SILVER
LIGHTS
Capitolo I
"M.S.V.E. - Missione
Salvataggio Vacanze Estive"
Le vacanze estive non erano
incominciate nel migliore dei modi: di punto in bianco, dopo anni e
anni di onorato servizio, le tubature di casa Anywayah avevano deciso
di entrare in sciopero, facendo saltare tutti i meravigliosi programmi
per i mesi successivi.
Amelia Mooney osservava il disastro dall’alto della scalinata
che conduceva al piano inferiore, stringendo le dita attorno al manico
del proprio bagaglio: le sembrava quasi di assistere dal vivo a una
scena del film Titanic,
mancavano soltanto i quadri che galleggiavano a pelo d’acqua,
Leonardo Di Caprio morente e i commenti molesti di Adahi come: “Spostati e
fa’ spazio anche a lui, brutta culona!”
L’intero salotto allagato, la taverna completamente
inagibile. Di sicuro almeno tre tubature erano fuori controllo.
- Sei sicura di aver preso tutto? – domandò
apprensiva Nimel, avanzando faticosamente con gli stivaletti da pioggia
ai piedi, i lunghi capelli neri raccolti in uno spettinatissimo
chignon. – Ti basta quella valigia?
- Non mi manca nulla – la rassicurò la piccola,
senza la minima intenzione di scendere le scale. - Da quale finestra
posso uscire?
- Da quella di camera mia – rispose la maggiore, sfilandosi
gli stivaletti e raggiungendola rapidamente. – È
la più vicina.
Calarono insieme il bagaglio dal davanzale, facendolo atterrare nelle
mani sicure di Quidel che attendeva di sotto, dopodiché,
l’affascinante Alfa del clan Anywayah osservò il
volto pallido della figliastra con un sorriso, serrando le lunghe dita
sulle sue piccole spalle.
Il sole metteva in risalto la sua bellissima carnagione color bronzo,
mentre il suo viso, caratterizzato dai lineamenti tipici del popolo
Cherokee, era ingentilito da un’espressione serena e
benevola.
- Telefonami, quando puoi – si raccomandò.
– E cerca di non combinare casini.
- Promesso – rispose la quindicenne con aria convincente.
– O almeno, ci proverò.
Nimel alzò gli occhi scuri al soffitto, trattenendo una
risata: - Già, immaginavo.
Si scambiarono un dolce ma vigoroso abbraccio, dopodiché la
minore scavalcò il davanzale e saltò di sotto,
atterrando con leggerezza sul prato ben curato.
Essere un licantropo comportava enormi vantaggi: fosse stata una
persona normale non sarebbe di certo uscita integra da quel balzo nel
vuoto.
Quidel, il primo dei tre fratelli di Nimel, attendeva già in
macchina, accomodato sul sedile del guidatore; Honaw, il secondo, stava
chiudendo il bagagliaio dove aveva caricato la valigia della ragazzina,
mentre Adahi, il terzo, bighellonava appoggiato pigramente al cofano
dell’auto.
Amy salutò gli ultimi due lasciandosi stritolare dalle loro
braccia lunghe e muscolose, dopodiché scivolò sul
sedile anteriore della vettura, accendendo la radio e allacciando la
cintura.
Quidel si scompigliò i capelli scuri con fare disinvolto,
poi mise in moto l’amato veicolo e uscì dal
vialetto di casa, immettendosi in strada.
- Destinazione: casa Turner! – annunciò
allegro. – Chissà che almeno le tue
vacanze siano salve, piccola.
- Starò bene – assicurò lei, osservando
il paesaggio scorrere rapido oltre il finestrino. – Ho
proprio voglia di rivedere Liv e la sua famiglia… stare a
contatto con qualcuno a cui non devi nascondere nulla… ah, e
mi piacerebbe riuscire a conoscere i nostri cugini di La Push!
- Cugini? – rise il giovane, imboccando
l’autostrada.
Amy annuì convinta: - Sono la razza più simile a
noi, spero che anche loro vogliano incontrarmi. Uno dei capi della
riserva è amico della madre di Liv, le chiederò
di mettere una buona parola per me.
- Beh, in questo caso, occhio all’imprinting, bimba
– scherzò Quidel, mentre alla radio partivano le
note coinvolgenti di Take
on me.
- Non ho ancora quindici anni e mezzo, sarò immune almeno
fino a Dicembre – replicò la ragazzina, facendo la
linguaccia e alzando il volume.
Amava la sua famiglia. Nimel e i suoi fratelli si erano presi cura di
lei da quando aveva otto anni, ignorando le occhiate perplesse che la
gente rivolgeva vedendoli insieme a quella bambina tanto diversa da
loro dal punto di vista fisico.
“Siamo
praticamente uguali, alla luce della luna piena”
ripeteva spesso la bella leader. “E
per altri aspetti, siamo uguali anche a loro, alla gente comune, a
quelli che ci lanciano occhiate confuse e prendono le
distanze.”
Per un attimo, Amy si domandò spontaneamente se anche i
mutaforma Quileute condividessero una simile filosofia, se
l’avrebbero accolta senza problemi o se avrebbero…
preso le distanze.
“Take ooon
meee… take meeee ooon…”
Doveva prepararsi ad accettare qualsiasi opzione, aspettarsi
l’incomprensione e la paura altrui che avrebbe sempre
incontrato sul proprio cammino.
Poggiò la fronte contro il finestrino, osservando le altre
auto che sfrecciavano nelle corsie parallele, provando a immaginare le
storie personali dei conducenti e i passeggeri seduti accanto a loro o
accomodati sui sedili posteriori.
“I’ll
be gooone… in a day or twooo!”
La casa dei Turner si trovava al confine occidentale della
città di Forks, a una ventina di chilometri dal mare; era una
villetta dalle mura color panna, provvista di un grazioso giardino su
cui era stata posta una grande piscina gonfiabile.
Il cancello era aperto: Amy scese dalla macchina con un grande sorriso,
correndo subito ad abbracciare la ragazza bionda che attendeva in piedi
sul vialetto.
- Liv! – strillò, affondando il viso nei capelli
color miele dell’amica. – Mi sei mancata tantissimo!
- La cosa è reciproca, tesoro – rise
l’altra. – Ho calcolato l’ora del tuo
arrivo, commettendo un errore di un minuto e quaranta secondi. Mi
è bastato per vincere la scommessa con Jul.
- Errore di quattro minuti e trenta – annunciò un
giovanotto allampanato, raggiungendo le due ragazze tenendo in mano un
cronometro. – Pensavo avreste trovato più traffico.
- Ciao Jul! – lo salutò la rossa con entusiasmo,
gettandogli le braccia al collo. – Allora, avete ancora
intenzione di provare a entrare a Seattle, l’anno prossimo?
- Già, speriamo solo di non cominciare di nuovo a competere
con i voti.
- Speranze vane – commentò Liv, facendo cenno a
Quidel di raggiungerli.
Olivia e Julian Turner erano la coppia di gemelli più
stravagante che Amy avesse mai incontrato. Avevano due anni
più di lei, erano entrambi biondi, pallidi e con gli occhi
azzurri, ma fisicamente si trovavano agli antipodi: lui era alto e
secco, si nascondeva dentro magliette troppo grandi ed era costretto a
indossare sempre una cintura per impedire che i jeans gli scivolassero
fino alle caviglie; lei superava di poco il metro e sessanta, aveva un
seno e un fondoschiena piuttosto generosi e, quando sorrideva, scavava
un paio di graziose fossette nelle guance morbide e piene.
Erano sempre stati i primi della classe e spesso si divertivano a
gareggiare e scommettere su qualsiasi cosa.
- Oh, ben arrivati! – salutò Jenny Turner, la
madre dei due ragazzi, affacciandosi dalla soglia d’ingresso.
– Com’è stato il viaggio?
- Relativamente tranquillo – rispose Amy, permettendo alla
donna di stamparle due baci sulle gote. – Due ore in
compagnia della musica degli anni Ottanta.
- Uh, adesso divento malinconica – sorrise la donna.
– Roger arriverà stasera, stiamo avendo parecchio
da fare al bar, in questi giorni… ehi, Quidel,
perché non ti unisci a noi per pranzo?
- Ah, tranquilla, non voglio disturbare – replicò
il trentenne dai capelli neri. – Il viaggio non mi ha
stancato…
- Suvvia, insisto – lo interruppe Mrs Turner, allungandogli
un paio di buffetti sulla spalla muscolosa. – Abbiamo i
nostri panini speciali.
- In questo caso, non posso proprio dire di no – rise il Beta
del branco Anywayah, posando il bagaglio di Amy all’ingresso.
La quindicenne dai capelli rossi si guardò attorno con un
sorriso, infilando le mani nelle tasche dei jeans: il salotto, con la
grande libreria e il divano con penisola, era sempre stato una certezza,
non un singolo mobile era stato spostato o cambiato nel corso degli
anni.
- Ti porto la valigia in camera, Amy –disse Jul,
mentre Liv le piazzava in mano alcune vecchie fotografie.
- Non vedevo l’ora di mostrartele! Ti ho sentita
così entusiasta al telefono, quando ti ho parlato della
riserva e dei mutaforma…
- Non ci posso credere! – esclamò la
ragazzina, soffermandosi a lungo sull’ultima foto. Le
immagini dai colori un po’ sbiaditi ritraevano tre persone
sedute su un grande telo da pic-nic: una di loro era una ragazza bionda
sui vent’anni dall’aria famigliare, mentre accanto
a lei sorridevano due giovani dai lineamenti tipici dei nativi
americani, uno con i capelli lunghi e neri, l’altro, poco
più vecchio, con un cappello da cacciatore.
- Jenny, questa sei tu!
- Già.
La donna si avvicinò, indicando i due che la affiancavano in
quel ritratto scattato molti anni prima: - Questo con il cappello
è Harry, purtroppo mancato qualche anno fa, mentre lui
è Billy. L’ex compagna di mio padre era una
Quileute, quindi ho vissuto alla riserva per un po’. Posso
essere considerata un membro onorario, diciamo.
- E… da quanto si è formato il branco
di… mutaforma? – domandò Amy,
trattenendo a stento l’eccitazione. – Da quando
hanno cominciato a trasformarsi di nuovo?
- Mmmh… Billy mi ha detto che la prima trasformazione
è avvenuta tre o quattro anni fa. Il boom però
è stato nel 2006, quando dei… Freddi con cattive
intenzioni hanno messo piede da queste parti.
Il suo tono assunse una nota di disprezzo non appena
pronunciò la parola “Freddi”.
Amy scambiò una rapida occhiata con Quidel, il quale
replicò con una smorfia: persino una famiglia tollerante e
mentalmente aperta come la loro mal sopportava la razza dei vampiri.
- Pensi che… sarebbero contenti di conoscermi? –
domandò la piccola rossa, restituendo le foto alla
proprietaria.
Jenny piegò l’angolo destro delle labbra verso
l’alto: - In genere i Quileute sono molto cauti, soprattutto
da quando devono mantenere il segreto sulla nuova generazione di
mutaforma, però posso provare a fare una telefonata a Billy.
- Aiuto i ragazzi a preparare la tavola – si offrì
Quidel, mentre la signora Turner tirava fuori il cellulare, componendo
rapidamente il numero di casa del vecchio amico.
Amy attese con impazienza, appoggiata con una spalla allo stipite della
porta della cucina. Dietro di lei, Jul sistemava con cura una tovaglia
dai motivi floreali sul tavolo da pranzo, scambiando un sorriso con il ragazzo
più grande, che posizionava i piatti di fronte a ogni sedia.
- Tranquilla, sono sicura che anche loro saranno curiosi di conoscerti
– sussurrò Liv all’amica, battendole un
paio di volte la piccola mano sulla spalla.
Si udì una breve serie di squilli ovattati, poi, una voce
maschile e profonda rispose: - Pronto?
Il cuore cominciò a battere all’impazzata nel
petto della giovane Figlia della Luna.
- Ciao Billy, sono Jenny – rispose Mrs Turner. – Ti
disturbo?
- Ciao, Jenny!
Il tono neutrale e un po’ cupo dell’uomo
mutò all’improvviso, assumendo una colorazione
più amichevole: - Nessun disturbo, come stai?
- Tutto bene, tu?
- Non c’è male, direi. Quest’estate
avrò a casa sia Jake che Rachel e, forse, ad Agosto
verrà a trovarmi anche Becky. I tuoi figli come stanno?
- Oh, loro stanno benone. A proposito di questo, per tre mesi
avrò a casa un’ospite speciale, un'amica di mia
figlia… ricordi Nimel Anywayah, Billy?
Dall’altro capo del telefono, l’uomo ebbe qualche
istante di esitazione: - Anywayah… sì,
è la nipote del vecchio Diwali… Figli della Luna,
giusto?
- Esatto. Ospiterò la sua figliastra per l’estate.
Si chiama Amy e le piacerebbe molto conoscere i ragazzi. Sarebbe un
problema se, qualche volta, facesse visita alla riserva? Ha con
sé tutte le… precauzioni necessarie. Sai, le
sue… medicine.
Seguirono alcuni istanti di silenzio, durante i quali la più
piccola del clan Anywayah cercò di scaricare la tensione
stringendo i pugni e mormorando a filo di voce: - Ti prego… ti
prego… ti prego…
Finalmente, Billy riprese a parlare, strappandole un sussulto: -
D’accordo, non c’è problema. Jake
passerà a prenderla oggi pomeriggio, se volete.
- Fantastico, così non dovrà stare chiusa qui
mentre Liv e Jul studiano! Grazie mille Billy, a presto!
Mentre Jenny chiudeva la chiamata, Amy si lasciò sfuggire un
gridolino di eccitazione, saltando e battendo le mani come una bambina.
- Non posso crederci! Grazie, grazie, grazie Jenny!
- A quanto pare conoscerai i “cugini” –
sorrise Quidel, circondando le spalle della rossa con il braccio.
– Salutali da parte nostra. E mi raccomando: occhio
all’imprinting! – ripeté, scoppiando a
ridere non appena lei gli mostrò il dito medio come risposta.
- Sedete pure, comincio a scaldare i sandwiches – li
invitò Jenny, alzando il coperchio di una grande piastra
posta accanto ai fornelli. – Quidel ha due ore di strada da
fare, sarà meglio mangiare presto.
Era passata circa un’ora e mezza da quando il secondo per
età tra i quattro fratelli Anywayah era partito, dopo aver
salutato la nipote con un lungo abbraccio.
Amy guardava impaziente fuori dalla finestra, attendendo che
un’auto si fermasse davanti al cancello di casa; Liv sedeva
sul divano con un libro aperto sulle ginocchia, mentre Jul si era
sistemato in cucina, chino sul testo di Filosofia con le cuffiette
dell’Mp3 infilate nelle orecchie.
- Secondo te quando arriverà il figlio di Billy? –
domandò la rossa a un certo punto. – E se per caso
si fosse dimenticato? E se non dovessi piacere a lui e ai suoi
compagni? E se…
- Amore mio, rilassati – la interruppe Liv, trattenendo una
risata. – Fai un bel respiro, vedrai che andrà
tutto bene.
La quindicenne si morse un labbro, dubbiosa, quando
un’auto grigia rallentò gradualmente, fino ad
arrestarsi di fronte a casa Turner. Il volto di Amy si
illuminò, mentre le portiere anteriori si spalancavano
lentamente.
- Sono arrivati! Sono arrivati!
Jenny uscì tempestivamente dallo sgabuzzino in cui stava
riponendo alcuni scatoloni con le decorazioni estive per il bar,
alzò il citofono schiacciando il pulsante per aprire il
cancello e, subito dopo, spalancò la porta di casa,
accogliendo il giovane Quileute con un sorriso.
- Ciao Jake! Vieni, tesoro, posso darti un bacio? Sarà
almeno un anno che non ti vedo! Oh, hai portato anche la tua piccola
amica!
Amy si fermò a metà strada tra il salotto e
l’ingresso, osservando la scena in silenzio, troppo
emozionata per riuscire a spicciare una singola parola.
Il figlio di Billy era un ragazzo alto e attraente, sui diciotto anni:
portava i lucidi capelli neri tagliati molto corti e indossava un paio
di jeans e una semplice camicia, il cui tessuto si tendeva appena a
livello dei pettorali e dei muscoli della braccia.
Non era solo: accanto a lui, c’era una ragazzina di circa
tredici o quattordici anni, molto carina, con i capelli rossicci che
scendevano in boccoli armoniosi fin sotto le costole e gli
occhi di un intenso marrone scuro, simile al cioccolato. Era abbigliata
con una t-shirt bianca, con la stampa di Avril Lavigne sul davanti, e
una gonnellina nera che scendeva fino a metà coscia.
- Ness ha insistito per venire – disse Jake, indicando colei
che lo accompagnava, per poi volgere lo sguardo verso la quindicenne
che lo fissava impalata a pochi metri di distanza. –Tu devi
essere Amy. Piacere, Jacob.
Le tese la grande mano calda che, dopo aver ricevuto una piccola spinta
da parte di Liv, Amy si affrettò a stringere, cercando di
controllare invano il tremore.
- Il… piacere è mio… ehm…
credo di avere la mano un tantino sudata –
balbettò imbarazzatissima. – Sono…
emozionata. Io… a dire il vero non pensavo avrei mai
conosciuto dei… cugini.
Il diciottenne sorrise con fare gentile: - Anche noi siamo ansiosi di
conoscerti. Non capita spesso di incontrare dei Figli della Luna, da
queste parti.
- Non preoccuparti per la mano sudata – fece eco la
ragazzina, Ness, posando due baci sulle guance della rossa. –
Sappiamo bene che a volte le emozioni possono giocare…
qualche scherzetto, giusto Jake? Comunque, io sono Renesmee, ma puoi
chiamarmi Ness.
- Ciao, Ness… - rispose Amy, esitando. – Hai
uno…
Stava per dire “strano odore”, ma,
all’improvviso, una seria di immagini provenienti
dall’esterno cominciarono a vorticarle nella testa, formando
un unico messaggio: “Non
dirlo ad alta voce. Loro sanno qualcosa, ma anche i muri hanno le
orecchie”.
Quel “loro” si riferiva chiaramente ai Turner,
così la giovane lupa si schiarì la voce,
improvvisando: - Hai un… buon profumo…
- Ti ringrazio, è la nuova fragranza di… Avril
Lavigne – rispose l'altra, rivolgendole di nascosto uno
sguardo d’intesa.
- Oh, certo, Avril Lavigne, ecco, mi pareva di averla già
sentita!
- Volete qualcosa da bere, ragazzi? – domandò Jul,
affacciandosi dalla soglia della cucina. – Fa parecchio caldo
e qui abbiamo un sacco di roba fresca da offrire.
- Volentieri! – si illuminò la strana tredicenne,
prima che Jacob avesse il tempo di replicare qualcosa. –
Jake, beviamo qualcosa, vero? Mi sta venendo una sete tremenda!
- D’accordo, d’accordo – rise il
mutaforma, mentre la piccola amica gli si aggrappava al braccio,
stringendosi a lui con fare affettuoso. - Ness non fa mai complimenti
– spiegò poi, rivolto alla famiglia Turner.
- Ehi, loro lo sanno, Jake? Lo sanno già? –
trillò Renesmee, mentre prendevano posto attorno al tavolo
della cucina. – Billy gliel’ha detto?
C’era un qualcosa di strano nel modo in cui i due nuovi
arrivati si rapportavano tra loro, una specie di complicità
che all’occhio attento di un licantropo, che fosse mutaforma
o Figlio della Luna, significava una cosa sola: imprinting.
Amy li osservò in silenzio, cercando di capire quale segreto
celasse la curiosa adolescente: la bellezza eterea e quella specie di
potere speciale, cioè l’abilità nel
mostrare immagini attraverso il tocco, ricordavano
caratteristiche tipiche dei vampiri, eppure, il calore umano
che emanava e il battito del suo piccolo cuore la differenziavano non
poco dall’immortale razza succhiasangue.
- Detto cosa? – s’interessò Jenny,
tirando diverse bevande fuori dal frigo e scuotendo la figliastra di
Nimel dai propri pensieri.
Jake abbassò lo sguardo, sorridendo, mentre
l’oggetto del suo imprinting lo scuoteva con fare impaziente:
- Non credo che siano in molti a saperlo…
- Jake diventa zio! – annunciò allora Ness,
estasiata.
- Oh! – replicò Mrs Turner con aria adorante.
– Che cosa meravigliosa, Jake! Rachel o Rebecca?
- Rachel – disse lui, versando della Coca Cola nel proprio
bicchiere. – È stato un po’ inaspettato,
a dire il vero. La notizia ha già fatto il giro della
riserva, ma all’esterno lo sanno in pochi, visto che
siamo ancora alle prime settimane.
- Sono così contenta per voi, tesoro, stasera
chiamerò di nuovo Billy – rispose Jenny, passando
una bottiglia di tè alla pesca alla figlia.
Amy guardò alla propria destra, dove Ness
ricambiò il suo sguardo con un sorriso. Senza dare
nell’occhio, la misteriosa ragazzina allungò la
mano sotto il tavolo, posandola su quella della quindicenne dai capelli
rossi.
Seguì un’altra vivida serie di immagini, al
termine delle quali una risposta inaspettata si impresse
nell’incredula mente del membro più giovane del
branco Anywayah.
“Metà
vampiro, metà umana”.
***
Angolo
dell’Autrice: Ecco il primo capitolo in cui
appaiono anche Jake e Nessie.
Il POV principale
sarà quello di Amy, ma penso che ne userò anche
altri durante il corso della storia, in modo da avere diverse
prospettive.
Naturalmente, si
verrà a scoprire come lei sia venuta a conoscenza della
natura dei ragazzi Quileute, come mai non sia stata informata prima dai
componenti della famiglia Turner, cosa sono le sue
“medicine” e cose varie, incluse alcune mie licenze
riguardo le caratteristiche dei Figli della Luna.
Nel prossimo capitolo
ci sposteremo alla riserva, sinceramente non vedo l’ora, i
mutaforma sono il mio gruppetto preferito.
Spero che abbiate
apprezzato la lettura e che i personaggi della saga siano IC.
Alla prossima!
Tinkerbell92
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