto in modo che
mia madre ricevesse quella lettera? Avresti potuto… che ne
so… farci un
incantesimo che gliela facesse arrivare al compimento della maggiore
età o
qualcosa di simile…” disse, con tono accusatore.
Lei
si lasciò scappare una risata
amara.
“Avrei
voluto… ma poteva essere
rischioso… un incantesimo del genere avrebbe lasciato una
firma molto forte
dietro di sé… avrei dovuto eseguire un rituale di
sangue per assicurarmi che la
potesse leggere solo lei, ma Tom o qualcun altro avrebbe potuto
rintracciarlo…
avrei messo a rischio la sua vita… la cosa che non mi
aspettavo era che Abraxas
non avrebbe avuto alcuna fiducia in suo figlio per questo compito.
Anche se,
considerando a chi era sposato… non aveva proprio tutti i
torti.”
Harry
sbuffò.
“Perché
allora Malfoy me l’ha
mandata solo ora?”
“Forse
perché la cassaforte del
patriarca Malfoy lo ha accettato solo ora, o perché Abraxas
gli ha spiegato
come accedere allo scomparto segreto dove teneva la mia
scatola…” suppose
Estele.
“Pensi
che se lui avesse saputo,
nonostante la
profezia, si sarebbe comportato diversamente? O avrebbe solo scelto la
famiglia
di Neville?” domandò poi, cambiando argomento.
“Il
Tom che ho conosciuto e amato
avrebbe prima cercato tutte le risposte, perciò, forse,
avrebbe anche potuto
ignorare la famiglia del tuo amico, ritenendo più probabile
che suo nipote
avrebbe avuto le caratteristiche per essere suo eguale…
anche se avrebbe anche
dovuto conoscere la profezia per intero. Avrebbe potuto provare a
contattare tua
madre, ma visto il suo temperamento, prima di accettare di parlarci ci
avrebbe
messo chissà quanto…”
mormorò, prima di sospirare pesantemente.
“Sai
lui non era malvagio. Aveva
solo bisogno di qualcuno da amare e da cui essere amato.
Finché siamo stati
insieme, siamo stati felici, lui non era crudele o spietato come
è diventato
dopo la mia morte e forse scoprire che le sue bambine erano vive gli
avrebbe
fatto bene, avrebbe potuto salvarlo dal diventare un
mostro…. Ma io non potevo
credere, allora, che sarebbe cambiato così
tanto…. Ero accecata dall’amore che
provavo per lui, riuscivo a vedere così chiaramente la sua
parte buona, da
arrivare quasi a dimenticare tutto il resto…. Ma
sbagliavo…. Si è fatto
prendere dall’odio che lo aveva sempre accompagnato, fin
dall’infanzia, e lo ha
sfogato sul mondo…. Mi dispiace!”
mormorò, con gli occhi che lentamente si
riempivano di lacrime.
Harry
strinse i pugni, diviso tra
il desiderio di sfogarsi su di lei per la morte dei suoi genitori e per
la vita
che lo aveva costretto a vivere e quello di abbracciarla per farla
smettere di
piangere, perché, in fondo, anche se avesse agito
diversamente, sarebbe davvero
cambiato qualcosa?
Non
ne era veramente convinto.
Eppure
quell’anima continuava a
soffrire.
“Estele?”
la chiamò,
avvicinandosi.
Lei
alzò gli occhi colmi di gocce
salate e lo guardò, dicendo con un filo di voce.
“Lo
so che mi odierai per questo
e ne hai tutto il diritto. Io….”
“Non
ti odio!” la interruppe,
sorprendendola. “Non avresti potuto prevedere le sue mosse,
magari non avrebbe
attaccato i miei genitori o forse l’avrebbe fatto lo stesso,
perché ormai la
sua anima era spezzata in tanti pezzi da renderlo qualcosa di
mostruoso…. Io
non ti odio!” disse, abbracciandola. “Ora dovresti
trovare la tua pace.”
Aggiunse, non volendo che lei continuasse a soffrire bloccata a quel
modo.
Lei
fece un piccolo sorriso,
ricambiando l’abbraccio, prima di baciargli la guancia e
fargli una carezza
leggera.
“Non
posso farlo, nipotino mio.
Sono bloccata qui finché Tom non ritornerà da
me….” Rispose, lasciandolo di
stucco.
“Ma
lui… lui potrebbe non tornare
più! La sua anima io l’ho vista in una specie di
limbo, quando ha eliminato
l’horcrux che era dentro di me…. Era qualcosa di
orribile…” mormorò lui,
sconcertato e triste per quella visione e per il fatto che lei non se ne sarebbe
potuta andare.
“Non
preoccuparti per me, tesoro.
Sono felice di sapere che tu hai una bella vita, con i tuoi figli e la
tua
famiglia acquisita. Mi rende sopportabile restare bloccata in questo
limbo, in
attesa del suo ritorno.” Fece, con un sorriso vero e felice,
abbracciandolo di
nuovo. “Ora
devi andare, tua moglie si
preoccuperà altrimenti.” Disse, sciogliendo
l’abbraccio e facendogli cenno di
andare.
“Si
è vero…” concordò,
avviandosi
verso una specie di porta luminosa comparsa proprio alle sue spalle.
Estele
era tornata a guardare il
lago a rimirare le immagini che si riflettevano su di esso.
“Estele?
Per quello che vale….
Penso di poter perdonare Tom Riddle per ciò che è
stato…” disse con un piccolo
sorriso, poi se ne andò, senza aspettare la sua risposta.
Attraversò
la luce e si ritrovò
nuovamente nel cimitero di Godric’s Hollow.
Ritornò
a casa, dove Ginny lo
aspettava in ansia, preoccupata che si cacciasse nei guai.
Entrato
in casa, la trovò in
salotto, che sorseggiava preoccupata una tazza di the.
Quando
lo vide, posò la tazza e
gli corse incontro, abbracciandolo stretto.
“Oh
Harry! Avevo paura che fosse
successo qualcosa!” esclamò, stringendolo e
baciandolo.
Lui
ricambiò il bacio e la
strinse di rimando.
“Tranquilla,
amore mio. Va tutto
bene, ho avuto le risposte che cercavo….” Le disse
appena si distanziarono un
poco.
Ginny
ridacchiò, poi disse.
“Sei
più tranquillo di quanto mi
sarei mai aspettata…”
Anche
Harry rise.
“Si….
È così… ho avuto la
possibilità di venire a patti con tutta questa
storia… ma ora sarà meglio
andare a dormire, ne abbiamo bisogno entrambi.” Rispose,
spingendola
delicatamente verso la loro camera da letto.
Guardò
per un istante fuori dalla
finestra e vide due giovani con la divisa di Serpeverde, gli stessi
visti
dentro il lago, che si tenevano abbracciati e guardavano verso di lui.
Tom
Riddle chinò il capo nella
sua direzione, mentre Estele gli sorrise raggiante.
Harry
ricambiò il cenno con un
piccolo sorriso, poi li vide girarsi e sparire.
Sorrise,
forse Estele non sarebbe
rimasta bloccata in quel limbo, dopotutto.
Posò
un bacio sul collo di sua
moglie, che lo guardò interrogativa per un secondo.
“Pensavo
a quanto sono fortunato
ad averti qui con me…. Ti amo, Signora Potter.”
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