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Autore: Ghen    18/02/2018    9 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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2. La guerra


Lena si alzò alle sette e un quarto puntuale come al suo solito. Guardò con appena dell'interesse il rigonfiamento sotto le coperte nel letto vicino e, con tutta calma, si sistemò il suo e si portò da cambiarsi in bagno, dove uscì mezzora dopo perfetta come sempre, con una gonna a tubo, scura, una maglietta chiara e leggera e i lisci capelli corvini ancora bagnati, da un lato. Anche se non doveva uscire, poiché in quel posto di periferia non avrebbe saputo proprio dove andare, non era solita girare per casa Danvers, che non considerava di certo anche Luthor, in modo informale. Per lei, era tanto se indossava dei sandali da casa invece di quelli per uscire. Lillian Luthor aveva provato a convincerla a smettere, nessuna di loro indossava indumenti come se stessero per correre in ufficio, ma erano state parole a vuoto. Lena Luthor non poteva fare come a casa, perché non si sentiva a casa.
Andò spedita al piano di sotto; sapeva di dover fare presto prima che la minore delle Danvers si svegliasse o non sarebbe riuscita a farla piagnucolare sullo yogurt. Era un bene che quella ragazzina non riuscisse a dormire quando lei guardava i video dal cellulare, così al mattino era talmente stanca da dormire più del solit- si bloccò appena sceso l'ultimo scalino, guardando davanti a lei, seduta a tavola, Kara Danvers in t-shirt e pantaloncini che leccava un cucchiaino. Appena si accorse di lei, quella sorrise con estrema soddisfazione.
«Ops, erano solo quattro…», bofonchiò, indicando i quattro barattolini di yogurt vuoti sul tavolo. «Spero non ne volessi anche tu».
Era stata una settimana estenuante quella appena trascorsa, ma Kara era certa che il bello doveva ancora venire.

«Ti sei mangiata quattro barattoli di yogurt? Tutti insieme?». Alex tentò con ogni mezzo di non urlare, stringendo i denti e picchiando la sorella contro una spalla.
Kara aveva un aspetto tutt'altro che sereno: si reggeva la pancia dolorante e gonfiava le guance dalla nausea.
«Non stai facendo sport in questi giorni, non riuscirai a digerire come al solito. E quattro barattoli sono troppi anche per te, Kara».
«Ho aperto il frigo e ho visto che erano quattro, Eliza doveva averne comprato due in più del solito perché li mangia anche lei, non potevo mica lasciarglieli, scusa», strinse le labbra, gonfiando gli occhi, «Mi sono sacrificata per vincere la guerra».
Erano nella camera padronale, in maestoso silenzio poiché nessuno doveva sorprenderle là dentro. Eliza e Lillian erano in giardino a sistemare le piante nella piccola serra, come ogni mattina, e non avevano visto Lena da quando la sorprese a finire il quarto yogurt. Kara si accasciò sul letto, mentre Alex apriva i cassetti che avrebbero contenuto i segreti di Lillian Luthor.
Tailleur, abiti ricamati, costosissimi pezzi che Alex temeva anche solo di toccare per non sgualcirli. Aprì un altro cassetto e altri abiti. Il terzo cassetto conteneva solo intimo e non indugiò a lungo. Nel quarto cassetto trovò orologi, pochette e, in fondo, dei documenti. Allungò la mano per prenderli e riuscì a sfilare una foto in bianco e nero che catturò subito la sua attenzione.
«Ehi, Kara, guarda».
«Cosa?», brontolò, cercando di mettersi seduta mantenendosi la pancia con sofferenza.
«Questo deve essere il suo vecchio marito, Lionel Luthor», le mostrò il ritratto nella foto. Un uomo dallo sguardo fermo come da famiglia, severo, freddo. Aveva i baffi e la barbetta perfettamente curata, i capelli lisci tenuti da un lato con una riga. «Non sembra una vecchia foto, forse è stata scattata non troppo distante dalla sua morte».
«Per cosa è morto?».
«Malattia, infarto, incidente alla Luthor Corp, ci sono molte supposizioni e non è mai stato diffuso nulla di ufficiale», rispose con serietà, guardando di nuovo la foto con attenzione. «Qui non sembra malato».
«Magari è stato davvero solo un'incidente», rispose, trattenendo un gemito di dolore alla sua pancia che brontolava.
«O magari la famiglia Luthor nasconde qualcosa», sussurrò la sorella. «Lillian Luthor è una donna abituata a una vita molto diversa dalla nostra, suo marito era molto più simile a lei. Cosa ci fa adesso con nostra madre?», chiese più a se stessa che a Kara. Il brontolio della pancia risuonò nella stanza e Alex rimise a posto la foto, scuotendo la testa. Dalla finestra aperta udì Eliza e Lillian rientrare. «È meglio tornare domani».
«Adesso hai bisogno di me?».
«No», scosse la testa, «Hai in mente dell'altro?».
«No, devo solo correre in bagno».

Non sembrava facile reperire materiale bollente su Lillian Luthor. Sebbene fosse vero che aveva preso la loro casa come sua, non poteva davvero aver portato ogni genere di cosa interessante con lei nella casa che pensava avrebbero usato solo per le vacanze. Se voleva davvero trovare qualcosa di compromettente, Alex sapeva che l'ideale sarebbe stato mettere mano nella sua casa a National City. Ma per quello avrebbe dovuto aspettare decisamente troppo.
«Dobbiamo prenderle il telefono», suggerì Alex in un bisbiglio.
«Non si accorgerà nemmeno che glielo abbia fatto sparire per qualche minuto».
«No, Kara. So che sei veloce, ma ho come la sensazione che lei sappia che abbiamo in mente qualcosa: lasceremo che sia lei a lasciarlo incustodito, provare a portarglielo via è troppo rischioso».
Tuttavia aspettare che fosse lei a dimenticarlo da qualche parte sembrava un piano destinato a diventare molto lungo e molto noioso. Loro non le toglievano occhio di dosso mai, ma forse aveva ragione Alex e la donna sapeva che stavano tramando qualcosa, poiché se lo portava sempre dietro. Nonostante le avesse detto di non farlo, Kara tentò di avvicinarsi a lei mentre teneva il cellulare poggiato su un mobile ma, com'era riuscita a prenderlo in mano, Lena la guardò e così lo rimise giù di scatto, cercando di far finta di niente, prendendo un biscotto dalla biscottiera. Kara era veloce, ma di certo la discrezione non era il suo forte e Lillian si voltò per sorriderle e per incastrarla in un colloquio madre-figlia. Amava fare loro domande sconvenienti e inopportune per poi non ascoltarne le risposte, continuando a intavolare una discussione a senso unico.
«Allora, Kara, come vai con lo studio?».
«Emh… non male, sto-».
«Anche il tuo ragazzo va all'università?».
Kara arrossì, sorridendo debolmente. «Io non ho ness-».
«Scommetto che vi vedete sempre lì al campus, eh? Non ti manca?».
Se avesse potuto, Kara sarebbe diventata ancor più imbarazzata, continuando a torcersi le mani con nervosismo. Stavolta riuscì ad aprire la bocca appena prima che la interrompesse:
«Ah, i giovani… Tutto amore e passione», sorrise e si allontanò, portando con sé il cellulare.
Kara restò impalata per qualche attimo, cercando di capire cosa fosse appena successo, per poi rendersi conto di essere ancora sotto stretto sguardo di Lena Luthor e arrossì violentemente, andandosene senza dire una parola.
Odiava quando la guardava, ancor più di quando cercava di farla arrabbiare. Sapeva che si stava organizzando la watchlist dei documentari per le notti a seguire, ma non sapeva che Kara Danvers aveva un piano. Se era difficile impossessarsi del telefono di sua madre, per quello di Lena era un gioco da ragazzi. Si nascose dietro la porta della camera di sua sorella e attese che Lena uscisse dalla loro camera in comune per scendere in cucina per sgattaiolare veloce, entrare in camera e prenderle il cellulare lasciato sul letto, e così cambiare la batteria con una delle sue vecchie che teneva in un cassetto. Era esauritissima e le avrebbe offerto un buon vantaggio. Una volta tornata, Lena non si sarebbe neppure resa conto dello scambio.
Kara si mise a letto serena e quando il documentario partì come sempre e la batteria si esaurì tanto in fretta che non trascorsero neppure venti minuti di video, le lamentele di Lena erano state la sua buonanotte.
Il giorno successivo Kara era pronta. Sapeva che Eliza aveva ricomprato gli yogurt quando lei e Lillian erano uscite a prendere il giornaliero, dunque si alzò alle sette, la sua coinquilina ancora dormiva, si cambiò in fretta con un pantalone corto e una canottiera e sistemò il pigiama sotto le coperte per far pensare di essere ancora là sotto, così uscì dalla stanza con passo felpato. Erano ancora tutti a dormire e camminò sicura per il corridoio, tanto sicura che sbatté il naso contro la porta del bagno che si aprì di colpo. Lena Luthor la guardò sorpresa, ma Kara era troppo preoccupata a massaggiarsi il naso e a lamentarsi per accorgersi di lei che fece di tutto per trattenere una sincera risata.
«In piedi così presto? Beh, è perfetto, potrai farmi compagnia durante la colazione».
L'aveva ingannata, accidenti, chissà cos'aveva in mente di fare ai suoi yogurt. Mentre quella sparì in cucina lei si rintanò in bagno, rimuginando sul da farsi: non poteva davvero pensare di averle fatto credere di essere ancora a letto, usando il suo stesso trucco. Il nemico imparava in fretta le regole del gioco, pensò.
Scendendo le scale vide con sconcerto che i suoi quattro yogurt erano sul tavolo accanto a un cucchiaino, sopra la sua tovaglietta blu e rossa da colazione. I suoi sensi di ragno le dicevano che era una trappola. Si accostò con cautela, guardandosi attorno con disagio, finché non vide arrivare Lena con una piccola tazza di caffè tra le mani. Le sorrise mentre si sedeva nel posto davanti a quello con la sua tovaglietta, facendole cenno di accomodarsi proprio lì. Ora era certa che fosse una trappola.
Kara la fissò mantenendo uno sguardo duro, sedendo a rallentatore davanti ai suoi yogurt.
«Sai, non ho potuto fare a meno di notare, ieri, quanto ti piacessero gli yogurt. Così quando li ho visti in frigo, poco fa, ho pensato di lasciarteli. Buon appetito». Soffiò contro la tazzina di caffè, fissandola a sua volta.
Kara deglutì, prendendo uno dei barattoli e aprendolo. Accidenti. Accidenti. Accidenti. Il suo piano era di mangiarne uno solo e nascondere gli altri in modo che Lena non li trovasse, non era proprio pronta all'idea di passare un'altra giornata col mal di pancia. Quella però era una sfida che Supergirl non poteva rifiutare. Ci immerse il cucchiaino e cominciò a mangiare con ingordigia, non trattenendo mugolii di apprezzamento. «Grazie, è così buono…», bofonchiò a bocca piena.
Lena sorseggiava il suo caffè, non mancando di guardarla un solo attimo. «Sì, ne mangiavo uno un'oretta dal caffè, me lo portavo via, sai, per non avere fame più tardi, ma considerato quanto ti piacciono, penso di poter mangiare dell'altro».
Kara si costrinse un sorriso, per poi ingoiare un grosso boccone. Prese uno dei barattoli e lo lasciò accanto a lei. «Prendilo pure, ma figurati».
«Oh, no, davvero», lei lo riportò indietro, «Dopotutto questa è casa tua, non mi permetterei mai».
«Insisto». Kara riprese lo yogurt ma Lena la bloccò con la mano sulla sua.
«Non ci pensare».
Kara deglutì e lasciò stare, continuando a mangiare intanto che lei beveva il caffè.

«Non ci credo che ti sei mangiata di nuovo tutti e quattro gli yogurt».
«Dovevo farlo, Alex, lei mi stava guardando. Pensava che le chiedessi pietà e invece si sbagliava, gliel'ho fatta vedere io! Ho uno stomaco d'acciaio», si batté contro una mano e subito dopo si lasciò andare un lamento di dolore, accasciandosi sul letto padronale.
Alex riaprì il cassetto scoperto il giorno prima e cominciò a sfogliare i documenti per vedere di cosa si trattava. «Se continui con questa faida, passerai il resto della tua vita in bagno».
La maggiore scoprì presto che i documenti non erano altro che bozze e articoli scientifici sugli esperimenti che conducevano alla Luthor Corp, e a meno che quegli esperimenti non fossero eseguiti sugli alieni o non ci fosse spiegato qualcosa di illegale non le erano di alcuna utilità.
La loro unica chance era avere quel telefono, ma ogni volta che si avvicinavano all'obiettivo, mancava poco che Lena Luthor le scoprisse. Intanto, Kara non sembrava voler affatto abbandonare l'idea di farle guerra, al contrario ogni volta che sentiva la nausea questa la spingeva a fargliela pagare.
Così le fece mancare l'acqua calda durante una delle sue lunghe docce, gettò un pizzico di sale quando nessuno guardava nel suo piatto, staccava il modem di casa quando accedeva al wi-fi con il suo laptop. Lena sapeva bene che era lei a farle capitare di tutto, eppure non ne faceva cenno con sua madre e si limitava a subire e a guardarla con disprezzo. Kara sapeva che avrebbe dovuto fare un colpo grosso adesso che ne aveva l'occasione, prima che lei contrattaccasse. Intanto, aveva caldamente consigliato ad Eliza di non ricomprare più yogurt per un po' di tempo.

Il giorno dopo era quello che Lillian aspettava più di tutti, poiché aveva prenotato per cinque in un parco acquatico. Pranzarono in mattinata per partire per mezzogiorno. Ognuna di loro si portò dietro una borsa con le cose essenziali e sia Kara che Alex tennero particolarmente d'occhio quella di Lillian da quando la videro far scivolare il suo telefono in una delle tasche. In piscina. Ce la dovevano fare.
Il sole era uno spettacolo bollente, sapevano di aver azzeccato la giornata ideale da passare in un posto simile. Si accorsero del gran numero di visitatori da quando varcarono le porte ed Eliza e Lillian si strinsero emozionate come due bambine. Avevano prenotato i loro cinque sdrai davanti a una piscina per adulti e appena arrivate poggiarono le loro borse. Lillian aprì subito l'ombrellone accanto al suo sdraio e lei ed Eliza avvicinarono i propri per stare l'una con l'altra sotto l'ombra. Kara si spogliò subito, guardando con fermento da una parte all'altra com'erano circondate da acqua, scivoli, piattaforme altissime, giochi di tutti i tipi. Alex dovette ricordarle del loro piano per impossessarsi del cellulare poiché spesso e volentieri aveva anche lei la tendenza ad emozionarsi come una bambina. Anche Lena si spogliò, senza fretta. Kara non si lasciò sfuggire come d'improvviso aveva attirato su di sé più di uno sguardo. Odiava ammetterlo, ma era davvero bellissima: indossava un bikini completamente nero che le faceva risaltare la pelle diafana e le forme. Non era affatto come lei, che aveva un fisico più asciutto per via dello sport, Lena sembrava straordinariamente morbida, tonica, e cos'erano quelle? Pensava, fissandole, mentre lei si sdraiava al sole; doveva portare almeno una terza abbondante. Glielo avrebbe chiesto se fossero state più amiche che nemiche.
«Kara!».
Alex la fece trasalire e arrossì di colpo, immaginando che l'avesse vista fissarle il seno. «Non è come pensi».
«Come pensi? Come penso cosa?».
«Come pensi che stessi facendo quel che non ho fatto», disse d'un fiato, «Perché non l'ho fatto! Stavo solo pensando e-e il resto…», indicò vagamente verso i loro sdrai, «è pura coincidenza».
Alex guardò la sorella e dopo gli sdrai, cercando di capire almeno una parola del farfuglio di cose che aveva detto. «Oookey… Ascoltami, resta concentrata, sorellina. Oggi è la nostra serata: appena Eliza e Lillian si alzeranno per andarsi a bagnare, le prenderemo il cellulare e ci allontaneremo piano. Prima che tornino sarà già al suo posto».
«Ottimo», annuì, sentendosi ancora agitata.
«Lena potrebbe essere un problema».
«Lena? Perch-».
«Perché è sempre in mezzo», guardò la sorella, «Svegliati, Kara, sei sempre tu la prima a fare la guerra a Lena Luthor. Non lasciarti deconcentrare dai giochi d'acqua, abbiamo una missione! Se dovesse essere ancora lì quando Eliza e Lillian se ne vanno, allora tu dovrai distrarre Lena».
«Perfetto! Perché io?».
«Perché è te che odia di più», le poggiò le mani sulle spalle, tentando un incoraggiamento.
Come sempre quando dovevano portare a termine un piano che confidava nei movimenti degli altri, questo era destinato a non portare alcun frutto. Senza perderle d'occhio un attimo, e quindi con dispiacere di Kara senza andare in giro per il parco acquatico ma restando nella piscina vicina, giocarono con una palla cercando di evitare i materassini degli altri, nuotarono, si fermarono a bordo piscina per chiacchierare, e poi giocarono ancora, non sapendo cosa fare. Eliza e Lillian si erano mosse solo per mettere l'una sull'altra la crema solare e per passarsi delle riviste. Lena Luthor, invece, si era messa la crema ed era rimasta nel suo sdraio tutto il tempo, con la testa coperta da un ombrellone.
«Sarà passata più di un'ora…», borbottò Kara, abbracciata al pallone che la teneva a galla in piscina. Guardava le due donne e poi Lena, ancora immobile.
«Un'ora e trentatré minuti», aggiunse Alex, dando un'occhiata al suo orologio digitale, nuotando accanto alla sorella. «Dobbiamo smuoverle, non possiamo perdere anche questa sera. Una settimana e torneremo a National City: dobbiamo sciogliere i nostri dubbi su questa relazione prima che possiamo o poi sarà tardi…».
Kara le guardò ancora e poi di nuovo Lena, alzando il pallone e sogghignando. «Bomba in arrivo!», tuonò, lanciando la palla. Colpì Lena in pieno, bagnando lei e lo sdraio, schizzando Lillian ed Eliza poco distanti.
Lena si alzò con uno scatto e guardò le due in cagnesco, abbassando gli occhiali da sole.
«Sei migliorata sui lanci, vero? Bella mira», bisbigliò Alex.
«Supergirl non sbaglia mai un colpo».
«Congratulazioni, sorellina! O finirà per amarti così come sei o ti odierà per il resto dei tuoi giorni», rise, raggiungendo la scaletta.
Lena lanciò a Kara un'altra occhiataccia mentre si alzava dallo sdraio e recuperava un asciugamano. Kara la tenne d'occhio, sorridendo, prima di decidere di uscire dall'acqua anche lei.
Alex convinse Eliza e Lillian a fare un giro per il parco; ora che erano entrambe bagnate, potevano essere schizzate senza problemi lungo le varie piscine e giochi, e non potevano proprio permettersi di non godersi appieno di ciò che offriva la giornata. «Vi farete tanti bei ricordi insieme per il futuro», rise, spingendo sua madre, accanto a Lillian.
«Oh, Alex», Eliza rise, stringendo Lillian di schiena, che camminava a un passo da lei. «E va bene, avremo dei ricordi per quando saremo vecchie e avvizzite».
«Io continuerò a portarti in piscina anche da vecchia e avvizzita», rimbeccò Lillian.
«Sarai vecchia e avvizzita con me?».
«No, parlavo di te. Io continuerò a essere una signora di classe».
Risero ed Eliza le diede un colpetto a un braccio, per poi prendersi la mano, continuando a camminare verso un'altra piscina.
Alex restò indietro, guardando le loro mani unite con un misto di intenerimento e orrore.
Kara riprese il pallone, prima che Lena avesse una mezza idea di bucarglielo, e lo trascinò con sé verso Alex.
«D'accordo, Kara, ottima mossa e ora tocca di nuovo a te», sussurrò a un passo da lei, «Scusati con Lena e offrile qualcosa nel bar laggiù», si voltò, indicando una casetta rotonda in mezzo a tanti bagnanti. «Mi serve solo-».
«Scusarmi?», sbottò. Si tappò la bocca quando pensò di averlo detto a voce troppo alta, guardando verso Lena, che passava l'asciugamano anche sullo sdraio. C'era molta gente, si capivano appena parlando a bassa voce tra loro, ma non voleva rischiare. «Non pensavo di doverlo fare! Perché non le offri qualcosa tu?».
«Perché non sono stata io a lanciare il pallone. Che senso avrebbe?».
«Perché sei una buona sorella maggiore e vuoi prenderti cura di me cercando di riparare ai miei sbagli?», la guardò speranzosa.
«Vai», rimarcò bene, aggrottando le sopracciglia. «Portati dietro il cellulare, ti manderò un messaggio quando avrò quello di Lillian». La spinse verso i loro sdrai e Kara gonfiò le guance, raggiungendo Lena.
Quel piano cominciava a non piacerle più. Sbuffò, appoggiando il pallone sul suo sdraio, guardando Lena che si risedeva nel suo. Fece un colpo di tosse e si avvicinò cautamente, passandosi le mani nel pantaloncino da mare. Vide i suoi occhi verde chiaro, glaciali, che la fissavano, sopra gli occhiali da sole.
«Avete deliberato?».
«Cosa?».
«Tu e tua sorella. Avete deciso la prossima mossa?». Si sfilò gli occhiali da sole, poggiandoli sul piccolo tavolino su cui era incastrato l'ombrellone, guardando lei con attenzione.
Kara arrossì, sforzandosi di non far cadere il suo sguardo sul suo seno. Normalmente non ci avrebbe fatto tanto caso, lo sapeva, ma lei era in piedi e Lena stava seduta, bucavano il suo campo visivo, non era certo per malizia. Temeva per lo sforzo di passare per una statua di cera.
«Non so cos'avete in mente, ma è chiaro che qualcosa c'è».
«No», sbuffò, ridendo, «Alex mi stava sgridando per… il pallone, sai, pensa che sia stata una cosa poco carina». Si dondolò, non sapendo come continuare. «Forse mi dovrei… scusare con te».
Lena inarcò un sopracciglio, scrutandola con meraviglia. «Quindi vuoi chiedermi scusa perché tua sorella ti ha detto di farlo?».
«Sì! No, no, lo avrei fatto comunque».
Lena Luthor non sembrava molto convinta, ma scrollò di spalle, annuendo. «Scuse accettate».
«Tutto qui?».
«Pensavi mi sarei vendicata buttandoti in piscina? O staccandoti il wi-fi quando ti connetti da casa?», fece una smorfia con le labbra, «Che cosa infantile».
Kara arrossì ancor di più, colpita nel segno. Si girò verso Alex, che la incitò con lo sguardo, e allora fece un altro colpo di tosse, decidendo di riprovarci. «Va bene, tu non mi piaci e io non piaccio a te, ma-».
«Tu mi piaci».
«Cosa?», la fermò di colpo e Kara spalancò gli occhi.
«Mi piaci. All'inizio no, lo ammetto, ma mi piace quando ti arrabbi; prenderti in giro è una delle cose più divertenti che io abbia mai fatto», si sdraiò, riprendendo gli occhiali da sole e infilandoseli; probabilmente pensava che la discussione stesse terminando.
Kara deglutì, dondolandosi ancora e massaggiandosi un braccio per il nervosismo. «Farò finta di non aver sentito».
«Come preferisci».
«Dicevo che, nonostante non ci piacciamo», digrignò i denti, sottolineando un per niente, «siamo costrette a frequentarci per le nostre madri. Quindi mi vorrei scusare con te offrendoti qualcosa».
Lena si abbassò di nuovo gli occhiali, guardandola dritta negli occhi.
«Nel bar», sorrise Kara, «Laggiù. Adesso».
«Oh, va bene».
Si alzò e Kara lanciò uno sguardo ad Alex, che le fece cenno di andare via. Lei non pensava avrebbe accettato, sembrava troppo facile. Lena si agganciò un pareo colorato in vita, seguendo Kara che aveva recuperato il suo cellulare e il portafogli.
Solo adesso Kara notò di essere più alta di Lena, camminandole a fianco. Per un attimo si chiese com'era possibile, era certa di essere stata più volte a un passo da lei e di essere più bassa, ma al parco acquatico non indossava scarpe né stivali, solo infradito, niente tacchi. Sembrava quasi una persona normale non agghindata come una ricca donna d'affari. Passeggiarono accanto fino a una delle pedane di legno che portavano alla casetta, notando entrambe quanta gente ci fosse prendendo da bere e quanta seduta negli sgabelli posti intorno al piccolo locale interno del parco. Una bambina con un grosso coccodrillo gonfiabile passò davanti a loro di corsa e per poco Kara non sbandò addosso all'altra. Lena era rimasta zitta e seria per tutto il breve tragitto.
«Cosa vuoi prendere?», le chiese Kara, massaggiandosi le mani, guardando la casetta e la gente in fila, invece di guardare lei.
«Tu cosa avevi in mente?».
In quel momento Kara sentì il cellulare vibrare e ci diede una veloce occhiata, leggendo di Alex che non era ancora riuscita a impossessarsi del telefono perché Eliza e Lillian erano tornate indietro, dicendo che ci avrebbe pensato lei. Strinse le labbra in una smorfia di disapprovazione, ricordandosi poi che Lena aspettava ancora una sua risposta. «Una cola?».
«Per me va bene», la fissò e poi il suo cellulare con aria di curiosità.
Una cola come tutte le persone normali, pensò ancora Kara. Niente vestiti eleganti, una cola. Era strano pensare fosse la stessa Lena di sempre.
Kara si guardò ancora intorno, pensando al da farsi. Forse Alex avrebbe avuto bisogno del suo aiuto, ciononostante riportare Lena indietro significava tornare al punto di partenza. Mancavano ancora due persone e poi avrebbe ordinato da bere. «Perché non vai a sederti là e mi aspetti?», le indicò una delle poche panchine rosse ancora vuote intorno alla piazzetta su cui al centro c'era il piccolo bar, dove molte altre persone stavano consumando. «Ancora due persone e sono da te», le sorrise e Lena la guardò attentamente, come se sospettasse qualche tiro mancino, ma non scorgendolo annuì.
«Ti aspetto, allora».
Kara la guardò andarsi a sedere, poggiandosi contro la panchina e perdendosi con lo sguardo. C'era gente che rideva, schiamazzi, un ragazzo brillo che gridava contro gli amici, delle famiglie con bambini, coppiette felici, e poi c'era lei, Lena Luthor, che sembrava non far parte di quel quadro, che era fuori, distante da tutto, nella sua serietà e malinconia. Un po' troppo malinconica, pensò. Forse lei aveva davvero esagerato nel prenderla di mira, dopotutto.
«Oh, scusami». Un ragazzo le andò addosso e si fermò, scrutandola con attenzione dalla testa ai piedi. Kara gli scambiò un sorriso, guardando che mancava ancora una sola persona prima di lei, ma il ragazzo restò impalato, continuando ad ammirarla. «Wow… cioè, se sapevo che sarei finito ad andare a sbattere contro a te, mi sarei dato il tempo di farlo per bene».
Lei rise, scuotendo la testa. «Funziona mai?».
«Dovresti dirmelo tu», rise anche lui, grattandosi il capo.
Kara gli sorrise e passò avanti, vedendo che il suo turno era arrivato. Ordinò le due cola con ghiaccio, consigliato dalla barista, e guardò lui, che era rimasto al suo fianco. «Sei di queste parti?».
«Di National City».
«Anch'io». Era carino, pensò, forse non sarebbe stata nemmeno una cattiva idea scambiarsi il numero. Prese le due cola e pagò, allontanandosi con lui dalla casetta.
«Allora, come ti chiami?».
Kara stava per aprire bocca quando un braccio le circondò la vita e in un attimo si sentì avvampare, sussultando.
«Ehi, tesoro, sono arrivate le nostre cola?», Lena le parlò con la voce calda all'orecchio destro, mettendosi in punta di piedi e circondandola in un abbraccio; il ragazzo sbiancò.
«Non avevo capito che- Scusa», barbugliò, alzando le mani. Infine sorrise e si defilò il più in fretta possibile, facendo slalom in mezzo alla folla.
Lena si separò da lei con un sorriso compiaciuto, prendendo una delle cola e bevendo un sorso dalla cannuccia.
Kara era rimasta senza parole, immobile. Solo dopo qualche secondo di smarrimento decise di parlare, seguendola verso la panchina. «Questo era per la pallonata?».
«Umh, sì», sorrise ancora, sedendo, «E per la batteria del mio cellulare. La rivoglio indietro».
Bevvero seguendo con lo sguardo gli altri clienti del parco, senza dire più una parola. Un bambino che piangeva attirò l'attenzione di entrambe e lo guardarono finché il padre non lo prese in braccio e se lo portò via, sparendo dal loro campo visivo. Una coppietta stava bevendo le cola con la cannuccia, come loro, seduti su di un'altra panchina rossa come la loro, e Kara spostò lo sguardo, improvvisamente a disagio. La scena di prima era stata un colpo basso: quel ragazzo, che era da qualche parte in quel parco, pensava che loro fossero una coppietta come quei due. Spostò gli occhi verso Lena, guardando i suoi lineamenti duri, le guance rossastre per il sole, le spalle probabilmente scottate nonostante il bagno di crema solare. Ci mise troppo tempo a notare che i suoi occhi, dall'altra parte delle lenti nere, la stavano guardando. Si rivoltò di scatto, tuffando la bocca contro la cannuccia e bevendo rumorosamente. Che figura, pensò.
«Come fai senza occhiali?», le chiese Lena, interrompendo il silenzio che era diventato imbarazzante.
Il cellulare di Kara vibrò e lesse rapidamente il messaggio di Alex che le comunicava che era riuscita a liberarsi di nuovo di Eliza e Lillian, ma che stavano venendo verso di loro per bersi qualcosa di fresco. Oh no, pensava, di tutto avrebbe voluto meno che quelle due accanto che parlavano della loro famiglia allargata: dovevano spostarsi. Si alzò, cercando di finire di bere in fretta. «Andiamo a farci un giro? Cosa ne pensi?».
Anche Lena si alzò. Finirono la cola in fretta e gettarono il vetro nel cestino apposito e la cannuccia in quello a fianco, camminando verso un'altra pedana di legno che le avrebbe portate lontano dalla casetta.
«Sono ipermetrope», rispose alla sua domanda. «Non ho sempre bisogno degli occhiali, la mia vista si corregge da sola. Li indosso perché gli occhi si affaticano, tutto qui».
«Anche mio padre a volte indossava gli occhiali per non affaticare gli occhi».
Arrivando ai pressi di un'altra enorme piscina, restarono a bocca aperta vedendo i più coraggiosi che si lanciavano in acqua da pedane alte metri e metri.
«Dovremmo provare».
«Sssì», sussurrò Lena con una vena di sarcasmo. «Che bella idea! Ma vai tu, io penso che resterò qui a controllare la situazione».
Kara sorrise, voltandosi verso di lei. «Paura dell'acqua o dell'altezza, signorina Luthor?», le chiese con spiccato interesse. Lo sguardo di Lena non sembrava pronto a cedere: non le avrebbe fornito un'informazione tanto importante così facilmente. Il cellulare di Kara vibrò di nuovo, doveva essere Alex, ma stavolta lasciò perdere, qualsiasi cosa fosse poteva aspettare un attimo in più. Corse verso il bagnino e lo lasciò a lui in custodia insieme al suo portafogli, mentre Lena la guardava con il panico nello sguardo.
«Cosa vuoi fare?», le chiese subito, appena la rivide dietro di lei. Sorrideva, ma allo stesso tempo sembrava piuttosto spaventata.
«Andiamo a bagnarci! Io sono piuttosto accaldata, tu no?».
«Ti giuro, Kara Danvers, una sola mossa sbagliata e sarà il più grande errore della tu-».
Kara non seppe mai di cosa sarebbe stato il suo più grande errore, poiché con una piccola spinta Lena Luthor cadde in acqua e lei si inginocchiò davanti al bordo piscina, ridendo nel vederla tornare verso di lei. Nuotava bene, pensò: adesso era certa che a farle paura, prima, era stata l'altezza. Lena le prese una mano e poi l'altra, spingendola giù con lei.
Pensava che avrebbe scoperto un suo punto debole e niente di più, eppure si sorprese nel vederla ridere tanto, e per di più con lei, non contro di lei. Tentò di metterle la testa sotto ma Kara sgusciò facilmente della sua morsa e uscì dall'acqua, guardandola destarsi tra alcuni bagnanti, nuotando come una sirena per tornarle vicino.
«Adesso è ufficiale, Kara Danvers, sei nei guai», le disse, riemergendo. «In guai seri».
Lei le schizzò l'acqua muovendo i piedi. «Ah sì?».
«Non sai cosa può fare una Luthor».
«E se ti dicessi che non hai ancora visto niente?».
Forse era stato il divertimento inaspettato a convincere Lena a seguire Kara ancora una volta. Ripresero dal bagnino il portafogli e il cellulare e la seconda la trascinò per il parco, sorpassando le piscinette e i giochi per i bambini più piccoli, i giochi d'acqua con i gonfiabili fino ad ammirare The black hole, una piscina enorme sormontata da un percorso di tubi d'acqua da diversi colori da discendere con l'aiuto di un materassino. C'era una lunga fila, ma non sarebbe stato questo a scoraggiare Kara.
«Oh, sì, molto bello», la sentì dire alle sue spalle, mentre incrociava le braccia al petto. «Penso che sarà divertente vederti scendere in picchiata verso la morte. Ma su un materassino, quindi è un gioco sicuro», annuì con sarcasmo.
Kara rise. «Tu scenderai in picchiata verso la morte, su un materassino, con me».
Kara lasciò il telefono e il portafogli al ragazzo sotto la struttura: avrebbe ripreso tutto una volta scese. Così si misero subito in fila sulle scale verso l'alto da dove sarebbero partite e più Lena si accorgeva che la fila si accorciava in fretta, più diventava nervosa.
«Senti, è meglio se torniamo ai nostri sdrai», guardò giù, «Si chiederanno che fine abbiamo fatto».
«Te lo giuro», la fermò afferrandole un polso, quando di scatto pensò di girare per scendere, «Sei con me, non ti accadrà nulla. Concedimi questo, questo e basta, poi torneremo ai nostri sdrai». Lena la fissò intensamente, non sapendo cosa fare. Kara si sentì in dovere di aggiungere un per favore, a labbra strette.
La fila continuava ad accorciarsi e loro a salire qualche altro gradino più vicino al materassino che avrebbero dovuto prendere. Lena le aveva allontanato la mano per rimettere le braccia a conserte: Kara lo vedeva che era nervosa, eppure non glielo diceva chiaramente. Si sentì un po' come quando lei la incastrò a colazione con i quattro yogurt, solo che a parti invertite: per Lena quella era una sfida che non poteva rifiutare? Anche se le avrebbe fatto male? Lo sguardo di Kara si addolcì e sbuffò, per poi rivolgerle la parola.
«Dai, andiamo», le fece cenno con la testa, «Vedi se riesci a crearti una strada per scendere».
Le sorrise e Lena la guardò con sorpresa. «Credevo volessi provarlo».
Kara stava per rispondere, ma la fila si era bloccata a causa loro e l'uomo che avrebbe dato loro il materassino, a qualche scalino, le richiamò per salire. «Decidi tu», le disse all'ultimo e Lena guardò giù, alla fila che aspettava, e allo sguardo di Kara che la premeva a decidere in fretta.
Strinse i pugni e lo fece, decise, salendo gli ultimi scalini che restavano per la cima della struttura, seguita da una Kara piuttosto emozionata. Saltellava come una bambina e fu la prima a sedersi non appena l'uomo consegnò il materassino. Disse loro di tenersi saldamente, mentre Lena sedeva avanti, mantenendosi alle maniglie poste sui lati. Lui le spinse all'interno del tubo che per cominciare era giallo, sotto l'acqua che scorreva. Augurò loro buon divertimento e le lasciò andare. La forza di gravità le spinse giù con una forza impressionante, con l'aiuto dell'acqua, roteando intorno ai tubi gialli che presto divennero marroni e poi ancora rossi. Kara gridava e, si sorprese Lena, anche lei, perché veniva naturale. Il tubo fece fare al materassino una capriola e Lena perse la presa su una maniglia; nel tentativo di cercare di riprenderla, che per via della velocità e sbandamenti con cui si spostavano non era un'impresa facile, in un gesto automatico Kara la prese a sé, mantenendola in un abbraccio, così Lena si mantenne saldamente alla sua mano premuta sul suo stomaco. Il tubo diventò verde, poi azzurro e così blu scuro, fino a essere nero, che le sputò fuori. Il materassino giallo fece un balzo di qualche metro e sbalzò entrambe, che chiusero gli occhi, cadendo in acqua.


***


Difficilmente Kara ricordava di essersi divertita tanto come quella sera. Quanto tornarono agli sdrai entrambe ridevano, ancora completamente bagnate. Eliza e Lillian sembrarono felicemente sorprese di vederle tornare insieme e così allegre, ma quando lo sguardo di Kara si posò su quello della sorella a uno sdraio di distanza dalle due, si ghiacciò. Aveva completamente dimenticato la loro missione. La maggiore non le rivolse più la parola e Kara lesse i messaggi che le aveva inviato nel viaggio di ritorno, in macchina.
15:44 Kara, non vi hanno trovate e sono tornate subito! Ho fatto appena in tempo a sbloccarlo che loro sono tornate, non so che fare! Aiuto.
16:11 Kara, molla Lena! Sono riuscita a farle allontanare dagli sdrai ma sono con loro! Ci pensi tu?
16:15 Kara, dove sei? Fatti sentire, ti prego.
16:28 KARA!! Sbrigati, non staranno buone a lungo!
16:55 In questo momento ti sto odiando: siamo tornate agli sdrai e loro si stanno rimettendo la crema a vicenda. Ora non si sposteranno più!
17:34 Stai giocando in qualche piscina, non è vero? Non sei riuscita a trattenerti, non è così? Lena ti sta facendo da babysitter?
Kara sorrise e rimise il cellulare in borsa, guardando prima la sorella, e poi Lena, dall'altra parte. Aveva la testa appoggiata al finestrino, stanca. Era incredibile: aveva conosciuto una Lena completamente diversa da quella che si era immaginata.

La loro missione aveva fallito di nuovo e avevano perso un'altra giornata. Stanche, cenarono con qualcosa di veloce e dopo pensarono tutte che sarebbero andate a letto presto. Lena andò in bagno per prepararsi per dormire ed Eliza e Lillian si alzarono insieme per chiudersi in camera; avendo un bagno privato collegato alla camera padronale non avevano problemi. Alex e Kara ripresero a parlarsi, con la prima che raccontava la sua problematica serata con le due donne, finché Kara non spalancò gli occhi, indicando il cellulare lasciato sul tavolo della cucina. Tutte e due lo guardarono come se da un momento all'altro potesse svanire. Lillian Luthor lo aveva lasciato. Dalla stanchezza, si era dimenticata di portarsi dietro il telefono.
Alex lo prese e lei e Kara si guardarono, pensando di inginocchiarsi a terra, dietro le sedie, nel caso la donna fosse tornata indietro. Lo sbloccò, facendo vedere a Kara che, come immagine di sfondo, teneva una foto di lei ed Eliza abbracciate, con indosso camici da lavoro. Trattennero una risata, concentrandosi sul da farsi. Alex sbirciò immediatamente la galleria, ma dopo due, tre, quattro foto consecutive delle due che si baciavano, decisero di comune accordo di passare ad altro. Di sms ce n'erano così tanti e Alex era così testarda da volerli leggere tutti che Kara perse l'interesse, reggendosi prima la testa con una mano, per poi sprofondarla contro le ginocchia.
«Sono solo cose di lavoro, per la maggiore non ci capisco molto», ammise, continuando a sfogliare. Finì gli sms e aprì un social di messaggistica, ricominciando daccapo, contatto per contatto. «Kara… forse ho trovato qualcosa», la sua voce si fece dura e Kara alzò la testa. «Qui lei e un altro parlano di un proiettile», si scambiò uno sguardo con la sorella e poi riprese a leggere. «Ah no, è un cane», sorrise con forza, «Proiettile è un cane».
Kara guardò il pinscher con la lingua di fuori. «Beh… è carino», sorrise ed entrambe sbuffarono.
Sentirono dei passi calcolati verso la loro direzione e si allarmarono, spaventandosi e gettando il cellulare sul tavolo, che rimbalzò fino al centrotavola. Guardarono oltre le sedie e videro Lena Luthor, in piedi, che le guardava.
«Principianti», sussurrò, scuotendo la testa e girando i tacchi.
Le due si guardarono, balzando in piedi. Stavano per chiedere spiegazioni, quando Lena si fermò a un passo dalle scale, voltandosi.
«La tua ragazza è una poliziotta, vero?», chiese, rivolta ad Alex.
Per un attimo pensarono che le avrebbe denunciate. «Sì. Perché lo vuoi sapere?».
«Perché ho bisogno di un favore».


























***


Secondo capitolo! Vi è piaciuta “la guerra” tra Kara e Lena? Kara si è decisamente data da fare, ma ho come la sensazione che in fondo abbia vinto Lena… Se non altro in piscina hanno avuto modo conoscersi un po' meglio!
Intanto Kara e Alex sono riuscite nel loro lungo e faticoso piano di impossessarsi del cellulare di Lillian Luthor per poi scoprire niente, se non che qualcuno ha chiamato il proprio cane Proiettile. E ora Lena sembra aver bisogno di un favore…

Spero che la storia vi stia piacendo :) Ho un brutta notizia: domenica prossima non sarò a casa quasi tutto il giorno, quindi il capitolo potrebbe arrivare domenica sul tardi, oppure lunedì pomeriggio. Non odiatemi :P

Il terzo capitolo si intitola: In cerca della verità
Avrà qualcosa a che fare col favore che chiede Lena?


   
 
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