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Autore: Ghen    19/03/2018    8 recensioni
Dopo anni dal divorzio, finalmente Eliza Danvers ha accanto a sé una persona che la rende felice e inizia a conviverci. Sorprese e disorientate, Alex e Kara tornano a casa per conoscere le persone coinvolte. Tutto si è svolto molto in fretta e si sforzano perché la cosa possa funzionare, ma Kara Danvers non aveva i fatti i conti con Lena Luthor, la sua nuova... sorella.
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Non solo quello che sembra! AU (no poteri/alieni) con il susseguirsi di personaggi rielaborati e crossover, 'Our home' è commedia, romanticismo e investigazione seguendo l'ombra lasciata da un passato complicato e travagliato, che porterà le due protagoniste di fronte a verità omesse e persone pericolose.
'Our home' è di nuovo in pausa. Lo so, la scrittura di questa fan fiction è molto altalenante. Ci tengo molto a questa storia e ultimamente non mi sembra di riuscire a scriverla al meglio, quindi piuttosto che scrivere capitoli compitino, voglio prendermi il tempo per riuscire a metterci di nuovo un'anima. Alla prossima!
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Altri, Kara Danvers, Lena Luthor
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ours'
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6. Il party


Lena Luthor si stirò dentro le coperte, muovendosi ancora con gli occhi chiusi e alzando una mano verso la sveglia sul comodino, che fece appena in tempo ad emettere una sola nota prima di venir spenta. Poi aprì gli occhi piano, cercando ancora un attimo per rilassarsi prima di scoprirsi, sedendo sul materasso, e abbracciarsi per via di alcuni brividi. Anche se era estate e casa Luthor, che sarebbe diventata presto Luthor-Danvers, aveva comunque l'impianto di riscaldamento in ogni camera, era sempre fredda, specie la mattina. Entrò nel bagno collegato alla camera che già si sfilava da dosso la camicetta da notte verde acqua con cui aveva dormito, pronta per entrare in doccia.
Le erano mancati alcuni piccoli comfort di casa sua, le sue abitudini, come avere un bagno privato, nessuno che aveva fretta o che le bussava alla porta mentre era sotto l'acqua, e non c'era nemmeno nessuno che apriva l'acqua da un'altra parte in modo che scendesse fredda in doccia. Ma d'un tratto cominciò a sentirsi sola. Alcune piccole abitudini che stava scoprendo nell'altra casa, come avere Kara Danvers che le dormiva vicino, le mancavano già. All'inizio avere a che fare con quella ragazzina era davvero seccante, ma era contenta di averle dato un'occasione, di aver potuto vedere in lei una persona molto diversa da quella che si aspettava da quando l'aveva incontrata in treno la prima volta. Insomma, era felice di aver allacciato con lei un rapporto più profondo dal semplice sopportarsi.
Uscì dal bagno con indosso già una scollata camicetta e una gonna a tubo, con i capelli raccolti in una lunga e alta coda, mentre si infilava degli orecchini dorati alle orecchie, camminando sul parquet con i piedi avvolti in fini calze trasparenti. Prese il cellulare dal suo comodino e lo accese, ma parve un po' delusa quando vide che aveva ricevuto solo una chiamata ed era da parte di Lillian. Sbuffò e s'incamminò al piano di sotto, scendendo cautamente le scale. Udì una porta aprirsi e rizzò le orecchie, pur continuando a dirigersi tranquillamente verso la cucina, oltrepassando l'immenso soggiorno. Stava già accendendo la macchinetta del caffè quando una sorpresa voce squillante per poco non la fece sobbalzare.
«Signorina Luthor!».
Si voltò, vedendo la donna toccarsi il petto e prendendo un grosso respiro.
«Credevo fosse ancora alla casa fuori National City, non mi aspettavo di trovarla».
«Ti ho spaventata, Ingrid? Mi dispiace». Prese la tazzina di caffè, soffiandoci dentro. «Credevo che mia madre ti avesse avvertito».
«Oh, no, no, è da diverse settimane che non la sento».
«Sono felice per te. Ogni tanto una buona notizia», le sorrise ma la donna non ricambiò, incerta sul comportamento da tenere.
«Co-Comunque per oggi ho terminato, signorina Luthor. Ci rivediamo tra due giorni?».
Lena annuì e l'altra salutò in fretta, lasciando la casa. Di bassa statura e corpulenta, Ingrid lavorava con loro da almeno sei anni, curava le piante all'esterno e all'interno della casa quando Lillian Luthor non c'era, ma ancora non aveva imparato a interagire con la famiglia come una persona qualunque, temeva sempre di sbagliare nel parlare o nel ridere se qualcuno faceva una battuta. Lena capiva perfettamente il perché non volesse farlo con sua madre, perfino il suo parrucchiere di fiducia da quindici anni decideva con cura i pettegolezzi di cui parlare in sua presenza, ma con lei non aveva nulla da temere. Da quando suo padre era venuto a mancare si era sempre sentita un po' sola a National City; dopotutto ormai anche Lex si era trasferito completamente a Metropolis e tornava di rado.
Si sedette davanti alla penisola ancora soffiando sul caffè ed enunciò un comando vocale al grande televisore sul muro, che si accese. Sorseggiò dando un'occhiata al telegiornale e il suo telefonò squillò, decidendo di accettare la chiamata.
«Lena! Non pensavi di richiamarmi?», esclamò la voce dall'altro capo, in vivavoce.
Lena bevve un sorso, prima di rispondere, con tutta calma. «So già cosa vuoi», chiosò, continuando a guardare il telegiornale. «Ci sono stata ieri. Non vuole il tuo aiuto».
«Ma vuole il tuo», la sentì sospirare.
«Non farò la spia per te».
«Non ti chiedo di fare la spia per me, Lena, sono vostra madre! Vorrei solo essere messa al corrente di ciò che succede e come sta pensando Lex di risolvere».
Lena sorrise, finendo di bere il contenuto della tazzina. «In modo da metterti in mezzo se la situazione non ti piace?».
«Cosa ci sarebbe di male se volessi aiutare i miei ragazzi?».
«Beh, non è di tua competenza, quindi…», disse, «Il telegiornale non ne fa cenno neanche oggi. Ma da Lex, ieri, ho letto un articolo del CatCo Magazine: Leslie Willis ha messo la pulce nell'orecchio ai lettori di un problema interno alla Luthor Corp di Metropolis».
«Quella Willis… non mi stupisce, a volte Cat Grant non riesce a tenerla adeguatamente al guinzaglio. Farò una telefonata».
Lena scosse la testa per niente sorpresa dalla reazione di Lillian. «Intendevo sottolineare come i legali si stiano più dando da fare per far tacere i giornalisti che per risolvere davvero la situazione. Fossi in Lex cercherei di far luce sulle priorità ma, come vedi, anche se ha chiesto il mio aiuto, non è sempre dedito ad ascoltare consigli. Willis fa solo il suo lavoro».
Non rispose subito, prendendosi il tempo: «Noi due abbiamo modi differenti di vedere la cosa, Lena».
«Come con tutto». Si alzò dalla sedia e diede un comando vocale al televisore, che si spense.
«Pensi di andare da tuo fratello anche oggi?».
Lena prese il cellulare, togliendo il vivavoce e avvicinandolo a un'orecchia: «No. Questa sera sono impegnata», sorrise, chiudendo la telefonata con Lillian.

E non vedeva l'ora di andare al suo impegno. Kara le inviò una faccina sorridente per messaggio a cui Lena rispose con un cuore. Non si fece più sentire. Le piaceva come reagiva, le piaceva come si imbarazzava, come le era colato addosso il gelato alla vaniglia quando aveva provato a flirtarci. Kara Danvers era adorabile e le piaceva, piaceva davvero; senza contare che era una delle poche persone che la trattava per chi era e non per chi rappresentava. Non ci vedeva niente di male nello scherzare con lei, sperando che a Kara non desse fastidio, in fondo.
Passò per la sua università per parlare con un'insegnante del suo piano di studi, restò in biblioteca a leggere per quasi un'ora, su uno dei divanetti, e si vide con un altro insegnante, poi la macchina nera guidata da Ferdinand la portò alla Luthor Corp. Restavano aperti pochi laboratori fino ai primi di luglio ed era strano passeggiare là dentro quando era così quasi vuoto: i tacchi delle sue scarpe risuonavano nell'aria dei corridoi deserti. Prese l'ascensore e aperte le porte andò spedita verso il suo ufficio, senza curarsi della scrivania vuota a qualche metro dalla porta, che trovò aperta. Il rumore dei suoi tacchi fecero capire alla testa dietro lo schermo del suo computer di non essere sola.
«S-Signorina Luthor, è già qui?! Mi ha fatto prendere un colpo». Il ragazzo si alzò immediatamente dalla scrivania, rimettendo la sedia al suo posto.
Lena appoggiò la borsa nel divanetto all'interno dell'ufficio, per poi raggiungerlo. «Sono arrivati i documenti di cui avevo parlato, quelli che doveva inviare mio fratello da Metropolis?».
«Sì, io-», si grattò con imbarazzo, spostandosi per farle spazio quando si chinò per controllare sul laptop. «Stavo già dando un'occhiata, veramente, non sapevo se», sorrise, «Se aspettarla o no, signorina Luthor».
«Hai fatto bene», sussurrò, dando un veloce sguardo, «Darò una lettura dopo pranzo e ce ne occuperemo da domani, se per te va bene». Il ragazzo annuì velocemente, composto, dritto con la schiena, ma lei lo guardò appena, spegnendo il portatile. «Hai da fare, adesso, Winslow? Vuoi venire a pranzo con me?».
Il ragazzo la guardò per un po' senza dire nulla, immobile, palesemente impacciato, finché non si lasciò andare a una breve risata, grattandosi la nuca: Lena sapeva che stava per rifiutare. «Veramente, io ho-».
«Non importa».
«La ringrazio, signorina Luthor. Allora… a domani».
Lui uscì dall'ufficio e lei trattenne uno sbuffo, chiudendo il portatile. Winslow Schott Jr era il suo assistente e non credeva di avergli mai dato motivo di aver paura di lei, eppure il suo comportamento non era dissimile da quello di Ingrid, la giardiniera di casa.
Uscì, andando a pranzo in un locale a poco dell'edificio. Da sola come sempre, decise di portarsi avanti con il lavoro e leggere lì i documenti inviati da Lex. Guardò il cellulare e lo rimise giù poco dopo, notando che non c'era nessuna notifica recente. Pensava che forse Kara le avrebbe inviato qualcosa per dirle di stasera, ma dopo quell'emoticon non si era fatta sentire, rimuginando di doverlo fare lei. Continuò a leggere, mandando giù gli spaghetti in brodo. Non si erano date un orario, rifletté, guardando di nuovo lo schermo del cellulare. I tanti nomi degli investitori e delle cifre catalogate per data cominciavano a darle alla testa. Controllò il telefono. Cambiò pagina, finendo il suo piatto. Riguardò il telefono. Bevve dell'acqua, ricontrollando le cifre. Di nuovo il telefono. Rimise giù il bicchiere vuoto e chiuse il laptop, ansimando, dandosi aria con una mano. Capì che non riusciva a concentrarsi e riprese il cellulare.
Ci vediamo a che ora? Scrisse lentamente, ancora indecisa se inviarlo. Restò con il pollice per aria a rileggere il messaggio, finché non lo cancellò all'improvviso e prese tutta la sua roba dal tavolo, andando a pagare il conto.
Pensava che, se non fosse riuscita a fare nulla, tanto valeva andare a trovarla subito. Male che andava l'avrebbe trovata ancora a pranzo e avrebbe aspettato a quando si fosse liberata.
Kara Danvers studiava alla Sunrise National City University, sapeva: non c'era mai stata e non conosceva la strada, ma era certa che Ferdinand avrebbe risolto la questione per lei. Entrò nell'automobile e questa partì.

Per essere estate, la Sunrise era piena di studenti che andavano a venivano, si sorprese Lena, passeggiando per il cortile all'interno dell'edificio; occhiali da sole e valigetta sottomano. Alla sua università aveva ritrovato solo le solite facce di chi non amava trascorrere a casa le vacanze. In portineria le avevano detto che avrebbe potuto trovare Kara Danvers allenarsi in pista a quell'ora, dopo mangiato. Lena ci aveva riso su perché era ora di punta e Kara correva, pensando che quella ragazza non fosse affatto normale.
Trovò la pista e la inquadrò subito correre; era sorprendentemente veloce, non sembrava scherzare affatto quando lo diceva. Fece il giro senza vederla e Lena si guardò intorno, notando a metri da lì che altre due studentesse dovevano aver preso seriamente l'idea di allenarsi a quell'ora, ma si erano fermate. Scosse la testa, temendo che una delle due si sentisse poco bene. Si stava per avvicinare a chiedere loro se avessero bisogno di aiuto quando vide Kara fermarsi per prima. Indossava un leggins corto e attillato, una canottiera e portava i capelli raccolti in una coda alta. Si riportò in su gli occhiali con una mano mentre si abbassava a controllare la gamba sinistra di una delle due ragazze. Lena non si perse un secondo di quella scena: Kara che controllava, le parlava, e poi alzandosi le aveva toccato la fronte, continuando a parlarle. Vide l'altra ragazza annuire a una sua domanda e poi portare via l'amica verso l'uscita della pista. Kara le tenne sott'occhio mentre si allontanavano e infine si girò, trovando Lena a metri di distanza. Vide con attenzione il suo viso cambiare espressione: gli occhi che si dilatavano e la bocca che si apriva in un sorriso. Le alzò la mano per un saluto e si protese in avanti per correre da lei quando, d'un tratto, inciampò nel suo stesso piede e cadde sbattendo le ginocchia sulla pista. Lena fece una smorfia, trattenendo una risata, andandole incontro.
«Se sei fortunata, ti hanno vista solo due studenti di passaggio, laggiù», indicò due ragazzi che ridevano, in lontananza.
Kara alzò la testa, rimettendosi apposto gli occhiali sul naso. «Mi hai vista tu».
«Io sono abituata al peggio», le ricordò, aiutandola a tirarsi su.
Kara la guardò con un sorriso e poi la colse in un abbraccio, che Lena ricambiò dopo qualche istante di titubanza che, lo sapeva, per lei doveva essere sembrato più lungo. Si stupì a esserne un po' imbarazzata ma cercò di non darlo a vedere.
«Pensavo mi chiamassi per farmi sapere a che ora saresti passata, ma va bene così».
«Lo avrei fatto, ma in ogni caso ero libera dagli impegni, quindi…».
«Un momento», la guardò a sottecchi, «Chi ti ha fatto entrare? Credevo di dover chiedere un favore al guardiano, corromperlo o, in casi più drastici, rapirti e portarti dentro senza che se ne accorgesse».
Lena rise, passeggiando al suo fianco intorno alla pista. «Mi ha fatto entrare il guardiano, e senza bisogno di corromperlo, anche se ovviamente avevo già pronte un paio di mazzette». Kara rise a sua volta, finché Lena non aggiunse: «Ma adesso che lo so, avrei tanto voluto aspettare e vederti mettere in atto l'ultimo piano: rapirmi».
«Sa-Sarebbe stato diverte-volevo dire, divertente ma anche complicato, ma di certo ci sarei riuscita».
Lena adorava quando balbettava. «Oh, sono certa avresti fatto un ottimo lavoro. E così è qui che ti alleni, eh? Con questo caldo…».
«Oh, sì, il sole mi dà energia», annuì, sorridendo, «Ma non funziona con tutti: prima una ragazza si è sentita male, è nella mia squadra, così le ho detto di tornare dentro e sdraiarsi un po', le faceva male anche una gamba…». Si fermò di punto in bianco, puntando i piedi, e portò una mano su di lei, sulla fronte, con il viso vicinissimo al suo, corrucciando lo sguardo. Lena arrossì, non capendo cosa stesse facendo. «Sei un po' sudata, non vorrei ti sentissi male anche tu: entriamo». Le sorrise, indicandole la porta dove erano entrate prima quelle due ragazze.
Aperta la porta si ritrovarono davanti un salone con attrezzature di ogni tipo, dalla panca per sollevare i pesi ai tapis roulant. Doveva essere sempre per l'ora di punta che non c'era nessuno ad allenarsi.
«Qui è dove faccio gli altri allenamenti».
Lena si guardò intorno e, con la coda dell'occhio, guardò anche Kara. Non ci aveva mai fatto molto caso prima, ma in effetti le sue braccia erano piuttosto muscolose, seppur non in modo esagerato: quando indossava t-shirt che le arrivavano al gomito o le solite camicette non si notava, ma con la canottiera risaltavano, e non solo, girò lo sguardo, adocchiando il seno stretto in quello che, sembrava, un reggiseno sportivo nero. Era difficile, poi, non notarlo con sopra la canottiera bianca. Invece, notò solo in quel momento che Kara Danvers stava ancora parlando ma lei non aveva sentito una parola di quello che aveva detto, così semplicemente annuì, continuando a sorriderle.
«Kara! Eccoti qui». Un ragazzo entrò a passo spedito nella sala, avvicinandosi. «Credevo fossi fuori in allenamento, mi sono liberato adesso dei ragazzi, volevano fare una gara di rutti, credevo di potermi allenare con te». Si accorse che Kara non era sola dopo qualche secondo. «Ehi! E tu chi sei?».
«Ah… Mike, lei è Lena, te ne ho parlato! Lena, lui è Mik-».
«Mike, molto piacere», lui le prese la mano accompagnato da un sorriso prima ancora che lei potesse finire di parlare. «Sono il ragazzo di Kara. Ci siamo già visti…?».
Lena spalancò gli occhi dalla sorpresa, stringendo la mano di lui con poca convinzione. «Ah… piacere. Non saprei…».
«Non stiamo insieme».
«È come se lo fossimo», insisté lui, mentre l'altra ancora scuoteva la testa.
«Mike, adesso non posso allenarmi, passerò la serata con Lena, quindi…».
«Posso farvi compagnia», guardò prima l'una e poi l'altra, «Desideravo tanto conoscere la nuova famosa sorella di Kara».
Le due si scambiarono uno sguardo, arrendendosi all'idea di averlo appresso, quando per fortuna un ragazzo entrò nella sala, anche se ruttando invece di salutare, e lo convinse a tornare con il suo gruppo di amici.
«Gara di rutti?», Lena guardò Kara perplessa e lei scrollò le spalle.
«Scusalo. A volte non riesco a dirgli di no ed è come un bambino».
«Pensavo non avessi un ragazzo».
«Non lo è», disse, per poi guardarla con curiosità. «Non ti ho mai detto di non avere un ragazzo».
«Lo hai detto a mia madre. Anche se sembra che lei non ascolti, e ti assicuro che invece lo fa eccome, io ascolto tutto con attenzione». Le toccò la punta del naso con un dito e Kara arrossì.

Kara portò Lena a vedere gran parte dell'università, salendo e scendendo per le scale, mostrandole le aule e perfino i bagni, anche se di fretta. Lena non poté fare a meno di accorgersi come Kara Danvers fosse piuttosto famosa nell'istituto: dovunque passasse qualche studente la salutava, chiamandola Supergirl. Lei si slacciò la coda e si lasciò cadere i capelli biondi sulle spalle, scuotendoli con le dita di una mano infilate tra le ciocche. Era strano, rifletteva, ma la trovava piuttosto affascinante, il che non era per niente positivo. Era Kara Danvers, le piaceva, ma non in quel modo e la sua testa doveva smettere di insinuarle dei dubbi.
Una volta visto il laboratorio di scienze, quello di fotografia e quello di astronomia, Kara la trascinò fuori di nuovo, ma dall'altra parte. Presero una strada più stretta invece di dirigersi al cancello da dove era entrata, fatta per camminare appositamente solo a piedi, arrivarono davanti a quattro grandi edifici disposti l'uno davanti all'altro, divisi da un immenso parco.
«Qui c'è il mio dormitorio, vieni». Le prese la mano e Lena si lasciò trasportare.
«Ehi, Supergirl», la chiamò una ragazza seduta sullo scalino dell'ingresso, fermandole poco prima che entrassero dal portone. «Quando riprendono le partite?».
«So che quest'estate ci sarà un'amichevole, ma la giocheranno i ragazzi. Penso che noi riprenderemo verso settembre, o ottobre, in concomitanza delle lezioni. Non ci sono ancora date precise».
«Avvertimi quando si ricomincia», le disse a labbra strette, mantenendo la sigaretta.
Kara sorrise, dicendo che certamente lo avrebbe fatto, e lei e Lena entrarono.
«Anche lei gioca nella tua squadra?».
«No. Lei fa parte della tifoseria e dovessi sentire come grida», le fece l'occhiolino, salendo le scale.
«Sei davvero… una vip qui, eh, Supergirl?!», sussurrò, appoggiandosi allo stipite della sua porta mentre lei apriva, proprio quando passarono altre due ragazze che la salutarono con gioia.
«Pff, è solo che- credo di giocare bene». Aprì la porta e la invitò a entrare per prima. «Bene», enunciò sollevando le braccia dopo aver richiuso la porta, «Benvenuta nel mio angolino privato dell'università. O meglio, lo divido con Megan, adesso non c'è, ma è quasi tutto mio», rise. «Il letto a sinistra è mio; da questa parte c'è tutta la mia roba, la porta apre l'armadio. Lì il frigo, tavolo, piccolo cucinino e», indicò dietro di loro, verso un'altra porta oltre a quella da dove erano entrate, «lì il bagno. Come vedi non è granché, ma ci troviamo bene». Vide che Lena stava osservando meglio la zona cucina che le aveva indicato, composta dal piccolo forno con grill e un lavandino, affrettandosi a parlare: «Sì, beh, non ci è permesso cucinare, per quello c'è la mensa o mangiamo fuori. Megan ha portato il fornetto a inizio anno, così almeno ci riscaldiamo qualcosa», sorrise, «Ed è tutto».
Si sedette sul letto, mentre lei guardava la camera a braccia conserte, notando poi che, sopra al suo letto, vicino a una finestra, c'erano delle foto attaccate sul muro. Si avvicinò, riconoscendo subito Eliza, Alex, Jeremiah che aveva visto in altre foto, e c'era anche una foto di lei con quel ragazzo, Mike. Lui la baciava su una guancia e lei stringeva le labbra e gli occhi, in una posa buffa.
«Ah, sì, ci sono… queste», la sentì prendere fiato, come improvvisamente nervosa.
Lena inquadrò una foto di Kara da bambina; la riconosceva perché il suo assistente aveva trovato una foto di lei appena adottata dai Danvers, a dieci anni. Però ce n'era una dove… «Sei tu?», le chiese, indicando quella bambina con gli alti codini biondi, che avrà avuto forse sei o sette anni. La vide annuire con la coda dell'occhio. Nella foto non era sola: era in braccio a un uomo e accanto a loro c'era una donna. Sapeva chi erano. «La tua famiglia… Non ti ho mai chiesto che tipo di persone fossero».
Kara, che si era fatta più seria nello sguardo in qualche secondo appena, stava pensando a cosa dire quando la porta si aprì con uno scatto e la sua compagna di stanza entrò canticchiando. «Kara! Kara, questa la devi sentir-», si bloccò, vedendo che non era sola. «Oh… scusate». Si avvicinò in fretta, lasciando scivolare lo zainetto dalle spalle al suo letto nel passaggio. «Sono Megan, piacere».
Le mostrò la mano e Lena strinse con piacere, anche se le aveva interrotte. «Lena Luthor».
«Ah, la sorella! Quella nuova, intendo», sorrise, guardando lei e poi Kara, ancora seduta. «Kara non ha fatto altro che parlarmi di te; ieri aspettava una tua chiamata come se le mancasse l'aria».
Dietro Lena, Kara gonfiò gli occhi e le fece segno di tacere, passandosi un dito sotto il mento. Appena Lena si voltò con un sorriso che avrebbe definito malizioso, lei smise, sorridendole debolmente, scuotendo la testa. «Megan ama esagerare», la fissò con aria truce e l'altra rise, sedendo anche lei sul suo letto, invitando Lena a sedersi a sua volta, che si mise vicino a Kara.
Nel farlo la sentì schiacciare qualcosa, portando alla luce una rivista. La riconosceva, era il numero 432 del CatCo Magazine, quello con cui si era addormentata non una ma almeno quattro volte, da quando era riuscita a notarlo.
«Ancora quello? Lo conosci a memoria», disse Megan, rivolgendosi poi a Lena: «Lo conosce a memoria».
«Immagino di sì, ci ha dormito sopra», rise, passandole la rivista.
Kara la prese come sdegnata, infilandola sotto al cuscino. Poi si portò le braccia a conserte, guardando prima una e poi l'altra. «Beh, forse non così tanto a memoria… se lo rileggo ogni tanto».
«A memoria», ribadì Megan a bassa voce, per poi alzarsi, andando verso il piccolo frigo, chiedendo a Lena se volesse una birra. Lei rifiutò: effettivamente Kara non l'aveva mai vista berne una.
«Allora, cos'ha di tanto speciale?».
«Cosa?».
«Quel numero del CatCo Magazine. Lo custodisci come un tesoro, deve essere prezioso», la guardò attentamente.
«Ma no, in realtà…», sorrise: mancando di guardarla negli occhi, Lena sapeva che stava cercando di minimizzare qualcosa a cui sembrava tenere particolarmente. «C'è il primo articolo di Siobhan Smythe… Ha parlato della sua prima esperienza alla CatCo e come le hanno dato la possibilità di scrivere, di provare».
«Ah, mi pare di ricordare… Aveva iniziato come assistente di Cat Grant».
Kara annuì. «Sì, è partita dal basso, portando caffè alla signora Grant». Kara prese la bottiglietta di birra offerta da Megan, bevendo subito un sorso. «Mi piace perché è una fonte di ispirazione. È così grata nelle parole che usa, scelte con cura e amore; fiera di ciò che ha fatto per arrivare a quel punto, offrendo consigli, cercando di dare una spinta a chi ha la passione nel fare un tentativo…», non smise di sorridere con sguardo sognante, mentre le due la guardavano. «Penso sia una persona fortunata che se lo merita».
«Vuoi fare giornalismo, dunque?».
Kara spalancò gli occhi alla domanda di Lena, mentre Megan annuiva, per continuare a bere.
«No», scosse la testa, sorridendo, «Ho altri progetti per il futuro».
«Mi è parso proprio che tu volessi fare giornalismo».
«Sì, è quello che le dico sempre: giornalismo», insisté Megan e Kara la guardò corrugando lo sguardo.
«Tu lo sai, te l'ho detto», riferì a quest'ultima, girandosi poi verso Lena. «Ammetto di averci pensato, all'inizio… Ma Mike ed io abbiamo deciso di puntare sul fare carriera insieme nelle forze dell'ordine. Ancora non sappiamo bene in che ramo, è ancora solo un'idea, ma è perfetto per tutti e due».
«Mike? Il tuo non-ragazzo?», domandò Lena, inarcando un sopracciglio.
«Il suo non-ragazzo», rispose Megan. «Ho come l'impressione che abbia scelto lui per entrambi».
«No», disse prontamente Kara, in difesa, «Lo sai che non è così… Lo abbiamo deciso prima del diploma, era già fatta. Non posso abbandonarlo».
Lena la guardò intensamente, trattenendo un sospiro, per poi decidere all'improvviso di strapparle dalla mano la bottiglietta di birra e bere, bere tutto ciò che poteva senza prendere fiato, sotto lo sguardo meravigliato delle altre due, lasciandole il fondo e restituirglielo. Megan rise e Kara la guardava ancora a occhi spalancati. «Decisamente fresca», esclamò verso Kara, che intanto era diventata rossa.

Dopo poco, Kara sparì in bagno per farsi una doccia e Lena restò a parlare con Megan, che sembrava un'affabile ascoltatrice.
«Dai, Alex… Alex, rispondi, rispondi». Sbuffando, Kara riattaccò, inviando un messaggio e chiamando di nuovo. Dopo qualche secondo di attesa snervante, finalmente Alex accettò la videochiamata e Kara sospirò, portandosi una mano in fronte. «Era ora», la sgridò, «Sono cinque minuti che sto al telefono cercando di parlare con te, non ho molto tempo».
«Veramente sono sette… oh, otto, Kara», la vide guardare l'orologio al polso, rispondendo in modo lapidale. «Cominciavo a pensare che se non avessi risposto, saresti piombata qui in volo. Cosa c'è? Anch'io non ho tempo».
«Ha bevuto dalla mia bottiglia».
«Chi?».
«Lena».
«Oh, c'è Lena… salutamela».
Kara grugnì, ma si bloccò, sentendo un'altra voce in sottofondo. «Ma è Maggie? Sei con Maggie? Cosa state- oh».
«Salutala anche da parte mia», sorrise Maggie, comparendo al fianco di sua sorella.
«Non stiamo facendo quello che pensi», intervenne subito Alex.
«Cosa pensa che stiamo facendo?», chiese la prima alla seconda, per poi spalancare gli occhi, voltandosi verso il telefono, scuotendo la testa con l'enorme faccione, oscurando Alex. «No, Kara, non stiamo facendo sesso-».
Kara arrossì, sentendo Alex parlare con una nota di panico: «Non usare quella parola con lei, che poi si emoziona».
«Sei tu quella si emoziona, tesoro», si girò poi per guardare lo schermo, «Kara è un'adulta. Ma Alex ancora non lo ha capito», le sorrise.
Kara rispose con un sorriso di circostanza, guardando le due e poi voltandosi verso la porta.
«Ma dove sei? In bagno?», le chiese Alex, sentendo in sottofondo Maggie aggiungere che quello dietro di lei sembrava proprio il bagno. «Ti sei nascosta in bagno?».
«Dici che si è nascosta in bagno? Da Lena?».
«Sembra proprio che si sia nascost-».
«Finitela voi due», per poco Kara non gridò, sperando da fuori che Lena e Megan non l'avessero sentita. «Non mi sono nascosta da nessuno! Ti ho chiamato per dirti che non mi invento affatto le cose, Alex», scosse la testa, «Dicevo che Lena ha bevuto dalla mia bottiglia di birra».
«Birra?», esclamò una.
«Che strano, non sembra tipa da birra», continuò l'altra.
«Vero, è quello che stavo pensando anch'io».
«Ragazze, non è la birra la cosa importante! Ma il fatto che l'abbia bevuta dalla mia bottiglia! Intendo con le labbra- Sì, lo so che si usano le labbra per bere, ma avete capito-». La guardarono. «Dove ho bevuto io! È-È un bacio indiretto», strinse i denti, sussurrando. Alex rise e Maggie annuì, guardando Kara e poi la ragazza al suo fianco.
«Cosa mi dicevi sul fatto che Kara sia un'adulta?», riprese Alex, guardando Maggie, «Bacio indiretto fa tanto liceo».
«Però non ha torto, Alex. È classificabile come bacio indiretto, in certi casi».
«Ci ho bevuto io, per quanto ne so potevo pure averci lasciato della saliva lì dentro, e lei ci ha bevuto senza pensarci due volte», si strinse nelle spalle, mentre le altre due ancora discutevano sulla legittimità del bacio indiretto.
Alex riuscì a far zittire entrambe, riprendendo parola: «Quindi Lena, Lena Luthor, che conosciamo, figlia della donna con cui sta nostra madre, quella ricca e spocchiosa», si fermò, guardando attentamente Kara, «Parole tue settimane fa, sorellina! Vuole baciarti! E lo fa bevendo dalla tua bottiglia».
Maggie socchiuse le labbra, rivolgendo lo schermo del cellulare di nuovo verso di lei. «Però in effetti qui non ha torto, Kara: probabilmente nemmeno ci pensava. Adesso siete come sorelle, no?».
Sorelle. Quella parola cominciava a darle fastidio. Richiuse la chiamata che ancora parlavano tra loro, spogliandosi velocemente per entrare in doccia. Certo che era assurdo, lei per prima sapeva che era scemo anche solo pensare che Lena Luthor ci stesse seriamente provando con lei, eppure non riusciva a togliersi quel pensiero dalla testa. Probabilmente era vero che il suo unico scopo era divertirsi.

Lena Luthor guardò ancora quella fotografia che, probabilmente, per Kara era quella più importante di tutte: quella con i suoi veri genitori. Lei ricordava appena com'era fatta sua madre prima che trovasse qualche sua fotografia scavando nel suo passato, era molto piccola quando l'aveva persa, ma Kara aveva già dieci anni e aveva dovuto ricominciare tutto daccapo con un'altra famiglia che non aveva nessun legame con la sua naturale. Kara le era stata vicina e avevano parlato di suo padre, eppure lei non le aveva mai chiesto nemmeno una volta di loro. Si sentiva un po' in colpa.
«Allora, Lena, dimmi», le disse Megan, «Da quando hai una cotta per Kara?».
«Come?», si voltò di scatto, con la tachicardia.
«Chiedevo da quando sapevi che tua madre stava con quella di Kara».
Le sorrise e Lena riprese fiato, capendo di aver sentito male. Per un attimo… «Da… Da un anno. È stato un bel cambiamento».
«Lo immagino. Dovevi vedere Kara appena lo ha saputo», rise, sedendo bene sul materasso, poggiando i piedi sul letto e la sua schiena contro il muro, «Era zitta. Davvero zitta. Il che non era proprio normale, per lei, sai, a volte parla in continuazione. Così le ho chiesto cos'era successo e ha iniziato a raccontarmi… Due giorni! Ci ha messo due giorni per spiegarmi tutto! Beh, per fortuna è andata bene e tu sei simpatica. Lei non ne era molto convinta».
«Non avevo dubbi».
«Sai che c'è? Domani i ragazzi del dormitorio D danno un party: vieni anche tu».
Kara uscì dal bagno proprio in quel momento, indossando un abbigliamento che Lena era solita vederle addosso: una t-shirt e dei pantaloncini corti, con le ciabatte a forma di unicorno ai piedi. Andava verso di loro passandosi un asciugamano tra i capelli bagnati.
«Vero, Kara?», Megan cercò la sua attenzione, «Dicevo a Lena del party di domani sera, da quelli del D: dovrebbe venirci».
Kara si illuminò all'improvviso. «Oh, sì, me n'ero quasi dimenticata! Vieni anche tu?».
Lena Luthor aveva tutta l'intenzione di rifiutare: voleva rimettersi a studiare prima che riprendessero le lezioni, aveva accettato quando alcune studentesse le chiesero se potesse fare loro da tutor su alcuni argomenti, doveva assolutamente controllare con serietà e dedizione i documenti inviati da Lex, perché aveva chiesto il suo aiuto e non lo avrebbe lasciato in alto mare da solo e poi aveva delle cose da sbrigare, private. Non poteva permetterselo. «Sì. Va bene». Oh, accidenti. La sua testa pensava una cosa ma il suo corpo aveva già risposto prima che potesse finire. Kara l'aveva guardata con un sorriso e Lena come se fosse un bignè. Non aveva resistito: come avrebbe potuto dirle di no?
«Perfetto», le sorrise di nuovo, «Dirò a Mike che ci farai compagnia».
L'entusiasmo di Lena scemò.

Ma non così tanto, pensò infine la stessa Lena. Non avrebbe permesso a quel pensiero piccolo piccolo da qualche parte nella sua testa che le diceva insistentemente che aveva una cotta per Kara Danvers di rovinare il suo rapporto con lei, né nient'altro. Kara aveva un quasi ragazzo e andava bene. Era perfetto, anzi. Non avrebbe permesso a se stessa di fare la gelosa per qualcosa che poi non era nemmeno vero. Kara era carinissima e risvegliava in lei sensazioni piacevoli, come quello di restarle accanto, di vederla sorriderle, perfino di abbracciarla e lei non era solita abbracciare spesso. E la trovava bella, più bella di chiunque conoscesse e non conoscesse. Ma che le piacesse in quel senso era una bugia bella e buona che sarebbe stata smascherata con il tempo.
Non aveva fretta. Ecco perché una volta andata via dalla Sunrise e tornata a casa, l'aveva chiamata e poi aveva accettato la sua proposta di fare una videochiamata in modo che potesse farle vedere la sua casa a National City. Sia lei che Megan erano rimaste affascinate da quanto grande fosse la casa dei Luthor. E poi avevano continuato a parlare tra loro quando Megan era uscita. E poi era rientrata. E poi si era addormentata. Kara e Lena erano coricate nei rispettivi letti e parlavano ancora.
«Non vestirti come se dovessi andare in ufficio, domani», l'avvertì Kara. «Al party non ci sarà nessuno di elegante, te lo assicuro… Però portati una giacchetta, perché farà freddino».
«Va bene, pasticcino. Adesso ti lascio, sono davvero stanca, non capisco più niente…».
Kara arrossì, corrugando la fronte. «O-Okey. Allora ci sentiamo domani, Lena. Buonanotte».
Lena sorrise. «Buonanotte», disse, chiudendo la chiamata.
Kara guardò le notifiche sul cellulare con orrore, scoprendo che doveva trovare un modo per farsi perdonare da Mike: non erano andati a vedere le stelle. Gli inviò le sue scuse e stirò il braccio, riponendo il cellulare sulla mensola dietro il suo letto. Pasticcino. Riprese subito il cellulare.
Da Me a BadSister
Mi ha chiamata pasticcino…
Da BadSister a Me
Buonanotte, Kara.

***


Il giorno successivo, Lena riuscì a fare molto poco con i documenti di Lex. Sua madre la chiamò spesso per avere notizie dal figlio che non accettava le sue chiamate e arrivò perfino a spegnere il telefono pur di ignorarla, mancandole la sensazione di poterlo guardare per sapere se Kara le aveva scritto. Aveva passato gran parte del suo tempo nella sua università, in biblioteca, a fare da tutor a due studentesse del primo anno che erano rimaste indietro, e poi aveva studiato per conto suo, per non lasciar impigrire la mente e, sì, forse anche per distrarsi. In realtà, per quel party era più agitata di quanto volesse far credere a se stessa: sarebbe stato il primo della sua vita con dei ragazzi della sua età, e sarebbe dovuta star vicino a Kara senza che la sua testa le giocasse brutti scherzi. Come il pasticcino della notte prima, ricordava, vergognandosi. Aveva sonno e non aveva badato a come l'aveva chiamata, uscendole d'istinto. Per sua fortuna, sembrava che Kara si stesse abituando ai suoi flirt, tanto da non darci più peso. D'altro canto era una sfortuna, perché significava non riuscire più a metterla d'imbarazzo così facilmente.
Tornata a casa si cambiò, indossando un vestito non troppo stretto e colorato e sandali bassi ai piedi, decidendo di non usare i tacchi a un party di universitari. Usò un trucco leggero sugli occhi e si passò il rossetto rosso sulle labbra, legando i capelli in una coda alta, pensando che, probabilmente, era comunque la cosa migliore smettere di flirtare in quel modo perché lo scherzo era bello quando durava poco. Il loro rapporto stava mutando, ora potevano essere amiche, non aveva senso cercare di scocciarla in quel modo solo per assaporare la sua reazione, risultando, infine, una persona noiosa.
Ferdinand l'accompagnò alla Sunrise e la lasciò all'ingresso. Erano le sei, sapeva che il party sarebbe iniziato verso le sei e mezzo, aveva il tempo di andare in camera da Kara e stare un po' con lei prima che passasse il suo tempo con il suo quasi ragazzo.
Il guardiano non era al cancello ma la fecero passare dei ragazzi che stavano entrando con le loro automobili, chiedendole se fosse lì per il party. Solitamente i party organizzati all'interno erano per i soli studenti e studentesse, ma qualcuno che invitava gli amici c'era sempre, se il guardiano permetteva di farli entrare. Qualcuno le chiese il suo nome, dicendo che aveva una faccia conosciuta, e lei tirò dritto, dicendo di essere in ritardo. Non voleva perdere tempo e per fortuna riconobbe il dormitorio B dalle aiuole e la strada da percorrere. Altre studentesse si fermarono a guardarla intanto che saliva le scale; Lena Luthor le sentì borbottare e le vide indicarla, ma non ci diede peso. Sperava di passare una serata tranquilla.
«Ehi, Lena». Megan le aprì, dicendole che Kara era in bagno che si preparava. Lei era già pronta: aveva indosso una maglia fine, viola, e dei jeans poco sotto il ginocchio, mentre ai piedi aveva degli stivaletti estivi.
Kara uscì di corsa, pensando di essere in ritardo. «Accidenti, non voglio arrivare a festa già cominciata o tutti avranno già messo mani al buffet». Si bloccò, vedendo Lena. «Oh, meno male, sei già arrivata», le sorrise e lei deglutì, annuendo e sorridendo a sua volta.
Kara Danvers aveva scelto di lasciarsi i capelli sciolti, ondulati le ricadevano sulle spalle, e non indossava gli occhiali. Si era messa una maglia smanicata, nera e un po' attillata, jeans fini e stretti fino alle caviglie e dei sandali. Aveva solo un filo di mascara sugli occhi che, azzurri, glieli faceva risaltare.
«Oh, sei bellissima». Si pentì immediatamente di averlo detto poiché poteva passare per uno dei suoi soliti flirt, o uno scherzo, e invece lo pensava davvero. In compenso, non sapeva neppure come identificare la sua reazione: il sorriso, il rossore sulle gote e l'aver abbassato la testa, scuotendola brevemente.
«Anche tu», le sussurrò dopo con un sospiro, andando a recuperare una giacca nera poggiata su una delle sedie intorno al tavolo.
Lena non capì se glielo avesse detto perché lo pensasse davvero o solo per dovere dopo che le aveva fatto un complimento.
Uscirono tutte e tre insieme, sapendo che si sarebbero incontrate con Mike direttamente al party.
«Come hai intenzione di farti perdonare?», le chiese Megan con tono scherzoso, mentre uscivano dal dormitorio per raggiungere l'edificio dell'università, dirigendosi verso una delle strade sterrate esterne al parco.
Kara sbuffò. «Non lo so… Lui vorrebbe che tornassimo insieme, ma non posso fargli questo regalo prima che io capisca cosa voglio dalla nostra relazione», scosse la testa, facendo una smorfia con la bocca. «Mi vorrebbe sempre con lui».
«Sono d'accordo», rispose Megan, mentre Kara annuiva a testa bassa, «Infatti è qui».
«Cosa?». Lo videro venire verso di loro con una mano alzata, salutando, portando un gran sorriso. Kara lo raggiunse e lui la colse in un caloroso abbraccio.
«Da quanto tempo non si vedevano?», domandò Lena all'altra, che non toglieva loro occhio di dosso, con una strana espressione in viso.
«Da dopo pranzo».
Mike stringeva Kara, parlandole a bassa voce in un orecchio e Lena annuì.
«Oh, si vede». Guardò Megan. «Come mai deve farsi perdonare da lui? Cos'ha fatto?».
«Ieri avevano una specie di appuntamento fuori a vedere le stelle, ma Kara si è dimenticata. Era al telefono con te».
Lena sorrise con improvvisa ritrovata gioia, pensando a Kara che si era dimenticata di lui perché parlava con lei. Era una sensazione piacevole. Non c'entrava col fatto che avesse una cotta per lei, s'affrettò a pensare, perché non aveva, non aveva assolutamente una cotta per lei.
Entrarono nella struttura tutti e quattro insieme, raggiungendo la sala della piscina al pian terreno. La musica era già assordante, la sala buia a parte per le luci colorate che schizzavano dagli angoli in alto, che davano un'aria da discoteca, ed era già pieno di studentesse e studenti, con sdegno di Kara, che inquadrò il buffet come avesse un radar, raggiungendolo velocemente. Un ragazzo si fermò a parlare con Mike e Megan era già sparita a ballare con alcuni ragazzi vicino all'acqua, dove altri si erano buttati con tanto d'abiti, anche se l'acqua era fredda. Lena raggiunse Kara. Era abituata a un altro tipo di party, con musica bassa per permettere ai commensali di discutere tra loro, dove ci si vestiva eleganti e si facevano foto da prima pagina, e credeva davvero che quella novità le sarebbe potuta piacere perché non avrebbe avuto altre occasioni simili in tutta la sua vita, ma al momento aveva solo addosso una strana sensazione di disagio.
«Vuoi?», Kara le passò un pasticcino e, quando se ne rese conto, arrossì, spalancando gli occhi.
Lena lo prese, dando un piccolo morso di assaggio. «Allora, è rimasto qualcosa al buffet anche se è già pieno di gente, non trovi?», gridò, per farsi sentire.
«Sì. Mi preoccupava il fatto che molte mani avessero toccato il cibo anche senza mangiarlo». Ne infilò in bocca uno dopo l'altro sotto lo sguardo sbalordito di Lena che sì, sapeva che era veloce e famelica, ma non così tanto, rapidissima a masticare e ingoiare, come se non avesse potuto mangiarne mai più. Dopo si girò a ricercare Megan, che ballava a ritmo di musica in mezzo a un gruppo. Un ragazzo le stava molto vicino. «Megan ci sa fare… Quello è per caso il suo ragazzo?».
«No», scosse la testa, «Non è il suo tipo».
Si avvicinò di scatto alla sua orecchia destra e Lena sobbalzò un poco, sentendo il calore del suo respiro. «Il ragazzo di Megan non frequenta questi tipo di party. Non è proprio nemmeno un ragazzo, in realtà…».
Lena rise. «Ed è cosa? Un alieno, forse?».
«Non dirlo a nessuno, va bene? È un professore. Il ragazzo di Megan è uno dei nostri professori, veramente».
Si guardarono. Kara sapeva di non doverne parlare con nessuno, si pentì quasi subito di averlo spifferato in quel modo alla prima occasione, ma non sapeva cosa dire e non le andava proprio di mentirle. Sperava che Megan non si sarebbe arrabbiata; per il resto, di certo sapeva che Lena non lo avrebbe detto a nessuno.
Difatti le sorrise, alzando la voce. «Beh, non è comunque l'unico a non frequentare questi tipo di party».
Kara sorrise a sua volta, mangiando un altro dolcetto. «Se lo vuoi non ci tratteniamo troppo, ti posso portare fuori a fare un giro nel parco».
«In un parco di notte da sole? Che hai in mente, Kara Danvers?». Oh no, lo aveva fatto di nuovo. Kara increspò le labbra e prese un altro pasticcino. Forse non sapeva cosa dire, pensò Lena. D'altronde la sua era stata proprio una battuta scema che non era riuscita a trattenere, ma Kara voleva solo essere gentile. Voleva smettere ma perché non riusciva a farlo? Quei flirt scherzosi dovevano finire. Aprì la bocca per darle le sue scuse, quando Kara si sfilò la giacca dalle spalle e la infilò sulle sue. Non si era accorta che aveva la pelle d'oca alle braccia fino a quel momento.
«Ti avevo detto di portarti la giacchetta che ci sarebbe stato un po' di freddo, siamo davanti a una piscina di notte», le sorrise, avvicinandosi, sistemandogliela addosso. Lena arrossì, notando in quel momento come Kara fosse poco più alta di lei e, soprattutto, come il suo viso si trovasse così a poco spazio dal suo. «Ecco fatto».
«Ma tu così non ne hai».
«Io non ho freddo».
Mike sorprese le due con uno slancio e prese Kara di schiena, sollevandola e allontanandola dal tavolo da buffet. Lena li vide abbracciarsi ancora, guardarsi negli occhi. Mike provò a baciarla ma Kara abbassò la testa all'ultimo, innervosendolo visibilmente, continuando a ballare vicino a lei con uno specie di broncio sul viso. In effetti, a Lena pareva di averlo già visto da qualche parte ma non sapeva dove. Megan la raggiunse per chiederle se voleva ballare ma Lena rifiutò, allontanandosi fino ad andarsi a sedere dietro il tavolo. Pensava di sapersela cavare in ogni occasione, eppure un po' si pentiva di aver accettato di andare al party. Non che fossero i ragazzi ubriachi a spaventarla, quelli che si buttavano in acqua o tutti e due, nemmeno quelli che, come Megan ma con altri scopi, erano venuti a chiederle di ballare con loro, ma era quella sensazione di solitudine a mangiarla dentro. Sapeva in anticipo che Kara non sarebbe rimasta con lei tutto il tempo, ma vederla stare con quel ragazzo le creava un disagio ancora maggiore. Era come una morsa allo stomaco che non riusciva a calmare. Era davvero gelosa? Non ci poteva credere. Aveva preso quel gioco dei flirt fin troppo seriamente. Si strinse nella giacca di Kara che la teneva al caldo, decidendo il da farsi: si alzò, cercandola. Le avrebbe detto che se ne sarebbe andata perché aveva degli impegni e che si sarebbero risentite per telefono. Era la cosa migliore.
«Lena Luthor!».
Qualcuno urlò il suo nome e tutti si girarono, inquadrando un ragazzo dall'aria pesantemente offesa.
«Sei davvero tu?! Te la spassi a una festa, eh? Non provi nemmeno un po' di vergogna?».
Lena lo inquadrò cercando di capire chi fosse, ma non riconoscendolo lo invitò a calmarsi. La musica sembrò cantare a un livello più basso, in quel momento, mentre il suo cuore si agitava. «Andiamo a parlare fuori, che ne pensi? Così non roviniamo la festa a tutti».
«Chi se ne fotte», sbraitò lui e alcuni risero, poiché doveva essere ubriaco. «Non vuoi che si sappia, eh? No? Voi Luthor pensate di poter fare sempre tutto come vi pare, siete intoccabili, fate i casini e non volete prendervi le vostre… le vostre dannate responsabilità!».
Lena provò ad avvicinarsi per parlargli, quando Kara sbucò all'improvviso e si piazzò davanti al ragazzo, bloccandolo con una mano. «Ehi, che cosa succede?».
«Chiedilo alla tua amichetta laggiù, la Luthor», disse con disprezzo, per poi sputare a terra. «Sono tutti dei ladri», ringhiò, «Sono ricchi perché si fanno soldi rubando alla brava gente».
«Di cosa stai parlando?».
Lena si avvicinò per provare a parlare con lui ma il ragazzo si slanciò verso di lei con fare aggressivo e Kara lo bloccò con forza, spingendolo indietro.
«Non ti intromettere, Supergirl», gridò ancora, «Questo è un affare tra me e lei».
«Ha ragione, Kara», sentì la voce di Lena alle sue spalle, tesa come una corda di violino. «È tra me e lui, tu non c'entri».
«Voglio capire che succede», decise, non avendo alcuna intenzione di farsi da parte.
Mike guardava la scena vicino a Megan, che insieme a tanti avevano smesso di ballare per capire cosa stesse succedendo.
«Va bene, allora lo dico io che succede», strillò quel ragazzo, chiudendo i pugni e indicando Lena Luthor con violenza, di tanto in tanto. «Quella e suo fratello sono dei ladri, come tutta la loro famiglia! Mio padre ha investito alla Luthor Corp di Metropolis tutti i suoi risparmi in un progetto di Lex Luthor, pensando ne avrebbe ricavato il doppio, ma quei soldi sono spariti! Spariti, capito? Nel nulla! E mica solo i suoi: sono tanti quelli che ci stanno rimettendo le case in cui vivono, come mio padre… Se non riavrà il suo denaro finirà per passare la vecchiaia per strada e sarà tutta colpa vostra», strinse i denti dalla rabbia, andando avanti e indietro sui suoi passi, non riuscendo a stare fermo. «Cosa state facendo per sapere dove sono finiti quei soldi, uh? Cosa? Vi siete comprati una nuova macchina? Una villetta a Central City?».
Lena abbassò la testa ma, quando la rialzò, aveva l'aria dura e quasi impassibile, fredda come il ghiaccio. Si avvicinò ancora verso il ragazzo anche se Kara non era d'accordo, mettendosi comunque in mezzo. «Sto lavorando con Lex affinché si trovi il responsabile di ciò che è accaduto. E ti assicuro che si troverà e che tutti riavranno indietro il loro denaro. Per ora posso solo dirti di portare un po' di pazienza».
«Pazienza?», sbottò lui, che Kara allontanò di nuovo da Lena. «E se è stato il tuo caro fratellino a intascarsi tutto, uh? O forse sei stata tu? Sei stata tu?».
«No», rispose, mantenendo la calma. «Come ho detto troveremo il responsabile che sarà consegnato alla giustizia, e riavrete il vostro denaro, ma fino ad allora-».
«Cosa? Come se vi importasse qualcosa, voi un tetto sicuro sulla testa ce lo avete, Luthor». Kara tratteneva il ragazzo e sentiva chiaramente il suo cuore battere all'impazzata dalla frenesia; come una miccia pronta a esplodere non sembrava pronto a calmarsi. «Qualcuno stava andando a denunciare e sapete che è successo, no? Hanno bloccato tutto! Gli avvocati di Lex Luthor in persona hanno minacciato i poveracci di non denunciare o avrebbero passato dei guai. Vi sembra giusto?», chiese a tutti, «Ti sembra giusto?», riprese riferendosi a Kara.
Lei lo guardò con aria vacua, non sapeva cosa rispondere e si voltò a guardare Lena, che invece sembrava ferma nella sua posizione.
«No. Non mi sembra giusto», rispose lei, facendo un altro passo. Kara la implorò di fermarsi perché era troppo vicina al ragazzo. «Farò il possibile per aiutarvi, te lo prometto».
«Tu lo prometti?!». Infuriato, il ragazzo spinse Kara, pensando di correre verso Lena. Lei lo stava per riacciuffare quando Mike si protese di scatto e lo spinse a sua volta, intimandogli di non toccare la sua ragazza. A un conseguente gesto di sfida dell'aggressore, Mike gli sferrò un destro in pieno volto e lui finì in piscina.
Il party ricominciò poco dopo, una volta recuperato il ragazzo dall'acqua da alcuni amici, che decisero di riportarlo al suo dormitorio.
«Mi dispiace per quello che è successo», biascicò Lena. Lei e Kara erano fuori dal cancello, aspettando l'arrivo di Ferdinand con la macchina per riportarla a casa. Si stringeva contro la giacca di Kara che aveva addosso, tremando. E non credeva di farlo solo per il freddo.
«Cosa ne pensi se ti aiuto? Aiuto te e Lex».
Lena la guardò con sorpresa, scuotendo la testa. «No. Non vedo come tu possa-».
«Ehi, non sottovalutarmi! E voglio davvero aiutare».
«Non ti intromettere, Kara. Davvero».
«Davvero ho deciso di aiutarvi e lo farò, non puoi dir nulla per farmi cambiare idea», la fissò con sguardo deciso e Lena non riuscì a replicare.
L'auto arrivò e Kara l'abbracciò di colpo, come se avesse voluto proteggerla, dandole poi una piccola spinta verso la portiera.
«La giaccia-», Lena stava per sfilarla, ma Kara si avvicinò e gliela riportò bene sulle spalle, guardandola negli occhi.
«Tienila tu. La riprendo domani».
Lena annuì, aprendo la portiera. «Sei testarda, Kara Danvers». La vide ridere, intanto che chiudeva lo sportello una volta entrata. L'automobile partì e Lena si sentì strana, leggera, calda, bollente per la verità, con la voglia di sospirare.
Adesso sapeva per certo di essere nei guai: flirtava per scherzare e farla imbarazzare e quella imbarazzata, infine, era lei. Quei flirt avevano rivelato qualcosa di serio. La sua mente non le giocava brutti scherzi perché era vero che le piaceva Kara Danvers, le piaceva davvero in quel modo.




































***

Nuova settimana, nuovo capitolo!
Lena è arrivata a una conclusione importante… Flirta per scherzare, così pensava, ma ha scoperto perché le viene così naturale e non riesce a farne a meno: è cotta di Kara. Non per niente è gelosa del suo non-ragazzo, o quasi ragazzo che sia; anche se finge disperatamente che non sia così. Eppure ha ben altro a cui pensare: alla Luthor Corp di Metropolis corre un problema e lei sta cercando di aiutare suo fratello a risolverlo prima che la cosa possa sfuggire di mano. E prima che Lillian si metta in mezzo.
Il capitolo ci ha anche nominato alcuni personaggi interessanti come Cat Grant, Leslie Willis e Siobhan Smythe, che lavora come nuova reporter alla CatCo. Kara è affascinata dal suo primo articolo… E, non di meno, abbiamo conosciuto l'assistente di Lena. Proprio lui: Winn.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto :)

Nel prossimo, Lena capirà che non si può combattere contro una Kara determinata!
Il capitolo sette arriva il prossimo lunedì e si intitola: La reporter

(Anticipo fin da ora che avrò poco tempo per occuparmi della fan fiction, quindi lunedì 2, cioè Pasquetta, il capitolo otto non ci sarà e salterà al 9 aprile! Non voletemene ^_^')
A presto ~



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Le nostre ragazze sono in finale, conto su di voi! (Non date retta al sito che vi dice di poter votare una volta ogni mezzora: ricaricate la pagina e potete votare quante volte volete)

   
 
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