E
anche quella mattina, Kara Danvers si svegliò di buon'umore,
sapendo
che sarebbe stato un sabato fantastico. Era soddisfatta di aver
potuto aiutare Lena e Lex, anche se non lo conosceva ancora, a
risolvere il problema alla Luthor Corp di Metropolis, e continuava a
pensarci. Si alzò, si rivestì in fretta
indossando leggins e
canottiera, andando a correre. Megan la raggiunse dopo una mezzora,
quando lei era già in pista. Fecero una gara e ripresero
fiato l'una
vicino all'altra, passandosi asciugamani per il sudore e borracce
d'acqua. Altri e altre studentesse raggiunsero la pista quando loro
se ne andarono per fare due tiri in porta nel campo da lacrosse
accanto; a tarda mattina decisero di rientrare, discutendo di come
avevano trascorso le loro giornate, quando un uomo andò loro
incontro, salutandole.
«Ottimo
allenamento, ragazze. Vi voglio preparate perché
è molto probabile
che il nostro primo incontro, a inizio anno, sarà contro
Gotham
City».
Kara
e Megan si scambiarono un'occhiata seriosa. «Dunque andremo
dritte
al sodo», esclamò Megan, «Le abbiamo
battute sul filo del rasoio,
l'ultima volta».
«Gira
voce che stiano intensificando gli allenamenti. Puntano
alto»,
rispose lui, guardandola con occhi di riguardo e, dopo, adocchiando
Kara: «Ti voglio al cento per cento là fuori,
Supergirl. Ricorda
che ora sei tu il capitano».
Lei
annuì, con ferma decisione nello sguardo. «Ce la
metterò tutta».
Lui
le scambiò un'occhiata e dopo passò una mano su
una spalla di
Megan, dolce. «Ci vediamo questa sera».
Lei
ricambiò, allontanandosi con l'amica.
Nel
vedere il sorriso sulle labbra di Megan, Kara sorrise a sua volta,
con complicità. «Come stanno andando le cose tra
te e il signor
Jonzz?».
L'altra
arrossì e scosse la testa, come a voler dissimulare il suo
imbarazzo. «Bene, sembra… Abbiamo superato il
problema dell'età,
ora non ci resta che ignorare il fatto che lui sia un professore, il
mio coach, e io la sua studentessa. Abbiamo molte cose in comune: ci
dobbiamo solo sforzare di pensare a questo».
L'altra
annuì, distraendosi quando sentì il suo cellulare
vibrare
all'interno della sua borsetta. Pensò subito a un messaggio
da parte
di Lena, ma la vibrazione continuò e quando
guardò sullo schermo
vide che la stava chiamando un numero privato. Si scambiò
uno
sguardo con Megan. «Devo rispondere».
Camminò verso un corridoio
deserto, accettando la chiamata. «Kara Danvers».
«Kara.
Finalmente ho il piacere di parlare con te»,
disse la voce dall'altro apparecchio, «La
mia nuova, cara sorellina».
Kara
deglutì: la voce calma e distante che sentiva apparteneva a
Lex
Luthor? Il fratello di Lena, il figlio biologico di Lillian Luthor
che ancora non conosceva la cercava? Non avrebbe saputo definirne
bene il motivo, ma sentirlo le metteva addosso una strana sensazione
di disagio, la faceva sentire sulle spine, forse perché in
fondo non
lo aveva mai neppure visto. «Lex?».
«Naturalmente»,
lui sorrise, appoggiando la mano libera sulla scrivania su cui era
seduto davanti. «Mia madre mi ha dato il tuo numero, spero
non ti
dispiaccia, ma ci tenevo a ringraziarti personalmente per il tuo
aiuto. Se ne hai una a portata d'occhio, accendi la
televisione».
Kara
abbassò il cellulare dall'orecchia e fece cenno a Megan di
seguirla,
così corsero alla sala video, dove la televisione,
già accesa,
trasmetteva il telegiornale, seguita da qualche studente che
commentava a voce alta l'arresto alla Luthor Corp di Metropolis.
«Ti
direi su quale canale girare, ma la notizia è dell'ultimo
momento,
credo la stiano trasmettendo ovunque»,
spiegò lui.
Le
immagini mostravano la polizia di Metropolis che scortava fuori
dalla possente struttura della Luthor Corp un uomo e due donne,
l'assistente e una segretaria di Lex Luthor e l'addetta ai controlli
degli investimenti, citava la didascalia, rei di aver contraffatto
documenti e aver frodato l'azienda. Da nessuna parte si citava,
tuttavia, la complicità di Maxwell Lord. Dopotutto, nessuno
di loro
aveva prove concrete contro di lui.
Come
avesse potuto leggerle nel pensiero, Lex si affrettò ad
aggiungere:
«Lena
mi ha riferito dei vostri sospetti su Lord. Non posso essere
più
d'accordo ma, senza prove, non possiamo procedere e nessuno parla.
C'era da aspettarselo, chiaramente»,
prese una breve pausa, «Questa
mattina si è presentato nel mio ufficio tutto zelante,
sperava che
arrivassimo a un accordo, ma suo malgrado si è ritrovato ad
assistere all'arresto».
Kara
notò, infatti, che dietro alle immagini dell'arresto, in
mezzo a
tante altre persone, compariva anche Maxwell Lord, ma pareva aver
perso il suo sorriso: non poté che sentirsi un po'
soddisfatta.
Dopo, d'improvviso, il video cambiò mostrando in primo piano
Lillian
Luthor e il suo tirato sorriso. Dietro di lei, Kara intravide sua
madre Eliza. «Lillian? Lei ed Eliza sono a
Metropolis?».
«Oh,
sì, sono arrivate questa mattina presto. Ufficialmente
l'idea di mia
madre era quella di venirmi a trovare, ma ho come il sospetto che
volesse prendersi i meriti dell'arresto»,
lo sentì ridere appena, piano. «Hanno
preso un elicottero per arrivare qui in tempo».
#La
mia famiglia è piuttosto scossa riguardo l'accaduto. Mio
figlio è
stato accusato ingiustamente#,
disse la donna davanti ai microfoni e, a una seguente domanda di un
giornalista, rispondere. #Oh,
non rilascerà interviste, è già
abbastanza provato. Si sta
occupando di tutto la polizia; ci affidiamo completamente a loro. Non
ho altro da aggiungere#
Lillian chinò la testa e si allontanò,
così il servizio mostrò di
nuovo le facce dei colpevoli.
«Il
denaro degli investitori? Verrà recuperato?»,
chiese.
«Fino
all'ultimo quarto di dollaro»,
rispose prontamente Lex, «Grazie
a te, Kara. Ognuno ha fatto la sua parte, naturalmente, ma hai dato
una forte spinta al tutto. Non vedo l'ora di conoscerti dal vivo, ora
sono molto impegnato e, come ben avrai immaginato, devo condurre dei
controlli molto stretti su tutto il personale che lavora qui a
Metropolis, ma non vedo l'ora. Lena mi ha parlato così bene
di te».
Kara
arrossì, colta alla sprovvista non sapeva cosa dire.
«E
avrei giurato che fossi molto più loquace, da come ti ha
descritta».
Lo sentì ridere di nuovo, senza scomporsi.
Chiusero
la telefonata, salutandosi con l'augurio di vedersi presto dal vivo.
Megan
la guardò, incurvando un sopracciglio. «Fammi
indovinare: il tuo
nuovo fratello maggiore?».
Kara
annuì.
Per
tutto il servizio al tg, Lex Luthor non comparve nemmeno per un
fotogramma. Guardando di nuovo le immagini dell'arresto, Kara
ripensò
alle parole di Lex, su come avesse davvero aiutato a rendere
ciò
possibile, e a quelle di Lena il giorno prima. Sarebbe stata davvero
tagliata per essere una reporter? Quando al liceo dovette pensare
bene a cosa fare una volta diventata ufficialmente un'adulta, la
reporter era stata la sua prima scelta. Dare voce a chi non poteva,
mettere in luce gli abusi, fare qualcosa che sarebbe rimasto nel
tempo, scritto nero su bianco, credeva sarebbe stato appagante. Le
cose erano cambiate quando alcuni professori le avevano abbassato i
voti, e non era una persona che si sarebbe lasciata prendere in quel
modo dallo sconforto se non avesse notato che, in fondo, era sempre
stata più brava nello sport e nell'affrontare le persone a
mani
nude. E lei e Mike Gand insieme riuscivano a fermare chiunque, quando
lui non faceva troppo di testa sua. Così quando lei, un
pomeriggio
dopo un allenamento, gli disse in tono scherzoso che forse avrebbero
dovuto fare quello per tutta la vita, lui accettò di buon
grado,
felice che a lei sarebbe bastato avere lui al suo fianco per
realizzarsi. A quel punto le forze dell'ordine era l'unica scelta
possibile. Sarebbe diventata una poliziotta come Maggie e avrebbe
ripulito la città al fianco di Mike.
Però…
Disse
a Megan che sarebbe andata a cercare Mike e si divisero mentre
l'amica tornava in dormitorio. Lo invitò a pranzare con lei,
ignorando il cellulare dentro la borsa perché l'avrebbe
distratta:
voleva parlargli di una cosa importante. Saputo che avrebbero
pranzato insieme, il ragazzo prese quattro panini dalla mensa e
gliene passò due, quando si sedettero sull'erba del parco.
Di spalle
avevano gli alberi e davanti un prato in cui Kara aveva piacere ad
appisolarsi con i libri in mano quando era periodo di esami.
Lui
sospirava rumorosamente, la guardava e sorrideva estasiato,
addentando poi il suo primo panino.
Kara,
che solitamente dopo il primo morso era già a
metà panino,
indugiava più del normale.
«Allora,
di cosa volevi parlarmi?», chiese lui con la bocca piena,
tanto
all'improvviso che la fece sobbalzare dallo spavento.
Si
voltò a guardarlo e notò il suo sorriso. Era
incredibilmente felice
per uno che stava per ricevere una brutta notizia, pensò. Ma
lui non
ne aveva idea. Oh, no: forse pensava che stessero per tornare ins-
«Lo
so: vuoi che torniamo insieme», canticchiò, di
buon umore.
Kara
chiuse gli occhi e affondò un pesante morso al suo panino,
masticando così lentamente da avere il tempo di capire come
muoversi
e uscirne viva.
«Dai,
Kara. Non farla tanto lunga, siamo fatti per stare insieme, lo
abbiamo sempre saputo! Non mentire. Siamo forti in coppia,
no?».
«Già…»,
borbottò lei, in preda al panico, «Non volevo
parlare del nostro
stare insieme, cioè un po' sì, ma non in questo
senso, in un senso
più… futuro». Lui inarcò un
sopracciglio, scartando il secondo
panino. Così anche lei diede un ultimo morso al primo e
prese tempo
scartando il secondo. «Sai quanto siamo forti insieme, e
abbiamo
cercato di immaginarci un futuro insieme, ma quel futuro,
ora»,
deglutì, balbettando, «fo-forse potrebbe
cambiare».
Lui
sgranò gli occhi e la bocca, fissandola con
intensità, diventando
serio. «Kara…», deglutì,
avvicinandosi, «Stai dicendo che-».
«Mi
dispiace, Mike».
«Sei
incinta?».
«Cosa?».
«Ma
è fantastico!». Per poco non esultò.
«No,
Mike».
«Senti,
non pensare che io mi tiri indietro: forse diventare padre ora mi
cambierà la vita, dovrò fare pace con mia madre
per avere più
soldi ma tu non dovrai preoccuparti di nulla! Penserò a
tutto io,
ovvio, tu dovrai stare a casa a riposare… Non è
una cosa brutta»,
le sorrise, mentre lei riprendeva a masticare, lasciandolo parlare.
«Kara, diventeremo genitori». Le prese le mani
nelle sue, con il
panino in mezzo.
«Mike,
non sono incinta», esclamò, diventando rossa,
«E-E poi è da molto
che noi non- Sono passati mesi, se fossi incinta si
vedrebbe».
«Oh,
beh, peccato però», si costrinse a tornare
composto sull'erba,
quando scemò il suo entusiasmo.
«Affatto»,
bisbigliò lei.
«Magari
eri in ritardo».
«Non
è il diretto per Central City»,
brontolò.
«Sarebbe
stato bello! Tu potevi stare a casa a prenderti cura del nostro
bambino e dopo il lavoro sarei tornato a casa per giocare con
lui».
«O
lei», aggiunse Kara, capendo solo in quel momento cosa il
ragazzo
stesse dicendo: «No, aspetta! U-Un figlio o figlia adesso
cambierebbe tutto… Cosa stai-?».
«In
meglio».
«Non
proprio», lo corresse, «Ho gli studi, lo
sport… ogni cosa…».
Lui
grugnì, finendo il panino, accartocciando la stagnola.
«Lo so che
abbiamo detto che saremmo diventati entrambi agenti e che avremo
sgominato le forze del male di National City, ma si può fare
tutto
anche con un figlio, no? O quasi», sorrise, perso nei suoi
pensieri.
«Magari starei fuori un po' più io, tu saresti in
maternità, e va
bene così. È sempre così,
no?», rise appena, «La mamma sta a
casa e il padre lavora. Non che ci sia qualcosa di male, in
questo»,
scosse la testa, guardandola, «È una cosa normale!
Un piccolo me
che mi aspetta a casa appena apro la porta, con te che mi accogli.
Cosa c'è di male in questo?». Si accorse che lo
stava fissando
corrugando lo sguardo.
«Va
bene, basta: non avremo un bambino».
«Non
adesso…».
Sospirò,
accartocciando anche lei la sua stagnola. «A proposito del
nostro
diventare agenti… Volevo parlare di questo».
Lui
la fissò. «Hai pensato a qualche ramo di polizia
in particolare?».
Kara
strinse i denti, simulando un tirato sorriso. «No»,
abbassò lo
sguardo, scuotendo la testa. «Ultimamente sono successe delle
cose
che mi hanno fatto pensare…».
«Quella
cosa che hai fatto per Lena Luthor? Ho saputo che hanno arrestato
qualcuno».
«Sì,
quello…», deglutì, guardando verso il
prato. «Mi ha fatto
sentire bene», ritrovò il sorriso, entusiasta.
«E ho ripensato a
quando sarei voluta diventare reporter».
«Ah».
Guardò il prato anche lui, chiudendo con forza le labbra.
«Quindi
vorresti…», scrollò le spalle,
«lasciar perdere questa cosa
degli agenti?».
«Forse»,
lo guardò. «Era una bella idea, e lo volevo tanto,
ma diventare
reporter è una cosa che desidero da sempre e forse posso
cavarmela».
«Oh,
beh… se è questo che vuoi»,
enunciò a bassa voce, spento.
«Non
ti piace, eh?».
«Non
è che non mi piaccia, è che decidi tutto
tu», alzò di nuovo le
spalle, aggrottando le sopracciglia. «Prima dici che vuoi
diventare
un agente con me, poi che vuoi mollarmi, ora che vuoi mollarmi anche
dal diventare un agente con me. E io non ti capisco più,
Kara! O
forse non ti ho mai capito! Hai questa assurda mania di voler aiutare
tutti, e per questo vuoi essere agente, o reporter, o
entrambi»,
sbuffò, «E io non ho deciso nessuno dei due!
Volevo diventare
agente solo perché lo volevi tu; a me non importa niente di
andare a
fermare i criminali come un vigilante dei vecchi fumetti! Lo volevo
solo per stare con te». Si fermò, riprendendo
fiato, mentre Kara
restava senza parole, aggrottando lo sguardo anche lei. «E
sai che
ho litigato con mia madre che non voleva ti frequentassi! Dopotutto
questo tu mi stai abbandonando».
«Non
ti sto abbandonando».
«Sì
che lo stai facendo», l'accusò, puntandole contro
un dito, «E lo
sai. Vuoi aiutare tutti, vuoi esserci per tutti, ma alla fine molli
me che sono sempre stato al tuo fianco», si alzò e
Kara lo seguì,
prendendo la sua roba.
«Potremmo
stare vicini anche se divento reporter! Mike?», lo
chiamò,
correndogli dietro, mentre lui percorreva la strada per uscire dal
parco. «Non sarà lo stesso, ma-».
«Certo
che non sarà lo stesso», si fermò di
colpo, guardandola negli
occhi. «Prima ti bastavo io, Kara… pensavo mi
amassi. E io non sto
dicendo che è una brutta cosa se diventi reporter, se
è questo ciò
che vuoi fare fallo, ma non lasciarmi indietro perché io per
te ho
fatto di tutto… Avrei preferito fossi incinta».
Lui
se ne andò e Kara si portò le mani contro la
fronte, sospirando.
Litigare
con Mike a volte le sembrava come di essere sulle montagne russe. Era
vero che lui aveva avuto una pesante discussione con sua madre per
lei che, non sapeva bene perché, non aveva preso proprio in
simpatia
e non voleva che stessero insieme. Il giorno in cui l'aveva
presentata ai suoi si era trasformato in un incubo. Mike si era
battuto per quello e per poco non si ritrovava senza casa e senza
soldi, se non fosse stato per suo padre che si era messo in mezzo. E
sì, era probabilmente vero anche che era stata lei a
scegliere per
lui un futuro nelle forze dell'ordine; era così capace nel
battersi
che, probabilmente, aveva riflettuto un po' di se stessa in lui,
pensando che avrebbe potuto usare quella forza, quella
velocità e
quell'abilità per fare del bene. Forse aveva sbagliato a
trattarlo
in quel modo, pensava.
Rientrò
al dormitorio con sguardo basso e aprì la porta della sua
camera di
malavoglia, sapendo che si sarebbe subito infilata in doccia.
Sbuffò
e richiuse, bloccandosi quando vide fiori, fiori ovunque: la camera
che divideva con Megan era piena di fiori di ogni colore e grandezza.
C'erano dei girasoli in un vaso sul tavolo, accanto a delle rose
rosse e rosa in un mazzo, e dall'altro dei gigli. C'erano mazzi di
fiori bianchi, blu e viola in alcuni vasetti per terra vicino al
letto, un mazzo era sul suo letto, altri davanti alla porta del
bagno, e davanti al suo armadio e a quello di Megan. Seduta sul
letto, con le auricolari nelle orecchie, Megan aveva il naso dentro
un altro mazzo di fiori di tutti i colori. Poi la vide e spense la
musica.
«Sorpresa?»,
le domandò in un sorriso.
Kara
era a bocca aperta, continuando a guardarsi intorno con meraviglia
nello sguardo. «Te li ha portati il signor Jonzz?».
«Me
li ha portati?», rise, «Ehi, bella, questi sono per
te».
«P-Per
me?». Corse precipitosa verso il tavolo, incrociando un
biglietto
ripiegato. Appena lo aprì le sue guance si colorarono di
porpora,
senza trattenere un sorriso.
Ero
indecisa se ringraziarti invitandoti a cena oppure inviandoti dei
fiori. Tanti fiori. Ho deciso di fare entrambe le cose: domani alle
20:00 ti verrà a prendere Ferdinand e non voglio sentire
storie.
Lena
«Te
lo avevo scritto per messaggio: erano già qui quando sono
entrata in
camera, deve aver aperto il guardiano», le disse Megan,
«È
incredibile: lei è praticamente tua sorella, eppure
è più
romantica di come sia mai stato Mike da quando lo conosci».
«Non
parlare male di lui. Si impegna».
«No,
ma lo difendi sempre», sbuffò, alzandosi e
passandole il mazzo di
fiori che aveva con sé. «A proposito:
com'è andata con lui, poco
fa?».
«Abbiamo
litigato».
«Perfetto»,
sorrise per prenderla in giro, spostando alcuni vasi e aprendo la
porta del bagno. «Chissà perché
comincio a desiderare anch'io una
nuova sorella», disse ancora, prima di chiudere dietro di
lei.
Kara
avvicinò il naso contro i fiori nel mazzo, facendo suo quel
forte
odore dolce. Era così buono. Si riguardò intorno,
pensando che mai
si sarebbe aspettata qualcosa di simile. Da nessuno, mai. E l'aveva
perfino invitata a cena. Sua sorella, già… Sapeva
cosa fare.
«Alex!
Mi ha circondata di fiori! E mi ha invitato a cena», disse
con
decisione, guardando sua sorella che, dall'altro capo del cellulare,
era davanti a una finestra. «Guarda». Le
mostrò tutta la camera,
fermandosi a lungo su ogni mazzo di fiori che incontrava. Alex le
sembrò distratta, però. «Ci sei,
sorellona? Hai visto?».
«Ho
visto, Kara, sono bellissimi. È stata Lena?».
Kara
annuì. «E mi ha invitata a cena. Domani. Non so
nemmeno cosa
mettermi, non so in che tipo di locale andremo, cosa mangeremo, se
saremo sole».
«Calmati,
Kara»,
le sorrise Alex, «Come
se non fossi mai andata a cena fuori in vita tua. Probabilmente vi
vedrete in un buon locale, conoscendo i Luthor: mettiti qualcosa di
buono, non le solite gonnelline».
«Un
vestito da sera?», domandò, incerta.
«Sì,
se invece di Lena Luthor ti stesse portando a cena fuori Maxwell
Lord»,
finse una risata, portando gli occhi al cielo.
Kara
la scrutò: c'era qualcosa che non andava. E poi dove si
trovava? Non
riconosceva lo sfondo, e quei palazzi fuori dalla finestra non
sembravano di National City. «Perché proprio
Maxwell Lord? Dove ti
trovi?».
Alex
sbuffò, portandosi una mano contro il viso, abbassandosi e
facendo
intravedere a Kara di trovarsi seduta su una poltrona mai vista. «A
Metropolis. Sono arrivata un'oretta fa».
«Cosa
fai lì?».
Megan
le arrivò di spalle, guardando anche lei quanto visibilmente
Alex
sembrasse affranta, chiedendo cosa stesse succedendo.
«È
una lunga storia. Ora mi sto nascondendo, sono a casa dei Luthor qui,
ormai praticamente ci vive solo Lex».
«Gli
ho parlato stamattina, è… un tipo
strano?!», sorrise, «Mi ha
dato una strana sensazione a parlargli al telefono».
«Diciamo
che assomiglia molto a sua madre»,
commentò.
«E
da cosa ti nascondi?», le chiese Megan, guardando anche lei.
Alex
sospirò pesantemente, cercando di rimettersi composta sulla
poltrona
rossa. «In
un'ora che sono arrivata sono stata sbattuta da una parte all'altra
da Lillian Luthor che voleva farmi vedere ogni centimetro di casa e
farmi foto per Instagram, sono stata presa da Eliza che voleva farmi
conoscere Lex, e Lex, certo, per fortuna con me si è
trattenuto poco
perché è molto impegnato. Ma soprattutto, scappo
da Maxwell Lord»,
digrignò i denti.
Kara
sorrise, mentre Megan restava senza parole: «Hai conosciuto quel
Maxwell Lord?».
«È
ancora qui intorno»,
sussurrò, deglutendo. Non ne sembrava entusiasta. «Per
qualche strano motivo è ospite di Lex, credo voglia fare una
specie
di gioco di potere con lui; credo pensi sia stato il mandante del
colpo alla Luthor Corp».
Kara
non le disse niente, gliene avrebbe fatto cenno in un altro momento,
non era il caso di interromperla.
«Beh,
Lord non sembra pronto a confessare qualcosa. Al contrario è
da
appena mi ha vista che non mi toglie occhio di dosso. Se
avesse una vista a raggi x»,
disse di nuovo, sottovoce, «mi
avrebbe fatto una scansione completa già quattro volte.
Mi ha invitata a cena».
«Ohu»,
entrambe arretrarono, guardandosi.
«Esatto»,
sospirò lei. «Ho
cercato di dirgli che sono impegnata e che sono emh, dell'altra
sponda, ma ha continuato a fare battute e non credo abbia
capito».
«Cosa
pensi di fare?», domandò Kara, mentre Megan al suo
fianco annuiva.
«Non
lo so, lo affronterò e… Una cosa è
certa: non andrò a cena con
lui»,
disse scandendo bene le parole, seria, «E
Maggie mi ucciderebbe, se lo venisse a sapere»,
aggiunse, mentre Kara sorrideva. «Un
invito a cena…»,
guardò fuori dalla finestra, con aria distratta, «praticamente
un invito ad andare a letto con lui».
Kara
arrossì inevitabilmente e Megan, al suo fianco, si costrinse
a non
ridere, guardandola e lasciandola da sola con la sorella, mettendosi
a sistemare i fiori in un unico punto della stanza.
«… a-a letto.
Certo, sì», rise con nervosismo, «Ti ha
invitata a cena fuori, ti
squadrava, è o-ovvio».
Alex
la guardò con attenzione, non capendo cosa avesse detto di
sbagliato, pensandoci all'ultimo. «Oh,
Kara, mi ero dimenticata»,
sorrise scherzosa, annuendo, «Anche
Lena Luthor ha quello in mente: vuole portarti a letto. Capolinea,
sorellina. Allora sarà il caso di mettere quel vestito da
sera di
cui parlavi».
Rise e Megan, che la sentiva parlare, rise con lei. «Ora
devo andare»,
guardò l'orologio al polso. «Ho
un appuntamento e non con Maxwell Lord, lo giuro. Ti
racconterò
questa notte. Ti voglio bene».
«Ti
voglio bene anch'io, sorellona». Kara chiuse la telefonata e
diede
una veloce occhiata al biglietto ripiegato che le aveva lasciato
Lena, sul tavolo. Deglutì.
Megan
la guardò, scoprendo quello sguardo che era durato solo un
attimo
verso il biglietto, così sorrise, annuendo. «Ah,
ora capisco».
«Cosa?»,
sobbalzò, come colta a fare qualcosa di proibito.
«Tante
cose, Kara Danvers», le poggiò una mano su una
spalla, passando
dall'altro lato della stanza per recuperare gli altri fiori.
«Per
quella cena indossa il vestito».
Mike
le fece uno squillo, ma giusto qualche secondo appena, senza inviare
messaggi o che altro, solo probabilmente per farle sapere che stava
ancora pensando a lei e che aspettava, questo quasi di certo, le sue
scuse. Era Kara ad essersi dimenticata di lui. Non a lungo, certo, le
pesava averci litigato ancora e le sembrava di dover scegliere fra
lui e il giornalismo, ma quei fiori, che ogni tanto si ritrovava ad
odorare, l'avevano piacevolmente distratta. Con tutto che erano
bellissimi, Megan le aveva fatto sapere che non potevano tenerli
tutti là dentro e di pensare a qualcosa, ma prima di farlo
l'avrebbe
ringraziata, così videochiamò anche lei, sperando
di non
disturbarla. L'idea di presentarsi alla Luthor Corp c'era, ma temeva
di trovarla impegnata, mentre una telefonata poteva sempre
interromperla. Ma Lena accettò appena al secondo squillo.
Kara
sorrise radiosa, vedendo che era a casa e non alla Luthor Corp: aveva
lasciato il suo cellulare da qualche parte, immobile, e la vedeva
camminare per la cucina, salutandola. Quando si avvicinò
allo
schermo aveva con sé una tazzina di caffè. La
vide sedersi davanti
e, per una sola frazione di secondo, il suo seno aveva occupato la
quasi totalità dello schermo, facendo arrossire Kara, che
distolse
lo sguardo.
«Questa
è la terza, oggi»,
le fece notare, indicando la tazzina e poi bevendone un sorso.
«Tanto
lavoro?».
«Tanta
Lillian Luthor»,
rispose, ridacchiando. «È
a Metropolis, adesso, e mi ha chiamata cinque volte in due ore. Sono
stanca, solo il caffè riesce a rilassarmi. Mi ha ringraziato
e mi ha
detto di ringraziare anche te, a
proposito».
Kara sorrise. «Voleva
chiamarti ma sapeva che lo aveva fatto Lex, quindi magari aspettati
una sua chiamata, ma non contarci troppo. Si vanta di essere riuscita
ad avere molta confidenza con Alex e te, ma in realtà,
dubito sia
così tanta»,
le sorrise e Kara scosse la testa, sorridendo ancora.
«Ah…»,
Kara si fece seria, alzando il cellulare dal tavolo su cui lo aveva
poggiato, facendogli fare una breve panoramica dei fiori intorno.
«Tornando in dormitorio, oggi, mi sono ritrovata la camera
completamente piena di fiori».
«Davvero?»,
le diede un'occhiata, seria, per poi sorridere.
Kara
scosse la testa, sospirando. «Tu non ne sai nulla,
vero?».
«Assolutamente».
«Grazie»,
le sussurrò, poggiando la testa sulle sue mani distese sul
tavolo,
guardando dritta verso lo schermo, «È stata una
bella sorpresa».
«Sai,
credevo che non si usasse ringraziare a un ringraziamento, Kara
Danvers»,
finì il suo caffè. «Mi
raccomando di prepararti per domani: Ferdinand è sempre
puntuale».
Kara
annuì. «Lo immagino, con il lavoro che
fa».
«No.
È che ha paura della reazione di mia madre a un suo
possibile
ritardo».
Risero
e si salutarono, così Kara chiuse la videochiamata
sentendosi
stranamente leggera. Il perché si sentisse così
non lo sapeva, ma
era contenta di vedere che Lena finalmente non la ignorava
più;
forse, pensava, da quell'arresto alla Luthor Corp di Metropolis ci
aveva guadagnato un po' anche lei.
Più
tardi, quasi a ora di cena, si era sentita di nuovo anche con Alex.
«Sono
qui a Metropolis perché avevo un appuntamento con
Jeremiah»,
confessò, con un sorriso sulle labbra. «Ma
non dirlo a Eliza: lei pensa che sia qui per conoscere Lex, e diciamo
che gliel'ho fatto credere, invece mi sono vista con lui».
«Non
dirò una parola».
Alex
sorrise, ma nel suo sguardo si leggeva il peso della bugia. «È
stata una bella giornata».
«Sono
felice per te, sorellona. Spero tu lo abbia salutato da parte
mia».
«Salutare
chi?», gridò Megan in modo che la sentisse anche
Alex, fermandosi
con un piatto in mano, con il microonde aperto. «Lord? Alex
ha
scoperto di essere bisex e di essere attratta dai pettorali di
Lord?».
Kara
rise mentre Alex, dopo aver sentito, rimase senza parole, con aria
disgustata. Si salutarono scambiandosi la buonanotte, dopo essersi
entrambe augurate buona fortuna con i loro appuntamenti, se
così
potevano chiamarli.
Aveva
deciso di smettere di flirtare con lei, e così aveva provato
anche a
ignorarla e a essere dura, tutto pur di non permettere al suo cuore
di saltare qualche battito quando era in sua compagnia, ma aveva
fallito. Kara Danvers l'aveva riconquistata; e come pensare che non
ci sarebbe riuscita. Come poteva progettare di essere tanto fredda
con lei? Non se lo meritava. Non soprattutto dopo l'aiuto che le
aveva dato anche quando tentava di trattarla male. C'era qualcosa di
profondamente sbagliato in ciò che provava per quella
ragazza, lo
sapeva bene, ma non poteva farci nulla. Decise di essere tranquilla,
di andare avanti con la sua vita così come sarebbe andata,
senza
provarci né tentare di respingerla e di vedere cosa
succedeva.
Dopotutto Kara non era interessata a lei e forse un giorno la cotta
se ne sarebbe andata così com'era arrivata. Era la cosa
giusta da
fare. E intanto, magari, si sarebbe divertita.
Quella
mattina si alzò qualche minuto prima che suonasse la
sveglia;
sistemandosi il letto a due piazze, aveva sempre amato stare comoda,
prima ancora di farsi la doccia; spalancando le due finestre della
sua camera prima di stropicciarsi gli occhi dal sonno, affacciandosi
davanti ai palazzi di National City che le facevano da panorama,
lontani come le nuvole. Lena Luthor era felice.
L'altra
invece si svegliò più in ritardo del solito,
tanto che Megan aveva
già occupato il bagno e abituata ad averlo solo per lei la
fece
aspettare fuori almeno un quarto d'ora. Quest'ultima rise appena la
vide e aprì la bocca per dirle qualcosa, ma Kara la
sorpassò come
un fulmine e ci si chiuse dentro. Le disse attraverso la porta che
sarebbe andata a correre. Si preparò velocemente
perché non poteva
saltare gli allenamenti: ad agosto sarebbe tornata a casa e avrebbe
oziato di nuovo, con il rischio di non essere abbastanza tonica per
la partita contro Gotham City e si immaginava già il sorriso
strafottente della Kyle, la capitano, che si prendeva gioco di lei.
Avevano un conto aperto in sospeso.
Lasciò
il letto sfatto e ripose la copia 432 del CatCo Magazine sulla
mensola vicino, per non dimenticarsi e rischiare di sgualcirla
sedendoci sopra al suo ritorno. Accese il cellulare e sbuffò
un po',
vedendo che le sole chiamate perse, ben quattro, erano di Mike, poi
c'era un messaggio da parte di Alex e un altro da parte di Eliza, che
avrebbe letto dopo. Con leggins, tshirt e una borsa per l'essenziale,
spalancò la porta, ritrovando la testa di Mike Gand ai suoi
piedi.
Letteralmente.
«Cosa
ci fai qui?», domandò, spalancando gli occhi.
Lui
sorrise, rimettendosi in piedi. «Ho visto Megan, poco fa, mi
ha
detto di aspettarti fuori. Chi è morto?»,
indicò i fiori disposti
intorno alla porta, portati lì dalla sua coinquilina che non
riusciva a dormire per via del forte odore; lo sentiva anche lei, ma
avrebbe resistito.
«Lascia
stare», scosse la testa, uscendo e chiudendo la porta,
diretta al
campo da corsa, con lui al seguito.
«Posso
farti compagnia? Come ai vecchi tempi, magari dopo la corsa ci
facciamo qualche tiro in porta». Aspettò che lei
annuì,
concentrata nello scendere le scale, così
continuò. «Sai, ieri ho
pensato molto alla nostra discussione, a noi due, al nostro futuro,
al nostro bambino-».
«Non
avremo un bambino».
«Intendo
quello futuro… Non adesso», sorrise lui,
grattandosi la nuca.
Kara
lasciò la borsa in palestra, vicino alla porta, e la
spalancò per
il campo. Vide Megan ma, quando lei scorse che Kara non era sola,
continuò a correre per conto suo, facendole un segno
negativo con
una mano. I due iniziarono a correre.
«Aspettavo
una tua chiamata, un messaggio… delle scuse». Lei
lo guardò e lui
arretrò, cercando poi di starle dietro. «Ma alla
fine, continuando
a pensarci, Kara, non ne valeva la pena! Volevo così tanto
delle
scuse che non pensavo proprio che così avrei potuto rovinare
il
nostro rapporto. Perciò ti chiedo scusa io». Kara
lo guardò di
nuovo, stavolta sorpresa, e lui cercò di riprendere fiato
per starle
dietro: stava andando troppo veloce e consumava troppo ossigeno
continuando a parlare. «Non possiamo fermarci un attimo,
così
possiamo… possiamo parlarne… meglio?».
Solo
per un attimo lei pensò di accelerare, ma non era
decisamente giusto
e si fermò, mettendo le mani sui fianchi e prendendo pesanti
bocconi
d'aria. Mike fece lo stesso, reggendosi le ginocchia.
«Non
ci credo che… che corri così
tanto…», disse rimettendosi
dritto, «Ogni volta mi sorprendi, ragazza».
Kara
guardò Megan passarle vicino. Sorrideva? Sembrava che la
stesse
prendendo in giro. «Sbrigati, Mike; non te lo chiederei, ma
non
voglio restare indietro con gli allenamenti».
Portò
le mani sui fianchi anche lui, ma pareva seccato. «Dicevo che
ti
chiedo scusa».
«Va
bene».
«Va
bene? Tutto qui? Mi sono scusato al posto tuo e non mi dici
altro?».
«Quindi
ti sei scusato per…», trattenne il fiato,
arricciando le labbra,
«ricevere in cambio qualcosa?».
«Beh,
mentirei se dicessi di no, in un certo senso… Mi aspettavo
che le
cose tornassero come prima, prima che mi mollassi senza ragione! Puoi
fare la reporter, se vuoi».
«Me
lo stai concedendo?»,
domandò, incrociando le braccia al petto.
«Sì.
No»,
cambiò risposta dopo aver visto la sua espressione contrariata,
«Non intendevo in quel modo! Non fraintendermi, Kara:
è solo che
non riesco a esprimermi».
«Solitamente
lo fa così bene», esclamò Megan
correndo dietro di loro,
continuando il suo giro.
Lui
aggrottò le sopracciglia ma non rispose, guardando poi Kara
con
supplica.
«Senti,
Mike, sei un bravo ragazzo, ma comincio a pensare che tra noi
sarà
sempre così: un continuo litigio», disse, ferma
nella sua
decisione. Si portò una mano sulla fronte, decidendo di
guardarlo
negli occhi. «Credo che… sia finita».
Mike
accennò un sorriso colmo di delusione, sentendo la terra
mancare
sotto ai piedi. «No, ma… Cosa? Dici sul
serio?».
Annuì.
Temeva di cambiare idea da un momento all'altro, ma sapeva di dover
tenere duro. Con Mike era bello, ma stare insieme a lui diventava
spesso impossibile. «Ti prego, restiamo amici, non possiamo
perderci», gli strinse le mani con le sue e lui non
trovò il
coraggio di replicare. «Devo… Devo
andare». Corse via, cercando
di raggiungere Megan.
Mike
Gand si ritirò dalla pista dopo pochi minuti.
Tentò di parlarle di
nuovo e Megan glielo impedì, chiedendogli di lasciarla un
po' in
pace a riflettere. In realtà, c'era ben poco da riflettere.
Poiché
se lo faceva davvero, Kara era sicura di aver fatto la scelta giusta,
anche se temeva di perderlo. E quando chiese un parere a Megan, lei
le rispose che, secondo lei, lui aveva una visione della vita troppo
tradizionalista e che chiamarla così sarebbe stato un
complimento.
Sarebbe riuscita a fare la reporter anche al fianco di Mike, lo
sapeva, ma lui ogni volta che parlava rovinava tutto.
Dopo
si diressero al campo di lacrosse e si allenarono con qualche tiro in
porta, scambiandosi di tanto in tanto i ruoli. Kara sembrava fin
troppo energica e Megan ebbe timore per la sua vita quando la palla
le sfiorò il viso, soffiandole contro un'orecchia, finendo
in porta.
Successivamente si ricordò il casco e la sua importanza.
«Allora,
per stasera?», le domandò l'amica mentre
lasciavano il campo,
entrando in palestra.
«Indosserò
un vestito», le fece presente, arrossendo. «Ma non
capisco poi
perché… Cioè, sì,
sicuramente andremo in un locale elegante
quindi si adatterà all'occasione, ma siamo solo Lena ed io,
insomma», rise, palesemente agitata, «Non
è mica un appuntamento
vero o qualcosa del genere». Sorrise, sistemandosi gli
occhiali sul
naso.
Megan
le picchiettò una spalla, ma non aggiunse nulla.
L'auto
nera con Ferdinand alla guida alle 20:00 esatti era ferma davanti al
cancello della sua università. Il guardiano aprì
e Kara, per la
prima volta dopo tempo, con i tacchi ai piedi, s'incamminò
verso la
vettura. L'autista scese ad aprirle lo sportello e lei lo
ringraziò,
non aspettandosi il gesto. Durante il tragitto gli chiese dov'erano
diretti e poi, ricevendo un lo
vedrà
come risposta, gli chiese invece dove avrebbe passato il suo tempo
lui mentre loro mangiavano. E continuò a parlare, a parlare
senza
sosta fino a quando la macchina non si fermò e
così si fermò Kara,
deglutendo. Mai avrebbe ammesso di essere nervosa. Ma lo era,
accidenti. Lo era decisamente.
Lui
parcheggiò dando un fermo
con la mano al ragazzo dei posteggi e scese con lei dalla macchina.
Pensò che fosse per aprirle lo sportello ma era stata
più veloce,
solo che poi la accompagnò fino all'entrata e le
aprì la porta del
locale. Lillian Luthor doveva davvero amare le coccole di chi
lavorava per lei. Le augurò buona serata e buon appetito,
dopodiché
riprese l'automobile e se ne andò. Affacciandosi al locale,
Kara fu
avvolta da un'aria calda e confortevole. Si sentiva una musica
leggera e gentile e scoprì che era un uomo al pianoforte a
produrla,
disposto al centro della sala; intorno a lui i tavoli. Alzò
lo
sguardo per trovare Lena quando una donna la fermò, attirata
dalla
sua aria smarrita.
«Buonasera
e benvenuta. Ha prenotato, signorina?», le chiese a bassa
voce,
probabilmente per non disturbare gli altri clienti.
Kara
si guardò intorno un'altra volta appena, fugace, prima di
risponderle. «Sono qui con la signorina Lena Luthor, credo
abbia-».
«Oh,
sì». Il viso della donna, già gentile,
cambiò di colpo,
diventando addirittura servile. «Lei è l'ospite
della signorina
Luthor, ma certo. La stavamo aspettando, mi segua».
L'accompagnò
in mezzo ai tavoli e Kara arrossì di colpo quando intravide
Lena,
seduta davanti a un tavolino per due, che leggeva il menù.
Aveva i
capelli sciolti, da un lato tirati indietro con un fermaglio;
solitamente liscissimi, erano ondulati e le circondavano le spalle.
Indossava un lungo vestito nero, scollato, tremendamente scollato,
arricchito da una collana dorata e dei bracciali ai polsi. Da quando
era così bella? Da quando, si accorse, aveva le palpitazioni
nel
vederla? Da quando Lena la guardava in quel modo? In quel modo
così…
dolce?
«Siamo
arrivate»: la voce della maître la
riportò tra loro e, d'istinto,
sorrise all'altra. «Mi chiamo Sylvie e potrete chiamare me
per ogni
vostra necessità. A brevissimo il primo chef
verrà a prendere la
vostra ordinazione. Speriamo che tutto sia di vostro
gradimento».
Finì di parlare che Kara si era già seduta
davanti a Lena, che si
era alzata al suo arrivo, così sorrise a entrambe e poi
sparì.
«Cosa
ne pensi?», le domandò Lena, «Ti piace
qui? Non sapevo dove
portarti, mi hanno detto che qui si mangia molto bene e tu sei
un'ottima forchetta, quindi…».
Indugiò
a lungo su di lei, Kara se ne accorse per la prima volta: gli occhi
limpidi di Lena, che non erano mai stati così caldi, si
fermarono
sulle sue spalle nude, poi sul suo petto coperto, il collo, i capelli
lasciati sciolti, la sua bocca rosa, e infine gli occhiali,
ritornando a guardarla negli occhi. Sembrava tornare da un lungo
viaggio di pensieri e Kara si perse nuovamente nei suoi, temendo di
aver frainteso quell'uscita. Lena Luthor era davvero molto elegante,
lo richiedeva il tipo di locale, ma l'essersi vestita elegante anche
lei forse l'aveva colta di sorpresa, non era abituata a vederla
così,
e forse le sarebbe passato il messaggio che da quell'appuntamento,
Kara, sperasse qualcosa di più. Oh, era appena diventato
ufficialmente un appuntamento. E lei era quasi formalmente sua
sorella: perché doveva pensare a una cosa del genere? A meno
che- si
bloccò, vedendola muovere la bocca, ma non ascoltando una
parola. A
meno che non avesse completamente sbagliato soggetto e non era Lena a
sospettare che lei, vestita in quel modo, volesse qualcosa di
più,
ma che la stessa Lena provasse per lei qualcosa che andava al di
là
del rapporto tra sorelle. Spalancò gli occhi, colta di
sorpresa dal
suo stesso flusso di pensieri.
«Puoi
ordinare quello che vuoi, non ti preoccupare, so che ti piace
spaziare su più piatti».
«Sssì»,
ridacchiò, nascondendo il viso dietro il menù e
sistemandosi gli
occhiali. E se si stesse sbagliando? Passare dal nemiche ad amiche
era già stato abbastanza faticoso, da amiche a quel qualcosa
di più
saltando la tappa delle sorelle, che era ciò che tutti si
aspettavano, era troppo complicato. «E poi ho appena lasciato
Mike»,
disse a voce alta d'un tratto. Lena alzò un sopracciglio.
«Voglio
dire», finse una risata lunghissima, abbassando la testa e
facendole
cenno di aspettare con una mano, «Sai cosa ho fatto oggi?
Sono
andata a correre, ho corso tanto, con me c'era Megan, ho fatto
qualche tiro contro la rete, mi sono allenata e, ah, sì, ho
lasciato
Mike. Intendo davvero, per sempre. Ci ho pensato e credo sia stata la
scelta migliore… Non facevamo che, sì,
litigare».
«Se
lo pensi, allora lo sarà stata di certo». La vide
sorridere,
sorridere tanto, anche quando alzò la testa per ordinare.
Oh, era
già arrivato.
Ordinarono
un sacco di primi piatti che Kara già sapeva avrebbe
mangiato da
sola, poi del buon vino rosso, che scelse Lena. Fortunatamente, dopo
dei primi momenti di imbarazzo, quando arrivarono i piatti entrambe
si sciolsero, parlando delle loro giornate, della loro strana
famiglia, dello scontro di Alex e Maxwell Lord, ridendo sottovoce per
non disturbare la sala, ascoltando e applaudendo il pianista, che le
ringraziò. Kara smise di pensarci, a suo agio con lei. Non
ci aveva
mai fatto molto caso: ma in effetti era sempre a suo agio con lei.
Dopo
aver finito un enorme piatto a base di pesce, Kara Danvers decise di
riposarsi un po' per il dolce e Lena Luthor si nascose il viso tra le
mani, rossa sulle gote, ridendo.
«Ma
dov'eri nascosta per tutto questo tempo? Da dove sei sbucata
fuori?»,
le chiese tra le risa soffocate da una mano contro la bocca.
«Io
sono piovuta dal cielo».
«Si
spiegherebbero tante cose», ammise, «Invece di vaniglia,
avrei dovuto chiamarti ragazza
dallo spazio».
Kara
sentì il viso farsi inspiegabilmente caldo e sorrise,
girando il suo
sguardo.
«Kara»,
attirò la sua attenzione poco più tardi, dopo
aver ordinato il
dolce. «So che forse non è il caso, adesso, che io
ti parli di
questa cosa, ma non riesco più a tenerla per me».
Kara
deglutì. I suoi sospetti erano fondati? Stava per
dichiararsi? Non
sapeva se fosse pronta o meno a una cosa del genere; se accettare,
rifiutare, o correre con disperazione in direzione del pianista
fingendo che lui l'avesse chiamata per suonare insieme Ennio
Morricone.
«Ti
devo confessare una cosa: ho letto riguardo la tua vera
famiglia…
quando Winn, il mio assistente, ha fatto delle ricerche su di
te».
Il sorriso di Kara si spense e Lena sapeva quanto alla ragazza non
piacesse che avesse raccolto del materiale su di loro, ma allora non
aveva idea di ciò che avrebbe trovato. «Ti voglio
chiedere scusa
per aver letto delle cose tanto personali».
«Non…»,
biascicò, ancora colta alla sprovvista, non riuscendo a
guardarla
negli occhi. «Cos'hai letto? Cosa c'era scritto?».
Lena
esitò. «Non voglio farlo perché non
voglio ferirti. Perché non mi
parli un po' tu della tua famiglia? E allora saprò solo
ciò che tu
vuoi che io sappia».
Kara
sapeva che il tentativo di Lena era un po' maldestro: anche se le
avesse raccontato solo ciò che voleva, il resto lo aveva
comunque
saputo da altri fonti. Ma lo apprezzò lo stesso.
«Mia madre era un
giudice piuttosto famoso, in quel periodo. Ha spedito in carcere
molti criminali», le sue labbra si piegarono in un sorriso,
ma durò
poco, anche se non aggiunse nulla. Lena la guardava rapita.
«Mio
padre invece era uno scienziato e se ci penso mi vien da ridere
perché sono stata presa dai Danvers ed Eliza è
una scienziata anche
lei. Entrambi lavoravano molto duramente qui a National City;
credevano di poter rendere questa città un posto migliore.
Ma si
sono fatti… dei nemici, sai…»,
abbassò la voce e Lena si spinse
in avanti, raggiungendo una mano con la sua, stringendogliela.
«Erano
a casa quando successe», deglutì, non la guardava
negli occhi.
«C'erano i miei zii e mandarono me e Kal, mio cugino, fuori a
giocare…». La sua voce mancò e Lena
strinse più forte la sua
mano.
«Va
bene, basta. Mi rendo conto solo adesso che è stato davvero
ipocrita
da parte mia chiederti una cosa del genere».
«No,
va bene», si sforzò di sorridere e Lena
sospirò.
«Non
devi farlo, se non vuoi».
«Ma
voglio farlo», la guardò dritta negli occhi e Lena
si rese conto
che in quell'azzurro lucido c'era decisione, un misto di malinconia e
rabbia. «Non l'ho mai detto. Ho visto tutto, Lena. Io e Kal.
Abbiamo
sentito un rumore e stavamo tornando a casa quando ci fu
l'esplosione. Ci sbalzò indietro e… Kal
batté la testa contro una
pietra», corrugò lo sguardo, «Mi dissero
che ebbe problemi di
memoria e ci separarono. Non l'ho più rivisto».
Era
stata una serata decisamente lunga, in special modo per Kara. Lena
andò a pagare e fece una telefonata a Ferdinand di venirle a
prendere. Quando tornò in sala da Kara, la
ritrovò nel seggiolino
davanti al piano, accanto al pianista. Erano rimasti pochi clienti e
lui le stava insegnando a suonare qualche nota ma il pover'uomo
continuava a scuotere la testa e a dirle che sbagliava.
«Non
sei tagliata per il piano», le disse a un certo punto
l'anziano
signore, «Ma resti molto simpatica».
Lei
gli sorrise.
«Oh,
è già tagliata per un sacco di altre
cose», li interruppe Lena a
bassa voce, fermandosi davanti a loro, «Se sapesse anche
suonare il
piano, non sarebbe umana».
Si
avviarono all'uscita, salutando con educazione il personale, e Lena
sentì la sua mano sinistra sfiorare la destra di Kara. La
tentazione
di stringergliela, ora come ora, era davvero forte. Si pentì
di
averle fatto parlare della sua famiglia: Kara sorrideva ma la sentiva
distante, diversa da com'era prima di quella discussione. Non voleva
ferirla e lo aveva fatto. Che stupida.
Ferdinand
le aspettava fuori e quando le vide aprì la portiera
posteriore per
farle accomodare. Stava per passare dall'altro lato ad aprire, ma
Kara si era tuffata e si era spostata fino ad arrivare allo
sportello, così, arreso, si sedette sul posto di guida.
Per
un po', nell'automobile non si sentiva altro che il ticchettio della
macchina e il traffico fuori. Lena fissò Kara con la coda
dell'occhio e decise di dirle qualcosa.
«Vai
a letto presto, riposati…», tagliò. Si
pentì di averlo detto:
era perfetto solo se avesse voluto passare per la sua madre adottiva.
«Sei
preoccupata per me?».
Arrossì,
aprendo la bocca ancor prima di dire qualcosa.
«Può darsi»,
sussurrò.
Si
sorrisero, guardando entrambe fuori dai finestrini dalla loro parte.
Kara si distrasse solo quando sentì il suo cellulare,
all'interno
della borsetta, vibrare. Lesse il messaggio e rise di gusto,
invitando Lena a fare altrettanto.
Da
BadSister a Me
Kara,
è stata una tragedia! Ho cercato di parlargli e sembrava
andare
tutto bene, non insisteva e ascoltava, ma poi ha cercato di baciarmi.
Gli ho assestato una bella ginocchiata contro lo stomaco. Addio,
Maxwell Lord.
Rieccoci
dopo le vacanze! Come state? Avete mangiato molto? Io decisamente,
per quanto riguarda i dolci **
Ci
eravamo lasciati con Lena che immaginava di baciare Kara e ci siamo
ritrovati con lei che, per ringraziarla, le invia dei fiori e la
invita a cena fuori, dove Kara ha sospettato qualcosa, dopo un lungo
flusso di complicati pensieri. Però Lena l'ha sorpresa nel
parlare e
farle parlare della sua famiglia e qui le cose si fanno
interessanti…
E poi ha finalmente rotto con Mike che, sono certa, continua a
pensare che avrebbe preferito fosse incinta. Abbiamo conosciuto il
signor Jonzz e abbiamo scoperto che è lui il famoso
fidanzato e
professore di Megan. Non credo ci fossero dubbi, comunque XD
Qualche
nota d'obbligo:
-
J'onn J'onzz è diventato John Jonzz (che nome scioglilingua)
-
i fiori che Lena invia a Kara sono decisamente un rimando alla scena
della seconda stagione di Supergirl dove Lena
riempe
letteralmente l'ufficio di Kara di fiori (non ho resistito)
-
dalla piega che stanno prendendo alcuni avvenimenti negli ultimi
capitoli che ho scritto, ho deciso di aggiungere la voce crossover
alla fan fiction. Spero di non fare un torto a nessuno di voi lettori
se, come avrete già intuito, appariranno anche personaggi
che non
sono specificatamente della serie tv ma di altre serie o più
in
generale personaggi della DC (quando compariranno, spiegherò
a quale
personaggio da quale serie o altro mi sono ispirata per scriverlo; ma
in generale li tratterò come personaggi originali inventati
da me o
come io mi immagino sarebbero se fossero nella serie)
-
Gotham City, sì. In realtà, se fosse stato solo
per questo
l'avvertimento crossover non serviva, ma
considerando che la
Kyle, la capitano della squadra, è proprio quella che
immaginate…
beh, allora sì, lei è stato uno dei motivi che mi
ha spinto a farlo
-
Kal, il cugino di Kara, è proprio Clark Kent. Lui dovrebbe
essere
più piccolo di Kara ma non potevo poi renderlo
più grande quando
apparirà, non avrebbe avuto senso, quindi da cugino minore
è
ufficialmente il cugino maggiore nella mia fan fiction
Credo
di aver finito. Cosa ne pensate? Spero che l'ingresso di personaggi
non presenti nella serie originale non vi disturbi :) Se vi va,
fatemi sapere nei commenti il vostro punto di vista!
Il
capitolo 9 sarà pubblicato lunedì prossimo, si
intitola Il
giorno in cui il mondo smise di essere il mondo e, da come
si
intuirà, si tratta di un capitolo stand alone
:) È
necessario che sia in questo punto, da leggere dopo quest'altro
specifico capitolo ~
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