19
Come al solito occhio alle date (e agli orari), perchè farò un po' di "avanti e indietro".
Buona lettura ;)
- Julia Carlisle / Victoria Julia Foster -
Victoria Julia Foster, 8 gennaio 1980, tuonoalato
15 luglio 2007, Dipartimento Auror ore 12
"Dunque Victoria - o preferisci essere chiamata Julia?
- come si sono svolti davvero i fatti la sera del 21 giugno 2007 a
Villa Black?" Domandò Aaron, accomodandosi sulla sedia della
sala degli interrogatori e iniziando a massaggiarsi le tempie con le
mani.
La testa gli stava scoppiando.
Cassiopea, durante il parto, non si era di certo sprecata nelle urla e lui aveva vissuto il tutto anche con la tensione e la paura che la sospettata principale potesse fare qualcosa per riuscire a fuggire.
Ma, almeno quello, glielo doveva riconoscere: Julia Carlisle - o
Victoria Foster - era stata di parola. Aveva fatto nascere il bambino e
poi, dopo essersi andata a cambiare e pulire - sorvegliata a vista da
Melisandre - si era fatta arrestare senza opporre resistenza.
In un'altra situazione avrebbe rimandato l'interrogatorio.
Ma ormai doveva rispondere anche alla propria curiosità.
Voleva chiudere il caso.
"Se volete sapere come si sono svolti i fatti, dovete prima ascoltare
la mia storia. Altrimenti vi farete un'idea completamente sbagliata."
Rispose Julia "In ogni caso, signor Morgan, se vuole ridurre il suo mal
di testa le consiglio un impacco a base di foglie di rafano e gocce di
limone." Gli suggerì.
"Pensi solo a rispondere alla domanda." Replicò però Melisandre, gettandole un'occhiataccia.
"Scusi, deformazione professionale." Disse Victoria abbassando lo
sguardo a disagio "Come ho detto, è una storia lunga... che
parte con la mia nascita a Boston, nel 1980..."
-*-*-*-
primi anni '80, Boston
Quando Clarissa Carlisle in Foster si accorse di essere incinta per la
terza volta, la considerò una vera e propria sorpresa: aveva
ormai passato i 40 anni da un pezzo e pertanto, finchè non si
era recata alla visita ginecologica, si era convinta di essere entrata
in menopausa.
In fondo gli altri due figli avevano già rispettivamente 19 e 21
anni. Più che madre per la terza volta, Clarissa si aspettava di
diventare nonna a breve, ormai.
Ma la piccola Victoria nacque esattamente come previsto di lì a
qualche mese, rivelandosi essere una bambina perfettamente in salute.
E anzi, con qualche caratteristica in più rispetto ai suoi
fratelli: nonostante la madre fosse una strega infatti, il padre era un
babbano ed entrambi i figli avevano preso da lui. Neanche una goccia di
sangue magico scorreva nelle loro vene.
Victoria invece, si dimostrò da subito essere una strega come la
madre in tutto e per tutto: a soli due anni, essendo affamata, aveva
fatto comparire il biberon tra le sue mani, iniziando subito dopo
a succhiarlo, avida di latte.
Un episodio che sarebbe stato considerato normale, in una qualsiasi
famiglia composta da soggetti magici. Ma che finì invece per
allarmare il padre: Jackson Foster, puro babbano al 100%, si era
costruito una carriera di tutto rilievo nel suo mondo, arrivando a
ricoprire la carica di senatore dello Stato del Massachussets. E sua
moglie, agli occhi dell'opinione pubblica, era una casalinga dedita
soltanto alla casa e alla famiglia, che faceva volontariato in
fondazioni benefiche per agevolare la carriera del marito.
Di sicuro non si potevano permettere
che, durante un comizio, l'ultimogenita facesse comparire il suo
orsacchiotto preferito dal nulla!
Riguardo a quell'argomento, Jackson Foster era sempre stato molto
chiaro: i poteri di sua moglie erano ben accetti, a patto però
che non interferissero mai con la sua carriera.
E la nascita di Victoria, di fatto, andava contro questo principio.
-*-*-*-
14 luglio 2007, San Mungo
"Quando potrò vedere la mamma?"
Considerato che era la ventesima volta che lo chiedeva nell'arco di
neanche mezz'ora, per un attimo Cecilia rivalutò la propria
volontà di volere a tutti i costi dei figli.
Ma poi si girò nuovamente verso Lyra, seduta sulla sedia
posizionata tra lei e Gillian, mentre stringeva tra le mani il suo
orsacchiotto preferito e alternava lo sguardo tra le due zie, come
nella speranza che presto una di loro le avrebbe fornito una risposta
diversa, e cambiò subito idea.
"E' dietro a quella porta tesoro." Le rispose accarezzandole il volto e indicandogliela "Vedrai che tra un po' uscirà."
"Tra un po' quanto?"
"Dipende quanto tempo tuo fratello vorrà impiegare per
uscire dalla sua pancia." Replicò Cecilia, maledicendo
mentalmente Cassy per non aver raccontato a sua figlia la storia della
cicogna come tutte le madri normali.
Almeno avrebbe potuto dare la colpa del ritardo al pennuto!
"E non possono dirgli di sbrigarsi?" Domandò a quel punto Lyra confusa.
"Tesoro... chi è che comanda in casa?" Replicò la rossa, colpita da un'idea improvvisa.
"La mamma." Rispose senza esitazione la bambina, mentre Gillian e Cata,
sentendo la risposta, si portarono la mano davanti alla bocca per non
ridere.
"E allora... se tuo papà ordinasse alla mamma di fare qualcosa,
lei obbedirebbe?" Continuò nel suo ragionamento la rossa.
"No: è sempre lei che da gli ordini." Replicò Lyra
convinta, mentre Gillian e Cata continuavano a seguire la discussione
alquanto divertite e con sempre maggiore interesse, cercando di capire
dove avrebbe condotto la conversazione la Weiss. "Papà dice
sempre che ha più potere lei di zio Aaron."
"Beh, allora diciamo che in questo momento il potere è passato nelle mani di Antares." Concluse semplicemente Cecilia. E se lo terrà anche per un bel po' temo. Aggiunse mentalmente.
"E perchè?"
Ma erano tutti così i bambini?
-*-*-*-
1985, Boston, Casa Foster
"Cynthia
giochi con me?" Domandò Victoria, indirizzando un sorriso
speranzoso alla sorella maggiore che però continuò a
fornire tutta la sua attenzione ai fogli che aveva tra le mani.
"Non posso Vic, devo preparare una lezione." Rispose frettolosamente.
"Allora giochi tu con me Fred?" Insistette la bambina, girandosi verso il fratello.
"Non vedi che sto studiando?" Fu la risposta secca del ragazzo, con il naso immerso nei libri.
"Mamma...?"
"Sto andando alla Fondazione Bane tesoro. Per qualsiasi cosa chiedi
alla tua tata: te ne abbiamo presa una apposta." Fu la risposta
frettolosa della donna mentre finiva di infilarsi gli orecchini davanti
allo specchio.
"Ma io voglio te!" Provò ad opporsi Victoria.
"Sìsì va bene. I soldi per la pizza sono sul tavolo."
Dichiarò Clarissa senza neanche ascoltarla, prima di uscire nel
cortile per dirigersi verso la limousine che la stava aspettando.
Prima che i primi lacrimoni iniziassero a fare capolino dagli occhi
della bambina, Abby, la ragazza che i Foster avevano assunto come baby
sitter, intervenne. "A cosa volevi giocare tesoro? Perchè io ho
una gran voglia di andare al parco e di mangiare un gelato! Tu no?"
"Sì ecco brava, portala al parco. Così almeno non fa
rumore! Ho bisogno di studiare io!" Fu il commento del fratello
maggiore. "Ma vedi di non usare la magia in pubblico come hai fatto
l'ultima volta Vic! Se no sono guai."
-*-*-*-
14 luglio 2007, San Mungo
"A
guardarla così sembra un angioletto vero?" Dichiarò
Catalina, appoggiando una coperta leggera sopra al corpo di Lyra, che
si era addormentata in braccio a lei circa un'oretta prima. "Non che di
solito sia una bambina capricciosa o altro." Aggiunse subito dopo per
non essere fraintesa.
"No, infatti, è una bambina buonissima."
Replicò Candice, gettandole un'occhiata carica d'affetto a
sua volta.
Le ci era voluto poco per volerle bene.
Quando aveva iniziato quell'avventura, da come gli erano stati
descritti i Levenvolde - e anche a causa del disguido accaduto con
Lysbeth - non si era fatta un'idea esattamente lusinghiera di quella
famiglia. E si era convinta che si sarebbe trovata ben presto a che
fare con una bambina viziata e capricciosa.
Ci aveva messo poco, invece, a ricredersi.
Certo, si trattava pur sempre di persone ricche e, come tali, con
diversi vizi. Ma nulla che non potesse essere riscontrato anche
all'interno di un qualsiasi altro nucleo familiare, ovviamente
rapportato al grado di ricchezza.
"Vuoi un caffè Cata?" Le domandò occhieggiando verso il
cartellone con le indicazioni per i vari reparti che si trovava in
mezzo al corridoio "O anche qualcos'altro..."
"Ay! Credo che un caffè non sarebbe affatto male, visto che non
sappiamo quanto dovremo aspettare ancora." Rispose Cata, gettando
un'occhiata leggermente preoccupata verso la porta dove erano spariti
sia Darius che Cassy ormai diverse ore prima.
Quando era nata Lyra, il parto era durato stranamente pochissimo. Ma
era anche vero che, nella media, durava circa una decina di ore. E ne
erano passate soltanto cinque, fino a quel momento.
"Magari anche qualcosa da mang...?" Candy non fece in tempo a concludere la domanda.
In quel momento, infatti, la porta alle loro spalle si aprì -
anche se purtroppo non quella che avrebbero voluto - e Aster fece la
sua comparsa insieme a Lysbeth, carichi entrambi di borse e oggetti
vari.
"Avete svaligiato un negozio prima di venire qui per caso?" Li accolse
Cecilia sgranando gli occhi, dirigendosi immediatamente verso di loro
per aiutarli, seguita immediatamente da Candice.
"No... semplicemente Lysbeth ha voluto essere previdente: credo che
abbia preparato da mangiare in quantità tale da poter sfamare
più o meno un esercito." Rispose Aster, sospirando di sollievo
nel momento in cui Candy gli tolse dalle mani una borsa. "Ci sono delle
novità sul parto?"
"No, non ancora."
"Oh beh, direi che il mio giro per andare a prendere il caffè
può aspettare a questo punto." Commentò Candice, gettando
un'occhiata all'interno della borsa che aveva tra le mani "E' un termos
quello che vedo?"
"Ce ne sono due." Confermò immediatamente l'olandese "Uno pieno
di the e uno di caffè: li ho incantati apposta affinchè
siano sempre caldi e pieni."
"Beh, allora non ci resta che attendere."
-*-*-*-
"Volevo chiederle..." Iniziò
Melisandre, prima di interrompersi ed esitare, attirando così
l'attenzione di Julia "Noi due ci conosciamo già per caso? Lei
ha un profilo che sono sicura di avere già visto, da qualche
parte."
(da "Un omicidio per i Black" - cap. 9, Aaron Morgan)
anni '90, Ilverlmony
Avere ricevuto la lettera per Ilverlmony era stata una benedizione per Victoria.
Per la prima volta da quando era nata, aveva trovato un posto al quale sentiva di appartenere davvero.
In quella scuola nessuno la riconosceva come la figlia dell'ex
senatore del Massachussetts. Lì la conoscevano semplicemente
come Victoria Foster, la tuonoalato cacciatrice della squadra e
prefetto.
Ilverlmony e il mondo magico erano la sua vera dimensione.
Lì poteva sfogare tutto il suo potenziale magico, imparando
tutti gli incantesimi e le pozioni che voleva e, per la prima volta,
aveva avuto anche la possibilità di farsi dei veri amici, che
non la cercavano soltanto per via del suo cognome.
In particolare aveva legato con una ragazza, sua coetanea e compagna di
casa, Cara Price. Che con il tempo aveva finito per sostituirsi quasi
del tutto ai suoi fratelli.
Spesso e volentieri, per esempio, anzichè passare le vacanze di
Natale e Pasqua dalla sua famiglia, Victoria preferiva passarle a casa
Price. E a volte vi trascorreva anche i mesi estivi.
Lì sì che si sentiva completamente accettata per ciò che era.
Non come nella sua famiglia. Nel frattempo infatti, suo fratello era
diventato avvocato, finendo per affiancare il padre nelle sue
attività legate alla politica, mentre sua sorella era diventata
professoressa di letteratura in una prestigiosa Università
Americana.
Insomma, la classica famiglia perfetta.
Peccato per quell'unica nota stonata: lei.
Sempre più giornalisti e paparazzi babbani infatti, avevano
iniziato a cercare notizie sull'ultimogenita di casa Foster, per capire
se davanti a lei si prospettava un futuro luminoso quanto quello dei
suoi fratelli. Non trovando però notizie da nessuna parte
riguardo al tipo di scuola frequentata dalla ragazza.
In un primo momento, i Foster avevano dichiarato che Victoria era stata accettata in un prestigioso collegio privato Svizzero.
Ma la verità diventava sempre più difficile da nascondere.
Finchè non arrivò il Natale del 1997.
-*-*-*-
14 luglio 2007, Studio Kennox
"Avvocato
Fisher... dove si trova l'avvocato Buldstrode?" Domandò Thomas
Kennox, il proprietario dello studio, dopo aver cercato Alexis in lungo
e in largo.
"Ehm..." Replicò la donna incerta, non essendo sicura su come rispondergli.
L'ultima volta che aveva visto la purosangue era stata quella mattina,
quando si era smaterializzata in tutta fretta senza però
fornirle alcuna spiegazione. Perciò non sapeva a cosa fosse
dovuta la sua assenza improvvisa.
Caroline stava rimuniginando su quale versione fornire al suo capo - e
se fosse il caso di coprire la collega oppure no - quando Alexis stessa
si rismaterializzò nella stanza.
"Mi scusi per la mia assenza improvvisa." Si giustificò
immediatamente, vedendo l'uomo guardarla con aria interrogativa. "Ma
sono dovuta scappare di corsa a causa di motivi familiari."
Spiegò sfoggiando un sorriso innocente "Mia cognata, Cassiopea Levenvolde, è entrata in travaglio."
"Direi che in questo caso è un motivo più che fondato."
Rispose immediatamente l'uomo, sfoggiando un sorriso comprensivo,
ammorbidendosi immediatamente dopo aver sentito il nome e cognome del
'motivo famigliare'. "E congratulazioni!"
"E' già nato il bambino?" Domandò invece Caroline, agrottando le sopracciglia "Ma non è in anticipo?"
"Con tutto lo stress che ha dovuto subire questo mese, mi sarei
sorpresa se avesse partorito senza alcuna complicazione."
Replicò Alexis.
"E com'è il nuovo nato?" Chiese a quel punto la sua collega "Lui e la madre stanno bene vero?" Aggiunse ripensandoci.
"In realtà non l'ho ancora visto." Rispose la purosangue "Sono
andata via che Cassiopea stava ancora partorendo, ma non potevo proprio
perdere altre ore di lavoro. E soprattutto assentarmi per così
tanto tempo senza fornire un'adeguata spiegazione." Aggiunse a
beneficio del suo capo, che infatti le sorrise bonario.
"Suvvia Alexis, non sono di certo così crudele! Se vuoi
assentarti anche per tutto il resto della giornata non me la
prenderò di certo! La nascita di un bambino è sempre un
evento gioioso, che merita di essere vissuto in pieno. Quindi torna
pure al San Mungo... e, mi raccomando, tienici informati!"
-*-*-*-
Natale 1997, Boston, Casa Foster
"Vic! Vic! Me lo fai vedere un'altra volta? Ti pregoooo!"
Kate, la secondogenita di sua sorella Cynthia, si era praticamente
attaccata alla gamba di Victoria da quando aveva messo piede nella casa
dei nonni, chiedendole insistentemente di compiere per lei quelle magie
che la divertivano tanto.
"Sì sì! Dai zia dai! Fallo un'altra volta!" Si unì ai cori Mike, l'altro nipotino.
A differenza dei genitori, i bambini non vedevano l'ora che arrivassero
le riunioni di famiglia per poter vedere la zia all'opera con la
bacchetta magica e più di una volta avevano dimostrato tutto il
loro disappunto nell'apprendere che loro due non avrebbero mai ricevuto
la lettera.
"E va bene!" Cedette a quel punto Victoria, tirando fuori la bacchetta dalla tasca dei jeans. "Ma solo un'ultima volta."
"Sììì!" Esplosero entrambi i bambini con cori di felicità.
Julia aveva appena iniziato a far ballare il tip tap
ad un libro, quando nel salotto comparve suo padre. Che immediatamente
le lanciò un'occhiataccia. "Non ti avevo forse detto che in
questa casa devi limitare l'utilizzo della magia?" Domandò
furente, mentre Kate e Mike sobbalzavano sul posto.
"Stavo solo facendo divertire i bambini." Replicò Julia, cercando di mantenere il controllo della situazione.
"E se al mio posto ci fosse stato un paparazzo?" Continuò l'uomo con voce gelida. "Filate nella vostra camera voi due! SUBITO!"
"La vedo dura, visto che abitiamo al decimo piano." Replicò
sarcastica la ragazza, mentre i bambini sgattaiolavano via spaventati
"Certo, a meno che non imparino a calarsi dal camino come Babbo Natale
o ad arrampicarsi sulle finestre come Spiderman."
"Sono ad un tanto così" Disse l'uomo avvicinandosi a lei
minaccioso, portando indice e pollice ad un millimetro di distanza
"dallo scoprire che sei una strega... e tu utilizzi la tua magia come
se niente fosse!" Le sbraitò addosso.
"Che succede?" Li interruppe in quel momento Clarissa, ricomparsa nel
salotto con un enorme pandoro farcito di crema e cioccolata tra le mani.
"Succede che tua figlia ha usato di nuovo la magia!" Abbaiò Jackson "Nonostante più volte le sia stato detto di non farlo!"
"Stavo soltanto facendo divertire i bambini!" Protestò Julia "Ho
fatto soltanto ballare il tip tap ad un libro! E perchè sono
diventata di colpo soltanto sua figlia? Non sono anche tua forse?"
"Chiedi scusa a tuo padre." Affermò Clarissa con voce seria, dopo qualche secondo di silenzio.
"Come scusa?" Strabuzzò gli occhi Victoria, incredula.
"Ho detto chiedi-scusa-a-tuo-padre."
Ripetè la donna, appoggiando il dolce sul tavolo e incrociando
le braccia al petto "Te l'abbiamo detto più volte di non usare
la magia! Ma tu fai sempre quello che ti pare vero? Se la stampa se ne
dovesse accorge..."
"La stampa, la stampa, la stampa... MA TI SEI SCORDATA DI ESSERE UNA
STREGA ANCHE TU?" Urlò a quel punto la ragazza, totalmente
incredula "Tu sei come me, eppure ti comporti sempre e solo come una babbana! Ma come fai a rinunciare ad una parte di te stessa?
E per che cosa dovrei chiedere scusa a mio padre esattamente? Per
essere nata con dei poteri magici? E' diventata una colpa adesso? Possibile che l'amore per quell'uomo ti abbia resa così... insulsa?"
Aveva appena finito di parlare, che la mano di sua madre la
colpì in pieno nella guancia. "Chiedi immediatamente scusa a tuo
padre. E non ti azzardare mai più ad usare la magia in
pubblico... o in questa casa. Altrimenti..."
"Non ti scomodare a finire la frase, mamma." La interruppe però lei, con voce gelida "Tranquilla,
non mi vedrai mai più usare la magia in questa casa: me ne vado.
Così riavrete la vostra famiglia perfetta, che con la mia
nascita ho evidentemente distrutto. Tanto non ne ho mai davvero fatto
parte. Addio."
Neanche mezz'ora dopo, completamente in lacrime e con una valigia tra
le mani, Victoria suonò al campanello di casa Price, chiedendo
alla famiglia di Cara il favore di poter essere ospitata fino alla fine
delle vacanze natalizie.
Da quel momento avrebbe dovuto contare soltanto sulle sue sole forze.
-*-*-*-
14 luglio 2007, Casa Larson
"Che
ne dici delle Canarie?" Domandò Theo, seduto sul divano con un
portatile sulle coscie e Sylvia semisdraiata accanto a lui.
"Il posto non mi dispiacerebbe, ma sono troppo vicine: mio marito ci
troverebbe in un secondo." Replicò la purosangue storcendo il
naso.
"Allora che ne dici delle Bahamas?" Propose ancora l'uomo, digitando un
altro nome sullo schermo, quasi divertendosi a vedere le reazioni della
donna davanti a strumenti come il computer, internet e google maps.
Più o meno le stesse che un bambino avrebbe avuto nel vedere per la prima volta Babbo Natale.
"Ma davvero riesci a vedere la città quasi come se tu fossi
presente lì?" Domandò infatti incredula la donna,
allungando di più il collo verso lo schermo del pc "E' assurdo! Chi l'avrebbe mai detto? Anche i babbani sono in grado di fare le loro magie!" Commentò sorpresa.
"E vedrai che magie quando prenoteremo online i voli e poi prenderemo
l'aereo per andarcene da qui!" Le rispose Theo sorridendo
divertito.
"Beh anche noi sappiamo volare, quella non è granchè come
magia." Replicò Sylvia con voce sostenuta "Ma che cos'è l'ollay?"
Roteando appena gli occhi, Theo si allungò per rubarle un bacio.
"Ho come l'impressione che dovrò insegnarti un bel po' di cose
sul mio mondo." Dichiarò divertito, prima di vedere lo sguardo
della sua compagna spegnersi. "... che cosa c'è che ti preoccupa?"
Domandò corrucciato "Tuo marito non sa che sei qui e di sicuro
una fuga tramite i mezzi babbani è l'ultima cosa che si aspetta
da te. E' per questo che sarebbe una fuga semplicemente geniale."
"Lo so..." Replicò lei mordendosi le labbra "Ma... tuo fratello come farà? Gli rimani soltanto tu!"
Anche gli occhi di Theo, animati fino a quel momento dalla prospettiva di fuggire con la donna che amava, si spensero.
Di certo non se ne andava da Londra a cuor leggero: il suo lavoro, la
sua casa, suo fratello, la sua vita... avrebbe dovuto abbandonare tutto
quanto.
"E quale sarebbe l'alternativa Sylvia?" Domandò alla fine,
scuotendo la testa sconsolato "Come ben sappiamo il divorzio nel mondo
magico non esiste e, se dovessimo rimanere qui, tu saresti costretta
dalle circostanze a tornare con... tuo marito."
Anche solo dirlo gli procurava un enorme fastidio "Mio fratello non si
ricorda minimamente di me e ho dato abbastanza soldi al San Mungo per
fargli continuare le cure fino alla fine dei suoi giorni... se hai una
proposta diversa e sensata sarò felice di prenderla in
considerazione e discuterne insieme a te, ma, in caso contrario, non
vedo altre alternative. Quindi te lo richiedo: hai un'altra proposta per caso?"
-*-*-*-
1998, Bristol
Victoria,
con la testa tra le mani per lo sconforto, guardò l'enorme mole
di fogli contenente bollette e tasse da pagare, chiedendosi a cosa
poter rinunciare ancora per tagliare le spese che doveva affrontare
ogni mese.
Praticamente, non si concedeva neanche il lusso di un caffè al bar ormai da più di un anno.
Si era trasferita in Inghilterra, subito dopo la fine della Seconda Guerra Magica, animata da belle speranze.
L'Inghilterra, proprio a causa della Guerra appena terminata, era un
Paese da ricostruire completamente. E lei aveva sperato di riuscire a
trovare lì il suo posto.
Ma così non era stato.
L'unico lavoro che era riuscito a trovare era stato in una gelateria,
ma con il misero stipendio che le davano riusciva a malapena a pagare
l'affitto.
E tutti i mesi si ritrovava costretta a fare i salti mortali per riuscire a far quadrare i conti. Che non tornavano comunque.
La sua migliore amica, Cara Price, più di una volta le aveva
mandato una parte dei propri risparmi per aiutarla, ma Victoria non
voleva pesare su di lei.
Non dopo essersi fatta ospitare nella sua casa per così tanto tempo.
E poi, quella mattina, una possibile soluzione era arrivata dalla
proprietaria della gelateria. "Ho visto che chiedi spesso di fare gli
straordinari, Vic. Hai bisogno di soldi per caso?" Le aveva domandato.
"La vita qui è molto cara... e non riesco mai a far quadrare i conti." Le aveva risposto lei sospirando.
"Beh... se sei interessata... una possibile soluzione ce l'avrei. Mio fratello ha un locale... notturno. Di sicuro, con il tuo fisico, saresti molto richiesta. E guadagneresti parecchio bene."
"Cosa sono mamma?"
"Non...
non avevo per caso detto, a te e tua sorella, che la soffitta è
off limits?" Riuscì a balbettare Julia in risposta, con una voce
che non era assolutamente la propria.
Anche sua figlia se ne accorse, visto che mollò il pezzo di stoffa per terra e fece un passo indietro, spaventata.
(da "Un omicidio per i Black" - cap. 12, Amelie Northman)
"Dirò a suo marito che ho bisogno di fare altri accertamenti, poi mi inventerò qualcosa." Garantì Julia "Ma le voglio dare un consiglio, anche se probabilmente non richiesto: a volte un figlio è una benedizione, anche se non arriva nel... modo... in cui avremmo voluto. Parlo per esperienza."
(Cap. 13, Lysbeth Gwen Chevalier)
Nei tratti infantili ed indecisi della figlia, Julia riconobbe immediatamente se stessa e le due gemelle, Martha e Dylan. Ma non riuscì a riconoscere la quarta figura. Era solo un ammasso rosa e verde.
"E questo chi è?" Domandò indicandogliela.
"Papà con la divisa da militare!" Rispose innocentemente la piccola.
(Cap. 4, Il funerale)
15 luglio 2007, Dipartimento Auror, ore 13
"Perciò,
esattamente, in che cosa consisteva il suo mestiere? Spogliarellista
oppure...?" Domandò Aaron, mentre la penna prendi appunti di
fronte a lui continuava a muoversi frenetica avanti e indietro
lungo il foglio di pergamena.
"Ero un'escort." Rispose
Julia con voce incrinata, nascondendo il volto tra le mani "Ho fatto
quel mestiere per circa tre anni. E' stato umiliante, mi sentivo sporca
dentro... ma non potevo fare altrimenti. E guadagnavo talmente bene da
potermi permettere non solo di coprire tutte le spese, ma anche di
risparmiare. Ci ho messo poco per riuscire a mettere via abbastanza per
coprire il primo anno di studi di medimagia. La mia speranza era di
riuscire ad ottenere un vero lavoro, che fosse ben retribuito, in modo
da poter smettere con... l'altro."
"Tutto questo mi fa accapponare la pelle" Commentò Melisandre "ma ancora non siamo arrivate alla portata principale: Samuel Larson in tutto questo cosa c'entra? E' stato uno dei suoi clienti?"
"No." Negò però la guaritrice, scuotendo la testa "Ma ha
lavorato come cameriere per uno di loro. Prima che lavorasse per i
Northman, era al servizio di un'altra famiglia: il padrone di casa non
solo faceva venire spesso in casa sua molte di noi, per i suoi festini,
ma era anche coinvolto in un giro di droga. E' in una di quelle occasioni che Samuel Larson mi ha conosciuto.
Io cercavo sempre di non farmi riconoscere: usavo parrucche, lenti a
contatto, trasfigurazione umana e a volte anche la pollisucco. Inoltre
mi facevo chiamare Rosalyn."
"Ma lui l'ha riconosciuta comunque." Completò Aaron.
"Magari fosse così semplice... Poco prima dei miei 21 anni, ho
scoperto di essere rimasta incinta delle gemelle..." Riprese il
discorso Julia, che ormai era diventata un fiume in piena.
Non ce la faceva più a tenersi tutto dentro.
"Ovviamente, non ho idea di chi possa essere il padre. Ero già
disperata su come avrei fatto a mantenere sia me stessa che loro, ma
poi, un mese dopo che sono nate, è successo un miracolo: ho
scoperto che alla mia nascita i miei genitori mi avevano destinato un
fondo di 5 milioni di dollari, al quale avrei potuto accedere appena
compiuti 21 anni: mia madre l'ha stregato personalmente, per essere
sicura che mi arrivassero in qualsiasi circostanza. Mi sono licenziata
quel giorno stesso, intenzionata a finire gli studi di medicina e a
crescere le mie figlie. Da sola. Volevo ripartire da capo.
Così ho cambiato città, trasferendomi da Bristol a
Londra. E ho cambiato anche il mio nome, decidendo di usare il mio
secondo e il cognome di mia madre, che quasi nessuno conosce. E quando
sono state abbastanza grandi, ho raccontato alle mie figlie la bugia
che il padre era stato un militare babbano morto in missione. Volevo soltanto andare avanti. Ma purtroppo non sono stata l'unica a trasferirsi a Londra. Lo ha fatto anche Samuel Larson. E, ad una festa alla quale ero stata invitata, mi ha riconosciuto."
-*-*-*-
15 luglio 2007, Azkaban
"Florence!"
Non appena sentì il suo cognome urlato dalla guardia, Elliot si alzò in piedi di scatto.
Era da giorni che non riusciva più a stare davvero tranquillo.
Sentiva qualcosa nell'aria attorno a lui, come se qualcuno stesse
trattenendo il respiro, in attesa che un grosso evento accadesse.
Ma fino a quel momento non era successo assolutamente nulla.
Ed Elliot aveva iniziato quasi a pensare di essersi immaginato tutto, in preda ad una feroce autosuggestione.
"C'è posta per te." Continuò la guardia, avanzando nella sua direzione e porgendogli un pacco.
Il paparazzo stava quasi per chiedergli cosa contenesse e chi fosse il
mittente, ma all'ultimo richiuse la bocca, preferendo ingoiare la
domanda e tacere.
Aveva riconosciuto l'uomo: era lo stesso che l'aveva preso di peso per portarlo nella saletta riservata, dove aveva avuto quel colloquio con Cassiopea.
Non era così sicuro di voler ricevere quel pacco.
"Non ho tutto il giorno Florence!" Gli urlò però nuovamente contro la guardia.
Deglutendo a vuoto, quasi come per timore che gli potesse esplodere tra
le mani, Elliot si convinse alla fine a prendere la missiva.
E poi ad aprirla.
Dentro, vi trovò una serie di fogli di pergamena bianchi completamente immacolati.
E un biglietto.
Forse potresti trovare queste cose interessanti un giorno.
Ma per adesso è meglio che questi fogli rimangano bianchi.
Buona permanenza in prigione!
C. B.
-*-*-*-
"Ehy Julia! Ma che fine avevi fatto? Non è da te arrivare così in ritardo!"
Julia Carlisle, sbiascicando scuse su scuse al suo capo, si infilò frettolosamente il camice da lavoro da guaritrice. "Ti cercavo perchè devi fare un'autopsia."
"D'accordo." Si arrese alla fine. "Chi sarebbe il cadavere?"
"Un cameriere che lavorava per una famiglia purosangue. Un certo Samuel Larson."
(cap 1 - L'omicidio di Samuel Larson)
"Quindi
prima ha assunto droghe, poi ha delirato in preda alle allucinazioni e
durante queste si è autoferito e buttato da solo nella piscina?" Domandò Eleanor incredula.
"O
ha assunto droghe da solo oppure qualcuno gliele ha somministrate con
l'inganno." Ragionò Aaron "Il problema è sempre quello...
chi è stato a fare cosa?"
(cap 6 - Sylvia Berenike Burke)
15 luglio 2007, Dipartimento Auror, ore 13.30
"Samuel Larson mi ha riconosciuta e, con la scusa di portarmi un drink, mi ha avvicinata, facendomi capire che lui... ricordava."
Riprese il suo discorso Julia, con voce strozzata. "Sapeva chi ero, il
mestiere che avevo fatto prima di diventare guaritrice e anche... come erano state concepite le mie figlie.
Non ci ha messo tanto a fare due più due." Concluse con occhi
vitrei, iniziando a fissare il vuoto e smettendo di parlare.
Non che ce ne fosse davvero bisogno: Aaron poteva capire molto bene, a quel punto, cosa avesse spinto la donna ad agire.
Con le leggi in vigore - quelle che Cassiopea stava provando a cambiare
da anni - se fosse saltato fuori ciò che Julia stava loro
confessando, la donna avrebbe perso la custodia delle bambine.
Le prostitute non potevano essere madri.
"L'ho letteralmente pregato di non dire nulla a nessuno: ero disposta a fare qualsiasi cosa
affinchè lui non parlasse, affinchè non informasse le
autorità su come avevo concepito le bambine." Riprese Julia dopo
un lungo silenzio, con un filo di voce. "E lui mi ha assicurato che non
avrebbe detto nulla ma che, in cambio, mi sarei dovuta tenere
pronta per sue eventuali richieste."
"E cosa le ha chiesto, quando è stato il momento?"
"Inizialmente droghe magiche. La mia specializzazione medica riguarda
gli antidoti e i veleni, quindi per me non è mai stato un
problema procurarmele, con la scusa di studiarle e trovare delle cure."
Rispose la donna. "Tutto sembrava filare liscio: non ero contenta di
ciò che stavo facendo, ma ero disposta a tutto per difendere le
mie bambine. Ma poi, poco prima della festa dei Levenvolde, ha alzato
la posta: voleva che ritornassi a fare la escort per alcuni suoi amici.
E lì non ce l'ho più fatta.
Dovevo dargli una risposta alla festa di Cassiopea, dove saremmo stati
presenti entrambi. E, con essa, fornirgli la solita dose di droga."
"Abbiamo visto il tuo nome nella lista degli invitati" Confermò
Aaron "E anche la conferma per la partecipazione. Ma non eri tra le
persone che abbiamo fermato subito dopo l'omicidio."
"Infatti... ho mandato un messaggio a Samuel, dicendogli che mi avevano
cambiato un turno al lavoro, ma che avrebbe comunque ricevuto tutto,
compresa la mia risposta." Riprese il discorso Julia "Mi sono
presentata all'appuntamento con della droga che ho personalmente
modificato: sapevo l'avrebbe condotto alla morte a seguito di terribili
allucinazioni. Volevo fargli capire, almeno per una volta, cosa si prova a vivere nel terrore, ad avere paura anche della tua ombra.
Ma non pensavo che l'avrebbe consumata subito: di solito sul luogo di
lavoro non la usava. Probabilmente aveva capito che c'era qualcosa di
strano e l'ha voluta testare." Continuò sfoggiando un sorriso
pieno di amarezza "Illuso: ne bastava anche solo mezzo grammo per scatenarne gli effetti."
Mai mettersi contro una madre. Si ritrovò a pensare Aaron. Anche Voldemort l'aveva dovuto imparare a sue spese.
"Ma siamo stati interrotti dai Levenvolde, che sono entrati nella
stanza litigando furiosamente: erano talmente presi dalle loro
questioni che non si sono accorti della nostra presenza. Così ci
siamo nascosti. Ma Samuel ha cominciato ad agitarsi non appena la droga
ha iniziato a fare effetto e così è stato scoperto dal
signor Levenvolde. Io invece sono rimasta nascosta. E appena ho potuto
me ne sono andata. Non è ironico? Sono andata a lavorare per avere un alibi..."
"E il tuo capo, senza saperlo, ti ha fatto fare l'autopsia sull'uomo
del quale avevi appena causato la morte." Completò per lei
Aaron, girandosi appena verso i doppi vetri, oltre i quali sapeva che
Darius aveva appena ascoltato tutto.
"Non volevo mettere nei guai nessuno. E soprattutto non volevo che un
innocente venisse accusato... ma non sapevo davvero cosa fare. Mi
dispiace tanto. Vi prego...
se dovete mandarmi in prigione fatelo, è giusto che io paghi. Ma
non mettete in mezzo le mie figlie: loro non hanno colpe."
-*-*-*-
15 luglio 2007, San Mungo, ore 9.00
Candice,
mentre gettava occhiate di tanto in tanto alla piccola Lyra che
continuava placidamente a dormire, si guardava attorno incuriosita.
Non sapeva cosa, ma c'era qualcosa di strano nell'aria.
Non erano arrivate ancora notizie certe sullo stato di salute di
Cassiopea e del bambino - o almeno, niente era giunto alle sue orecchie
- eppure aveva visto diversi componenti della famiglia Black arrivare e
poi andarsene dall'ospedale.
Troppi, per essere soltanto una coincidenza.
Senza contare che continuavano a parlattolare tra loro, come se stessero discutendo di qualcosa della massima importanza.
Stava quasi per alzarsi in piedi e dirigersi verso Altair e Nihal
Black, che stavano confabulando qualcosa in un angolo per chiedere loro
se per caso si era persa qualcosa, quando la sua attenzione venne
catalizzata dalla porta che si apriva e Gillian Greengrass che ne
usciva con un largo sorriso.
"Svegliate Lyra: immagino che vorrà conoscerlo, il suo nuovo fratellino."
Ancora intontita dal sonno, la bambina fece il suo ingresso nella stanza dove era stata ricoverata la madre pochi minuti dopo.
Ma le ci volle poco per svegliarsi: le bastò vedere i
genitori. Dei quali aveva chiesto insistentemente per ore nella
giornata precedente, prima di addormentarsi esausta.
Tenuta per mano da Gillian, venne condotta fino al letto della madre,
dove Cassiopea l'attendeva con un fagotto tra le braccia e un sorriso
radioso, anche se molto stanco.
"Vuoi prendere in braccio tuo fratello, tesoro?"
"Sì... ma non so come si fa!" Rispose Lyra, sporgendo il collo
per lanciare un'occhiata curiosa al nuovo nato, del quale le avevano
parlato così tanto negli ultimi mesi. Non vedeva l'ora di poterlo vedere dal vivo.
Sorridendo dolcemente, Cassiopea le spiegò come posizionare le
braccia nel modo corretto, poi gli depositò sopra il neonato,
tenendo un braccio sotto la vita della figlia per evitare che facesse
cadere il fratellino per sbaglio. "Ecco qua."
"Ma è pesante!" Si meravigliò Lyra, restando però
immobile per paura di fare qualcosa di sbagliato. "Mya è
più leggera!"
"Questo perchè Mya è una semplice bambola tesoro."
Replicò sua madre, depositandole un bacio sulla nuca e aspirando
così per la prima volta il profumo mischiato di entrambi i suoi
figli.
Sentendosi finalmente in pace con se stessa.
"Io devo andare adesso, Lyra. Saluti papà?" Domandò dopo
un po' Darius, mentre si avvicinava a moglie e figli per baciarli uno
ad uno.
"Perchè? Dove vai?" Domandò la bambina guardandolo confusa "Non resti con noi?"
"Torno tra un po' tesoro." La rassicurò il padre "Prima devo risolvere alcune cose."
"Tipo cosa?" Chiese ancora la bambina curiosa.
"Te lo spiegherò quando sarai più grande." Replicò
lui, sporgendosi verso Cassiopea per baciarla. "Torno tra poco."
"Ma io sono grande!"
"Tesoro, fidati di tuo padre: non avere troppa fretta di crescere."
Con un'ultima carezza ai suoi figli - e un'occhiata di intesa scambiata con la moglie - Darius si smaterializzò.
"Allora" Domandò una
mezz'ora dopo Catalina, mentre si muoveva avanti e indietro nella
stanza per far addormentare il bambino "lo avete davvero chiamato come
avete detto? Posso iniziare a chiamarlo Anty?"
Sorridendo appena per il nomignolo che la domestica aveva affibiato al
bambino senza saperlo - e che un suo omonimo non avrebbe di sicuro
apprezzato - Cassiopea si ritrovò a rispondere. "In
realtà come nomignolo stavo pensando ad Ares, ma sì, il
nome che abbiamo scelto per lui è quello. Catalina Lopez, ti
presento ufficialmente mio figlio: Antares Altair... Black."
-------
Ci vediamo con l'epilogo!
*fugge*
|