Lena
si alzò alle sette e un quarto puntuale come al suo solito.
Guardò
con appena dell'interesse il rigonfiamento sotto le coperte nel letto
vicino e, con tutta calma, si sistemò il suo e si
portò da
cambiarsi in bagno, dove uscì mezzora dopo perfetta come
sempre, con
una gonna a tubo, scura, una maglietta chiara e leggera e i lisci
capelli corvini ancora bagnati, da un lato. Anche se non doveva
uscire, poiché in quel posto di periferia non avrebbe saputo
proprio
dove andare, non era solita girare per casa Danvers, che non
considerava di certo anche Luthor, in modo informale. Per lei, era
tanto se indossava dei sandali da casa invece di quelli per uscire.
Lillian Luthor aveva provato a convincerla a smettere, nessuna di
loro indossava indumenti come se stessero per correre in ufficio, ma
erano state parole a vuoto. Lena Luthor non poteva fare come a casa,
perché non si sentiva a casa.
Andò
spedita al piano di sotto; sapeva di dover fare presto prima che la
minore delle Danvers si svegliasse o non sarebbe riuscita a farla
piagnucolare sullo yogurt. Era un bene che quella ragazzina non
riuscisse a dormire quando lei guardava i video dal cellulare,
così
al mattino era talmente stanca da dormire più del solit- si
bloccò
appena sceso l'ultimo scalino, guardando davanti a lei, seduta a
tavola, Kara Danvers in t-shirt e pantaloncini che leccava un
cucchiaino. Appena si accorse di lei, quella sorrise con estrema
soddisfazione.
«Ops,
erano solo quattro…»,
bofonchiò, indicando i quattro barattolini di yogurt vuoti
sul
tavolo. «Spero non ne volessi anche tu».
Era
stata una settimana estenuante quella appena trascorsa, ma Kara era
certa che il bello doveva ancora venire.
«Ti
sei mangiata quattro barattoli di yogurt? Tutti insieme?».
Alex
tentò con ogni mezzo di non urlare, stringendo i denti e
picchiando
la sorella contro una spalla.
Kara
aveva un aspetto tutt'altro che sereno: si reggeva la pancia
dolorante e gonfiava le guance dalla nausea.
«Non
stai facendo sport in questi giorni, non riuscirai a digerire come al
solito. E quattro barattoli sono troppi anche per te, Kara».
«Ho
aperto il frigo e ho visto che erano quattro, Eliza doveva averne
comprato due in più del solito perché li mangia
anche lei, non
potevo mica lasciarglieli, scusa», strinse le labbra,
gonfiando gli
occhi, «Mi sono sacrificata per vincere la guerra».
Erano
nella camera padronale, in maestoso silenzio poiché nessuno
doveva
sorprenderle là dentro. Eliza e Lillian erano in giardino a
sistemare le piante nella piccola serra, come ogni mattina, e non
avevano visto Lena da quando la sorprese a finire il quarto yogurt.
Kara si accasciò sul letto, mentre Alex apriva i cassetti
che
avrebbero contenuto i segreti di Lillian Luthor.
Tailleur,
abiti ricamati, costosissimi pezzi che Alex temeva anche solo di
toccare per non sgualcirli. Aprì un altro cassetto e altri
abiti. Il
terzo cassetto conteneva solo intimo e non indugiò a lungo.
Nel
quarto cassetto trovò orologi, pochette e, in fondo, dei
documenti.
Allungò la mano per prenderli e riuscì a sfilare
una foto in bianco
e nero che catturò subito la sua attenzione.
«Ehi,
Kara, guarda».
«Cosa?»,
brontolò, cercando di mettersi seduta mantenendosi la pancia
con
sofferenza.
«Questo
deve essere il suo vecchio marito, Lionel Luthor», le
mostrò il
ritratto nella foto. Un uomo dallo sguardo fermo come da famiglia,
severo, freddo. Aveva i baffi e la barbetta perfettamente curata, i
capelli lisci tenuti da un lato con una riga. «Non sembra una
vecchia foto, forse è stata scattata non troppo distante
dalla sua
morte».
«Per
cosa è morto?».
«Malattia,
infarto, incidente alla Luthor Corp, ci sono molte supposizioni e non
è mai stato diffuso nulla di ufficiale», rispose
con serietà,
guardando di nuovo la foto con attenzione. «Qui non sembra
malato».
«Magari
è stato davvero solo un'incidente», rispose,
trattenendo un gemito
di dolore alla sua pancia che brontolava.
«O
magari la famiglia Luthor nasconde qualcosa»,
sussurrò la sorella.
«Lillian Luthor è una donna abituata a una vita
molto diversa dalla
nostra, suo marito era molto più simile a lei. Cosa ci fa
adesso con
nostra madre?», chiese più a se stessa che a Kara.
Il brontolio
della pancia risuonò nella stanza e Alex rimise a posto la
foto,
scuotendo la testa. Dalla finestra aperta udì Eliza e
Lillian
rientrare. «È meglio tornare domani».
«Adesso
hai bisogno di me?».
«No»,
scosse la testa, «Hai in mente dell'altro?».
«No,
devo solo correre in bagno».
Non
sembrava facile reperire materiale bollente su Lillian Luthor.
Sebbene fosse vero che aveva preso la loro casa come sua, non poteva
davvero aver portato ogni genere di cosa interessante con lei nella
casa che pensava avrebbero usato solo per le vacanze. Se voleva
davvero trovare qualcosa di compromettente, Alex sapeva che l'ideale
sarebbe stato mettere mano nella sua casa a National City. Ma per
quello avrebbe dovuto aspettare decisamente troppo.
«Dobbiamo
prenderle il telefono», suggerì Alex in un
bisbiglio.
«Non
si accorgerà nemmeno che glielo abbia fatto sparire per
qualche
minuto».
«No,
Kara. So che sei veloce, ma ho come la sensazione che lei sappia che
abbiamo in mente qualcosa: lasceremo che sia lei a lasciarlo
incustodito, provare a portarglielo via è troppo
rischioso».
Tuttavia
aspettare che fosse lei a dimenticarlo da qualche parte sembrava un
piano destinato a diventare molto lungo e molto noioso. Loro non le
toglievano occhio di dosso mai, ma forse aveva ragione Alex e la
donna sapeva che stavano tramando qualcosa, poiché se lo
portava
sempre dietro. Nonostante le avesse detto di non farlo, Kara
tentò
di avvicinarsi a lei mentre teneva il cellulare poggiato su un mobile
ma, com'era riuscita a prenderlo in mano, Lena la guardò e
così lo
rimise giù di scatto, cercando di far finta di niente,
prendendo un
biscotto dalla biscottiera. Kara era veloce, ma di certo la
discrezione non era il suo forte e Lillian si voltò per
sorriderle e
per incastrarla in un colloquio madre-figlia. Amava fare loro domande
sconvenienti e inopportune per poi non ascoltarne le risposte,
continuando a intavolare una discussione a senso unico.
«Allora,
Kara, come vai con lo studio?».
«Emh…
non male, sto-».
«Anche
il tuo ragazzo va all'università?».
Kara
arrossì, sorridendo debolmente. «Io non ho
ness-».
«Scommetto
che vi vedete sempre lì al campus, eh? Non ti
manca?».
Se
avesse potuto, Kara sarebbe diventata ancor più imbarazzata,
continuando a torcersi le mani con nervosismo. Stavolta
riuscì ad
aprire la bocca appena prima che la interrompesse:
«Ah,
i giovani… Tutto amore e passione», sorrise e si
allontanò,
portando con sé il cellulare.
Kara
restò impalata per qualche attimo, cercando di capire cosa
fosse
appena successo, per poi rendersi conto di essere ancora sotto
stretto sguardo di Lena Luthor e arrossì violentemente,
andandosene
senza dire una parola.
Odiava
quando la guardava, ancor più di quando cercava di farla
arrabbiare.
Sapeva che si stava organizzando la watchlist dei documentari per le
notti a seguire, ma non sapeva che Kara Danvers aveva un piano. Se
era difficile impossessarsi del telefono di sua madre, per quello di
Lena era un gioco da ragazzi. Si nascose dietro la porta della camera
di sua sorella e attese che Lena uscisse dalla loro camera in comune
per scendere in cucina per sgattaiolare veloce, entrare in camera e
prenderle il cellulare lasciato sul letto, e così cambiare
la
batteria con una delle sue vecchie che teneva in un cassetto. Era
esauritissima e le avrebbe offerto un buon vantaggio. Una volta
tornata, Lena non si sarebbe neppure resa conto dello scambio.
Kara
si mise a letto serena e quando il documentario partì come
sempre e
la batteria si esaurì tanto in fretta che non trascorsero
neppure
venti minuti di video, le lamentele di Lena erano state la sua
buonanotte.
Il
giorno successivo Kara era pronta. Sapeva che Eliza aveva ricomprato
gli yogurt quando lei e Lillian erano uscite a prendere il
giornaliero, dunque si alzò alle sette, la sua coinquilina
ancora
dormiva, si cambiò in fretta con un pantalone corto e una
canottiera
e sistemò il pigiama sotto le coperte per far pensare di
essere
ancora là sotto, così uscì dalla
stanza con passo felpato. Erano
ancora tutti a dormire e camminò sicura per il corridoio,
tanto
sicura che sbatté il naso contro la porta del bagno che si
aprì di
colpo. Lena Luthor la guardò sorpresa, ma Kara era troppo
preoccupata a massaggiarsi il naso e a lamentarsi per accorgersi di
lei che fece di tutto per trattenere una sincera risata.
«In
piedi così presto? Beh, è perfetto, potrai farmi
compagnia durante
la colazione».
L'aveva
ingannata, accidenti, chissà cos'aveva in mente di fare ai
suoi
yogurt. Mentre quella sparì in cucina lei si
rintanò in bagno,
rimuginando sul da farsi: non poteva davvero pensare di averle fatto
credere di essere ancora a letto, usando il suo stesso trucco. Il
nemico imparava in fretta le regole del gioco, pensò.
Scendendo
le scale vide con sconcerto che i suoi quattro yogurt erano sul
tavolo accanto a un cucchiaino, sopra la sua tovaglietta blu e rossa
da colazione. I suoi sensi di ragno le dicevano che era una trappola.
Si accostò con cautela, guardandosi attorno con disagio,
finché non
vide arrivare Lena con una piccola tazza di caffè tra le
mani. Le
sorrise mentre si sedeva nel posto davanti a quello con la sua
tovaglietta, facendole cenno di accomodarsi proprio lì. Ora
era
certa che fosse una trappola.
Kara
la fissò mantenendo uno sguardo duro, sedendo a rallentatore
davanti
ai suoi yogurt.
«Sai,
non ho potuto fare a meno di notare, ieri, quanto ti piacessero gli
yogurt. Così quando li ho visti in frigo, poco fa, ho
pensato di
lasciarteli. Buon appetito». Soffiò contro la
tazzina di caffè,
fissandola a sua volta.
Kara
deglutì, prendendo uno dei barattoli e aprendolo. Accidenti.
Accidenti.
Accidenti.
Il suo piano era di mangiarne uno solo e nascondere gli altri in modo
che Lena non li trovasse, non era proprio pronta all'idea di passare
un'altra giornata col mal di pancia. Quella però era una
sfida che
Supergirl non
poteva rifiutare. Ci immerse il cucchiaino e cominciò a
mangiare con
ingordigia, non trattenendo mugolii di apprezzamento.
«Grazie, è
così buono…», bofonchiò a
bocca piena.
Lena
sorseggiava il suo caffè, non mancando di guardarla un solo
attimo.
«Sì, ne mangiavo uno un'oretta dal
caffè, me lo portavo via, sai,
per non avere fame più tardi, ma considerato quanto ti
piacciono,
penso di poter mangiare dell'altro».
Kara
si costrinse un sorriso, per poi ingoiare un grosso boccone. Prese
uno dei barattoli e lo lasciò accanto a lei.
«Prendilo pure, ma
figurati».
«Oh,
no, davvero», lei lo riportò indietro,
«Dopotutto questa è casa
tua, non mi permetterei mai».
«Insisto».
Kara riprese lo yogurt ma Lena la bloccò con la mano sulla
sua.
«Non
ci pensare».
Kara
deglutì e lasciò stare, continuando a mangiare
intanto che lei
beveva il caffè.
«Non
ci credo che ti sei mangiata di nuovo tutti e quattro gli
yogurt».
«Dovevo
farlo, Alex, lei mi
stava guardando. Pensava che le chiedessi pietà e invece si
sbagliava, gliel'ho fatta vedere io! Ho uno stomaco
d'acciaio», si
batté contro una mano e subito dopo si lasciò
andare un lamento di
dolore, accasciandosi sul letto padronale.
Alex
riaprì il cassetto scoperto il giorno prima e
cominciò a sfogliare
i documenti per vedere di cosa si trattava. «Se continui con
questa
faida, passerai il resto della tua vita in bagno».
La
maggiore scoprì presto che i documenti non erano altro che
bozze e
articoli scientifici sugli esperimenti che conducevano alla Luthor
Corp, e a meno che quegli esperimenti non fossero eseguiti sugli
alieni o non ci fosse spiegato qualcosa di illegale non le erano di
alcuna utilità.
La
loro unica chance era avere quel telefono, ma ogni volta che si
avvicinavano all'obiettivo, mancava poco che Lena Luthor le
scoprisse. Intanto, Kara non sembrava voler affatto abbandonare
l'idea di farle guerra, al contrario ogni volta che sentiva la nausea
questa la spingeva a fargliela pagare.
Così
le fece mancare l'acqua calda durante una delle sue lunghe docce,
gettò un pizzico di sale quando nessuno guardava nel suo
piatto,
staccava il modem di casa quando accedeva al wi-fi con il suo laptop.
Lena sapeva bene che era lei a farle capitare di tutto, eppure non ne
faceva cenno con sua madre e si limitava a subire e a guardarla con
disprezzo. Kara sapeva che avrebbe dovuto fare un colpo grosso adesso
che ne aveva l'occasione, prima che lei contrattaccasse. Intanto,
aveva caldamente consigliato ad Eliza di non ricomprare più
yogurt
per un po' di tempo.
Il
giorno dopo era quello che Lillian aspettava più di tutti,
poiché
aveva prenotato per cinque in un parco acquatico. Pranzarono in
mattinata per partire per mezzogiorno. Ognuna di loro si
portò
dietro una borsa con le cose essenziali e sia Kara che Alex tennero
particolarmente d'occhio quella di Lillian da quando la videro far
scivolare il suo telefono in una delle tasche. In piscina. Ce la
dovevano fare.
Il
sole era uno spettacolo bollente, sapevano di aver azzeccato la
giornata ideale da passare in un posto simile. Si accorsero del gran
numero di visitatori da quando varcarono le porte ed Eliza e Lillian
si strinsero emozionate come due bambine. Avevano prenotato i loro
cinque sdrai davanti a una piscina per adulti e appena arrivate
poggiarono le loro borse. Lillian aprì subito l'ombrellone
accanto
al suo sdraio e lei ed Eliza avvicinarono i propri per stare l'una
con l'altra sotto l'ombra. Kara si spogliò subito, guardando
con
fermento da una parte all'altra com'erano circondate da acqua,
scivoli, piattaforme altissime, giochi di tutti i tipi. Alex dovette
ricordarle del loro piano per impossessarsi del cellulare
poiché
spesso e volentieri aveva anche lei la tendenza ad emozionarsi come
una bambina. Anche Lena si spogliò, senza fretta. Kara non
si lasciò
sfuggire come d'improvviso aveva attirato su di sé
più di uno
sguardo. Odiava ammetterlo, ma era davvero bellissima: indossava un
bikini completamente nero che le faceva risaltare la pelle diafana e
le forme. Non era affatto come lei, che aveva un fisico più
asciutto
per via dello sport, Lena sembrava straordinariamente morbida,
tonica, e cos'erano
quelle? Pensava,
fissandole, mentre lei si sdraiava al sole; doveva portare almeno una
terza abbondante.
Glielo avrebbe chiesto se fossero state più amiche che
nemiche.
«Kara!».
Alex
la fece trasalire e arrossì di colpo, immaginando che
l'avesse vista
fissarle il seno. «Non è come pensi».
«Come
pensi? Come penso
cosa?».
«Come
pensi che stessi facendo quel che non ho fatto», disse d'un
fiato,
«Perché non l'ho fatto! Stavo solo pensando e-e il
resto…»,
indicò vagamente verso i loro sdrai, «è
pura coincidenza».
Alex
guardò la sorella e dopo gli sdrai, cercando di capire
almeno una
parola del farfuglio di cose che aveva detto.
«Oookey… Ascoltami,
resta concentrata, sorellina. Oggi è la nostra serata:
appena Eliza
e Lillian si alzeranno per andarsi a bagnare, le prenderemo il
cellulare e ci allontaneremo piano. Prima che tornino sarà
già al
suo posto».
«Ottimo»,
annuì, sentendosi ancora agitata.
«Lena
potrebbe essere un problema».
«Lena?
Perch-».
«Perché
è sempre in mezzo», guardò la sorella,
«Svegliati, Kara, sei
sempre tu la prima a fare la guerra a Lena Luthor. Non lasciarti
deconcentrare dai giochi d'acqua, abbiamo una missione! Se dovesse
essere ancora lì quando Eliza e Lillian se ne vanno, allora
tu
dovrai distrarre Lena».
«Perfetto!
Perché io?».
«Perché
è te che odia di più», le
poggiò le mani sulle spalle, tentando
un incoraggiamento.
Come
sempre quando dovevano portare a termine un piano che confidava nei
movimenti degli altri, questo era destinato a non portare alcun
frutto. Senza perderle d'occhio un attimo, e quindi con dispiacere di
Kara senza andare in giro per il parco acquatico ma restando nella
piscina vicina, giocarono con una palla cercando di evitare i
materassini degli altri, nuotarono, si fermarono a bordo piscina per
chiacchierare, e poi giocarono ancora, non sapendo cosa fare. Eliza e
Lillian si erano mosse solo per mettere l'una sull'altra la crema
solare e per passarsi delle riviste. Lena Luthor, invece, si era
messa la crema ed era rimasta nel suo sdraio tutto il tempo, con la
testa coperta da un ombrellone.
«Sarà
passata più di un'ora…»,
borbottò Kara, abbracciata al pallone
che la teneva a galla in piscina. Guardava le due donne e poi Lena,
ancora immobile.
«Un'ora
e trentatré minuti», aggiunse Alex, dando
un'occhiata al suo
orologio digitale, nuotando accanto alla sorella. «Dobbiamo
smuoverle, non possiamo perdere anche questa sera. Una settimana e
torneremo a National City: dobbiamo sciogliere i nostri dubbi su
questa relazione prima che possiamo o poi sarà
tardi…».
Kara
le guardò ancora e poi di nuovo Lena, alzando il pallone e
sogghignando. «Bomba in arrivo!», tuonò,
lanciando la palla. Colpì
Lena in pieno, bagnando lei e lo sdraio, schizzando Lillian ed Eliza
poco distanti.
Lena
si alzò con uno scatto e guardò le due in
cagnesco, abbassando gli
occhiali da sole.
«Sei
migliorata sui lanci, vero? Bella mira», bisbigliò
Alex.
«Supergirl
non sbaglia mai un colpo».
«Congratulazioni,
sorellina! O finirà per amarti così come sei o ti
odierà per il
resto dei tuoi giorni», rise, raggiungendo la scaletta.
Lena
lanciò a Kara un'altra occhiataccia mentre si alzava dallo
sdraio e
recuperava un asciugamano. Kara la tenne d'occhio, sorridendo, prima
di decidere di uscire dall'acqua anche lei.
Alex
convinse Eliza e Lillian a fare un giro per il parco; ora che erano
entrambe bagnate, potevano essere schizzate senza problemi lungo le
varie piscine e giochi, e non potevano proprio permettersi di non
godersi appieno di ciò che offriva la giornata.
«Vi farete tanti
bei ricordi insieme per il futuro», rise, spingendo sua
madre,
accanto a Lillian.
«Oh,
Alex», Eliza rise, stringendo Lillian di schiena, che
camminava a un
passo da lei. «E va bene, avremo dei ricordi per quando
saremo
vecchie e avvizzite».
«Io
continuerò a portarti in piscina anche da vecchia e
avvizzita»,
rimbeccò Lillian.
«Sarai
vecchia e avvizzita con me?».
«No,
parlavo di te. Io continuerò a essere una signora di
classe».
Risero
ed Eliza le diede un colpetto a un braccio, per poi prendersi la
mano, continuando a camminare verso un'altra piscina.
Alex
restò indietro, guardando le loro mani unite con un misto di
intenerimento e orrore.
Kara
riprese il pallone, prima che Lena avesse una mezza idea di
bucarglielo, e lo trascinò con sé verso Alex.
«D'accordo,
Kara, ottima mossa e ora tocca di nuovo a te»,
sussurrò a un passo
da lei, «Scusati con Lena e offrile qualcosa nel bar
laggiù», si
voltò, indicando una casetta rotonda in mezzo a tanti
bagnanti. «Mi
serve solo-».
«Scusarmi?»,
sbottò. Si tappò la bocca quando pensò
di averlo detto a voce
troppo alta, guardando verso Lena, che passava l'asciugamano anche
sullo sdraio. C'era molta gente, si capivano appena parlando a bassa
voce tra loro, ma non voleva rischiare. «Non pensavo di
doverlo
fare! Perché non le offri qualcosa tu?».
«Perché
non sono stata io a lanciare il pallone. Che senso avrebbe?».
«Perché
sei una buona sorella maggiore e vuoi prenderti cura di me cercando
di riparare ai miei sbagli?», la guardò
speranzosa.
«Vai»,
rimarcò bene, aggrottando le sopracciglia.
«Portati dietro il
cellulare, ti manderò un messaggio quando avrò
quello di Lillian».
La spinse verso i loro sdrai e Kara gonfiò le guance,
raggiungendo
Lena.
Quel
piano cominciava a non piacerle più. Sbuffò,
appoggiando il pallone
sul suo sdraio, guardando Lena che si risedeva nel suo. Fece un colpo
di tosse e si avvicinò cautamente, passandosi le mani nel
pantaloncino da mare. Vide i suoi occhi verde chiaro, glaciali, che
la fissavano, sopra gli occhiali da sole.
«Avete
deliberato?».
«Cosa?».
«Tu
e tua sorella. Avete deciso la prossima mossa?». Si
sfilò gli
occhiali da sole, poggiandoli sul piccolo tavolino su cui era
incastrato l'ombrellone, guardando lei con attenzione.
Kara
arrossì, sforzandosi di non far cadere il suo sguardo sul
suo seno.
Normalmente non ci avrebbe fatto tanto caso, lo sapeva, ma lei era in
piedi e Lena stava seduta, bucavano il suo campo visivo, non era
certo per malizia. Temeva per lo sforzo di passare per una statua di
cera.
«Non
so cos'avete in mente, ma è chiaro che qualcosa
c'è».
«No»,
sbuffò, ridendo, «Alex mi stava sgridando
per… il pallone, sai,
pensa che sia stata una cosa poco carina». Si
dondolò, non sapendo
come continuare. «Forse mi dovrei… scusare
con te».
Lena
inarcò un sopracciglio, scrutandola con meraviglia.
«Quindi vuoi
chiedermi scusa perché tua sorella ti ha detto di
farlo?».
«Sì!
No, no, lo avrei fatto comunque».
Lena
Luthor non sembrava molto convinta, ma scrollò di spalle,
annuendo.
«Scuse accettate».
«Tutto
qui?».
«Pensavi
mi sarei vendicata buttandoti in piscina? O staccandoti il wi-fi
quando ti connetti da casa?», fece una smorfia con le labbra,
«Che
cosa infantile».
Kara
arrossì ancor di più, colpita nel segno. Si
girò verso Alex, che
la incitò con lo sguardo, e allora fece un altro colpo di
tosse,
decidendo di riprovarci. «Va bene, tu non mi piaci e io non
piaccio
a te, ma-».
«Tu
mi piaci».
«Cosa?»,
la fermò di colpo e Kara spalancò gli occhi.
«Mi
piaci. All'inizio no, lo ammetto, ma mi piace quando ti arrabbi;
prenderti in giro è una delle cose più divertenti
che io abbia mai
fatto», si sdraiò, riprendendo gli occhiali da
sole e
infilandoseli; probabilmente pensava che la discussione stesse
terminando.
Kara
deglutì, dondolandosi ancora e massaggiandosi un braccio per
il
nervosismo. «Farò finta di non aver
sentito».
«Come
preferisci».
«Dicevo
che, nonostante non ci
piacciamo»,
digrignò i denti, sottolineando un
per niente,
«siamo costrette a frequentarci per le nostre madri. Quindi
mi
vorrei scusare con te offrendoti qualcosa».
Lena si abbassò di
nuovo gli
occhiali, guardandola dritta negli occhi.
«Nel bar»,
sorrise Kara,
«Laggiù. Adesso».
«Oh, va
bene».
Si alzò e Kara
lanciò uno
sguardo ad Alex, che le fece cenno di andare via. Lei non pensava
avrebbe accettato, sembrava troppo facile. Lena si agganciò
un pareo
colorato in vita, seguendo Kara che aveva recuperato il suo cellulare
e il portafogli.
Solo adesso Kara
notò di essere
più alta di Lena, camminandole a fianco. Per un attimo si
chiese
com'era possibile, era certa di essere stata più volte a un
passo da
lei e di essere più bassa, ma al parco acquatico non
indossava
scarpe né stivali, solo infradito, niente tacchi. Sembrava
quasi una
persona normale non agghindata come una ricca donna d'affari.
Passeggiarono accanto fino a una delle pedane di legno che portavano
alla casetta, notando entrambe quanta gente ci fosse prendendo da
bere e quanta seduta negli sgabelli posti intorno al piccolo locale
interno del parco. Una bambina con un grosso coccodrillo gonfiabile
passò davanti a loro di corsa e per poco Kara non
sbandò addosso
all'altra. Lena era rimasta zitta e seria per tutto il breve
tragitto.
«Cosa vuoi
prendere?», le chiese
Kara, massaggiandosi le mani, guardando la casetta e la gente in
fila, invece di guardare lei.
«Tu cosa avevi in
mente?».
In quel momento Kara
sentì il
cellulare vibrare e ci diede una veloce occhiata, leggendo di Alex
che non era ancora riuscita a impossessarsi del telefono
perché
Eliza e Lillian erano tornate indietro, dicendo che ci avrebbe
pensato lei. Strinse le labbra in una smorfia di disapprovazione,
ricordandosi poi che Lena aspettava ancora una sua risposta.
«Una
cola?».
«Per me va
bene», la fissò e
poi il suo cellulare con aria di curiosità.
Una cola come tutte le persone
normali, pensò ancora Kara. Niente vestiti eleganti, una
cola. Era
strano pensare fosse la stessa Lena di sempre.
Kara si guardò
ancora intorno,
pensando al da farsi. Forse Alex avrebbe avuto bisogno del suo aiuto,
ciononostante riportare Lena indietro significava tornare al punto di
partenza. Mancavano ancora due persone e poi avrebbe ordinato da
bere. «Perché non vai a sederti là e mi
aspetti?», le indicò una
delle poche panchine rosse ancora vuote intorno alla piazzetta su cui
al centro c'era il piccolo bar, dove molte altre persone stavano
consumando. «Ancora due persone e sono da te», le
sorrise e Lena la
guardò attentamente, come se sospettasse qualche tiro
mancino, ma
non scorgendolo annuì.
«Ti aspetto,
allora».
Kara la guardò
andarsi a sedere,
poggiandosi contro la panchina e perdendosi con lo sguardo. C'era
gente che rideva, schiamazzi, un ragazzo brillo che gridava contro
gli amici, delle famiglie con bambini, coppiette felici, e poi c'era
lei, Lena Luthor, che sembrava non far parte di quel quadro, che era
fuori, distante da tutto, nella sua serietà e malinconia. Un
po'
troppo malinconica, pensò. Forse lei aveva davvero esagerato
nel
prenderla di mira, dopotutto.
«Oh,
scusami». Un ragazzo le
andò addosso e si fermò, scrutandola con
attenzione dalla testa ai
piedi. Kara gli scambiò un sorriso, guardando che mancava
ancora una
sola persona prima di lei, ma il ragazzo restò impalato,
continuando
ad ammirarla. «Wow… cioè, se sapevo che
sarei finito ad andare a
sbattere contro a te, mi sarei dato il tempo di farlo per
bene».
Lei rise, scuotendo la testa.
«Funziona mai?».
«Dovresti dirmelo
tu», rise
anche lui, grattandosi il capo.
Kara gli sorrise e
passò avanti,
vedendo che il suo turno era arrivato. Ordinò le due cola
con
ghiaccio, consigliato dalla barista, e guardò lui, che era
rimasto
al suo fianco. «Sei di queste parti?».
«Di National
City».
«Anch'io».
Era carino, pensò,
forse non sarebbe stata nemmeno una cattiva idea scambiarsi il
numero. Prese le due cola e pagò, allontanandosi con lui
dalla
casetta.
«Allora, come ti
chiami?».
Kara stava per aprire bocca
quando
un braccio le circondò la vita e in un attimo si
sentì avvampare,
sussultando.
«Ehi, tesoro, sono
arrivate le
nostre cola?», Lena le parlò con la voce calda
all'orecchio destro,
mettendosi in punta di piedi e circondandola in un abbraccio; il
ragazzo sbiancò.
«Non avevo capito
che- Scusa»,
barbugliò, alzando le mani. Infine sorrise e si
defilò il più in
fretta possibile, facendo slalom in mezzo alla folla.
Lena si separò da
lei con un
sorriso compiaciuto, prendendo una delle cola e bevendo un sorso
dalla cannuccia.
Kara era rimasta senza parole,
immobile. Solo dopo qualche secondo di smarrimento decise di parlare,
seguendola verso la panchina. «Questo era per la
pallonata?».
«Umh,
sì», sorrise ancora,
sedendo, «E per la batteria del mio cellulare. La rivoglio
indietro».
Bevvero
seguendo con lo sguardo gli altri clienti del parco, senza dire
più
una parola. Un bambino che piangeva attirò l'attenzione di
entrambe
e lo guardarono finché il padre non lo prese in braccio e se
lo
portò via, sparendo dal loro campo visivo. Una coppietta
stava
bevendo le cola con la cannuccia, come loro, seduti su di un'altra
panchina rossa come la loro, e Kara spostò lo sguardo,
improvvisamente a disagio. La scena di prima era stata un colpo
basso: quel ragazzo, che era da qualche parte in quel parco, pensava
che loro fossero una coppietta come quei due. Spostò gli
occhi verso
Lena, guardando i suoi lineamenti duri, le guance rossastre per il
sole, le spalle probabilmente scottate nonostante il bagno di crema
solare. Ci mise troppo tempo a notare che i suoi occhi, dall'altra
parte delle lenti nere, la stavano guardando. Si rivoltò di
scatto,
tuffando la bocca contro la cannuccia e bevendo rumorosamente. Che
figura,
pensò.
«Come fai senza
occhiali?», le
chiese Lena, interrompendo il silenzio che era diventato
imbarazzante.
Il cellulare di Kara
vibrò e
lesse rapidamente il messaggio di Alex che le comunicava che era
riuscita a liberarsi di nuovo di Eliza e Lillian, ma che stavano
venendo verso di loro per bersi qualcosa di fresco. Oh no, pensava,
di tutto avrebbe voluto meno che quelle due accanto che parlavano
della loro famiglia allargata: dovevano spostarsi. Si alzò,
cercando
di finire di bere in fretta. «Andiamo a farci un giro? Cosa
ne
pensi?».
Anche Lena si alzò.
Finirono la
cola in fretta e gettarono il vetro nel cestino apposito e la
cannuccia in quello a fianco, camminando verso un'altra pedana di
legno che le avrebbe portate lontano dalla casetta.
«Sono
ipermetrope», rispose alla
sua domanda. «Non ho sempre bisogno degli occhiali, la mia
vista si
corregge da sola. Li indosso perché gli occhi si affaticano,
tutto
qui».
«Anche mio padre a
volte
indossava gli occhiali per non affaticare gli occhi».
Arrivando ai pressi di un'altra
enorme piscina, restarono a bocca aperta vedendo i più
coraggiosi
che si lanciavano in acqua da pedane alte metri e metri.
«Dovremmo
provare».
«Sssì»,
sussurrò Lena con una vena di sarcasmo. «Che bella
idea! Ma vai tu,
io penso che resterò qui a controllare la
situazione».
Kara sorrise, voltandosi verso
di
lei. «Paura dell'acqua o dell'altezza, signorina
Luthor?», le
chiese con spiccato interesse. Lo sguardo di Lena non sembrava pronto
a cedere: non le avrebbe fornito un'informazione tanto importante
così facilmente. Il cellulare di Kara vibrò di
nuovo, doveva essere
Alex, ma stavolta lasciò perdere, qualsiasi cosa fosse
poteva
aspettare un attimo in più. Corse verso il bagnino e lo
lasciò a
lui in custodia insieme al suo portafogli, mentre Lena la guardava
con il panico nello sguardo.
«Cosa vuoi
fare?», le chiese
subito, appena la rivide dietro di lei. Sorrideva, ma allo stesso
tempo sembrava piuttosto spaventata.
«Andiamo a bagnarci!
Io sono
piuttosto accaldata, tu no?».
«Ti giuro, Kara
Danvers, una sola
mossa sbagliata e sarà il più grande errore della
tu-».
Kara non seppe mai di cosa
sarebbe
stato il suo più grande errore, poiché con una
piccola spinta Lena
Luthor cadde in acqua e lei si inginocchiò davanti al bordo
piscina,
ridendo nel vederla tornare verso di lei. Nuotava bene,
pensò:
adesso era certa che a farle paura, prima, era stata l'altezza. Lena
le prese una mano e poi l'altra, spingendola giù con lei.
Pensava che avrebbe scoperto un
suo punto debole e niente di più, eppure si sorprese nel
vederla
ridere tanto, e per di più con lei, non contro di lei.
Tentò di
metterle la testa sotto ma Kara sgusciò facilmente della sua
morsa e
uscì dall'acqua, guardandola destarsi tra alcuni bagnanti,
nuotando
come una sirena per tornarle vicino.
«Adesso è
ufficiale, Kara
Danvers, sei nei guai», le disse, riemergendo. «In
guai seri».
Lei le schizzò
l'acqua muovendo i
piedi. «Ah sì?».
«Non sai cosa
può fare una
Luthor».
«E se ti dicessi che
non hai
ancora visto niente?».
Forse
era stato il divertimento inaspettato a convincere Lena a seguire
Kara ancora una volta. Ripresero dal bagnino il portafogli e il
cellulare e la seconda la trascinò per il parco, sorpassando
le
piscinette e i giochi per i bambini più piccoli, i giochi
d'acqua
con i gonfiabili fino ad ammirare The
black hole,
una piscina enorme sormontata da un percorso di tubi d'acqua da
diversi colori da discendere con l'aiuto di un materassino. C'era una
lunga fila, ma non sarebbe stato questo a scoraggiare Kara.
«Oh, sì,
molto bello», la sentì
dire alle sue spalle, mentre incrociava le braccia al petto.
«Penso
che sarà divertente vederti scendere in picchiata verso la
morte. Ma
su un materassino, quindi è un gioco sicuro»,
annuì con sarcasmo.
Kara rise. «Tu
scenderai in
picchiata verso la morte, su un materassino, con me».
Kara lasciò il
telefono e il
portafogli al ragazzo sotto la struttura: avrebbe ripreso tutto una
volta scese. Così si misero subito in fila sulle scale verso
l'alto
da dove sarebbero partite e più Lena si accorgeva che la
fila si
accorciava in fretta, più diventava nervosa.
«Senti, è
meglio se torniamo ai
nostri sdrai», guardò giù,
«Si chiederanno che fine abbiamo
fatto».
«Te
lo giuro», la fermò afferrandole un polso, quando
di scatto pensò
di girare per scendere, «Sei con me, non ti
accadrà nulla.
Concedimi questo, questo e basta, poi torneremo ai nostri
sdrai».
Lena la fissò intensamente, non sapendo cosa fare. Kara si
sentì in
dovere di aggiungere un per
favore,
a labbra strette.
La fila continuava ad
accorciarsi
e loro a salire qualche altro gradino più vicino al
materassino che
avrebbero dovuto prendere. Lena le aveva allontanato la mano per
rimettere le braccia a conserte: Kara lo vedeva che era nervosa,
eppure non glielo diceva chiaramente. Si sentì un po' come
quando
lei la incastrò a colazione con i quattro yogurt, solo che a
parti
invertite: per Lena quella era una sfida che non poteva rifiutare?
Anche se le avrebbe fatto male? Lo sguardo di Kara si
addolcì e
sbuffò, per poi rivolgerle la parola.
«Dai,
andiamo», le fece cenno
con la testa, «Vedi se riesci a crearti una strada per
scendere».
Le sorrise e Lena la
guardò con
sorpresa. «Credevo volessi provarlo».
Kara stava per rispondere, ma
la
fila si era bloccata a causa loro e l'uomo che avrebbe dato loro il
materassino, a qualche scalino, le richiamò per salire.
«Decidi
tu», le disse all'ultimo e Lena guardò
giù, alla fila che
aspettava, e allo sguardo di Kara che la premeva a decidere in
fretta.
Strinse
i pugni e lo fece, decise, salendo gli ultimi scalini che restavano
per la cima della struttura, seguita da una Kara piuttosto
emozionata. Saltellava come una bambina e fu la prima a sedersi non
appena l'uomo consegnò il materassino. Disse loro di tenersi
saldamente, mentre Lena sedeva avanti, mantenendosi alle maniglie
poste sui lati. Lui le spinse all'interno del tubo che per cominciare
era giallo, sotto l'acqua che scorreva. Augurò loro buon
divertimento
e le lasciò andare. La forza di gravità le spinse
giù con una
forza impressionante, con
l'aiuto dell'acqua,
roteando intorno ai tubi gialli che presto divennero marroni e poi
ancora rossi. Kara gridava e, si sorprese Lena, anche lei,
perché
veniva naturale. Il tubo fece fare al materassino una capriola e Lena
perse la presa su una maniglia; nel tentativo di cercare di
riprenderla, che per via della velocità e sbandamenti con
cui si
spostavano non era un'impresa facile, in un gesto automatico Kara la
prese a sé, mantenendola in un abbraccio, così
Lena si mantenne
saldamente
alla
sua mano premuta sul suo stomaco. Il tubo diventò verde, poi
azzurro
e così blu scuro, fino a essere nero, che le
sputò fuori. Il
materassino giallo fece un balzo di qualche metro e sbalzò
entrambe, che chiusero gli occhi, cadendo in acqua.
Difficilmente
Kara ricordava di
essersi divertita tanto come quella sera. Quanto tornarono agli sdrai
entrambe ridevano, ancora completamente bagnate. Eliza e Lillian
sembrarono felicemente sorprese di vederle tornare insieme e
così
allegre, ma quando lo sguardo di Kara si posò su quello
della
sorella a uno sdraio di distanza dalle due, si ghiacciò.
Aveva
completamente dimenticato la loro missione. La maggiore non le
rivolse più la parola e Kara lesse i messaggi che le aveva
inviato
nel viaggio di ritorno, in macchina.
15:44
Kara, non vi hanno trovate e sono tornate subito! Ho fatto appena in
tempo a sbloccarlo che loro sono tornate, non so che fare! Aiuto.
16:11
Kara, molla Lena! Sono riuscita a farle allontanare dagli sdrai ma
sono con loro! Ci pensi tu?
16:15
Kara, dove sei? Fatti sentire, ti prego.
16:28
KARA!! Sbrigati, non staranno buone a lungo!
16:55
In questo momento ti sto odiando: siamo tornate agli sdrai e loro si
stanno rimettendo la crema a vicenda. Ora non si sposteranno
più!
17:34
Stai giocando in qualche piscina, non è vero? Non sei
riuscita a
trattenerti, non è così? Lena ti sta facendo da
babysitter?
Kara sorrise e rimise il
cellulare
in borsa, guardando prima la sorella, e poi Lena, dall'altra parte.
Aveva la testa appoggiata al finestrino, stanca. Era incredibile:
aveva conosciuto una Lena completamente diversa da quella che si era
immaginata.
La loro missione aveva fallito
di
nuovo e avevano perso un'altra giornata. Stanche, cenarono con
qualcosa di veloce e dopo pensarono tutte che sarebbero andate a
letto presto. Lena andò in bagno per prepararsi per dormire
ed Eliza
e Lillian si alzarono insieme per chiudersi in camera; avendo un
bagno privato collegato alla camera padronale non avevano problemi.
Alex e Kara ripresero a parlarsi, con la prima che raccontava la sua
problematica serata con le due donne, finché Kara non
spalancò gli
occhi, indicando il cellulare lasciato sul tavolo della cucina. Tutte
e due lo guardarono come se da un momento all'altro potesse svanire.
Lillian Luthor lo aveva lasciato. Dalla stanchezza, si era
dimenticata di portarsi dietro il telefono.
Alex lo prese e lei e Kara si
guardarono, pensando di inginocchiarsi a terra, dietro le sedie, nel
caso la donna fosse tornata indietro. Lo sbloccò, facendo
vedere a
Kara che, come immagine di sfondo, teneva una foto di lei ed Eliza
abbracciate, con indosso camici da lavoro. Trattennero una risata,
concentrandosi sul da farsi. Alex sbirciò immediatamente la
galleria, ma dopo due, tre, quattro foto consecutive delle due che si
baciavano, decisero di comune accordo di passare ad altro. Di sms ce
n'erano così tanti e Alex era così testarda da
volerli leggere
tutti che Kara perse l'interesse, reggendosi prima la testa con una
mano, per poi sprofondarla contro le ginocchia.
«Sono solo cose di
lavoro, per la
maggiore non ci capisco molto», ammise, continuando a
sfogliare.
Finì gli sms e aprì un social di messaggistica,
ricominciando
daccapo, contatto per contatto. «Kara… forse ho
trovato qualcosa»,
la sua voce si fece dura e Kara alzò la testa.
«Qui lei e un altro
parlano di un proiettile», si scambiò uno sguardo
con la sorella e
poi riprese a leggere. «Ah no, è un
cane», sorrise con forza,
«Proiettile è un cane».
Kara
guardò il pinscher
con la lingua di fuori. «Beh… è
carino», sorrise ed entrambe
sbuffarono.
Sentirono
dei passi calcolati verso la loro direzione e si allarmarono,
spaventandosi e gettando il cellulare sul tavolo, che
rimbalzò fino
al centrotavola. Guardarono oltre le sedie e videro Lena Luthor, in
piedi, che le guardava.
«Principianti»,
sussurrò, scuotendo la testa e girando i tacchi.
Le due si
guardarono, balzando in piedi. Stavano per chiedere spiegazioni,
quando Lena si fermò a un passo dalle scale, voltandosi.
«La tua
ragazza è una poliziotta, vero?», chiese, rivolta
ad Alex.
Per un
attimo pensarono che le avrebbe denunciate. «Sì.
Perché lo vuoi
sapere?».
«Perché ho
bisogno di un favore».
Secondo
capitolo! Vi è piaciuta “la guerra” tra
Kara e Lena? Kara si è
decisamente data da fare, ma ho come la sensazione che in fondo abbia
vinto Lena… Se non altro in piscina hanno avuto modo
conoscersi un
po' meglio!
Intanto Kara
e Alex sono riuscite nel loro lungo e faticoso piano di impossessarsi
del cellulare di Lillian Luthor per poi scoprire niente, se non che
qualcuno ha chiamato il proprio cane Proiettile. E ora Lena sembra
aver bisogno di un favore…
Spero
che la storia vi stia piacendo :) Ho un brutta notizia: domenica
prossima non sarò a casa quasi tutto il giorno, quindi il
capitolo
potrebbe arrivare domenica sul tardi, oppure lunedì
pomeriggio. Non
odiatemi :P
Il terzo
capitolo si intitola: In cerca della verità
Avrà
qualcosa a che fare col favore che chiede Lena?
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