Primavera
Il suono di una risata e una leggera brezza, quel tanto che basta per
scompigliarti i capelli e spostare qualche ciuffo lontano dagli occhi.
Ti guardo ma non so esattamente cosa sto vedendo, come dici sempre
tu: “guardo
ma non osservo”.
C’è un Sole tiepido oggi, ma già si
avverte l’aria di cambiamento, della nuova stagione che
prepotentemente vuole occupare il posto del gelido inverno e riempire
di suoni e colori le nostre vite.
Non ti ho mai detto quanto amo il tuo sorriso. Esce così
raramente, forse solo per me, forse non ci ho mai pensato davvero,
eppure eccolo lì, ogni volta che volgi lo sguardo verso il
tuo blogger.
C’è un nuovo profumo nell’aria, che stia
già spuntando qualche fiore? Mi sembra di
attendere questa primavera da sempre. E’ così
raro, noi due a passeggiare per Londra senza un caso, senza fretta,
senza una meta, con il solo scopo di approfittare del tepore che ha
sostituito la pioggia, per dare finalmente a Rosie la
possibilità di uscire a respirare l’aria di aprile.
Ma è solo una scusa, no? L’hai notato anche tu che
il “Potete
fermarvi a dormire qui per una notte” sta diventando
un’abitudine. “E’ tardi… sei
stanco…Rosie si è addormentata, perché
svegliarla? Restate qui. Potresti lasciare qualche vestito per quando
vi fermate… ho trovato dei maglioni che avevi lasciato
nell’appartamento” Ormai non dobbiamo
nemmeno più usare pretesti, Baker Street sta tornando ad
essere casa mia, solo non sono sicuro di dove ci stia portando tutto
questo.
Nascondi le mani nel cappotto aperto, fa caldo ma hai comunque il
bavero alzato. La mia regina del melodramma, il mio bello e misterioso,
il mio posh boy. In quanti assurdi modi ti ho chiamato?
Sei stranamente silenzioso, ogni tanto mi accorgo che sbirci da sopra
il bavero; forse stai cercando di capirmi ma lo so che per te
è difficile, potresti dedurre quello che uno sconosciuto
incontrato per strada ha mangiato la sera prima ma non sarai mai in
grado di capire cosa si nasconde e si agita dentro di me, non
finché non riuscirò ad accettalo io per primo.
« Vuoi che andiamo a Regent’s park? Rosie
potrà guardare i cigni » mi chiedi ad un tratto,
con una voce di un’ottava più alta del solito. Che
anche l’irreprensibile Sherlock Holmes senta lo sbocciare di
qualcosa?
Arriviamo al parco e la temperatura è quasi anomala per il
periodo, sento sempre più tepore, ma forse non è
soltanto una questione atmosferica. Ci sono molte persone sedute sulle
panchine o sulle sdraio, tanti turisti incantati dai nostri giardini e
dalla maestosità dei nostri salici piangenti. Non avevo mai
apprezzato quanto potesse essere rilassante passeggiare nel parco e
quanto sia affascinante il lento, impercettibile movimento del
laghetto, sferzato da questa brezza primaverile.
E’ buffo come uno possa vivere tanto tempo in una
città e non si soffermi su tanti dettagli, così
come è strano vivere per anni con una persona e pensare
costantemente di non conoscerla davvero.
Conosci un tizio, affascinante ma completamente pazzo. E’
brusco, arrogante, viziato, si autoproclama sociopatico iperattivo,
consulente investigativo, macchina senza cuore, eppure negli anni
scopri che non è così come ti aveva fatto
intendere, che un cuore lo ha ma è ben nascosto da tutti,
perché ha troppa paura di essere ferito. Scopri
che è pronto ad ogni sacrificio per le persone a cui tiene.
Per me, John Watson… e questo cosa mi dice del tuo cuore?
« Hai uno sguardo strano » affermi, passandomi la
mano davanti alla faccia. Probabilmente avevo l’espressione
di uno che ti fissava imbambolato (o incantato?).
« Lo sai, sono più lento di te a elaborare le cose
»
« Di cosa stiamo parlando? » mi chiedi, ma ho
l’impressione che tu conosca la risposta. Lo vedo da come
tremi leggermente, da tutta la tua postura rigida (Preoccupato?
Terrorizzato?), come se stessi per spezzarti da un momento
all’altro, eppure hai resistito a così tanti colpi
e ti sei sempre rialzato, perché temi così tanto
quello che potrei dire?
« Mi sono trasferito a Baker Street? »
Vedo che deglutisci come se avessi un groppo fermo in gola e sposti lo
sguardo lontano da me, verso una coppia di cigni che nuota verso il
ponticello in legno. Era in un documentario della BBC che raccontavano
come i cigni restassero assieme per la vita e quando uno moriva anche
l’altro si lasciava morire per il dolore?
Siamo forse come una coppia di cigni Sherlock? Mi piacerebbe davvero
chiederti questo, ma vedo che stai ancora riflettendo su tutte le
possibili implicazioni di una stupida domanda come “mi sono trasferito a Baker Street?”
« Sherlock, smettila di pensare. O è sì
o è no »
« Dovresti saperlo da te » rispondi leggermente
sconvolto dalla rudezza delle mie parole.
« A volte sei esasperante. Tutto qui »
Mi guardi offeso, non ti è chiaro perché stiamo
litigando ma io lo so, troppi sentimenti repressi alla fine esplodono.
Continui a fissarmi perplesso, quei tuoi occhi chiari che mescolano i
colori del cielo con quelli del lago potrebbero lasciarmi senza fiato,
ma ormai siamo in ballo e a questo punto voglio ballare.
« Sono tornato a vivere a Baker Street » confermo,
rispondendo alla mia stessa domanda
Non dici niente ma sorridi e io mi calmo ogni volta, quando il tuo
sguardo sfuggente si rilassa e la bocca si apre in un meraviglioso
sorriso che sembra trasformarti in un’altra persona. Come
vorrei che tutti ti conoscessero e ti vedessero come ti conosco e vedo
io, l’uomo oltre il mito.
Mi importa come sei realmente, non mi interessa le sciocchezze della
cronaca giornalistica e rido ogni volta che mi accusi di dipingerti
come un eroe. Per me lo sei, mi hai salvato in tutti i modi possibili.
Al contempo, però, vorrei tenerti solo per me, lontano da
tutto, in un mondo creato solo per noi, senza ingerenze esterne, senza
il pazzo di turno che sembra aspettare soltanto di poterci rovinare la
vita.
Che io stia finalmente accettando quello che temevo da tempo? Sono
innamorato di Sherlock Holmes?
« Sì, John » mormori, lasciandomi
sbigottito ed io capisco soltanto qualche secondo dopo che non mi hai
letto nel pensiero ma stai rispondendo alla mia domanda, sono tornato a
vivere a Baker Street.
« Questo cosa significa per te? » chiedo,
perché finalmente vorrei chiarezza, io che per primo mi sto
nascondendo in attesa di una tua mossa. Sono solo l’ordinario
John Watson che non ha il coraggio di rischiare tutto se stesso
perché ha troppa paura di stare male. Ho sofferto troppo, un
rifiuto mi manderebbe in pezzi.
« Significa che siamo pronti per quel nuovo inizio di cui
parlavamo, John. Fino ad ora abbiamo solo cercato di non frantumarci a
vicenda » rispondi, facendomi capire che sei sempre un passo
avanti a me, come se ci fossero dei dubbi.
« Quando Sherlock Holmes è diventato
così saggio? »
« Non lo sono, ci provo. Sei tu la mia guida, io cerco solo
di fare del mio meglio »
Mi congeli su quella panchina, sento che potrei scoppiare a piangere,
ancora, di nuovo e tu mi abbracceresti, forse senza capire, confondendo
il mio dolore per essere così inadeguato con quello per le
perdite subite. Alla fine la smetto di essere quella persona che non
riconosco più, l’uomo che si nasconde dietro un
risentimento ormai morto, piuttosto che affrontare i suoi demoni e
allungo una mano verso di te per stringerla dolcemente fino ad
intrecciare le dita. Se parlassimo, sarebbe tutto più
facile, ma perché essere così banali? Non lo
siamo mai, vero?
Sei nervoso, le mani tremano, cerchi con lo sguardo una via di fuga, lo
vuoi ma al contempo non credi di farcela. Ti conosco Sherlock Holmes ma
sta volta non ti permetterò di gettarti nel vuoto senza di
me. Ho paura quanto te, ma sono qui.
Stai ancora fissando le nostre dita intrecciate quando senti che il mio
viso è a pochi centimetri dal tuo, i nostri respiri sono
quasi sincronizzati mentre quella dolce brezza primaverile che ci ha
accompagnato per tutta la giornata, ci accarezza le guance, soave, come
ad incoraggiarci.
Finalmente ti giri verso di me, occhi negli occhi e improvvisamente
tutto sembra avere senso. E’ solo una frazione di secondo,
non mi dai il tempo di perdermi nel tuo azzurro perché
subito richiudi gli occhi e inclini leggermente il viso, in un timido
invito che attende la mia mossa.
Labbra su labbra, delicate, impacciate come non mi capitava dal liceo,
come se fosse un nuovo primo bacio; lento, curioso, perché
non hai mai baciato qualcuno davvero e adesso mi hai tutto per te,
finalmente.
Potrei restare così per sempre, con te che mi abbracci,
appoggi la testa sulla mia spalla e respiri profondamente. Forse stai
trattenendo una lacrima mentre ricambio l’abbraccio in modo
da non lasciarti più andare via.
«Ultimo nuovo inizio, Sherlock. Non ne voglio altri
» ti sussurro nell’orecchio, ma non so se mi stai
ascoltando o se sei perso nel tuo Palazzo Mentale, confuso e spaventato.
« Sei sempre stato il mio unico inizio, John. Posso
ricominciare mille volte con te » mormori a tua volta e a me
basta così, per il momento. Quel qualcosa che ci bloccava si
è finalmente schiuso e ora che siamo arrivati a questo punto
non voglio più fermarmi, “it is what it is”,
ed è meraviglioso.
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Angolo autrice:
Ciao a tutti e un
grazie enorme a chi ha letto, recensito, messo la storia in qualche
categoria. E’ un periodo strano per il fandom su efp, io per
prima leggo poco e scrivo ancora meno ma è sempre un piacere
tornare in questi lidi.
Un abbraccio, alla
prossima!
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