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Ragazzuole
belle, lo so che vi siete un po' sorprese del mio "aver messo il
turbo", ma io l'avevo detto che avrei accelerato per concludere la
storia entro fine mese :P
Sarà un capitolo abbastanza... confusionario. E non tutti i personaggi compariranno (scusate!).
Buona lettura! ;)
- Melisandre McTavish -
Deliverance Melisandre McTavish, 3 giugno 1982, ex Corvonero poi Tuonoalato
Melisandre adorava il suo lavoro.
Aveva iniziato per caso, dopo ciò che le era successo a New York, trovando in esso una ottima valvola di sfogo.
(da "Un omicidio per i Black", cap. 3 - Conseguenze)
inverno 1994, Hogwarts, Torre dei Corvonero
Era
alquanto raro che Vitious si presentasse nella Torre che ospitava gli
alunni appartenenti alla sua casa, perciò, quando lo fece quella
sera, Deliverance pensò che l'uomo dovesse fare un annuncio
legato al Torneo Tremaghi.
Pertanto non vi prestò attenzione più di tanto, mentre il professore faceva scorrere lo sguardo sui vari ragazzi presenti nella Sala Comune, come alla ricerca di qualcosa.
Almeno finchè non lo sentì pronunciare forte e chiaro il suo nome.
"Signorina McTavish... può seguirmi nel mio ufficio per favore?"
"Si accomodi." La invitò
l'insegnante di incantesimi una volta arrivati alla meta, gettandole
un'occhiata quasi compassionevole, mentre un elfo domestico si
affrettava ad appoggiare sulla scrivania del the caldo insieme a dei
biscotti e a dileguarsi con un inchino.
Confusa dalla situazione, la ragazzina fece quanto le era stato detto.
"Io... mi dispiace, non c'è
un modo meno doloroso per dirglielo, quindi andrò dritto al
punto." Affermò Vitious tenendo lo sguardo basso. "I suoi
genitori... hanno avuto un incidente... in seguito al quale... sono morti."
Deliverance, a quelle parole, sentì un enorme senso di vuoto invaderla. Non versò neanche una lacrima, ma qualcosa dentro di lei si spezzò.
"Che tipo di incidente? Hanno... hanno sofferto?" Domandò
tremante, mentre arpionava con la mano il bracciolo della sedia, come
per essere sicura di avere ancora un appiglio al quale aggrapparsi da
qualche parte.
"Io..." Tentennò l'uomo, che aveva ricevuto la notizia ma senza troppi dettagli allegati.
Meglio cercare di darle quel seppur minimo conforto oppure essere sinceri?
"Questo non lo so." Optò per dirle la verità alla fine. "Gli Auror stanno indagando."
"Cosa ne sarà di me?" Chiese a quel punto Deliverance, con un filo di voce.
"Ho parlato con Silente: ti rimanderemo a casa per qualche giorno, in
modo da farti partecipare ai funerali." Le spiegò Vitious,
appoggiandole una mano sulla spalla in un vano tentativo di conforto e
passando da darle del 'lei' al 'tu' "Poi tornerai qui, per concludere
l'anno scolastico, se lo vorrai. Altrimenti potrai trasferirti
direttamente dai tuoi nonni, a Boston o a New York, e continuare i tuoi
studi ad Ilvermony - siamo già in contatto con la Preside. Mi
dispiace davvero tanto Liv."
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"Signor Levenvolde?" Lo raggiunse la voce di Cata. "Forse è meglio se viene giù... SUBITO... in salotto sta succedendo davvero di tutto!"
(da "Un omicidio per i Black" - cap. 17, Darius Levenvolde)
14 luglio 2007, Villa Black
Considerato ciò che era
accaduto nelle ultime settimane, Darius, appena sentita la frase di
Catalina, non ci pensò due volte a precipitarsi fuori dalla
porta, seguito a breve distanza da Alexis.
Ma neanche nella sua più fervida immaginazione avrebbe potuto pensare ad uno scenario simile.
Il suo salotto era letteralmente invaso da persone.
C'era Julia Carlisle che si agitava inutilmente in un angolo, bloccata sia da Aaron che Melisandre.
Ma il suo sguardo non potè che essere attirato dal volto
sofferente di sua moglie, seduta a metà delle scale mentre
respirava a fatica, stringendo convulsamente la mano a Cecilia e a
Candice, mentre Gillian le accarezzava i capelli cercando sia di
calmarla che di farla respirare normalmente.
Infine, a pochissima distanza da lui, vide Nihal.
Stava risalendo le scale talmente velocemente che per poco non andarono a sbattere l'uno contro l'altro.
Senza stare a pensarci troppo, Darius lo bloccò.
Voleva precipitarsi da Cassiopea, ma prima doveva assolutamente capire cosa stesse succedendo.
"Sto andando a prendere i bambini." Lo informò immediatamente
suo cognato, che aveva il volto completamente stralunato "Julia
Carlisle - o come diavolo si chiama - è appena stata arrestata per aver ucciso Samuel Larson... e a Cassy si sono appena rotte le acque."
"Che cosa?" Riuscì soltanto a balbettare Darius, totalmente spiazzato.
Oh porco, porchissimo Grindelwald!
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estate 1996, campagna newyorkese
Mentre guardava i campi rigogliosi di fronte a lei, Liv si trovò a ripensare a sua madre.
Non poteva fare a meno di cercare di rievocarla ogni volta che poteva,
rendendosi conto però di ricordare sempre meno dettagli che la
riguardavano. Come, ad esempio, il suono della sua voce.
Probabilmente, se non fosse stato per le diverse foto che c'erano, sue
e di suo padre, nelle case dei nonni, avrebbe fatto fatica anche a
ricordare il loro aspetto.
Ma, almeno quel particolare, lo ricordava molto bene: sua madre aveva sempre adorato i papaveri.
E in quel momento, di fronte a lei, si trovava un enorme campo pieno di
quei fiori, rossi come i suoi capelli, che più di una volta
avevano affascinato la donna.
Al contrario delle aspettative, si era trovata incredibilmente bene negli Stati Uniti.
Certo, la perdita di entrambi i genitori era sempre lì, a
gravarle sul cuore, tuttavia aveva avuto la fortuna di non dover
gestire tutto quanto da sola.
I suoi nonni, sia materni che paterni, le erano stati accanto dal primo
momento che, tremante, era uscita dal camino di Hogwarts per recarsi al
San Mungo. E poi non l'avevano più lasciata, riempiendola di
affetto incondizionato.
E lo stesso avevano fatto anche il fratello di suo padre e la moglie,
insieme a quello che, entro poche settimane, era diventato il suo
cugino preferito: Chris.
Proprio Chris l'aveva convinta a lasciare subito Hogwarts per
trasferirsi ad Ilvermony, dove era stata scelta immediatamente dal
Tuonoalato. Che probabilmente rispecchiava molto meglio la sua anima di
quanto non avesse mai fatto la casa di Corvonero ad Hogwarts.
"Se non ti sbrighi a mangiare quel gelato, finirà per
sciogliersi completamente sulla tua mano." La distrasse dai suoi
pensier una voce maschile, alquanto divertita, facendola sobbalzare.
Suo cugino, con il suo tipico passo felpato, l'aveva appena raggiunta.
"Stavo ripensando alla mamma." Lo informò lei, stringendo appena
le spalle. "Il panorama le sarebbe di sicuro piaciuto." Spiegò
indicandogli i papaveri, mentre un piccolo sorriso faceva capolino sul
suo viso.
"Allora ne raccogliamo un mazzo e glieli portiamo sulla tomba?" Propose
immediatamente Chris, andando ad accomodarsi accanto a lei.
"Credimi Chris... se ci sta guardando, sarebbe più felice di
sapere che li abbiamo lasciati lì dove sono a vivere, piuttosto
che vederli strappati dal terreno per essere depositati sulla sua
tomba."
"Sei sempre stata più saggia di me." Rispose lui depositandole
un braccio sulle spalle per attirarla verso di sè. "Sono sicuro
che la zia apprezzerà."
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14 luglio 2007, Villa Black
"Cassy..." Borbottò incredulo
Darius, che nel frattempo si era sostituito a Cecilia, Gillian e
Candice, che si erano affaccendate intorno alla moglie fino a quel
momento, per prenderla in braccio "Ti rendi conto che quello che stai dicendo è una assurdità?"
"No che non lo è." Ripetè però lei testardamente,
mentre a causa dell'ennesima fitta tornava a stritolargli la mano
"Julia - o Victoria o quello che è - mi ha seguito per tutta la
gravidanza di Lyra e anche per quella di Antares... non ho alcuna intenzione di partorire con una guaritrice diversa."
"Ma..." Provò nuovamente a farla ragionare lui "E' stata appena arrestata per omicidio!"
"Aaron ha arrestato anche te per lo stesso motivo!" Gli ricordò però Cassiopea "Eppure sei qui. Ha avuto anni
a disposizione per farmi del male, se avesse voluto! E Aaron
potrà sempre riarrestarla quando avrò finito di
partorire, nel caso."
"Cassy!" Protestò a quel punto Darius, incapace però di aggiungere altro.
"Aaron, libera subito quella donna e falle fare il suo lavoro!" Gli
ordinò secca la padrona di casa, girando lo sguardo verso
l'Auror "Aaargh! ADESSO! Se sto
partorendo in anticipo è perchè in questo periodo ho
subito una dose molto forte di stress... e tu, arrestando mio marito,
hai contribuito. Quindi me lo devi!"
Dal momento però che sia Aaron che Melisandre - come più
o meno tutti i presenti - la guardavano come si guardava una pazza, si
sentì in dovere di aggiungere "Solo per il parto... Darius
sarà dentro con me e se vorrai potrai entrare anche tu,
Melisandre. E se prometti di restare dietro, anche tu Aaron. Così la terrete tutti sotto tiro. Ma-non-intendo-partorire-senza-di-lei. Vi prego!"
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15 giugno 2000, Grande Mela
Dopo essere uscita dal negozio, Liv si guardò frettolosamente attorno, sentendo un fastidiosissimo formicolio alla nuca.
Non sapeva dire il perchè, ma aveva l'impressione che qualcuno
la stesse osservando. E che lo stesse facendo anche da parecchio.
Eppure, nonostante si fosse guardata intorno diverse volte, non aveva visto nessuno, di sospetto.
Cercando di autoconvincersi che fosse soltanto un'impressione - in
fondo era pieno giorno - la ragazza aumentò la presa sulla
sporta che aveva in mano e poi imboccò una stradina laterale
poco trafficata, che avrebbe dovuto permetterle di eseguire la
smaterializzazione che l'avrebbe portata direttamente a casa.
Peccato che la sensazione di essere seguita fosse esatta.
Non aveva neanche fatto mezza giravolta, che qualcosa di scuro venne
calato sul suo volto, impedendole così sia di vedere che di
urlare.
Fu per lei l'inizio di un incubo.
Così come non si sarebbe mai
scordata il giorno del suo rapimento, Deliverance non avrebbe mai
scordato neanche quello della sua liberazione.
Aveva passato un tempo indefinito tra le mani di quello psicopatico. Subendo infinite torture, sia psicologiche che mentali.
All'inizio aveva sperato che qualcuno, della sua famiglia o del corpo
Auror o anche chiunque altro, riuscisse a ritrovarla in fretta. Ma
ciò non era successo.
Perciò aveva iniziato a pregare di addormentarsi e non svegliarsi più.
Ma, purtroppo, non era accaduto neanche quello.
Sembrava che il suo rapitore conoscesse perfettamente i limiti del suo
corpo: ogni volta che li stava per raggiungere, si fermava.
Poi, una volta che lei aveva recuperato abbastanza le forze, ricominciava da capo.
Quel giorno però, c'era stato qualcosa di diverso nell'aria: il suo rapitore aveva iniziato a dare i numeri.
Si comportava in modo strano - molto più di quanto non facesse
di solito - e aveva iniziato a sussurrarle all'orecchio discorsi
stravaganti.
"Ci siamo divertiti molto insieme, vero rossa? Peccato, davvero un peccato.
Ma vedi, devo liberarmi di te. Stai iniziando a diventare troppo
ingombrante... e poi qualche altra ragazza vorrebbe essere di sicuro al
tuo posto... io devo pensare a tutte: non puoi essere così
egoista da volermi tutto per te."
Liv avrebbe voluto rispondergli che, per quanto la riguardava,
lei non lo aveva mai voluto. E che era sicura di parlare a nome anche
di altre ragazze. Tuttavia l'unica cosa che le uscì dalla bocca
fu una preghiera.
"Se devi uccidermi allora fallo in fretta." E spero che nessun'altra si ritrovi a dover affrontare ciò che ho subito io.
Ma non fu lei a morire quel giorno.
Luci, urla, scintillii di incantesimi.
E poi la voce calda di una donna, unita ad una coperta appoggiata sul
suo debole e freddo corpo. "L'HO TROVATA! E' VIVA! DA QUESTA PARTE! ...
Coraggio ragazza, mi senti? E' tutto finito."
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14 luglio 2007, Villa Evans
"Signor Evans?"
Sentendo la voce di Lysbeth chiamarlo, Aster si girò verso di
lei con un'espressione interrogativa. Di solito era Cecilia che si
occupava di quelle faccende... o che si metteva a fare amicizia con le
domestiche.
"Sì?"
"Ehm... è appena arrivato questo per lei." Rispose la domestica,
sventolandogli così davanti agli occhi un bigliettino, nel quale
Aster riconobbe immediatamente la scrittura della moglie.
"Ma se Sil è appena uscita di casa!" Brontolò confuso, alzandosi velocemente in piedi per strapparglielo di mano.
Per qualche secondo il silenzio calò nella stanza, mentre l'uomo
cercava di decifrare la scrittura frettolosa di Cecilia e Lysbeth era
combattuta tra la voglia di farsi gli affari suoi e quella di chiedere
cosa stesse succedendo - lo sapeva anche lei che la padrona di casa era
appena uscita, visto che si era precipitata fuori non appena le aveva
consegnato i regali per il compleanno dei bambini.
"Tutto bene?" Si azzardò a domandare alla fine.
"Prepara una borsa con un po' di cambi per me e per mia moglie: intimo, vestiti, cose così." Fu la risposta di Aster "Cassiopea sta partorendo."
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2001, Casa McTavish
"Liv?" Domandò Chris non appena rientrò in casa, vedendo
tutte le luci spente mentre sentiva un odore che con il tempo gli era
ormai diventato familiare invadergli le narici.
Alchool.
Sua cugina si stava ubriacando di nuovo.
Era da quando l'avevano ritrovata e liberata che Deliverance aveva reagito in quel modo.
Beveva come una spugna e non si faceva avvicinare da nessuno che non fosse lui.
In un primo momento aveva provato a lasciarle i suoi spazi,
permettendole anche di trasferirsi nella sua casa per cercare di
donarle un po' di conforto, sperando che, almeno con lui, prima o poi
si aprisse.
Ma non era mai successo: Deliverance si era chiusa nel mutismo
più assoluto, rifiutandosi di vedere chiunque. E rifiutando
anche di andare in terapia.
A parte di notte. Lì urlava e piangeva fino a non avere
più lacrime. Finchè non si riaddormentava, completamente
esausta.
Ma lui, Chris, non era più disposto ad andare avanti così.
Se lei non era disposta ad aiutarsi, l'avrebbe aiutata lui
finchè non sarebbe stata di nuovo in grado di rimettersi in
piedi da sola.
"LIV!" Urlò di nuovo, sapendo che almeno così avrebbe ricevuto una risposta.
"Non urlare che mi fai venire il mal di testa." Sbiascicò
infatti la voce della cugina, sbucando barcollando dal salotto. E
facendo immediatamente un passo indietro non appena si rese conto che
il ragazzo non era da solo.
"Oh no, tu resti qui." La riacchiappò però lui al volo,
approfittando dei suoi riflessi resi lucidi - a differenza della
ragazza - dalla mancanza di alchool. "Ti presento Lauren Thompson."
Disse indicandole la donna dietro di lui "E' l'investigatrice che ha
aiutato gli Auror a ritrovarti e a farti uscire da quell'inferno. Nei
prossimi giorni verrà a casa nostra molto spesso e ti
insegnerà come gestire e, possibilmente, superare il trauma. Dovessi anche legarti alla sedia, ma tu la ascolterai."
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14 luglio 2007, Villa Black
"Candice...
vai a prepararmi la borsa da portare all'ospedale... Cata... vai ad
aiutare Nihal con i bambini... e recupera anche Diego già che ci
sei..." Iniziò a dare ordini Cassiopea a destra e manca, mentre
le due domestiche, avendo ormai rinunciato a farle cambiare idea, si
affrettavano ad eseguire i suoi ordini "Alexis tu invece... Alexis che ci fai tu qui?"
Domandò interrogativa sgranando gli occhi, notando soltanto
davvero in quel momento della presenza della cugina di suo marito nella
casa. "Aaaah!" Si lamentò poi, aggrappandosi del tutto a Darius
per il dolore.
"Ehm..." Replicò incerta lei.
Non le sembrava proprio il caso, in quel momento, di dirle il motivo
per cui si trovava lì. Le sembrava una situazione già
abbastanza incasinata di suo.
Insomma, il padre di Darius non si sarebbe smaterializzato a Villa Black proprio in quell'istante no? Quindi poteva anche aspettare a dirglielo.
"Avanti... non può andare peggio di così." La
incoraggiò Cassy sbuffando, facendo un passo in avanti e
stringendo i denti per non urlare nuovamente dal dolore.
"In realtà può." Sputò fuori a quel punto Alexis
"Sono venuta ad avvisare te e Darius: suo padre è a Londra,
intenzionato a rendere il vostro matrimonio nullo." La informò.
Insomma, la ragazza era già in travaglio, non poteva accellerarle il parto più di così, no?
"Ok, devo imparare a stare zitta." Si limitò a commentare
Cassiopea, alternando commenti a respiri profondi "Gilly... puoi
avvisare tu zio Altair e zia Lizzie per favore? ... E anche le varie
zie? ... Sil... tu accompagni me e Darius in ospedale?"
"Possiamo andare adesso o vuoi anche prepararti un the?" Sbottò
a quel punto Darius spazientito, prendendola in braccio e iniziando
davvero a trascinarla di peso verso il camino.
Appena le fiamme smeraldine li ebbero avvolti, anche Julia - tenuta
sotto tiro sia da Aaron che Melisandre - avanzò con aria
rassegnata verso il camino. "Prova a fare un passo falso e sei
morta." La minacciò Aaron.
"Non intendo scappare." Lo rassicurò però la medimaga, alzando le mani per aria in segno di pace "Dopo
il parto vi racconterò tutta la verità. E allora, forse,
capirete che non sono io la cattiva di questa storia."
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"Per come la vedo io, puoi gestire la cosa in due modi Liv:
continuare a piangerti addosso e affogare i tuoi dispiaceri
nell'alchool - senza però risolvere nulla se non procurandoti
una bella cirrosi epatica - oppure canalizzare quello che provi e senti
in qualcosa di utile, trovando il modo di aiutare davvero te stessa. Queste intanto le mettiamo via."
Si era presentata così, il mattino dopo, Lauren Thompson, quando
Deliverance aveva finalmente smaltito la sbornia, sequestrandole ogni
bottiglia contenente alchool presente nella casa.
Liv non l'aveva accettata subito. Vedeva nella mossa del cugino una imposizione bella e buona sulla sua libertà.
"Ti ho liberato dall'inferno fisico Liv.
Mi ci sono volute infinite notti insonni e tazze di caffè, ma
non mi sono mai arresa pur di ritrovarti. Anche se non ti avevo mai
vista nè conosciuta. Quindi ti libererò anche da quello mentale. Tu però devi essere la prima a volerlo."
Ci volle del tempo prima che la tuonoalato fornisse anche soltanto una minima risposta.
Di solito, ogni volta che Lauren si presentava, si metteva sul divano,
con le braccia incrociate. Rifiutandosi di dire anche solo mezza
parola.
"Non mi chiami Liv. Lo faceva spesso anche... lui. Non voglio che qualcuno mi chiami ancora così."
"Molto bene. Allora come vuoi che ti chiami?"
"Lissa. Il diminutivo di Melisandre."
"D'accordo Lissa."
Erano stati mesi difficili.
Più di una volta Melisandre aveva pensato di mollare, ritornando a rifugiarsi nella bottiglia.
E più volte aveva ceduto alla tentazione, sgattaiolando al supermercato di nascosto.
Ma se lei era testarda, Lauren lo era probabilmente di più.
Una settimana dopo la prima risposta, con la quale avevano concordato
insieme il suo nuovo nome, l'investigatrice l'aveva portata in una
palestra, insegnandole pian piano a fare a botte e a canalizzare la
rabbia.
E i miglioramenti, anche se lentissimi, c'erano stati.
Con lo scorrere del tempo, quella donna diventò per lei un modello da seguire. In tutto.
Finchè Melisandre non si sentì pronta.
"Torno in Inghilterra." Comunicò a suo cugino una mattina. "Non
posso continuare ad usare casa tua come un rifugio, tu devi vivere la
tua vita... e io la mia. L'Inghilterra è un buon posto dove
poter ricominciare da capo. I miei genitori mi hanno lasciato un po' di
denaro, che userò per aprire una agenzia investigativa, la
Allians Investigation. Lauren mi fornirà i primi contatti, poi
mi farò strada da sola."
"Sei sicura che è questo ciò che vuoi fare?"
"Assolutamente sì. Voglio aiutare gli altri come lei ha aiutato me."
Ci vediamo presto con la storia di
Julia (e anche da qua posso sentire i cori da stadio che cantano
"Alleluja!") e poi con l'epilogo ;)
ps: chi non l'ha ancora fatto e vuole vedere il suo personaggio nelle OS, è pregato di mandarmi l'MP con la risposta!
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