Epilogo
Sherlock e John scesero dal taxi in una Londra nebbiosa e quasi deserta
ma sempre spettacolare. In lontananza il rintocco
dell’orologio del Big Ben ricordò loro che era
già l’una di notte. Esausti, come se
avessero inseguito un criminale per tutta la
città, entrarono adagio a Baker Street, con una leggera
malinconia ogni volta che cadeva l’occhio sulla porta della
signora Hudson che mancava da quell’appartamento ormai da
otto anni e che aveva fatto loro l’immenso dono di lasciargli
in eredità l’amato 221B.
Uno dopo l’altro salirono i diciassette gradini che li
separavano dal loro appartamento e quando finalmente misero piede nel
salotto, John sprofondò nella poltrona con
l’intenzione di non alzarsi più, almeno per le
successive dodici ore.
« Ti verrà mal di schiena se ti addormenti
lì » commentò Sherlock, prendendo a sua
volta posto nell’accogliente poltrona di fronte a suo marito.
« E’ stato il giorno più lungo della mia
vita, non mi sentivo così dalla guerra »
affermò, sistemandosi più comodamente e cercando,
finalmente, di rilassarsi.
« Esagerato! » commentò soltanto il
detective.
« Dico davvero, nessuna nostra avventura mi ha sfiancato come
oggi »
« Non eri così stanco nemmeno in luna di miele,
quando abbiamo passato venti ore di seguito a fare sesso? »
chiese innocentemente il detective, sorridendo malizioso.
« Sono troppo stanco, Sherlock. Ricordami queste cose domani,
magari davanti a un bicchiere di brandy »
I due rimasero in silenzio per un po’, finché John
non alzò gli occhi per accorgersi che il marito, che fino a
poco prima lo stava deridendo, era crollato addormentato sulla
poltrona. John fece per alzarsi e andare a prendere una coperta
perché stesse al caldo, quando il trillo del cellulare lo
fece sobbalzare dalla sorpresa.
« Chi cavolo è? » chiese Sherlock,
svegliandosi di soprassalto.
Il marito girò il display verso di lui « Mike
Stamford. Dice che ha mandato un suo paziente qui da noi. Un caso
interessante »
Sherlock divenne immediatamente pensieroso e assunse
un’espressione imperscrutabile, come se quell’sms
avesse avuto il dono di fargli riaffiorare un pensiero che covava da
qualche tempo.
John che non aveva alcuna idea di cosa passasse per la testa del
marito, stava per chiedergli su cosa stesse riflettendo e se avesse
già capito qualcosa del caso solo sulla base
dell’sms, quando il detective esordì con
una frase che lo spiazzò « Sai, verrà
il giorno in cui dovremo rivedere le nostre priorità
»
« Cosa intendi? »
« Mi piacerebbe poter correre per sempre per Londra, evitare
pallottole, esplosioni, noi due contro il resto del Mondo ma
verrà il giorno che qualcuno non più intelligente
di noi ma semplicemente più giovane e atletico ci
metterà all’angolo. Vorrei evitarlo, magari avremo
un o una nipote di cui occuparci e da educare, stando attenti che non
abbia preso qualche tratto dal nonno sbagliato »
« Era appena riuscito a dimenticare Moriarty ed ecco che
rischio di trovarmi un nipote che mi fissa come lui. Avrò
gli incubi tutta la notte » rispose un po’
infelice, ma Sherlock sapeva che se riusciva a scherzarci sopra voleva
dire che le preoccupazioni stavano in parte passando.
« Tranquillo, lo indirizzeremo verso un lavoro ordinario,
tipo il capostazione » affermò il detective
sbadigliando ed entrambi scoppiarono a ridere.
Nonostante tutto il trambusto della giornata appena trascorsa, le cose
erano finite per il meglio. Mycroft aveva deciso di chiudere un occhio
sui furti della famiglia del Granduca, dato che erano stati messi in
atto sotto ricatto. Grace aveva deciso di perdonare Christopher con una
facilità che a Sherlock ricordò molto
l’incredibile capacità di John di passare sopra
alle cose, salvo tirarle in ballo ogni volta che stavano litigando.
Naturalmente l’eccesso di emozioni della giornata aveva fatto
propendere per il ritorno a casa di tutti quanti, senza continuare il
week-end nella villa. Troppe cose erano successe e dovevano essere
digerite, ma di una cosa ormai erano tutti certi: Grace e Christopher
si sarebbero sposati e alla fine ne erano anche felici.
« Parlavi sul serio prima? Davvero mediti di andare in
pensione? Di appendere il cappello al chiodo? » chiese ad un
tratto John, anche lui pensieroso su quello che gli avrebbe riservato
il futuro. Non si era mai soffermato a come sarebbe stata la loro vita
senza i casi, aveva sempre pensato che Sherlock non avrebbe mai smesso,
che anche con il bastone avrebbe seguito qualche psicopatico in giro
per Londra, che nemmeno lui sarebbe riuscito a trattenerlo a casa.
« Potremo seguire casi meno movimentati, tutto qui. Poi
c’è sempre quel cottage nel Sussex che ci aspetta,
quello che ci ha lasciato quel cliente apicoltore per
ringraziarci »
Sorrisero prima di sentire l’inconfondibile bussata di un
cliente.
« Non abbiamo chiuso la porta d’ingresso?
» fece John.
« Evidentemente no, deve essere il paziente di Mike
» rispose mettendosi seduto composto « E’
aperto » gridò allo sconosciuto.
Fece il suo ingresso un uomo con un abbigliamento sobrio, giovane, non
oltre i 25 anni con un viso dai lineamenti marcati. Era pallidissimo,
come in preda ad una forte agitazione e aveva una mano avvolta in un
fazzoletto tutto insanguinato.
« Ingegnere, dov’è il suo pollice?
» chiese Sherlock, facendosi serio e attirando
così l’attenzione di John su due particolari: la
professione dell’uomo e il fatto che quel fazzoletto
nascondeva una gravissima ferita, non un semplice taglio.
« E’ rimasto dove mi è stato tagliato
» rispose a fatica l’uomo.
« Sembra interessante, si accomodi mentre il dottor Watson le
medica la ferita » rispose Sherlock rivolgendo uno sguardo
complice a John che si era già alzato per prendere tutto
l’occorrente per occuparsi del giovane.
« E tutto quello che avevi detto due secondi fa? I casi
troppo movimentati, l’età… »
iniziò ad elencare il marito.
« Non ho detto subito, la pensione può aspettare,
John. Il gioco è iniziato »
T H E E N D
Angolo autrice
Ciao a tutti e
grazie, grazie, grazie a chi ha letto e soprattutto a chi ha portato
pazienza e seguito la storia fino alla fine, nonostante lo hiatus.
E' un piccolo epilogo, una chiusura che funge anche per me da momento catartico per aver finalmente buttato alle spalle il momento di blocco creativo dovuto alla quarta stagione (o almeno lo spero), L’arrivo
del giovane alla fine della storia è una citazione da
“L’avventura del pollice
dell’ingegnere” ovviamente dei racconti di Sherlock
Holmes. Volevo chiudere in un modo che desse un’idea di
Sherlock e John molto canonici, sia rispetto alla serie che rispetto ai
romanzi, spero vi sia piaciuto. Non so se qualcuno si aspettava
più particolari su Grace e famiglia, per me al centro della
storia ci sono sempre stati John e Sherlock e con loro volevo
concludere.
Un grazie
particolare, in rigoroso ordine alfabetico, a Alwais, Blablia87,
calock_morgenloki, Chappy_, CreepyDoll, Emerenziano,
Evola_love_Beatles,fefi97, idasg93, Koa, Melapple, Mikimac e
tooflooffy_99 per tutte le recensioni, siete fantastiche!!!
Un
abbraccio e spero a presto
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