Lena
Luthor si stirò dentro le coperte, muovendosi ancora con gli
occhi
chiusi e alzando una mano verso la sveglia sul comodino, che fece
appena in tempo ad emettere una sola nota prima di venir spenta. Poi
aprì gli occhi piano, cercando ancora un attimo per
rilassarsi prima
di scoprirsi, sedendo sul materasso, e abbracciarsi per via di alcuni
brividi. Anche se era estate e casa Luthor, che sarebbe diventata
presto Luthor-Danvers, aveva comunque l'impianto di riscaldamento in
ogni camera, era sempre fredda, specie la mattina. Entrò nel
bagno
collegato alla camera che già si sfilava da dosso la
camicetta da
notte verde acqua con cui aveva dormito, pronta per entrare in
doccia.
Le
erano mancati alcuni piccoli comfort di casa sua, le sue abitudini,
come avere un bagno privato, nessuno che aveva fretta o che le
bussava alla porta mentre era sotto l'acqua, e non c'era nemmeno
nessuno che apriva l'acqua da un'altra parte in modo che scendesse
fredda in doccia. Ma d'un tratto cominciò a sentirsi sola.
Alcune
piccole abitudini che stava scoprendo nell'altra casa, come avere
Kara Danvers che le dormiva vicino, le mancavano già.
All'inizio
avere a che fare con quella ragazzina era davvero seccante, ma era
contenta di averle dato un'occasione, di aver potuto vedere in lei
una persona molto diversa da quella che si aspettava da quando
l'aveva incontrata in treno la prima volta. Insomma, era felice di
aver allacciato con lei un rapporto più profondo dal
semplice
sopportarsi.
Uscì
dal bagno con indosso già una scollata camicetta e una gonna
a tubo,
con i capelli raccolti in una lunga e alta coda, mentre si infilava
degli orecchini dorati alle orecchie, camminando sul parquet con i
piedi avvolti in fini calze trasparenti. Prese il cellulare dal suo
comodino e lo accese, ma parve un po' delusa quando vide che aveva
ricevuto solo una chiamata ed era da parte di Lillian.
Sbuffò e
s'incamminò al piano di sotto, scendendo cautamente le
scale. Udì
una porta aprirsi e rizzò le orecchie, pur continuando a
dirigersi
tranquillamente verso la cucina, oltrepassando l'immenso soggiorno.
Stava già accendendo la macchinetta del caffè
quando una sorpresa
voce squillante per poco non la fece sobbalzare.
«Signorina
Luthor!».
Si
voltò, vedendo la donna toccarsi il petto e prendendo un
grosso
respiro.
«Credevo
fosse ancora alla casa fuori National City, non mi aspettavo di
trovarla».
«Ti
ho spaventata, Ingrid? Mi dispiace». Prese la tazzina di
caffè,
soffiandoci dentro. «Credevo che mia madre ti avesse
avvertito».
«Oh,
no, no, è da diverse settimane che non la sento».
«Sono
felice per te. Ogni tanto una buona notizia», le sorrise ma
la donna
non ricambiò, incerta sul comportamento da tenere.
«Co-Comunque
per oggi ho terminato, signorina Luthor. Ci rivediamo tra due
giorni?».
Lena
annuì e l'altra salutò in fretta, lasciando la
casa. Di bassa
statura e corpulenta, Ingrid lavorava con loro da almeno sei anni,
curava le piante all'esterno e all'interno della casa quando Lillian
Luthor non c'era, ma ancora non aveva imparato a interagire con la
famiglia come una persona qualunque, temeva sempre di sbagliare nel
parlare o nel ridere se qualcuno faceva una battuta. Lena capiva
perfettamente il perché non volesse farlo con sua madre,
perfino il
suo parrucchiere di fiducia da quindici anni decideva con cura i
pettegolezzi di cui parlare in sua presenza, ma con lei non aveva
nulla da temere. Da quando suo padre era venuto a mancare si era
sempre sentita un po' sola a National City; dopotutto ormai anche Lex
si era trasferito completamente a Metropolis e tornava di rado.
Si
sedette davanti alla penisola ancora soffiando sul caffè ed
enunciò
un comando vocale al grande televisore sul muro, che si accese.
Sorseggiò dando un'occhiata al telegiornale e il suo
telefonò
squillò, decidendo di accettare la chiamata.
«Lena!
Non pensavi di richiamarmi?»,
esclamò la voce dall'altro capo, in vivavoce.
Lena
bevve un sorso, prima di rispondere, con tutta calma. «So
già cosa
vuoi», chiosò, continuando a guardare il
telegiornale. «Ci sono
stata ieri. Non vuole il tuo aiuto».
«Ma
vuole il tuo»,
la sentì sospirare.
«Non
farò la spia per te».
«Non
ti chiedo di fare la spia per me, Lena, sono vostra madre! Vorrei
solo essere messa al corrente di ciò che succede e come sta
pensando
Lex di risolvere».
Lena
sorrise, finendo di bere il contenuto della tazzina. «In modo
da
metterti in mezzo se la situazione non ti piace?».
«Cosa
ci sarebbe di male se volessi aiutare i miei ragazzi?».
«Beh,
non è di tua competenza, quindi…»,
disse, «Il telegiornale non
ne fa cenno neanche oggi. Ma da Lex, ieri, ho letto un articolo del
CatCo Magazine: Leslie Willis ha messo la pulce nell'orecchio ai
lettori di un problema interno alla Luthor Corp di
Metropolis».
«Quella
Willis… non mi stupisce, a volte Cat Grant non riesce a
tenerla
adeguatamente al guinzaglio. Farò una telefonata».
Lena
scosse la testa per niente sorpresa dalla reazione di Lillian.
«Intendevo sottolineare come i legali si stiano
più dando da fare
per far tacere i giornalisti che per risolvere davvero la situazione.
Fossi in Lex cercherei di far luce sulle priorità ma, come
vedi,
anche se ha chiesto il mio aiuto, non è sempre dedito ad
ascoltare
consigli. Willis fa solo il suo lavoro».
Non
rispose subito, prendendosi il tempo: «Noi
due abbiamo modi differenti di vedere la cosa, Lena».
«Come
con tutto». Si alzò dalla sedia e diede un comando
vocale al
televisore, che si spense.
«Pensi
di andare da tuo fratello anche oggi?».
Lena
prese il cellulare, togliendo il vivavoce e avvicinandolo a
un'orecchia: «No. Questa sera sono impegnata»,
sorrise, chiudendo
la telefonata con Lillian.
E
non vedeva l'ora di andare al suo impegno. Kara le inviò una
faccina
sorridente per messaggio a cui Lena rispose con un cuore. Non si fece
più sentire. Le piaceva come reagiva, le piaceva come si
imbarazzava, come le era colato addosso il gelato alla vaniglia
quando aveva provato a flirtarci. Kara Danvers era adorabile e le
piaceva, piaceva davvero; senza contare che era una delle poche
persone che la trattava per chi era e non per chi rappresentava. Non
ci vedeva niente di male nello scherzare con lei, sperando che a Kara
non desse fastidio, in fondo.
Passò
per la sua università per parlare con un'insegnante del suo
piano di
studi, restò in biblioteca a leggere per quasi un'ora, su
uno dei
divanetti, e si vide con un altro insegnante, poi la macchina nera
guidata da Ferdinand la portò alla Luthor Corp. Restavano
aperti
pochi laboratori fino ai primi di luglio ed era strano passeggiare
là
dentro quando era così quasi vuoto: i tacchi delle sue
scarpe
risuonavano nell'aria dei corridoi deserti. Prese l'ascensore e
aperte le porte andò spedita verso il suo ufficio, senza
curarsi
della scrivania vuota a qualche metro dalla porta, che trovò
aperta.
Il rumore dei suoi tacchi fecero capire alla testa dietro lo schermo
del suo computer di non essere sola.
«S-Signorina
Luthor, è già qui?! Mi ha fatto prendere un
colpo». Il ragazzo si
alzò immediatamente dalla scrivania, rimettendo la sedia al
suo
posto.
Lena
appoggiò la borsa nel divanetto all'interno dell'ufficio,
per poi
raggiungerlo. «Sono arrivati i documenti di cui avevo
parlato,
quelli che doveva inviare mio fratello da Metropolis?».
«Sì,
io-», si grattò con imbarazzo, spostandosi per
farle spazio quando
si chinò per controllare sul laptop. «Stavo
già dando un'occhiata,
veramente, non sapevo se», sorrise, «Se aspettarla
o no, signorina
Luthor».
«Hai
fatto bene», sussurrò, dando un veloce sguardo,
«Darò una lettura
dopo pranzo e ce ne occuperemo da domani, se per te va bene».
Il
ragazzo annuì velocemente, composto, dritto con la schiena,
ma lei
lo guardò appena, spegnendo il portatile. «Hai da
fare, adesso,
Winslow? Vuoi venire a pranzo con me?».
Il
ragazzo la guardò per un po' senza dire nulla, immobile,
palesemente
impacciato, finché non si lasciò andare a una
breve risata,
grattandosi la nuca: Lena sapeva che stava per rifiutare.
«Veramente,
io ho-».
«Non
importa».
«La
ringrazio, signorina Luthor. Allora… a domani».
Lui
uscì dall'ufficio e lei trattenne uno sbuffo, chiudendo il
portatile. Winslow Schott Jr era il suo assistente e non credeva di
avergli mai dato motivo di aver paura di lei, eppure il suo
comportamento non era dissimile da quello di Ingrid, la giardiniera
di casa.
Uscì,
andando a pranzo in un locale a poco dell'edificio. Da sola come
sempre, decise di portarsi avanti con il lavoro e leggere lì
i
documenti inviati da Lex. Guardò il cellulare e lo rimise
giù poco
dopo, notando che non c'era nessuna notifica recente. Pensava che
forse Kara le avrebbe inviato qualcosa per dirle di stasera, ma dopo
quell'emoticon non si era fatta sentire, rimuginando di doverlo fare
lei. Continuò a leggere, mandando giù gli
spaghetti in brodo. Non
si erano date un orario, rifletté, guardando di nuovo lo
schermo del
cellulare. I tanti nomi degli investitori e delle cifre catalogate
per data cominciavano a darle alla testa. Controllò il
telefono.
Cambiò pagina, finendo il suo piatto. Riguardò il
telefono. Bevve
dell'acqua, ricontrollando le cifre. Di nuovo il telefono. Rimise
giù
il bicchiere vuoto e chiuse il laptop, ansimando, dandosi aria con
una mano. Capì che non riusciva a concentrarsi e riprese il
cellulare.
Ci
vediamo a che ora? Scrisse
lentamente, ancora indecisa se inviarlo. Restò con il
pollice per
aria a rileggere il messaggio, finché non lo
cancellò
all'improvviso e prese tutta la sua roba dal tavolo, andando a pagare
il conto.
Pensava
che, se non fosse riuscita a fare nulla, tanto valeva andare a
trovarla subito. Male che andava l'avrebbe trovata ancora a pranzo e
avrebbe aspettato a quando si fosse liberata.
Kara
Danvers studiava alla Sunrise National City University, sapeva: non
c'era mai stata e non conosceva la strada, ma era certa che Ferdinand
avrebbe risolto la questione per lei. Entrò nell'automobile
e questa
partì.
Per
essere estate, la Sunrise era piena di studenti che andavano a
venivano, si sorprese Lena, passeggiando per il cortile all'interno
dell'edificio; occhiali da sole e valigetta sottomano. Alla sua
università aveva ritrovato solo le solite facce di chi non
amava
trascorrere a casa le vacanze. In portineria le avevano detto che
avrebbe potuto trovare Kara Danvers allenarsi in pista a quell'ora,
dopo mangiato. Lena ci aveva riso su perché era ora di punta
e Kara
correva, pensando che quella ragazza non fosse affatto normale.
Trovò
la pista e la inquadrò subito correre; era sorprendentemente
veloce,
non sembrava scherzare affatto quando lo diceva. Fece il giro senza
vederla e Lena si guardò intorno, notando a metri da
lì che altre
due studentesse dovevano aver preso seriamente l'idea di allenarsi a
quell'ora, ma si erano fermate. Scosse la testa, temendo che una
delle due si sentisse poco bene. Si stava per avvicinare a chiedere
loro se avessero bisogno di aiuto quando vide Kara fermarsi per
prima. Indossava un leggins corto e attillato, una canottiera e
portava i capelli raccolti in una coda alta. Si riportò in
su gli
occhiali con una mano mentre si abbassava a controllare la gamba
sinistra di una delle due ragazze. Lena non si perse un secondo di
quella scena: Kara che controllava, le parlava, e poi alzandosi le
aveva toccato la fronte, continuando a parlarle. Vide l'altra ragazza
annuire a una sua domanda e poi portare via l'amica verso l'uscita
della pista. Kara le tenne sott'occhio mentre si allontanavano e
infine si girò, trovando Lena a metri di distanza. Vide con
attenzione il suo viso cambiare espressione: gli occhi che si
dilatavano e la bocca che si apriva in un sorriso. Le alzò
la mano
per un saluto e si protese in avanti per correre da lei quando, d'un
tratto, inciampò nel suo stesso piede e cadde sbattendo le
ginocchia
sulla pista. Lena fece una smorfia, trattenendo una risata, andandole
incontro.
«Se
sei fortunata, ti hanno vista solo due studenti di passaggio,
laggiù», indicò due ragazzi che
ridevano, in lontananza.
Kara
alzò la testa, rimettendosi apposto gli occhiali sul naso.
«Mi hai
vista tu».
«Io
sono abituata al peggio», le ricordò, aiutandola a
tirarsi su.
Kara
la guardò con un sorriso e poi la colse in un abbraccio, che
Lena
ricambiò dopo qualche istante di titubanza che, lo sapeva,
per lei
doveva essere sembrato più lungo. Si stupì a
esserne un po'
imbarazzata ma cercò di non darlo a vedere.
«Pensavo
mi chiamassi per farmi sapere a che ora saresti passata, ma va bene
così».
«Lo
avrei fatto, ma in ogni caso ero libera dagli impegni,
quindi…».
«Un
momento», la guardò a sottecchi, «Chi ti
ha fatto entrare? Credevo
di dover chiedere un favore al guardiano, corromperlo o, in casi
più
drastici, rapirti e portarti dentro senza che se ne
accorgesse».
Lena
rise, passeggiando al suo fianco intorno alla pista. «Mi ha
fatto
entrare il guardiano, e senza bisogno di corromperlo, anche se
ovviamente avevo già pronte un paio di mazzette».
Kara rise a sua
volta, finché Lena non aggiunse: «Ma adesso che lo
so, avrei tanto
voluto aspettare e vederti mettere in atto l'ultimo piano:
rapirmi».
«Sa-Sarebbe
stato diverte-volevo dire, divertente ma anche complicato, ma di
certo ci sarei riuscita».
Lena
adorava quando balbettava. «Oh, sono certa avresti fatto un
ottimo
lavoro. E così è qui che ti alleni, eh? Con
questo caldo…».
«Oh,
sì, il sole mi dà energia»,
annuì, sorridendo, «Ma non funziona
con tutti: prima una ragazza si è sentita male, è
nella mia
squadra, così le ho detto di tornare dentro e sdraiarsi un
po', le
faceva male anche una gamba…». Si fermò
di punto in bianco,
puntando i piedi, e portò una mano su di lei, sulla fronte,
con il
viso vicinissimo al suo, corrucciando lo sguardo. Lena
arrossì, non
capendo cosa stesse facendo. «Sei un po' sudata, non vorrei
ti
sentissi male anche tu: entriamo». Le sorrise, indicandole la
porta
dove erano entrate prima quelle due ragazze.
Aperta
la porta si ritrovarono davanti un salone con attrezzature di ogni
tipo, dalla panca per sollevare i pesi ai tapis roulant. Doveva
essere sempre per l'ora di punta che non c'era nessuno ad allenarsi.
«Qui
è dove faccio gli altri allenamenti».
Lena
si guardò intorno e, con la coda dell'occhio,
guardò anche Kara.
Non ci aveva mai fatto molto caso prima, ma in effetti le sue braccia
erano piuttosto muscolose, seppur non in modo esagerato: quando
indossava t-shirt che le arrivavano al gomito o le solite camicette
non si notava, ma con la canottiera risaltavano, e non solo,
girò lo
sguardo, adocchiando il seno stretto in quello che, sembrava, un
reggiseno sportivo nero. Era difficile, poi, non notarlo con sopra la
canottiera bianca. Invece, notò solo in quel momento che
Kara
Danvers stava ancora parlando ma lei non aveva sentito una parola di
quello che aveva detto, così semplicemente annuì,
continuando a
sorriderle.
«Kara!
Eccoti qui». Un ragazzo entrò a passo spedito
nella sala,
avvicinandosi. «Credevo fossi fuori in allenamento, mi sono
liberato
adesso dei ragazzi, volevano fare una gara di rutti, credevo di
potermi allenare con te». Si accorse che Kara non era sola
dopo
qualche secondo. «Ehi!
E tu chi sei?».
«Ah…
Mike, lei è Lena, te ne ho parlato! Lena, lui è
Mik-».
«Mike,
molto piacere», lui le prese la mano accompagnato da un
sorriso
prima ancora che lei potesse finire di parlare. «Sono il
ragazzo di
Kara. Ci siamo già visti…?».
Lena
spalancò gli occhi dalla sorpresa, stringendo la mano di lui
con
poca convinzione. «Ah… piacere. Non
saprei…».
«Non
stiamo insieme».
«È
come se lo fossimo», insisté lui, mentre l'altra
ancora scuoteva la
testa.
«Mike,
adesso non posso allenarmi, passerò la serata con Lena,
quindi…».
«Posso
farvi compagnia», guardò prima l'una e poi
l'altra, «Desideravo
tanto conoscere la nuova famosa sorella di Kara».
Le
due si scambiarono uno sguardo, arrendendosi all'idea di averlo
appresso, quando per fortuna un ragazzo entrò nella sala,
anche se
ruttando invece di salutare, e lo convinse a tornare con il suo
gruppo di amici.
«Gara
di rutti?», Lena guardò Kara perplessa e lei
scrollò le spalle.
«Scusalo.
A volte non riesco a dirgli di no ed è come un
bambino».
«Pensavo
non avessi un ragazzo».
«Non
lo è», disse, per poi guardarla con
curiosità. «Non ti ho mai
detto di non avere un ragazzo».
«Lo
hai detto a mia madre. Anche se sembra che lei non ascolti, e ti
assicuro che invece lo fa eccome, io ascolto tutto con
attenzione».
Le toccò la punta del naso con un dito e Kara
arrossì.
Kara
portò Lena a vedere gran parte dell'università,
salendo e scendendo
per le scale, mostrandole le aule e perfino i bagni, anche se di
fretta. Lena non poté fare a meno di accorgersi come Kara
Danvers
fosse piuttosto famosa
nell'istituto: dovunque passasse qualche studente la salutava,
chiamandola Supergirl. Lei si slacciò la coda e si
lasciò cadere i
capelli biondi sulle spalle, scuotendoli con le dita di una mano
infilate tra le ciocche. Era strano, rifletteva, ma la trovava
piuttosto affascinante,
il che non era per niente positivo. Era Kara Danvers, le piaceva, ma
non in quel modo e la sua testa doveva smettere di insinuarle dei
dubbi.
Una
volta visto il laboratorio di scienze, quello di fotografia e quello
di astronomia, Kara la trascinò fuori di nuovo, ma
dall'altra parte.
Presero una strada più stretta invece di dirigersi al
cancello da
dove era entrata, fatta per camminare appositamente solo a piedi,
arrivarono davanti a quattro grandi edifici disposti l'uno davanti
all'altro, divisi da un immenso parco.
«Qui
c'è il mio dormitorio, vieni». Le prese la mano e
Lena si lasciò
trasportare.
«Ehi,
Supergirl», la chiamò una ragazza seduta sullo
scalino
dell'ingresso, fermandole poco prima che entrassero dal portone.
«Quando riprendono le partite?».
«So
che quest'estate ci sarà un'amichevole, ma la giocheranno i
ragazzi.
Penso che noi riprenderemo verso settembre, o ottobre, in
concomitanza delle lezioni. Non ci sono ancora date precise».
«Avvertimi
quando si ricomincia», le disse a labbra strette, mantenendo
la
sigaretta.
Kara
sorrise, dicendo che certamente lo avrebbe fatto, e lei e Lena
entrarono.
«Anche
lei gioca nella tua squadra?».
«No.
Lei fa parte della tifoseria e dovessi sentire come grida»,
le fece
l'occhiolino, salendo le scale.
«Sei
davvero… una vip qui, eh, Supergirl?!»,
sussurrò, appoggiandosi
allo stipite della sua porta mentre lei apriva, proprio quando
passarono altre due ragazze che la salutarono con gioia.
«Pff,
è solo che- credo di giocare bene».
Aprì la porta e la invitò a
entrare per prima. «Bene», enunciò
sollevando le braccia dopo aver
richiuso la porta, «Benvenuta nel mio angolino privato
dell'università. O meglio, lo divido con Megan, adesso non
c'è, ma
è quasi tutto mio», rise. «Il letto a
sinistra è mio; da questa
parte c'è tutta la mia roba, la porta apre l'armadio.
Lì il frigo,
tavolo, piccolo cucinino e», indicò dietro di
loro, verso un'altra
porta oltre a quella da dove erano entrate, «lì il
bagno. Come vedi
non è granché, ma ci troviamo bene».
Vide che Lena stava
osservando meglio la zona cucina che le aveva indicato, composta dal
piccolo forno con grill e un lavandino, affrettandosi a parlare:
«Sì,
beh, non ci è permesso cucinare, per quello c'è
la mensa o mangiamo
fuori. Megan ha portato il fornetto a inizio anno, così
almeno ci
riscaldiamo qualcosa», sorrise, «Ed è
tutto».
Si
sedette sul letto, mentre lei guardava la camera a braccia conserte,
notando poi che, sopra al suo letto, vicino a una finestra, c'erano
delle foto attaccate sul muro. Si avvicinò, riconoscendo
subito
Eliza, Alex, Jeremiah che aveva visto in altre foto, e c'era anche
una foto di lei con quel ragazzo, Mike. Lui la baciava su una guancia
e lei stringeva le labbra e gli occhi, in una posa buffa.
«Ah,
sì, ci sono… queste», la
sentì prendere fiato, come
improvvisamente nervosa.
Lena
inquadrò una foto di Kara da bambina; la riconosceva
perché il suo
assistente aveva trovato una foto di lei appena adottata dai Danvers,
a dieci anni. Però ce n'era una dove…
«Sei tu?», le chiese,
indicando quella bambina con gli alti codini biondi, che
avrà avuto
forse sei o sette anni. La vide annuire con la coda dell'occhio.
Nella foto non era sola: era in braccio a un uomo e accanto a loro
c'era una donna. Sapeva chi erano. «La tua
famiglia… Non ti ho mai
chiesto che tipo di persone fossero».
Kara,
che si era fatta più seria nello sguardo in qualche secondo
appena,
stava pensando a cosa dire quando la porta si aprì con uno
scatto e
la sua compagna di stanza entrò canticchiando.
«Kara! Kara, questa
la devi sentir-», si bloccò, vedendo che non era
sola. «Oh…
scusate». Si avvicinò in fretta, lasciando
scivolare lo zainetto
dalle spalle al suo letto nel passaggio. «Sono Megan,
piacere».
Le
mostrò la mano e Lena strinse con piacere, anche se le aveva
interrotte. «Lena Luthor».
«Ah,
la sorella! Quella nuova, intendo», sorrise, guardando lei e
poi
Kara, ancora seduta. «Kara non ha fatto altro che parlarmi di
te;
ieri aspettava una tua chiamata come se le mancasse l'aria».
Dietro
Lena, Kara gonfiò gli occhi e le fece segno di tacere,
passandosi un
dito sotto il mento. Appena Lena si voltò con un sorriso che
avrebbe
definito malizioso, lei smise, sorridendole debolmente, scuotendo la
testa. «Megan ama esagerare», la fissò
con aria truce e l'altra
rise, sedendo anche lei sul suo letto, invitando Lena a sedersi a sua
volta, che si mise vicino a Kara.
Nel
farlo la sentì schiacciare qualcosa, portando alla luce una
rivista.
La riconosceva, era il numero 432 del CatCo Magazine, quello con cui
si era addormentata non una ma almeno quattro volte, da quando era
riuscita a notarlo.
«Ancora
quello? Lo conosci a memoria», disse Megan, rivolgendosi poi
a Lena:
«Lo conosce a memoria».
«Immagino
di sì, ci ha dormito sopra», rise, passandole la
rivista.
Kara
la prese come sdegnata, infilandola sotto al cuscino. Poi si
portò
le braccia a conserte, guardando prima una e poi l'altra.
«Beh,
forse non così tanto a memoria… se lo rileggo
ogni tanto».
«A
memoria», ribadì Megan a bassa voce, per poi
alzarsi, andando verso
il piccolo frigo, chiedendo a Lena se volesse una birra. Lei
rifiutò:
effettivamente Kara non l'aveva mai vista berne una.
«Allora,
cos'ha di tanto speciale?».
«Cosa?».
«Quel
numero del CatCo Magazine. Lo custodisci come un tesoro, deve essere
prezioso», la guardò attentamente.
«Ma
no, in realtà…», sorrise: mancando di
guardarla negli occhi, Lena
sapeva che stava cercando di minimizzare qualcosa a cui sembrava
tenere particolarmente. «C'è il primo articolo di
Siobhan Smythe…
Ha parlato della sua prima esperienza alla CatCo e come le hanno dato
la possibilità di scrivere, di provare».
«Ah,
mi pare di ricordare… Aveva iniziato come assistente di Cat
Grant».
Kara
annuì. «Sì, è partita dal
basso, portando caffè alla signora
Grant». Kara prese la bottiglietta di birra offerta da Megan,
bevendo subito un sorso. «Mi piace perché
è una fonte di
ispirazione. È così grata nelle parole che usa,
scelte con cura e
amore; fiera di ciò che ha fatto per arrivare a quel punto,
offrendo
consigli, cercando di dare una spinta a chi ha la passione nel fare
un tentativo…», non smise di sorridere con sguardo
sognante,
mentre le due la guardavano. «Penso sia una persona fortunata
che se
lo merita».
«Vuoi
fare giornalismo, dunque?».
Kara
spalancò gli occhi alla domanda di Lena, mentre Megan
annuiva, per
continuare a bere.
«No»,
scosse la testa, sorridendo, «Ho altri progetti per il
futuro».
«Mi
è parso proprio che tu volessi fare giornalismo».
«Sì,
è quello che le dico sempre: giornalismo»,
insisté Megan e Kara la
guardò corrugando lo sguardo.
«Tu
lo sai, te l'ho detto», riferì a quest'ultima,
girandosi poi verso
Lena. «Ammetto di averci pensato, all'inizio… Ma
Mike ed io
abbiamo deciso di puntare sul fare carriera insieme nelle forze
dell'ordine. Ancora non sappiamo bene in che ramo, è ancora
solo
un'idea, ma è perfetto per tutti e due».
«Mike?
Il tuo non-ragazzo?», domandò Lena, inarcando un
sopracciglio.
«Il
suo non-ragazzo», rispose Megan. «Ho come
l'impressione che abbia
scelto lui per entrambi».
«No»,
disse prontamente Kara, in difesa, «Lo sai che non
è così… Lo
abbiamo deciso prima del diploma, era già fatta. Non posso
abbandonarlo».
Lena
la guardò intensamente, trattenendo un sospiro, per poi
decidere
all'improvviso di strapparle dalla mano la bottiglietta di birra e
bere, bere tutto ciò che poteva senza prendere fiato, sotto
lo
sguardo meravigliato delle altre due, lasciandole il fondo e
restituirglielo. Megan rise e Kara la guardava ancora a occhi
spalancati. «Decisamente fresca»,
esclamò verso Kara, che intanto
era diventata rossa.
Dopo
poco, Kara sparì in bagno per farsi una doccia e Lena
restò a
parlare con Megan, che sembrava un'affabile ascoltatrice.
«Dai,
Alex… Alex, rispondi, rispondi». Sbuffando, Kara
riattaccò,
inviando un messaggio e chiamando di nuovo. Dopo qualche secondo di
attesa snervante, finalmente Alex accettò la videochiamata e
Kara
sospirò, portandosi una mano in fronte. «Era
ora», la sgridò,
«Sono cinque minuti che sto al telefono cercando di parlare
con te,
non ho molto tempo».
«Veramente
sono sette… oh, otto, Kara»,
la vide guardare l'orologio al polso, rispondendo in modo lapidale.
«Cominciavo
a pensare che se non avessi risposto, saresti piombata qui in volo.
Cosa c'è? Anch'io non ho tempo».
«Ha
bevuto dalla mia bottiglia».
«Chi?».
«Lena».
«Oh,
c'è Lena… salutamela».
Kara
grugnì, ma si bloccò, sentendo un'altra voce in
sottofondo. «Ma è
Maggie? Sei con Maggie? Cosa state- oh».
«Salutala
anche da parte mia»,
sorrise Maggie, comparendo al fianco di sua sorella.
«Non
stiamo facendo quello che pensi»,
intervenne subito Alex.
«Cosa
pensa che stiamo facendo?»,
chiese la prima alla seconda, per poi spalancare gli occhi,
voltandosi verso il telefono, scuotendo la testa con l'enorme
faccione, oscurando Alex. «No,
Kara, non stiamo facendo sesso-».
Kara
arrossì, sentendo Alex parlare con una nota di panico: «Non
usare quella parola con lei, che poi si emoziona».
«Sei
tu quella si emoziona, tesoro»,
si girò poi per guardare lo schermo, «Kara
è un'adulta. Ma Alex ancora non lo ha capito»,
le sorrise.
Kara
rispose con un sorriso di circostanza, guardando le due e poi
voltandosi verso la porta.
«Ma
dove sei? In bagno?»,
le chiese Alex, sentendo in sottofondo Maggie aggiungere che quello
dietro di lei sembrava proprio il bagno. «Ti
sei nascosta in bagno?».
«Dici
che si è nascosta in bagno? Da Lena?».
«Sembra
proprio che si sia nascost-».
«Finitela
voi due», per poco Kara non gridò, sperando da
fuori che Lena e
Megan non l'avessero sentita. «Non mi sono nascosta da
nessuno! Ti
ho chiamato per dirti che non mi invento affatto le cose,
Alex»,
scosse la testa, «Dicevo che Lena ha bevuto dalla mia
bottiglia di
birra».
«Birra?»,
esclamò una.
«Che
strano, non sembra tipa da birra»,
continuò l'altra.
«Vero,
è quello che stavo pensando anch'io».
«Ragazze,
non è la birra la cosa importante! Ma il fatto che l'abbia
bevuta
dalla mia bottiglia! Intendo con le labbra- Sì, lo so che si
usano
le labbra per bere, ma avete capito-». La guardarono.
«Dove ho
bevuto io! È-È un bacio indiretto»,
strinse i denti, sussurrando.
Alex rise e Maggie annuì, guardando Kara e poi la ragazza al
suo
fianco.
«Cosa
mi dicevi sul fatto che Kara sia un'adulta?»,
riprese Alex, guardando Maggie, «Bacio
indiretto
fa tanto liceo».
«Però
non ha torto, Alex. È classificabile come bacio indiretto,
in certi
casi».
«Ci
ho bevuto io, per quanto ne so potevo pure averci lasciato della
saliva lì dentro, e lei ci ha bevuto senza pensarci due
volte», si
strinse nelle spalle, mentre le altre due ancora discutevano sulla
legittimità del bacio indiretto.
Alex
riuscì a far zittire entrambe, riprendendo parola: «Quindi
Lena, Lena Luthor, che conosciamo, figlia della donna con cui sta
nostra madre, quella ricca e spocchiosa»,
si fermò, guardando attentamente Kara, «Parole
tue settimane fa, sorellina! Vuole
baciarti! E lo fa bevendo dalla tua bottiglia».
Maggie
socchiuse le labbra, rivolgendo lo schermo del cellulare di nuovo
verso di lei. «Però
in effetti qui non ha torto, Kara: probabilmente nemmeno ci pensava.
Adesso siete come sorelle, no?».
Sorelle.
Quella parola cominciava a darle fastidio. Richiuse la chiamata che
ancora parlavano tra loro, spogliandosi velocemente per entrare in
doccia. Certo che era assurdo, lei per prima sapeva che era scemo
anche solo pensare che Lena Luthor ci stesse seriamente provando con
lei, eppure non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa.
Probabilmente era vero che il suo unico scopo era divertirsi.
Lena
Luthor guardò ancora quella fotografia che, probabilmente,
per Kara
era quella più importante di tutte: quella con i suoi veri
genitori.
Lei ricordava appena com'era fatta sua madre prima che trovasse
qualche sua fotografia scavando nel suo passato, era molto piccola
quando l'aveva persa, ma Kara aveva già dieci anni e aveva
dovuto
ricominciare tutto daccapo con un'altra famiglia che non aveva nessun
legame con la sua naturale. Kara le era stata vicina e avevano
parlato di suo padre, eppure lei non le aveva mai chiesto nemmeno una
volta di loro. Si sentiva un po' in colpa.
«Allora,
Lena, dimmi», le disse Megan, «Da quando hai una
cotta per Kara?».
«Come?»,
si voltò di scatto, con la tachicardia.
«Chiedevo
da quando sapevi che tua madre stava con quella di Kara».
Le
sorrise e Lena riprese fiato, capendo di aver sentito male. Per un
attimo… «Da… Da un anno. È
stato un bel cambiamento».
«Lo
immagino. Dovevi vedere Kara appena lo ha saputo», rise,
sedendo
bene sul materasso, poggiando i piedi sul letto e la sua schiena
contro il muro, «Era zitta. Davvero zitta. Il che non era
proprio
normale, per lei, sai, a volte parla in continuazione. Così
le ho
chiesto cos'era successo e ha iniziato a raccontarmi… Due
giorni!
Ci ha messo due giorni per spiegarmi tutto! Beh, per fortuna
è
andata bene e tu sei simpatica. Lei non ne era molto
convinta».
«Non
avevo dubbi».
«Sai
che c'è? Domani i ragazzi del dormitorio D danno un party:
vieni
anche tu».
Kara
uscì dal bagno proprio in quel momento, indossando un
abbigliamento
che Lena era solita vederle addosso: una t-shirt e dei pantaloncini
corti, con le ciabatte a forma di unicorno ai piedi. Andava verso di
loro passandosi un asciugamano tra i capelli bagnati.
«Vero,
Kara?», Megan cercò la sua attenzione,
«Dicevo a Lena del party di
domani sera, da quelli del D: dovrebbe venirci».
Kara
si illuminò all'improvviso. «Oh, sì, me
n'ero quasi dimenticata!
Vieni anche tu?».
Lena
Luthor aveva tutta l'intenzione di rifiutare: voleva rimettersi a
studiare prima che riprendessero le lezioni, aveva accettato quando
alcune studentesse le chiesero se potesse fare loro da tutor su
alcuni argomenti, doveva assolutamente controllare con
serietà e
dedizione i documenti inviati da Lex, perché aveva chiesto
il suo
aiuto e non lo avrebbe lasciato in alto mare da solo e poi aveva
delle cose da sbrigare, private. Non poteva permetterselo.
«Sì. Va
bene». Oh,
accidenti.
La sua testa pensava una cosa ma il suo corpo aveva già
risposto
prima che potesse finire. Kara l'aveva guardata con un sorriso e Lena
come se fosse un bignè. Non aveva resistito: come avrebbe
potuto
dirle di no?
«Perfetto»,
le sorrise di nuovo, «Dirò a Mike che ci farai
compagnia».
L'entusiasmo
di Lena scemò.
Ma
non così tanto, pensò infine la stessa Lena. Non
avrebbe permesso a
quel pensiero piccolo piccolo da qualche parte nella sua testa che le
diceva insistentemente che aveva una cotta per Kara Danvers di
rovinare il suo rapporto con lei, né nient'altro. Kara aveva
un
quasi
ragazzo
e andava bene. Era perfetto, anzi. Non avrebbe permesso a se stessa
di fare la gelosa per qualcosa che poi non era nemmeno vero. Kara era
carinissima e risvegliava in lei sensazioni piacevoli, come quello di
restarle accanto, di vederla sorriderle, perfino di abbracciarla e
lei non era solita abbracciare spesso. E la trovava bella,
più bella
di chiunque conoscesse e non conoscesse. Ma che le piacesse in quel
senso era una bugia bella e buona che sarebbe stata smascherata con
il tempo.
Non
aveva fretta. Ecco perché una volta andata via dalla Sunrise
e
tornata a casa, l'aveva chiamata e poi aveva accettato la sua
proposta di fare una videochiamata in modo che potesse farle vedere
la sua casa a National City. Sia lei che Megan erano rimaste
affascinate da quanto grande fosse la casa dei Luthor. E poi avevano
continuato a parlare tra loro quando Megan era uscita. E poi era
rientrata. E poi si era addormentata. Kara e Lena erano coricate nei
rispettivi letti e parlavano ancora.
«Non
vestirti come se dovessi andare in ufficio, domani»,
l'avvertì
Kara. «Al party non ci sarà nessuno di elegante,
te lo assicuro…
Però portati una giacchetta, perché
farà freddino».
«Va
bene, pasticcino. Adesso ti lascio, sono davvero stanca, non capisco
più niente…».
Kara
arrossì, corrugando la fronte. «O-Okey. Allora ci
sentiamo domani,
Lena. Buonanotte».
Lena
sorrise. «Buonanotte»,
disse, chiudendo la chiamata.
Kara
guardò le notifiche sul cellulare con orrore, scoprendo che
doveva
trovare un modo per farsi perdonare da Mike: non erano andati a
vedere le stelle. Gli inviò le sue scuse e stirò
il braccio,
riponendo il cellulare sulla mensola dietro il suo letto. Pasticcino.
Riprese subito il cellulare.
Da
Me a BadSister
Mi
ha chiamata pasticcino…
Da
BadSister a Me
Buonanotte,
Kara.
Il
giorno successivo, Lena riuscì a fare molto poco con i
documenti di
Lex. Sua madre la chiamò spesso per avere notizie dal figlio
che non
accettava le sue chiamate e arrivò perfino a spegnere il
telefono
pur di ignorarla, mancandole la sensazione di poterlo guardare per
sapere se Kara le aveva scritto. Aveva passato gran parte del suo
tempo nella sua università, in biblioteca, a fare da tutor a
due
studentesse del primo anno che erano rimaste indietro, e poi aveva
studiato per conto suo, per non lasciar impigrire la mente e,
sì,
forse anche per distrarsi. In realtà, per quel party era
più
agitata di quanto volesse far credere a se stessa: sarebbe stato il
primo della sua vita con dei ragazzi della sua età, e
sarebbe dovuta
star vicino a Kara senza che la sua testa le giocasse brutti scherzi.
Come il pasticcino
della notte prima, ricordava, vergognandosi. Aveva sonno e non aveva
badato a come l'aveva chiamata, uscendole d'istinto. Per sua fortuna,
sembrava che Kara si stesse abituando ai suoi flirt, tanto da non
darci più peso. D'altro canto era una sfortuna,
perché significava
non riuscire più a metterla d'imbarazzo così
facilmente.
Tornata
a casa si cambiò, indossando un vestito non troppo stretto e
colorato e sandali bassi ai piedi, decidendo di non usare i tacchi a
un party di universitari. Usò un trucco leggero sugli occhi
e si
passò il rossetto rosso sulle labbra, legando i capelli in
una coda
alta, pensando che, probabilmente, era comunque la cosa migliore
smettere di flirtare in quel modo perché lo scherzo era
bello quando
durava poco. Il loro rapporto stava mutando, ora potevano essere
amiche, non aveva senso cercare di scocciarla in quel modo solo per
assaporare la sua reazione, risultando, infine, una persona noiosa.
Ferdinand
l'accompagnò alla Sunrise e la lasciò
all'ingresso. Erano le sei,
sapeva che il party sarebbe iniziato verso le sei e mezzo, aveva il
tempo di andare in camera da Kara e stare un po' con lei prima che
passasse il suo tempo con il suo quasi ragazzo.
Il
guardiano non era al cancello ma la fecero passare dei ragazzi che
stavano entrando con le loro automobili, chiedendole se fosse
lì per
il party. Solitamente i party organizzati all'interno erano per i
soli studenti e studentesse, ma qualcuno che invitava gli amici c'era
sempre, se il guardiano permetteva di farli entrare. Qualcuno le
chiese il suo nome, dicendo che aveva una faccia conosciuta, e lei
tirò dritto, dicendo di essere in ritardo. Non voleva
perdere tempo
e per fortuna riconobbe il dormitorio B dalle aiuole e la strada da
percorrere. Altre studentesse si fermarono a guardarla intanto che
saliva le scale; Lena Luthor le sentì borbottare e le vide
indicarla, ma non ci diede peso. Sperava di passare una serata
tranquilla.
«Ehi,
Lena». Megan le aprì, dicendole che Kara era in
bagno che si
preparava. Lei era già pronta: aveva indosso una maglia
fine, viola,
e dei jeans poco sotto il ginocchio, mentre ai piedi aveva degli
stivaletti estivi.
Kara
uscì di corsa, pensando di essere in ritardo.
«Accidenti, non
voglio arrivare a festa già cominciata o tutti avranno
già messo
mani al buffet». Si bloccò, vedendo Lena.
«Oh, meno male, sei già
arrivata», le sorrise e lei deglutì, annuendo e
sorridendo a sua
volta.
Kara
Danvers aveva scelto di lasciarsi i capelli sciolti, ondulati le
ricadevano sulle spalle, e non indossava gli occhiali. Si era messa
una maglia smanicata, nera e un po' attillata, jeans fini e stretti
fino alle caviglie e dei sandali. Aveva solo un filo di mascara sugli
occhi che, azzurri, glieli faceva risaltare.
«Oh,
sei bellissima». Si pentì immediatamente di averlo
detto poiché
poteva passare per uno dei suoi soliti flirt, o uno scherzo, e invece
lo pensava davvero. In compenso, non sapeva neppure come identificare
la sua reazione: il sorriso, il rossore sulle gote e l'aver abbassato
la testa, scuotendola brevemente.
«Anche
tu», le sussurrò dopo con un sospiro, andando a
recuperare una
giacca nera poggiata su una delle sedie intorno al tavolo.
Lena
non capì se glielo avesse detto perché lo
pensasse davvero o solo
per dovere dopo che le aveva fatto un complimento.
Uscirono
tutte e tre insieme, sapendo che si sarebbero incontrate con Mike
direttamente al party.
«Come
hai intenzione di farti perdonare?», le chiese Megan con tono
scherzoso, mentre uscivano dal dormitorio per raggiungere l'edificio
dell'università, dirigendosi verso una delle strade sterrate
esterne
al parco.
Kara
sbuffò. «Non lo so… Lui vorrebbe che
tornassimo insieme, ma non
posso fargli questo regalo prima che io capisca cosa voglio dalla
nostra relazione», scosse la testa, facendo una smorfia con
la
bocca. «Mi vorrebbe sempre con lui».
«Sono
d'accordo», rispose Megan, mentre Kara annuiva a testa bassa,
«Infatti è qui».
«Cosa?».
Lo videro venire verso di loro con una mano alzata, salutando,
portando un gran sorriso. Kara lo raggiunse e lui la colse in un
caloroso abbraccio.
«Da
quanto tempo non si vedevano?», domandò Lena
all'altra, che non
toglieva loro occhio di dosso, con una strana espressione in viso.
«Da
dopo pranzo».
Mike
stringeva Kara, parlandole a bassa voce in un orecchio e Lena
annuì.
«Oh,
si vede». Guardò Megan. «Come mai deve
farsi perdonare da lui?
Cos'ha fatto?».
«Ieri
avevano una specie di appuntamento fuori a vedere le stelle, ma Kara
si è dimenticata. Era al telefono con te».
Lena
sorrise con improvvisa ritrovata gioia, pensando a Kara che si era
dimenticata di lui perché parlava con lei. Era una
sensazione
piacevole. Non c'entrava col fatto che avesse una cotta per lei,
s'affrettò a pensare, perché non aveva, non aveva
assolutamente una
cotta per lei.
Entrarono
nella struttura tutti e quattro insieme, raggiungendo la sala della
piscina al pian terreno. La musica era già assordante, la
sala buia
a parte per le luci colorate che schizzavano dagli angoli in alto,
che davano un'aria da discoteca, ed era già pieno di
studentesse e
studenti, con sdegno di Kara, che inquadrò il buffet come
avesse un
radar, raggiungendolo velocemente. Un ragazzo si fermò a
parlare con
Mike e Megan era già sparita a ballare con alcuni ragazzi
vicino
all'acqua, dove altri si erano buttati con tanto d'abiti, anche se
l'acqua era fredda. Lena raggiunse Kara. Era abituata a un altro tipo
di party, con musica bassa per permettere ai commensali di discutere
tra loro, dove ci si vestiva eleganti e si facevano foto da prima
pagina, e credeva davvero che quella novità le sarebbe
potuta
piacere perché non avrebbe avuto altre occasioni simili in
tutta la
sua vita, ma al momento aveva solo addosso una strana sensazione di
disagio.
«Vuoi?»,
Kara le passò un pasticcino e, quando se ne rese conto,
arrossì,
spalancando gli occhi.
Lena
lo prese, dando un piccolo morso di assaggio. «Allora,
è rimasto
qualcosa al buffet anche se è già pieno di gente,
non trovi?»,
gridò, per farsi sentire.
«Sì.
Mi preoccupava il fatto che molte mani avessero toccato il cibo anche
senza mangiarlo». Ne infilò in bocca uno dopo
l'altro sotto lo
sguardo sbalordito di Lena che sì, sapeva che era veloce e
famelica,
ma non così tanto, rapidissima a masticare e ingoiare, come
se non
avesse potuto mangiarne mai più. Dopo si girò a
ricercare Megan,
che ballava a ritmo di musica in mezzo a un gruppo. Un ragazzo le
stava molto vicino. «Megan ci sa fare… Quello
è per caso il suo
ragazzo?».
«No»,
scosse la testa, «Non è il suo tipo».
Si
avvicinò di scatto alla sua orecchia destra e Lena
sobbalzò un
poco, sentendo il calore del suo respiro. «Il ragazzo di
Megan non
frequenta questi tipo di party. Non è proprio nemmeno un
ragazzo, in
realtà…».
Lena
rise. «Ed è cosa? Un alieno, forse?».
«Non
dirlo a nessuno, va bene? È un professore. Il ragazzo di
Megan è
uno dei nostri professori, veramente».
Si
guardarono. Kara sapeva di non doverne parlare con nessuno, si
pentì
quasi subito di averlo spifferato in quel modo alla prima occasione,
ma non sapeva cosa dire e non le andava proprio di mentirle. Sperava
che Megan non si sarebbe arrabbiata; per il resto, di certo sapeva
che Lena non lo avrebbe detto a nessuno.
Difatti
le sorrise, alzando la voce. «Beh, non è comunque
l'unico a non
frequentare questi tipo di party».
Kara
sorrise a sua volta, mangiando un altro dolcetto. «Se lo vuoi
non ci
tratteniamo troppo, ti posso portare fuori a fare un giro nel
parco».
«In
un parco di notte da sole? Che hai in mente, Kara Danvers?».
Oh no,
lo aveva fatto di nuovo. Kara increspò le labbra e prese un
altro
pasticcino. Forse non sapeva cosa dire, pensò Lena.
D'altronde la
sua era stata proprio una battuta scema che non era riuscita a
trattenere, ma Kara voleva solo essere gentile. Voleva smettere ma
perché non riusciva a farlo? Quei flirt scherzosi dovevano
finire.
Aprì la bocca per darle le sue scuse, quando Kara si
sfilò la
giacca dalle spalle e la infilò sulle sue. Non si era
accorta che
aveva la pelle d'oca alle braccia fino a quel momento.
«Ti
avevo detto di portarti la giacchetta che ci sarebbe stato un po' di
freddo, siamo davanti a una piscina di notte», le sorrise,
avvicinandosi, sistemandogliela addosso. Lena arrossì,
notando in
quel momento come Kara fosse poco più alta di lei e,
soprattutto,
come il suo viso si trovasse così a poco spazio dal suo.
«Ecco
fatto».
«Ma
tu così non ne hai».
«Io
non ho freddo».
Mike
sorprese le due con uno slancio e prese Kara di schiena, sollevandola
e allontanandola dal tavolo da buffet. Lena li vide abbracciarsi
ancora, guardarsi negli occhi. Mike provò a baciarla ma Kara
abbassò
la testa all'ultimo, innervosendolo visibilmente, continuando a
ballare vicino a lei con uno specie di broncio sul viso. In effetti,
a Lena pareva di averlo già visto da qualche parte ma non
sapeva
dove. Megan la raggiunse per chiederle se voleva ballare ma Lena
rifiutò, allontanandosi fino ad andarsi a sedere dietro il
tavolo.
Pensava di sapersela cavare in ogni occasione, eppure un po' si
pentiva di aver accettato di andare al party. Non che fossero i
ragazzi ubriachi a spaventarla, quelli che si buttavano in acqua o
tutti e due, nemmeno quelli che, come Megan ma con altri scopi, erano
venuti a chiederle di ballare con loro, ma era quella sensazione di
solitudine a mangiarla dentro. Sapeva in anticipo che Kara non
sarebbe rimasta con lei tutto il tempo, ma vederla stare con quel
ragazzo le creava un disagio ancora maggiore. Era come una morsa allo
stomaco che non riusciva a calmare. Era davvero gelosa? Non ci poteva
credere. Aveva preso quel gioco dei flirt fin troppo seriamente. Si
strinse nella giacca di Kara che la teneva al caldo, decidendo il da
farsi: si alzò, cercandola. Le avrebbe detto che se ne
sarebbe
andata perché aveva degli impegni e che si sarebbero
risentite per
telefono. Era la cosa migliore.
«Lena
Luthor!».
Qualcuno
urlò il suo nome e tutti si girarono, inquadrando un ragazzo
dall'aria pesantemente offesa.
«Sei
davvero tu?! Te la spassi a una festa, eh? Non provi nemmeno un po'
di vergogna?».
Lena
lo inquadrò cercando di capire chi fosse, ma non
riconoscendolo lo
invitò a calmarsi. La musica sembrò cantare a un
livello più
basso, in quel momento, mentre il suo cuore si agitava.
«Andiamo a
parlare fuori, che ne pensi? Così non roviniamo la festa a
tutti».
«Chi
se ne fotte», sbraitò lui e alcuni risero,
poiché doveva essere
ubriaco. «Non vuoi che si sappia, eh? No? Voi Luthor pensate
di
poter fare sempre tutto come vi pare, siete intoccabili, fate i
casini e non volete prendervi le vostre… le vostre dannate
responsabilità!».
Lena
provò ad avvicinarsi per parlargli, quando Kara
sbucò
all'improvviso e si piazzò davanti al ragazzo, bloccandolo
con una
mano. «Ehi, che cosa succede?».
«Chiedilo
alla tua amichetta laggiù, la Luthor», disse con
disprezzo, per poi
sputare a terra. «Sono tutti dei ladri»,
ringhiò, «Sono ricchi
perché si fanno soldi rubando alla brava gente».
«Di
cosa stai parlando?».
Lena
si avvicinò per provare a parlare con lui ma il ragazzo si
slanciò
verso di lei con fare aggressivo e Kara lo bloccò con forza,
spingendolo indietro.
«Non
ti intromettere, Supergirl», gridò ancora,
«Questo è un affare
tra me e lei».
«Ha
ragione, Kara», sentì la voce di Lena alle sue
spalle, tesa come
una corda di violino. «È tra me e lui, tu non
c'entri».
«Voglio
capire che succede», decise, non avendo alcuna intenzione di
farsi
da parte.
Mike
guardava la scena vicino a Megan, che insieme a tanti avevano smesso
di ballare per capire cosa stesse succedendo.
«Va
bene, allora lo dico io che succede», strillò quel
ragazzo,
chiudendo i pugni e indicando Lena Luthor con violenza, di tanto in
tanto. «Quella e suo fratello sono dei ladri, come tutta la
loro
famiglia! Mio padre ha investito alla Luthor Corp di Metropolis tutti
i suoi risparmi in un progetto di Lex Luthor, pensando ne avrebbe
ricavato il doppio, ma quei soldi sono spariti! Spariti, capito? Nel
nulla! E mica solo i suoi: sono tanti quelli che ci stanno rimettendo
le case in cui vivono, come mio padre… Se non
riavrà il suo denaro
finirà per passare la vecchiaia per strada e sarà
tutta colpa
vostra», strinse i denti dalla rabbia, andando avanti e
indietro sui
suoi passi, non riuscendo a stare fermo. «Cosa state facendo
per
sapere dove sono finiti quei soldi, uh? Cosa? Vi siete comprati una
nuova macchina? Una villetta a Central City?».
Lena
abbassò la testa ma, quando la rialzò, aveva
l'aria dura e quasi
impassibile, fredda come il ghiaccio. Si avvicinò ancora
verso il
ragazzo anche se Kara non era d'accordo, mettendosi comunque in
mezzo. «Sto lavorando con Lex affinché si trovi il
responsabile di
ciò che è accaduto. E ti assicuro che si
troverà e che tutti
riavranno indietro il loro denaro. Per ora posso solo dirti di
portare un po' di pazienza».
«Pazienza?»,
sbottò lui, che Kara allontanò di nuovo da Lena.
«E se è stato il
tuo caro fratellino a intascarsi tutto, uh? O forse sei stata tu? Sei
stata tu?».
«No»,
rispose, mantenendo la calma. «Come ho detto troveremo il
responsabile che sarà consegnato alla giustizia, e riavrete
il
vostro denaro, ma fino ad allora-».
«Cosa?
Come se vi importasse qualcosa, voi un tetto sicuro sulla testa ce lo
avete, Luthor». Kara tratteneva il ragazzo e sentiva
chiaramente il
suo cuore battere all'impazzata dalla frenesia; come una miccia
pronta a esplodere non sembrava pronto a calmarsi. «Qualcuno
stava
andando a denunciare e sapete che è successo, no? Hanno
bloccato
tutto! Gli avvocati di Lex Luthor in persona hanno minacciato i
poveracci di non denunciare o avrebbero passato dei guai. Vi sembra
giusto?», chiese a tutti, «Ti sembra
giusto?», riprese riferendosi
a Kara.
Lei
lo guardò con aria vacua, non sapeva cosa rispondere e si
voltò a
guardare Lena, che invece sembrava ferma nella sua posizione.
«No.
Non mi sembra giusto», rispose lei, facendo un altro passo.
Kara la
implorò di fermarsi perché era troppo vicina al
ragazzo. «Farò il
possibile per aiutarvi, te lo prometto».
«Tu
lo prometti?!». Infuriato, il ragazzo spinse Kara, pensando
di
correre verso Lena. Lei lo stava per riacciuffare quando Mike si
protese di scatto e lo spinse a sua volta, intimandogli di non
toccare la sua ragazza. A un conseguente gesto di sfida
dell'aggressore, Mike gli sferrò un destro in pieno volto e
lui finì
in piscina.
Il
party ricominciò poco dopo, una volta recuperato il ragazzo
dall'acqua da alcuni amici, che decisero di riportarlo al suo
dormitorio.
«Mi
dispiace per quello che è successo»,
biascicò Lena. Lei e Kara
erano fuori dal cancello, aspettando l'arrivo di Ferdinand con la
macchina per riportarla a casa. Si stringeva contro la giacca di Kara
che aveva addosso, tremando. E non credeva di farlo solo per il
freddo.
«Cosa
ne pensi se ti aiuto? Aiuto te e Lex».
Lena
la guardò con sorpresa, scuotendo la testa. «No.
Non vedo come tu
possa-».
«Ehi,
non sottovalutarmi! E voglio davvero aiutare».
«Non
ti intromettere, Kara. Davvero».
«Davvero
ho deciso di aiutarvi e lo farò, non puoi dir nulla per
farmi
cambiare idea», la fissò con sguardo deciso e Lena
non riuscì a
replicare.
L'auto
arrivò e Kara l'abbracciò di colpo, come se
avesse voluto
proteggerla, dandole poi una piccola spinta verso la portiera.
«La
giaccia-», Lena stava per sfilarla, ma Kara si
avvicinò e gliela
riportò bene sulle spalle, guardandola negli occhi.
«Tienila
tu. La riprendo domani».
Lena
annuì, aprendo la portiera. «Sei testarda, Kara
Danvers». La vide
ridere, intanto che chiudeva lo sportello una volta entrata.
L'automobile partì e Lena si sentì strana,
leggera, calda, bollente
per la verità, con la voglia di sospirare.
Adesso
sapeva per certo di essere nei guai: flirtava per scherzare e farla
imbarazzare e quella imbarazzata, infine, era lei. Quei flirt avevano
rivelato qualcosa di serio. La sua mente non le giocava brutti
scherzi perché era vero che le piaceva Kara Danvers, le
piaceva
davvero in
quel modo.
Nuova
settimana, nuovo capitolo!
Lena
è arrivata a una conclusione importante… Flirta
per scherzare,
così pensava, ma ha scoperto perché le viene
così naturale e non
riesce a farne a meno: è cotta di Kara. Non per niente
è gelosa del
suo non-ragazzo, o quasi ragazzo che sia; anche se finge
disperatamente che non sia così. Eppure ha ben altro a cui
pensare:
alla Luthor Corp di Metropolis corre un problema e lei sta cercando
di aiutare suo fratello a risolverlo prima che la cosa possa sfuggire
di mano. E prima che Lillian si metta in mezzo.
Il
capitolo ci ha anche nominato alcuni personaggi interessanti come Cat
Grant, Leslie Willis e Siobhan Smythe, che lavora come nuova
reporter alla CatCo. Kara è affascinata dal suo primo
articolo… E,
non di meno, abbiamo conosciuto l'assistente di Lena. Proprio lui:
Winn.
Spero
che il capitolo vi sia piaciuto :)
Nel
prossimo, Lena capirà che non si può combattere
contro una Kara
determinata!
Il
capitolo sette arriva il prossimo lunedì e si intitola: La
reporter
(Anticipo
fin da ora che avrò poco tempo per occuparmi della fan
fiction,
quindi lunedì 2, cioè Pasquetta, il capitolo otto
non ci sarà e
salterà al 9 aprile! Non voletemene ^_^')
A
presto ~
Avete
un pc/cellulare? Amate le supercorp? Votatele allo -> Zimbio!!
Le
nostre ragazze sono in finale, conto su di voi! (Non date retta al sito
che vi dice di poter votare una volta ogni mezzora: ricaricate la
pagina e potete votare quante volte volete)
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