Estate
Uno spiraglio di luce attraversa le tende di una Baker Street
assonnata; non le abbiamo chiuse bene ieri sera ed ora siamo come
magicamente illuminati dal sole delle 8. Mi muovo appena, facendo
attenzione a non svegliarti ma il materasso si sposta sotto il peso del
mio corpo. Le lenzuola ci coprono a stento, fa troppo caldo in questa
torrida estate.
Ti giri appena, alla ricerca di me. Non riusciamo a stare
staccati nemmeno quando la temperatura è tanto alta da
presupporre che preferiresti una doccia gelata piuttosto che il
contatto della mia pelle bollente. Siamo come due poli opposti di una
calamita, la vita non ha fatto che separarci, eppure siamo sempre
ritornati assieme, attratti inesorabilmente l’uno
dall’altro.
Lo so che mi cerchi, perché lo faccio anch’io,
costantemente; anche adesso mi accosto ancora un po’,
perché tu possa abbracciarmi più agevolmente,
stando ben attento a non trascinarti fuori dal tuo sogno.
Fai un verso buffo, forse mi sono avvicinato troppo e come al solito i
miei ricci ti hanno fatto il solletico.
John Watson, unico mio punto fisso in un’epoca di cambiamenti
(1).
« Da quanto sei sveglio? » mi chiedi, aprendo
lentamente gli occhi.
« Qualche minuto » sorrido, ora che tutto mi sembra
così perfetto sorrido molto più spesso; Mycroft
sostiene che mi verranno le rughe attorno alla bocca se continuo a
manifestare in maniera così plateale la mia
felicità. Cosa sono dei segni sul viso se non il racconto
delle nostre vite? Sul corpo porto cicatrici profonde che non andranno
più via, ricordi di qualcosa di tragico a volte, come il
segno del foro d’entrata di un proiettile e va bene
così, ogni percorso alla fine mi ha portato qui.
« E’ la prima volta nelle ultime settimane che ti
svegli prima di me » risponde John e quando parla di ultime
settimane intende da quando dormiamo assieme. E’ vero, ho un
sonno stranamente “umano” da un po’ di
tempo, forse sto invecchiando o forse sono soltanto abbastanza in pace
per godermi anche le pause della mia vita frenetica.
« Fa esageratamente caldo » commento un
po’ petulante.
« Lo so » ma non si stacca da me e sembra quasi
voglia rimettersi a dormire « Sai a cosa sto pensando?
»
« Che dovremmo comprare un condizionatore? » ride
ed è come un solletico sul mio collo.
« No, che ci meritiamo una vacanza »
So cosa intende: è estate, fa caldo, le persone vanno in
posti dove possono passare la giornata distesi sui lettini sotto
l’ombrellone o immersi nell’acqua finché
non arriva la sera. Fino a qualche mese fa non avrei potuto pensare a
un passatempo più tedioso di “riposarsi”
al mare, con il rumore delle chiacchiere, la sabbia che entra
dappertutto e la noia a farmi compagnia, ma adesso è
diverso, è un nuovo inizio.
Gli accarezzo la schiena mentre immagino quanto potrebbe essere bello
baciare John al tramonto, a piedi scalzi sulla sabbia, con i colori
variopinti di un sole che poeticamente sembra immergersi nel mare.
Sarebbe davvero così tragico passare due settimane sotto ad
un ombrellone, senza altri problemi se non godermi John? La prospettiva
mi fa sorridere e nulla sfugge all’occhio attento del mio
blogger.
« Lo pensi anche tu? Abbandoniamo Londra a turisti e topi
d’appartamento e andiamo al mare? Ho in mente alcune isole
della Sicilia, dove potremmo rifugiarci » la butta
lì ma vedo che tentenna, sa che non è esattamente
la mia idea di vacanza, anzi a dirla tutta non ho mai avuto una vera e
propria idea di vacanza. Sembra così lontano ora
l’aereo per il Marocco all’inseguimento di Mary ed
io a chiedermi perché continuassi a farmi del male cercando
di tenere insieme la famiglia Watson fino a quel punto.
I miei occhi devono essere diventati più tristi e le labbra
più strette, perché John si solleva appena per
osservarmi meglio e cercare di dedurmi, ormai sto diventando quasi
trasparente per lui e nemmeno questo sembra spaventarmi, non voglio
più essere il sociopatico che droga il caffè per
fare esperimenti, né quello che pensa di dover fare sempre
tutto da solo lasciando indietro gli altri.
« Se non ti va, fa niente » commenta, quasi
preoccupato di avermi messo in crisi.
« Mi piacerebbe invece, quando vorresti partire? »
« Ci conviene approfittare finché la
signora Hudson è a casa e può tenere Rosie
»
« Credevo venisse con noi » affermo perplesso.
« Hai mai portato una bambina di nemmeno un anno in aereo, al
mare… ? Avremo tempo per portarla con noi »
Sorrido, pensando alla piccola Rosie con i suoi ciuffetti di capelli
che un giorno diventeranno lunghi e affascinanti e noi saremo
tentati di usare le telecamere di Mycroft per controllare ogni sua
mossa, ma quei giorni fortunatamente sono ancora lontani.
« Sono felice » esclamo, improvvisamente, una
constatazione o un’epifania, non ne sono del tutto sicuro.
« Lo sono anch’io, Sherlock. Spero solo che tu lo
sia davvero e che non ti stia autoconvincendo per adattarti a una vita
che forse non volevi »
Sono ancora sconvolto dall’enorme progresso che abbiamo fatto
in termini di comunicazione, una volta avrebbe tenuto per sé
questo pensiero, ora lo butta fuori, stando ancora ben stretto a me e
controllando di tanto in tano il mio battito che accelera ogni volta
che mi sento esposto, come ora.
« Come puoi pensarlo? »
« Precedenti esperienze matrimoniali. Io non riuscivo ad
adattarmi alla vita civile e a tutte le convenzioni sociali che prevede
un matrimonio, come cene da amici e altre amenità.
Mary, invece, non riusciva a scappare dal suo passato e sappiamo tutti
com’è finita »
Non c’è più una goccia di rancore o
malinconia nelle sue parole, non so se lo ha superato del tutto e non
so se lo farà mai ma il fatto che sembra stia parlando di
qualcosa molto lontano da noi mi scalda il cuore; il terrore di vivere
costantemente con il fantasma di Mary era diventato un tarlo e spesso
mi sono chiesto se quando sembrava apparentemente fissare il vuoto
stesse in realtà dialogando con lei. Non ho mai avuto il
coraggio di chiedergli se dopo la caduta dal Bart’s vedesse
anche me. Se ha convissuto per due anni con il mio fantasma che faceva
commenti inopportuni sulla sua vita. Fa ancora male, ma sono sicuro che
è molto prossimo ad essere tutto archiviato in una stanza
inutilizzata del mio palazzo mentale, dove ho rinchiuso le cose a cui
non voglio più pensare.
« Noi non siamo così, John. Non siamo due spiriti
in fermento che cercano di adattarsi alla vita ordinaria. Viviamo come
prima, solo con dei miglioramenti. Non mi sto sforzando, it is what it
is, non credi? »
John sorride e nonostante il caldo lo sento muoversi finché
non lo ritrovo sopra di me con un sorrisetto che è tutto un
programma, faccia a faccia, occhi negli occhi. Inizia a baciarmi
lievemente sulle labbra, come una carezza e una promessa prima di
scendere sul collo, petto, seguendo tutta la linea degli addominali,
prima di risalire nuovamente.
Sono già completamente perso nell’estasi quando
inizia a spingere e il mio mondo, come al solito, si riduce a silenzio
e incapacità di pensare. Tutto è calma e tutto
è eccitazione, luce e buio, e alla fine tutto diventa io e
John e niente altro ha importanza.
Sono felice e per una volta il resto non conta.
***** * *****
(1)Una parafrasi delle immortali parole di A.C.Doyle
Angolo autrice
Ciao a tutti e grazie per essere arrivati fino a qui. Questo capitolo
è un po’ più corto degli altri e
ammetto è stato il più difficile da scrivere,
cosa che mi stava anche infastidendo :-D Spero ne sia comunque uscito
un bel capitolo e che abbia trasmesso quello che volevo.
Ci ritroviamo per l’autunno, il capitolo finale
Un abbraccio
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