E
Pandemonio Sia
Narcissa spalancò la porta con una spinta, ed il cigolio dei cardini
arrugginiti fu subito fagocitato dai mille ticchettii, ronzii e fruscii
che animavano la Stanza delle cose Nascoste.
Draco rabbrividì rivedendo quella cattedrale sorta da secoli di fedele
illegalità, divenuta per lui una seconda dimora ed ora immersa nella
penombra.
Quante cose erano cambiate, pensò, avanzando un passo dopo l’altro fra
le pile pericolanti di oggetti accatastati alla rinfusa e riconoscendo
il quadro di un omicidio particolarmente cruento. Aguzzando le
orecchie, gli parve perfino di distinguere la stessa musica
angosciante, ripetuta all’ossessione da un vinile graffiato che aveva
tentato più volte di far tacere.
Prima se ne sarebbero andati, meglio era.
Si voltò verso la madre, che gli mise una mano sulla spalla più o meno
sana. Rassicurato da quel gesto che gli mancava da tempo, gli occorse
un istante per notare che qualcosa non andava.
“Dov’è Marie?”
Narcissa si voltò repentina, i lunghi capelli biondi roteanti e la
bacchetta sfoderata.
“Era al mio fianco un attimo fa.”
“Non può essere lontana.”
Draco, maledicendo tra sé la rossa, infilò alla svelta uno stretto
corridoio che si apriva proprio alla destra dell’armadio, lungo un
tappetto stranamente molle sotto i piedi.
“Draco, aspetta! Dobbiamo restare uniti!”
Lui rallentò appena, voltandosi meccanicamente a destra e sinistra per
scrutare ogni viuzza che si apriva fra i muri di ciarpame. Ormai la
stanza la conosceva quasi a memoria, sebbene non l’avesse mai esplorata
nella sua interezza. Qualcosa gli diceva che Marie non era lontana da
loro, e il lungo corridoio che aveva imboccato si apriva in uno spiazzo
una decina di metri e alcune montagne di oggetti più indietro rispetto
all’armadio.
Un botto gli fece fare un gran balzo, e le sue orme affondarono una
buona ventina di centimetri nel tappeto. Si era dimenticato di quel
maledetto orologio a cucù demente, che segnava sempre la stessa ora.
Poco lontano, il rumore di calici che andavano in frantumi gli confermò
che aveva imboccato la strada giusta.
Girò l’angolo con due grandi falcate per ritrovarsi faccia a faccia con
Marie che, spaventata dal cucù a cui voltava la schiena, aveva mandato
all’aria un’intera schiera di calici scheggiati, abbandonati su di una
credenza dalle zampe traballanti e mangiata dall’acido.
“Ma si può sapere che ti salta in mente?” Ansò Draco, furibondo ma
sollevato.
Narcissa staccò con fatica lo stivale dal tappeto e svoltò l’angolo a
sua volta, con lo stesso sguardo irritato del figlio.
“Mi sono ricordata di un libro…un libro in cui potremmo trovare una
pozione per rimarginare la tua ferita.”
Il libro del Principe Mezzosangue faceva capolino fra le sue mani, e
Draco si immobilizzò.
“Stai scherzando?” Marie nascose il tomo consunto dietro la schiena.
“Con quel maledetto libro tuo fratello mi ha quasi ammazzato!”
La copertina era ancora macchiata di sangue.
Narcissa era venuta a sapere tramite Piton come Harry fosse a
conoscenza di magia oscura così potente, sebbene ignorasse chi fosse
l’artefice dell’incantesimo, e naturalmente non aveva lasciato Draco
all’oscuro.
“Forse il fatto che tu lo volessi cruciare ha influito!” gli occhi di
Marie fiammeggiarono.
“Per questo me ne sono andata su due piedi, sapevo che ti saresti
opposto! Ma senza libro non sarei mai in grado di accorciare il tempo
di preparazione!”
Draco guardò il libro con diffidenza, e non diede cenno di voler
demordere.
“Senti, fa schifo anche a me questo libro, ma è per te che l’ho
recuperato, svegliati!”
Draco sapeva che aveva ragione, ma la sensazione terribile di una lama
ardente e affilata che gli tagliava la carne come un filo arroventato
era ancora vividissima nella sua memoria, e sapeva che le macchie di
sangue sul libro erano le sue.
Eppure Draco non poteva dimenticare nemmeno che proprio fuori da quella
stanza, nel corridoio del settimo piano, al sesto anno, quegli stessi
occhi felini che lo guardavano ora furenti ed esasperati, gli avevano
donato un piccolo, clandestino granello di speranza e comprensione,
proprio nel momento in cui si era sentito abbandonato come mai prima
nel castello.
Draco camminava spedito per i
corridoi di marmo, facendo gli scalini tre a tre e silenziando
impietoso i quadri che protestavano per la tarda ora. Malgrado fosse
notte, l’ansia e la paura in cui annegava da giorni lo avevano
costretto a balzare fuori dal letto e strisciare di soppiatto fino al
settimo piano, nell’ennesimo tentativo di riparare l’armadio svanitore.
Del resto, da quando Goyle era stato spaventato a morte da un’ipotetica
voce incorporea, era diventato sempre più difficile e penoso portarsi
dietro i due energumeni, temporaneamente esili ragazzine, come guardia.
Di notte, invece, aveva tutto il tempo per dedicarsi indisturbato al
suo compito, che si stava rivelando sempre più chiaramente una condanna
a morte. Il solito masso appuntito gli gravò sul petto togliendogli
l’aria, e dovette fermarsi all’angolo del settimo piano per riprendere
fiato e tentare di respirare normalmente malgrado l’angoscia
asfissiante che lo pedinava ovunque.
Stava per riprendere la sua decisa
avanzata verso l’apparentemente ordinaria striscia di muro che
nascondeva la Stanza delle Necessità, quando oltre la grottesca statua
di Barnabà e i Troll gli parve di distinguere una figura camminare su e
giù, avvolta da una lunga vestaglia nera e con il cappuccio alzato. Si
nascose dietro la statua, avanzando di qualche passo.
Quella che
giudicò essere una strega, dalle movenze e dalle curve morbide, stava
senz’ombra di dubbio entrando nella Stanza, pertanto dubitava che si
sarebbe accorta di lui anche se non si fosse nascosto. Bruciava dalla
curiosità di sapere chi altri avesse un bisogno così impellente della
Stanza, da recarvisi nel pieno della notte. Tuttavia, era impossibile
distinguere chi fosse, a meno che le cadesse il cappuccio, ma era già
troppo tardi. La porta apparve e lei vi sgusciò dentro, chiudendosela
alle spalle, e malgrado Draco avesse voluto correre ad aprirla, si
trattenne. Era chiaro che non voleva essere seguita; un duello o
baccano avrebbero fatto finire nei guai entrambi.
Tuttavia, Draco non poteva
permettersi di perdere tempo. Aveva rischiato parecchio districandosi
fin lassù fra Gazza e gli Auror di ronda, e non aveva intenzione di
tornarsene al dormitorio senza nemmeno tentare. Non si era mai
domandato prima se la Stanza potesse soddisfare contemporaneamente due
richieste. Per quanto ne sapeva, avrebbe potuto essere possibile. Uscì
dal suo nascondiglio e si mise a camminare su e giù davanti alla
parete, concentrandosi con tutte le forze sulla sua richiesta, che
ripeté tre volte:
“Devo entrare nella Stanza delle Cose
Nascoste, Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste, Devo entrare
nella Stanza delle Cose Nascoste.”
La porta apparve, e Draco l’aprì non
senza stupore.
Possibile che la Stanza fosse in
grado di duplicarsi? Tanto meglio, si disse, almeno così poteva
continuare indisturbato il suo lavoro.
Però la curiosità ardeva ancora
dentro di lui, avrebbe tanto voluto sapere chi era quella figura;
possibile che qualcun altro fosse disperato quanto lui?
“Piantala di distrarti Draco, non c’è
nessuno con cui confidarti, ti sei già lasciato andare troppo con il
fantasma!” Lo redarguì la voce caustica.
Il giovane si diresse deciso verso
l’armadio per la strada che conosceva bene. Girò l’angolo davanti al
solito enorme ed orrendo Troll impagliato, per poi avanzare per il
lungo ed irregolare corridoio, fino a fermarsi ad un’apertura che dava
sulla sinistra, ed il suo cuore saltò un colpo. La porta era aperta.
Qualcuno era stato lì, non poteva essere altrimenti, si accertava
sempre di lasciarla chiusa. Il cinguettio libero e sollevato di un
uccellino sembrava deriderlo, e Draco lo scacciò infastidito, prima di
realizzare con stupore che era lo stesso uccellino che aveva rinchiuso
nell’armadio in uno dei suoi tanti tentativi vani, tornato dal suo
padrone, da dovunque fosse finito.
“Trionferai dopo, ora esci di qui
prima che ti scopra.”
La parte più ragionevole di lui
rifiutava categoricamente che la strega di poco prima avesse potuto
avvicinarsi proprio all’armadio, fra i milioni di oggetti nascosti in
quella città morente, eppure l’uccellino era appena stato liberato. Non
poteva essere altrimenti.
Marie, qualche decina di metri più in
là, si guardava intorno triste ma meravigliata, girando su sé stessa e
con il naso all’insù come se stesse avanzando fra le navate di una
cattedrale. Aveva chiesto alla Stanza di trasformarsi in un luogo in
cui potesse nascondere il corpicino del cardellino, che aveva ritrovato
senza vita una volta tornata nel dormitorio, quella terribile sera.
Prima di risalire sull’espresso, aveva consultato uno dei libri della
sezione proibita, ma solamente per leggere di un incantesimo
conservativo, di modo che il corpicino non deteriorasse. Ora, tuttavia,
il cardellino era stato consumato da quella magia ed era diventato
fragile come porcellana, e Marie sapeva che ne era rimasto solo un
guscio vuoto.
Quella consapevolezza le avvelenava il cuore, e così
aveva deciso di liberarsene.
Dopo averlo depositato in una culla
desolatamente incrinata ed abbandonata, era stata attirata da un
cinguettio poco lontano, e con il cuore che batteva all’impazzata,
credendo di sognare, aveva aperto l’armadio. Con sua enorme delusione,
riconobbe subito l’uccellino come estraneo, girò sui tacchi e si
diresse verso l’uscita.
Inizialmente, aveva intenzione di tornare sui
propri passi, ma il cinguettio continuava e suo malgrado si concesse di
sognare che non fosse mai passato un giorno da quando il batuffolo
piumato era apparso. Così, sbagliò strada e dovette districarsi con
l’incantesimo dei quattro punti per ritrovare l’uscita.
Draco prese la strada più breve e
giunse in vista della porta quando questa era appena stata richiusa
silenziosamente a sua insaputa. Uscì a sua volta, voltandosi per
richiudere con mano felpata l’ingresso, ed il respiro irregolare e
composito della stanza si era appena spento, quando fece per avviarsi
ed il sangue gli gelò nelle vene.
La figura che gironzolava nella sua
mente tempo prima era a pochi metri da lui, a capo scoperto. La
disordinata e sbarazzina chioma color fenice era inconfondibile, così
come i grandi e felini occhi luccicanti che lo fissavano addolorati.
Draco e Marie erano immobili, stregati da quell’attimo di vicinanza e
complicità inattesa e imprevedibile. La luce della luna entrava pallida
e gentile da una delle piccole finestre del piano più alto del
castello, come se temesse di spezzare quel momento di tregua.
Prima che Marie rialzasse il
cappuccio e si voltasse senza dire una parola, Draco intravide una
scintilla di speranza luccicare distinta come un cristallo nel
ghiaccio, e senza preavviso si tagliò con uno dei suoi spigoli. Era
pietà, era comprensione quella che inondava lo sguardo di Marie? Rimase
solo in compagnia di quella domanda, osservando, scosso, la figura
scura che si allontanava leggera verso la Torre di Grifondoro.
Deciso a fidarsi della gemella che lo aveva salvato, e determinato a
mettere da parte il tentato omicidio dell’altro gemello, Draco prese
Marie sotto braccio e fece per avviarsi verso l’uscita. Lei era ancora
scossa per l’aver visto gli eventi di quella notte con la prospettiva
di Draco, ma come era già accaduto con i ricordi che avevano condiviso
fino ad allora con il Pathos Cogitatio, uno dei due non si accorgeva
subito dell’accaduto.
“Aspettate, di qui non si passa.” Cavolo, quella prima non c’era, pensò
Draco allarmato.
“È una sabbia mobile tascabile, meglio fare il giro. Questa
dev’essere difettosa, altrimenti ci avrebbe già inghiottito.” Altre
persone usavano di continuo la Stanza, quella stanza che era stato
abituato a considerare il suo reame, o meglio, il suo girone infernale.
Narcissa di avvicinò alla credenza rovinata per osservare un gioiello
che aveva attirato la sua attenzione, e Marie fu scossa da un brivido.
Possibile che una simile bellezza fosse esposta in piena luce, si
domandò Narcissa, incuriosita e catturata dal fascino scuro dello
zaffiro incastonato nel diadema.
Con l’occhio allenato di una donna ricca e corteggiata, sapeva
riconoscere il taglio delle pietre preziose e la fattura dei gioielli,
e la tiara che aveva di fronte era senza dubbio di valore inestimabile.
“Cosa c’è?” Draco si voltò verso la madre, con Marie immobile come il
busto scheggiato su cui era poggiato il diadema. L’oggetto le appariva
inspiegabilmente sinistro, eppure famigliare. Si ricordò di quando
aveva guidato Harry nella stanza, subito dopo che aveva aggredito
Draco, e di come lui avesse sbattuto il busto, una parrucca e la tiara
in cima alla credenza per riconoscerla.
Quell’anno, tuttavia, Corvonero la riguardava solo come squadra di
Quidditch da sconfiggere.
“Come mai sei da sola Marie? Dov’è
Harry?”
“Preferisce non scendere, sai che non
gioca no?”
Le rispose lei un po’ scocciata dalla domanda, e dal
copricapo chiaramente pro-corvonero sulla testa della bionda.
Nemmeno la voce frizzante ed angelica
di Luna poteva sollevarla con Harry lontano, rinchiuso nel pulcioso
ufficio di Piton, lontano dal campo di Quidditch. Perfino durante le
partite erano ormai abituati ad essere fianco a fianco, lui compiendo
ampi giri sul campo, alla ricerca del boccino, e lei zigzagando con le
altre due cacciatrici. Quel giorno invece avrebbe dovuto cavarsela da
sola; l’unica consolazione era che Ginny, seduta al suo fianco, fosse
la cercatrice.
“Su con il morale Marie, ti abbiamo
bisogno combattiva!”
Ginny le sorrise raggiante e
determinata, e Seamus le passò senza preavviso un surrogato di pluffa,
che Marie afferrò prontamente, ma non prima che mandasse a terra lo
stravagante cappello di Luna.
“Splendidi riflessi Marie, andrete
alla grande!”
Seamus corse via facendo loro
l’occhiolino e senza scusarsi per il cappello.
Luna si chinò a raccoglierlo, senza
batter ciglio.
Evidentemente Seamus aveva digerito
che avesse sostituito lei Katie Bell, rimuginò Marie, ce ne aveva messo
di tempo!
“Niente leone oggi, allora?”
Quella di Ginny, nonostante il tono lievemente interrogativo, era
un’affermazione, non un’accusa.
“Per una volta che sono in finale,
tifo per la mia casa.”
“Naturale.”
“Che cosa rappresenta la corona?”
Marie era determinata a rimanere
distratta, per poi potersi concentrare pienamente sulla partita, ed il
copricapo era davvero buffo. Due prugne dirigibili galleggiavano ai
lati, legate alla radice.
“Non è una corona, ma un diadema. Il
diadema di Corvonero.”
“Corvonero ha un diadema? Non ne
sapevo nulla.” Cominciava ad interessarle sul serio.
“Certo, è il diadema perduto di
Helena Corvonero, detto dispensatore di saggezza per chiunque se ne
coroni.” Marie fece vagare lo sguardo su quella che sembrava un’elica,
al centro del cappello.
“Ma se è perduto, come fai a sapere
che aspetto ha?”
Per quanto volesse bene a Luna,
dubitava seriamente che una tiara appartenuta all’illustre Rowena
Corvonero potesse apparire così stravagante.
“Oh queste sono supposizioni
naturalmente. L’elica di Billywig si dice abbia il potere di innalzare
sopra l’ordinario, mentre le prugne dirigibili…”
“Marie, Ginny! È ora, andiamo!”
Demelza Robins fece loro segno di affrettarsi dall’altra parte del
tavolo.
“Arriviamo Demy”
“Scusa Luna. Peccato non ti facciano
più commentare…”
Marie affiancò Narcissa, che aveva preso la tiara fra le mani e la
stava esaminando.
“C’è un’incisione, una scritta, tutt’attorno…”
Marie deglutì, non osava crederci.
“Cosa dice?” Mantenne la voce ferma, nonostante dentro di sé tremasse
dall’anticipazione.
Narcissa strizzò gli occhi ed avvicinò la tiara scolorita al viso.
“Un ingegno smisurato per il mago è dono grato…”
Ci fu un tonfo, e Marie finì tra le braccia di uno stupefatto Draco
Malfoy, che passò da un cremisi intenso per l’imbarazzo di dove metter
le mani, direttamente ad un bianco spettrale. Il libro del Principe
giaceva dimenticato a terra.
Narcissa continuava a stringere esterrefatta il diadema, osservando
perplessa i due, sempre più meravigliata dal tesoro scoperto.
“È quello, l’oggetto di Corvonero per cui siamo venuti ad Hogwarts.”
Boccheggiò Marie, incredula.
“Deve essere distrutto.” Draco aveva notato lo sguardo incantato con
cui la madre osservava il diadema, e vi lesse altrettanto facilmente la
delusione. Si ricordava vividamente le parole sussurrategli da Harry e
Marie a Villa Conchiglia, e sapeva che non sarebbero mai scesi a
compromessi. Per un’istante temette che sua madre avrebbe voluto tenere
la tiara, e di doversi di nuovo fronteggiare su linee opposte.
Marie tese la mano verso Narcissa, senza sfoderare la bacchetta.
Con grande sollievo di Draco e Marie, lei le porse semplicemente la
tiara, seppur con un sospiro. Ma Narcissa non dimenticava le promesse
fatte, e con Draco vicino, nessun gioiello aveva sufficiente valore.
Marie si chinò a raccogliere il libro, e tentò di infilare il diadema
nella saccoccia di Mokessino, senza successo. Per quanto cercasse di
allargare l’apertura, la pelle coriacea non ne voleva sapere di
muoversi anche solo di mezzo centimetro. Dovette rassegnarsi e
infilarsela nella tasca del mantello ormai sfilacciato.
Si fecero strada guardinghi verso l’uscita, con Draco come guida e
Marie sovrappensiero.
Perché mai Voldemort avrebbe lasciato un Horcrux così in piena vista?
La risposta tuttavia le giunse prima che potesse finire di porsi la
domanda. Maghi molto meno presuntuosi di Voldemort avevano lasciato in
quella stanza indizi e oggetti che avrebbero potuto incriminarli, certi
che nessuno avrebbe mai potuto trovarli.
Superarono un mucchio impolverato di fiaschi scuri e panciuti, e Marie
controllava ossessivamente di avere il diadema ancora in tasca. Né lei
né Draco, seppur in minor misura, riuscivano a capacitarsi di aver
avuto un tale colpo di fortuna.
Giunsero alla porta.
“Insomma, ci muoviamo?”
“Draco, uscire così allo sbaraglio è pericolosissimo. Tu resti qui.”
“Neanche per sogno” Replicò risoluto alla madre.
“Inoltre, dobbiamo uscire tutti e tre, se rimaniamo nella stanza, gli
altri non potranno usarla.”
“Ma potrebbero già essere arrivati.” Marie cominciava a realizzare
quale piano traballante avessero buttato là con disinvoltura a Villa
Conchiglia.
Ora che erano nella buca del serpente, tutto si rivelava molto più
insidioso.
“Aspettate, ho la mappa!” Scuotendo la chioma color fenice, indignata
dalla sua lentezza, tentò per la seconda volta di aprire la saccoccia
di Mokessino, e Draco si offrì di tenerle il libro. Glielo passò, non
senza un’occhiata inquisitoria, che Draco sostenne con un’ombra
dell’antico sarcasmo.
“Andiamo, mi sembri la Pince con quello sguardo!”
Lei lo ignorò e sussurrò le parole per far apparire la mappa.
Narcissa e Draco rimasero affascinati dal reticolo che si snodava come
se fosse sempre stato lì, il cuore pulsante di Hogwarts si svelava aula
dopo aula sotto i loro occhi chiari.
“Allora, ogni persona ha un cartiglio ad indicarne la posizione.
Cerchiamo Harry, Ron ed Hermione… E anche Piton, meglio controllare che
non sia nel suo ufficio.”
Draco inquadrò subito il cartiglio “Severus Piton”, che naturalmente
aleggiava proprio sopra l’unico luogo in cui non avrebbero voluto
vederlo.
“Maledetto pipistrello, ti pareva.”
“Trovati, sono loro.” Il tono di Narcissa era decisamente incredulo.
“Ma sei sicura che la mappa funzioni?”
“La mappa non sbaglia mai!”
“E cosa ci fanno nelle cucine, allora?”
Già, cosa ci facevano nelle cucine?
“A Weasley sarà venuto un languorino. Ahi!”
La gomitata di Marie gli ricordò la ferita da rimarginare.
Marie si mordicchiò un labbro, e spostò lo sguardo dalla mappa a Draco,
e viceversa.
Lui faceva lo stesso. Narcissa, nervosa, osservava perplessa quella
scherma silenziosa.
“Allora, tu raggiungi Harry nelle cucine, qualsiasi cosa ci facciano
lì, e io rubo quello che serve dall’ufficio di Piton.”
“Non se ne parla. Non sai cosa ci serve, e come pensi di sottrarglieli
sotto il naso?”
“Dimmi gli ingredienti, e mia madre mi aiuterà ad attirarlo fuori
dall’ufficio.”
Le rispose lui semplicemente. Marie a questo punto fu presa in
contropiede. Moriva letteralmente dal desiderio di ricongiungersi con
il gemello, ma non le piaceva l’idea di lasciare il compito più gravoso
a Draco, che per giunta era anche ferito.
“Lo aiuterò io, Marie. Tu va.” Lo sguardo deciso di Narcissa non
ammetteva repliche.
“Se Piton ti vede, chiamerà Tu-Sai-Chi e tenterà di imprigionarti,
assieme all’oggetto da distruggere. È molto meglio così.”
Cosa diavolo mi succede, da quando Malfoy è più stratega di me? Pensò
Marie preoccupata.
Il suo cervello stava decisamente andando nel
panico, con Harry lontano da così tanto tempo. Una parte di lei era
lontana, ed avevano passato praticamente tutta la vita prendendo
decisioni assieme. Meglio che questa situazione finisca presto, sospirò
tra sé e sé.
Duplicò con un colpo di bacchetta la pagina scribacchiata di Pozioni
Avanzate che si era già studiata a memoria, e porse il libro a Draco.
“Servono i tre ingredienti scribacchiati nell’angolo sinistro, e una
boccetta di morte vivente, quella la devi cercare nel suo ufficio, ne
ha sempre delle scorte.”
Il libro scomparve nella tasca di Draco.
“Allora si va, ma così allo sbaraglio sarà un miracolo se non ci
beccano tutti subito.”
Senza mantello dell’invisibilità era tutto molto più difficile.
“Aspettate, lasciate fare a me.”
Narcissa agitò rapida la bacchetta sopra le loro teste, con un tocco
leggero ma deciso sui loro capi, e un rivolo freddo corse loro lungo la
schiena.
“Bene, così è già meglio. Tenete a mente la strada, perché disillusi ci
potremmo perdere presto di vista, ed allora dovremo dividerci senza
tante storie. Io e Draco verso l’ufficio nei sotterranei, e tu verso le
cucine.”
Detto questo, anche la figura di Narcissa si fuse con il muro dietro di
lei, e se Draco e Marie non avessero saputo dove si trovava, sarebbe
stato quasi impossibile distinguerla.
Ripiegata la mappa, Marie sfiorò le dita di Draco, con leggerezza, come
se fosse un caso.
“Buona fortuna.”
Avvertì lo sguardo di Draco scorrere come acqua fresca su di lei, ed un
istante dopo erano fuori, nel corridoio del settimo piano, con ben
altrettante rampe di scale da percorrere inosservati e l’arazzo di
Barnabas e i Troll in tutù a canzonarli silenziosamente dalla parete di
fronte.
La prima cosa che colpì Marie, Draco e Narcissa fu il buio che si
trovarono di fronte. Tutti loro erano pronti ad affrontare i corridoi
alla piena luce del giorno, come avrebbe dovuto essere, visto che erano
partiti da Edinburgh quel mattino. Invece, le torce fiammeggiavano
fioche, di una luce spenta, e la piccola finestra rotonda in fondo al
corridoio mostrava un piccolo, ma inconfondibile, spicchio di cielo
notturno.
Si voltò per accertarsi che anche Draco vedesse quello che la lasciava
a bocca aperta, ma prima che potesse proferire parola, udì la sua voce
sussurrare vellutata, proprio vicina al suo orecchio.
“L’armadio deve aver alterato la nostra percezione del tempo ed averci
messo molto più di quello che pensavamo. Gli incantesimi con cui lo
riparai devono essersi indeboliti.”
“Chissà come sono preoccupati gli altri! Ora sappiamo perché sono nelle
cucine, è passato un giorno intero!”
Marie imprecava a tutto volume nella sua mente, e sebbene il Pathos
Cogitatio non intervenisse di nuovo come pochi minuti prima, Draco
avvertì che Merlino e la sua biancheria venivano tirati in ballo
parecchio. Per curiosità, guardò il suo orologio, a cui non prestava
un’occhiata dallo sgabuzzino di Villa Conchiglia, e rimase
esterrefatto. Era ancora il 2 maggio, giorno in cui, ne era certo,
erano volati ad Edinburgh, per poi passare la notte lì.
Si avvicinò di nuovo a Marie, che stava per cominciare a scendere gli
scalini, per sussurrarle all’orecchio il miracolo. Lei fece un balzo
dallo spavento e rischiò di rotolare giù dalle scale.
Narcissa sibilò irritata.
Marie represse una nuova ondata di improperi a beneficio del silenzio.
“Non è passato un giorno, siamo tornati indietro nel tempo, Marie,
indietro.”
Come poteva essere accaduto? Non aveva estratto il Giratempo, Silente
aveva detto di non usarlo…eppure…Controllò di avere ancora il ciondolo
al collo. Accese la bacchetta. I nodi celtici vorticavano
graziosamente, era aperto.
“Il Giratempo, la sabbia deve aver scombussolato l’armadio!”
“Spegni la bacchetta!” Narcissa era rimasta basita da
quell’informazione, ma lumos
era decisamente una mossa avventata.
“Nox”
“Chi va la? Fatti avanti!”
Indietreggiarono nell’ombra, il cuore in gola. La voce, tuttavia, era
famigliare, e così la stazza, degna di un tricheco.
“Eh, ragazzi, fate attenzione, se vi beccano i Carrow non possiamo fare
nulla per aiutarvi.” Lumacorno, parlando come se nulla fosse al
corridoio buio, si diresse al piano inferiore.
Se mai sopravviveremo, farò una donazione al Lumaclub, pensarono ben
tre futuri benefattori. Se avessero saputo che Lumacorno aveva appena
ordinato ai tre elfi di guardia di tornare alle cucine, ordine a cui
non potevano disubbidire, la loro generosità sarebbe diminuita alquanto.
Con passi felpati cominciarono a scendere gli scalini, e con loro
grande sorpresa, rimasero indisturbati fino al quarto piano, dove una
contrariata e insonne Minerva McGranitt faceva la ronda, più che sugli
studenti, su eventuali Mangiamorte che si aggiravano, non di rado,
profanatori del castello. I tre rallentarono, ed a Marie si strinse il
cuore nel vedere la sua vecchia professoressa sola e corrucciata, ma
dovevano proseguire.
Ci sarebbe stato tempo per parlare a breve. Passarono il terzo ed il
secondo piano senza intoppi, ma tutti loro cominciarono ad avere i
nervi a fior di pelle. Avrebbero già dovuto imbattersi almeno in un
altro professore o in uno dei Carrow, c’era qualcosa di anomalo e
sinistro nei corridoi deserti e fiocamente illuminati.
Al primo piano, riuscivano già ad intravedere le porte, serrate, della
Sala Grande, quando Alecto Carrow spuntò dalle scale dei sotterranei.
Indietreggiava terrorizzata da qualcosa di indistinguibile.
“Se ti dico che non sono affari tuoi, Alecto, tu tieni il naso fuori
dai miei affari, capito?”
Un ringhio basso e gutturale accompagnò quelle parole di minaccia. La
Carrow non se lo fece ripetere una seconda volta, indietreggiò fino
alle scale e se la diede a gambe.
Narcissa si appiattì contro il muro,
e la veste nera di Alecto svolazzò loro accanto per un soffio.
Greyback, al contrario, avanzava con passo lento e cadenzato, ma
inesorabile. Marie indietreggiò, intuendo che Greyback la stava
fiutando.
“Greyback, che fai, dobbiamo andarcene, e subito.”
“Sei tu ad averci messo un’eternità.” Il lupo si voltò a malincuore.
“È stato difficile convincere il pusillanime.”
I due svanirono nell’androne, ma passò del tempo prima che osassero
oltrepassare la Sala Grande. Non osarono parlare, ma tutti e tre
pensavano la stessa cosa. Di cosa aveva dovuto convincere Piton, e
perché Bellatrix si trovava ad Hogwarts?
***
“Allora Harry, dimmi un po’ di voi, ora.”
Neville avanzava baldanzoso, seppur ansante, su per il passaggio
segreto fra la Stanza delle Necessità e la Testa di Porco, con Harry,
Ron ed Hermione al suo seguito.
Harry stava per rispondere, ma Neville continuò, incapace di trattenere
l’euforia.
“È proprio vero, Malfoy è dalla vostra parte ora? Ho un sacco di gente
nella Stanza che non ha creduto alle proprie orecchie, durante quella
puntata di Radio Potter. Molti dicono che sia stato uno scherzo.”
“Ma Neville, come possono pensare questo?” Hermione era indignata.
“I Carrow gli hanno fuso il cervello, ai nostri? Se fossero stati sul
campo per cinque minuti si accorgerebbero che c’è poco da scherzare.”
Ron parlava con l’esperienza del fuggiasco e di chi, per un brutto
momento, ha abbandonato il suo gruppo.
“Bé, sono d’accordo con voi, io ci ho creduto, per quanto fossi
sorpreso.”
Ron dovette ingobbirsi ancora di più, si stavano avvicinando alla porta.
“Ma molti non hanno nessuna intenzione di fidarsi di un Mangiamorte,
anzi, non vedono l’ora di farla pagare a chiunque porti il Marchio,
dovete saperlo questo.”
Si fermarono alla fine del tunnel e ripresero fiato.
“Sarà meglio stare sulla difensiva quando arriveranno Marie e Malfoy,
ma prima, avete un bagno di folla da fare!” Spalancò la porta,
chiamando a gran voce i compagni.
Harry, Ron ed Hermione fecero appena in tempo a scorgere amache ed
arazzi appesi lungo i muri di quella che assomigliava ad una
confortevole cambusa, quando furono strizzati, stretti e abbracciati da
amici, compagni e ammiratori in un turbinio di grida eccitate, pacche
sulle spalle e strette di mano.
“È Harry!
“Ron! Hermione!”
“Te l’avevo detto, Malfoy non c’è!”
“Marie? Ma sono solo in tre!”
Dopo alcuni secondi, le urla di giubilo sfumarono per lasciare posto
alle domande.
“Allora Harry, è vero che siete fuggiti dalla Gringott a cavallo di un
Drago?”
Harry era sgomento nel vedere il viso tumefatto di Seamus, ma si
riprese subito. Non era l’unico, gli erano occorsi alcuni secondi per
riconoscere Michael Corner e Terry Boot quando vennero a stringer loro
la mano.
“Certo che è vero!” Ruggì Ron, inchinandosi agli applausi.
“Ma allora, la fuga da Azkaban è una balla?” Il cuore di Harry fece un
balzo.
“Girava la voce che i Potter avessero liberato un prigioniero e fossero
fuggiti da Azkaban.” Ernie sembrava deluso, ma quando si ritrovò Harry
al collo, era decisamente meravigliato.
Harry gli diede una sonora pacca sulla spalla, si riaggiustò gli
occhiali sul naso e prese un gran respiro. La pipa non aveva mentito,
allora.
“Quelli erano Draco e Marie! Ce l’hanno fatta!”
“Allora dovrebbero essere qui a momenti!” Hermione era divisa fra
felicità e ansia.
L’euforia tuttavia svanì veloce com’era apparsa sul viso di Ernie, che
s’incupì, e diversi membri dell’ES fecero altrettanto. Per la prima
volta da quando erano apparsi, calò il silenzio nella sala.
“Ci state dicendo che un Mangiamorte sta per entrare nel nostro
rifugio?”
Calì e Lavanda si guardarono spaventate.
“Non sarà mai!” Anthony Goldstein serrò i pugni, e molti altri
assentirono.
“Da quando chiamate Malfoy per nome?” Terry Boot incrociò le braccia
robuste e fece scrocchiare le nocche. La sua famiglia aveva un conto
aperto con i Malfoy.
Harry guardò Ron ed Hermione, non si era nemmeno accorto di ciò.
“Andiamo Boot, non l’avete ascoltata Radio Potter?”
“Certo che sì, non ci perdiamo mai una puntata!”
“E allora vedete di non perdere la memoria! Il messaggio di Malfoy,
alias Pallone Gonfiato, era chiaro!” Prima che Goldstein potesse
ribattere, la porta da cui erano appena entrati si aprì e fece entrare
altri tre Weasley, Lee Jordan e Luna.
“Qualcuno ha detto alias Pallone Gonfiato?”
“Da quando hanno fatto esplodere mezza Azkaban con quelle prugne,
George, il Serpeverde ha davvero fatto colpo sullo staff di Radio
Potter, non è vero Lee?”
“Non quanto quelle teste di legno che hanno pensato stessimo
trasmettendo uno scherzo.”
Boot, Goldstein e MacMillan trovarono il pavimento di pietra
improvvisamente interessante.
“Dico io, ma vi pare che faremmo uno scherzo così serio? Che insulto.”
“State parlando di Draco?” Luna, dopo aver abbracciato Hermione, si
stava guardando intorno con meraviglia.
“Spero tornino presto, lui e Marie, altrimenti senza il decotto di
ostriche zannute il Marchio lo ucciderà ancora più in fretta.”
“Già, Harry, dov’è Marie?” Chiese George, ma Harry era temporaneamente
assente, perso fra le braccia di Ginny ed infischiandosene alla grande
della piccola folla che lo circondava.
Era difficile dire chi avesse l’espressione più ottusa, fra Boot,
MacMillan o Ron: tutti e tre sembravano essere appena stati colpiti da
un battitore estremamente feroce, per due motivi diversi.
Solamente il pensiero della sorella lo fece staccare da Ginny. Non
poteva dimenticarsi di quanto fosse bella e del suo sguardo indomito,
ma i suoi ricordi non le rendevano giustizia.
“È in viaggio con Malfoy. Dovrebbero farcela ad arrivare qui, nella
Stanza, ma Malfoy è gravemente ferito, è probabile che ci mettano di
più.”
Le sorelle Patil e Lavanda avevano cominciato a parlottare e
ridacchiare per ragioni meglio note soltanto a loro tre.
“Bè, allora vediamo di trovare un modo utile e adatto ai nervi di Ron
per passare il tempo.”
Fred strizzò l’occhio ad Harry e Ginny, che si sedettero su un pouf che
ricordava molto quelli dell’ES.
“Allora Harry, si combatte, vero?” Neville, e tutto l’ES, guardavano
pieni di aspettative il loro maestro. Harry scambiò uno sguardo con Ron
ed Hermione, e lesse nei loro occhi la stessa determinazione. Hogwarts
non poteva rimanere nelle mani dei Carrow, e non sarebbe passato molto
tempo prima che Voldemort volesse controllare anche l’Horcrux nascosto
nel castello.
E pandemonio sia, pensò Harry, desiderando di poter scambiare il
sorriso malandrino che gli saliva sulle labbra con Marie. Si voltò
verso Ginny, e lei, come Malandrina, non era da meno.
“Sì, si combatte.” Un boato assordante salì fino al soffitto.
“Era ora!”
“Evviva Potter!”
“Abbasso Piton e i Carrow!”
Harry fu sottratto all’abbraccio di Ginny, Ron ed Hermone si beccarono
altre pacche sulle spalle e Fred e George si affrettarono a montare il
necessario per una trasmissione eccezionale di Radio Potter.
“Bene, calmatevi ora, calma! Prima dobbiamo decidere come procedere,
giusto Harry?”
Neville, sotto i tagli e i lividi, la barba sfatta e le occhiaia, era
raggiante come non mai.
“Giusto, allora, ascoltate.” Tutti tacquero, Fred e George già pronti
con i microfoni in mano.
Prima che Marie e Malfoy siano qui con noi…”
Si interruppe, e cambiò tono alla velocità della luce.
La vicinanza di Ginny faceva uscire il capo sopito in lui, con lei
accanto, non esitava.
“Vediamo di liquidare la questione una volta per tutte. Non accetto
repliche su questo punto. Noi ci fidiamo, e per una buona ragione.
Malfoy ci ha salvato la vita, quindi, fate i vostri calcoli.” Fece
scorrere lo sguardo sui compagni, contando quanti erano ancora dubbiosi.
“Volete combattere?” Un mormorio di assenso si levò dall’ES.
“E allora, non si perda tempo su questioni inutili! Siamo in guerra, e
se non credete in noi, dovreste rivalutare la vostra decisione di
mettervi in campo.”
“Mai, noi siamo con voi, Harry!”
“Fino alla fine!”
“Bene, allora, proseguiamo.” Ron gli mandò un cenno di assenso e
incoraggiamento.
“Come dicevo, non possiamo cominciare la battaglia vera e propria prima
che Marie sia di nuovo al mio fianco. Tuttavia, possiamo sabotare i
Carrow e prepararci. Libereremo i prigionieri che Neville ci ha detto
essere nei sotterranei, e sonderemo il terreno per dare più forza alla
rivolta.”
“Che ne dite di scrivere all’ingresso della Sala Grande “Hogwarts
Combatterà?” Farà venire una bella strizza ai Carrow.” Lavanda
si fece
avanti entusiasta.
“Ma dai, ancora con quelle bravate!” La derise Goldstein.
“Per cominciare, direi che va benissimo. Ma dobbiamo trovare un modo
per non farci beccare.”
“Io avrei un’idea Harry”
Hermione fece un passo avanti, rivolgendosi sia ad Harry che ai
compagni.
“Come sapete, all’interno di Hogwarts è impossibile smaterializzarsi.
Tuttavia, siete tutti d’accordo che se ci potessimo smaterializzare su
e giù per il castello, i Carrow e Piton non riuscirebbero a prenderci?”
Fece una pausa ad effetto, e tutti la guardavano trepidanti.
“Allora, alleiamoci con gli elfi, gli unici in grado di
smaterializzarsi. Senza dubbio vorranno aiutarci a liberare Hogwarts
dagli invasori.”
“Splendida idea Hermione!”
“Geniale!”
I Tassorosso, la cui sala comune era vicina alle cucine, si batterono
una mano sul capo.
“Perché non ci abbiamo pensato prima!”
“Andiamo dagli elfi allora, non
vedo l’ora di rivedere Dobby!” Luna batté le mani entusiasta.
“Andiamo nelle cucine!” Neville era già pronto, ma Harry lo trattenne.
“Possiamo evitarci il rischio, finché Marie e Draco non sono qui, è
meglio che non sospettino di noi, o potrebbero impedir loro di
raggiungerci.”
Si voltò di nuovo verso gli altri.
“Non spaventatevi, adesso chiamo il nostro elfo domestico. Kreacher!”
Crack. Crack. Crack.
“Studia studia Harry, quelli sono tre!”
“Padron Harry, Kreacher è ai suoi ordini. Chi vuole pedinare questa
volta?”
“Harry Potter Signore! Dobby ha detto ad Aberforth che l’avrebbe
rivisto presto!”
“Gonril è onorata di conoscerla, Signor Potter.”
Un’elfa che Harry non aveva mai visto, dalle lunghe orecchie slanciate,
si inchinò fino a sfiorare terra con il naso appuntito, per poi
guardarlo con grandi occhi rosati pieni di interesse.
“Kreacher, hai portato degli amici vedo.”
“Padron Harry, Kreacher non ha potuto far nulla per fermarli.
Desideravamo incontrarla tutti e tre.”
“Anche noi, guarda caso. Perché?” Harry aveva un ottimo presentimento.
“Gli elfi di Hogwarts, sotto nostro incoraggiamento, hanno deciso di
aiutare Harry e Marie Potter a sconfiggere
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e liberare il castello dai suoi
cattivi e negligenti usurpatori!” Un secondo boato si levò dalla folla
di ragazzi.
“Di un po’ Kreacher, hai già stampato questo proclama?” Domandò Ron.
“È perfetto, prendete nota Lavanda, Padma e Calì, o chiunque andrà a
vandalizzare i muri.”
“Splendido, allora potete aiutarci fin d’ora. Ti ho proprio chiamato,
Kreacher, per farci smaterializzare nelle cucine, ma Dobby e Gonril
potrebbero aiutare altri due nostri gruppi.”
Gonril, con sua sorpresa, si fece avanti.
“Con tutto il rispetto Signor Potter, gli elfi Gonril, Dobby e Kreacher
chiedono una promessa in cambio del loro aiuto, ed i loro colleghi
richiederebbero una sua visita ufficiale alle cucine.” Ad Harry fece
strano sentir parlare di “visita ufficiale”.
“Cosa chiedete, Gonril?” Domandò Hermione, con gli occhi che
luccicavano.
Gonril in risposta si inchinò ad Hermione, con i grandi occhi pieni di
ammirazione.
“Signorina Granger, onorevole fondatrice del C.R.E.P.A, Gonril ha
sentito parlare molto di lei.” Hermione le sorrise, sorpresa. Gonril si
irrigidì ed assunse un portamento solenne. La sua voce acuta si propagò
per tutta la stanza.
“Gli elfi sopra citati domandano ai gemelli Potter ed alla fondatrice
del C.R.E.P.A di impegnarsi solennemente a ripagare gli elfi dell’aiuto
che forniranno nelle future battaglie, promuovendo maggiori diritti per
gli elfi e maggiore rispetto da parte dei maghi!”
Hermione saltò sul posto dalla gioia, e cominciò a scuotere Ron per un
braccio, felice come una Pasqua.
“Certo, certo! Hai visto Ron, avevo ragione, avevo ragione a lottare
per loro!”
Fred accese il microfono e sollevò in alto il pugno.
“C.R.E.P.A, Voldy!”
Harry non poté trattenere una risata, ma quando si rivolse ai tre elfi
era serio.
“Gonril, Dobby, Kreacher: avete la mia parola d’onore di mago che mi
impegnerò solennemente a difendere i diritti degli elfi e la loro
rappresentanza nella comunità dei maghi.”
Hermione ripeté la stessa formula, e fece apparire tre nastri argentei
con ricamate quelle parole. Harry impugnò il suo ed intascò quello di
Marie.
“Non appena mia sorella arriverà rinnoverà la promessa, non dubitate.”
“Dobby ne è felicissimo signore!”
“Ora possiamo aiutare i suoi amici, Signor Potter. Lei può visitare le
cucine con Dobby, così gli altri elfi si mobiliteranno.”
Hermione, prima raggiante, tornò seria.
“Harry, non dobbiamo dimenticarci che se rimaniamo nella stanza, Marie
Draco potrebbero non riuscire ad usarla ed apparire tramite l’armadio.
Ora è il momento buono per uscire tutti, fare quello che dobbiamo fare
e poi aspettare che arrivino. Possiamo rifugiarci nelle cucine, e ci
troveranno usando la mappa.”
Harry era dubbioso: raggiungerli nelle cucine sarebbe stato tutt’altro
che facile.
“Va bene, ma dovremo mettere degli elfi di ronda, di modo che quando
escano dalla stanza possano guidarli alle cucine senza pericolo.”
“Allora, ascoltate tutti! Dovete formare tre gruppi, ognuno collabrerà
con un elfo, e ci ritroveremo nelle cucine.
Uno si occuperà di scrivere sul muro della Sala Grande “Libereremo il
castello dai suoi usurpatori” O quello che vi aggrada, avete
capito il
succo, insomma.”
“Ce ne occuperemo noi!”
Gridarono all’unisono, e determinate come mai prima, Lavanda, le
sorelle Patil e Cho.
“Un altro gruppo libererà i prigionieri nei sotterranei, e li porterà
nelle cucine.”
“Questo possiamo farlo noi, abbiamo già esperienza”
Terry Boot, Ernie, Michael Corner e Anthony Goldstein annuirono
impazienti.
Un terzo deve avvisare i Capi delle Case McGranitt, Sprite e Vitious
della battaglia imminente. Dite loro che Voi-Sapete-Chi presto
attaccherà Hogwarts, e di tenersi pronti.
“Ci andrò io Harry, mi prendono molto sul serio ora.” Disse Neville,
orgoglioso.
“Perfetto. Già che ci sei Neville, usa i galeoni dell’ES per chiamare
chi
sia ancora assente e fallo andare alla testa di Porco. Mi riferisco
soprattutto a Dean.”
“Fred, George, Lee, trasmettete che tutti coloro che vogliono lottare
contro Voi-Sapete-Chi devono recarsi ad Hogsemade, alla Testa di Porco.
“Sicuro Harry? Aberforth ti ammazza…” Lee scherzava solo a metà.
“Sicuro. Lee e Seamus, prendete quelle scope e cercate due squadre di
Quidditch, capitanate da Wynn Embrey e Viktor Krum. Se il galeone di
Dean funziona, saranno presto di nuovo ad Hogsmeade e il villaggio sarà
sicuro, quindi non dovrebbero essere tutti costretti ad ammassarsi alla
Testa di Porco. Rimanete lì con loro e istruiteli sulla situazione
generale, state pronti alla chiamata.” Riprese fiato, poi, sbraitò per
farsi sentire sopra il chiasso.
“Esercito di Silente, sull’attenti!” Silenzio.
“Il segnale di via libera sarà sul vostro galeone: si scalderà e
porterà le parole: Ad Hogwarts, si
combatte! A quel punto, rovesceremo
Piton con l’aiuto degli elfi, dei direttori delle case e di tutti
coloro che sarete riusciti a riunire. Poi, arriverà la parte seria, ma
ora di lì spero di non essere il solo a dirigevi.”
Harry si asciugò il sudore dalla fronte, prese Ginny per il braccio e
si diresse verso i gemelli, prima che cominciassero a trasmettere.
“Fred, George, Ginny, dovete avvisare Bill e l’ordine, da casa di zia
Muriel e da Villa Conchiglia” Non voleva farsi sentire dagli altri
compagni, l’Ordine era pur sempre segreto.
“Facevo sul serio dicendo che ci ritroveremo Voi-Sapete-Chi sul collo,
e lì non ci basterà l’ES. Io, Ron ed Hermione dobbiamo cercare un
oggetto, con l’aiuto di Luna.”
“Benissimo generale Potter!” Fred mimò un soldato sull’attenti, ma poi
tornò serio.
“Non ti preoccupare Harry, Marie arriverà, e sono sicuro che non si è
perso per strada nemmeno quel Malfoy.” George gli mise una mano sulla
spalla.
“Prima però dobbiamo sloggiare!”
“Ben detto Freddie. Forza Lee, trasmissione lampo, anzi, fulmine!”
Ginny lo abbracciò ed Harry non pensò a nulla, in quel momento, se non
a quanto l’amava ed a come avrebbe voluto che quell’abbraccio durasse
in eterno.
“Ci si vede, Potter” Rubarono un ultimo bacio, e poi si voltò verso i
gemelli, i capelli infuocati che danzavano dietro di lei.
“Harry, a me non hai dato istruzioni, o sbaglio?” La voce di Luna lo
fece tornare sulla terra.
“No Luna, hai ragione. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Verresti con noi
nelle cucine, per poi aiutarci a trovare un oggetto di Corvonero? Tu
sei la persona adatta, conosci molte leggende e Corvonero è la tua
casa. È un oggetto molto importante per distruggere Tu-Sai-Chi.
“Ma certo Harry! Non vedo l’ora di incontrare altri elfi.”
“Affrettiamoci allora.” Alzò il volume, rivolgendosi a tutti.
“A breve vi manderemo degli elfi in aiuto, poi, ricordatevi, la Stanza
deve rimanere vuota. Una volta compiuta la vostra missione, ci
ritroviamo tutti nelle cucine.”
*
Piton stava osservando con livore il ritratto del vecchio Preside, i
piedi incrociati sulla scrivania. Aveva scoperto di trarre enorme
piacere da quel piccolo gesto di affronto verso l’uomo che gli stava
dando ordini anche ora che era morto, e lui l’aveva ucciso.
Appena Bellatrix aveva tolto il disturbo, era piombato nel medesimo
stato di noia in cui si trovava durante le sue notti insonni.
Il pandemonio scoppiato ad Hogsmeade era un sicuro segno che si erano
già intrufolati nel castello; tanto meglio, gli facilitava di molto le
cose che Bellatrix fosse arrivata in ritardo, ma il tutto risultava
ancora mortalmente noioso. Certo, era all’erta e non aspettava altro
che i due giovani cadessero nella trappola entrando nel suo ufficio,
alla ricerca vana di ingredienti.
Ma ciò non cambiava il fatto che da quando sapeva di dover morire, ogni
cosa gli appariva monotona e futile; solo i suoi ricordi gli davano un
po’ di sollievo.
Fra tutti i tuoi astuti piani,
Silente, non ti è mai passato per quella
tua brillante mente che volessi redimermi. Ora, ho trovato il modo, e
non me lo potrai impedire, Albus.
Giocherellò con la fiala in cui volteggiava placido un unico, lungo e
composito ricordo, assemblato durante quelle suddette notti insonni e
tediose.
Giocare al gatto e il topo con Malfoy e la Potter tuttavia rimaneva un
diversivo succulento, dopo tutto. Così, lasciò la fiala nel suo sottile
trespolo di cristallo, dove una volta stava Fanny la Fenice, e tolse
con teatrale gravità i piedi dalla scrivania, intenzionato a tornare
nel suo vero ufficio.
“Villano!” Squittì rabbioso Dippett dal suo quadro, ma Piton non gli
gettò nemmeno un’occhiata.
Nonostante potesse con pieno diritto trastullarsi nella consapevolezza
che fra tutte le pedine in gioco, lui era l’unica in grado di prevedere
alcune delle mosse più cruciali in assoluto, e sapesse ben più dei
Potter, e perfino di più di Voldemort, ignorava il motivo per cui
Bellatrix fosse arrivata in ritardo. La strega si era intrufolata nel
suo ufficio, rompendo con poche difficoltà gli incantesimi che Piton
aveva messo a sua protezione, per impossessarsi di una piccola fiala di
Polisucco.
Bellatrix non sopportava di essere agli ordini di Piton, e rubare dal
suo ufficio soddisfava la diabolica bambina dispettosa in lei, così
come il piano che aveva architettato. Sapeva che probabilmente non
sarebbe risultato fatale ai Potter, ma li avrebbe di certo ostacolati,
e, messa alle strette, era ben più che una consolazione. Aver dovuto
abbassarsi ad usare quello spocchioso di Zabini come marionetta era
fastidioso, ma probabilmente avrebbe fatto una brutta fine, e quella
consapevolezza la rallegrava.
*
“Ehi Wynn, non ne è rimasto nemmeno uno, che facciamo?”
Alwyn guardò l’ultimo Mangiamorte precipitare senza un briciolo di
stile e schiantarsi sul tetto dei Tre Manici di Scopa, o meglio,
provvisoriamente Quattro.
Cadfan e Volkanov affiancarono i rispettivi capitani, ripulendo le loro
mazze con un colpo di bacchetta.
“Perché non andiamo a farci una burrobirra?” Broderick studiava
dall’alto i Tre Manici.
“Una inglese? Ma ti è partita la pluffa, Bran?”
“Andiamo Lewis, lo dice anche Volkov qui che la burrobirra è buona, e
lui è cresciuto a superalcolici.”
“Tanto lo so che tu vuoi solo mettere i piedi a terra per fumare,
Bleddyn.”
“Falso, posso farlo benissimo in volo, s’è per questo.”
Dacey fece per estrarre la pipa, ma Wynn lo bloccò. Krum reclamò la sua
attenzione.
“Io e la mia squadra dice di scendere ed aspettare. Potter avrà ancora
bisogno di aiuto.”
Krum urlò qualcosa ai suoi, che gridarono in assenso.
“Certo, Harry non esiterà a chiamarci di nuovo!” Dean si beccò
un’occhiataccia da Krum.
“Nel frattempo potrebbero arrivare altri Mangiamorte, non abbassate la
guardia.”
Wynn scoccò uno sguardo particolarmente pungente a Bleddyn. La sua
squadra era come una famiglia per lui, e sebbene sapesse che se la
cavavano tutti alla grande dopo mesi di vita selvaggia ed agguati più o
meno pericolosi, Bleddyn si cacciava sempre nei guai.
“Non ti preoccupare Wynn, ci penso io a lui.” Alwyn affiancò il
fratello, scrutando la luna.
Nel frattempo Krum si era già diretto verso la Testa di Porco, dove era
certo di aver visto una luce. Per giunta, i Tre Manici di Scopa gli
ricordavano quella megera di una giornalista che ronzava sempre intorno
ad Hermione.
Le strade di Hogsmeade erano invase da maghi e streghe in vestaglia,
stralunati ma euforici nel vedere i Mangiamorte stramazzati a terra.
“Questo qui ci è rimasto secco. Ma proprio sul mio tetto doveva
atterrare, disgraziato!” Madama Rosmerta si trovava a dieci metri
d’altezza, osservando il danno alle sue tegole.
Gli altri abitanti del villaggio avevano già legato ed imbavagliato i
restanti Mangiamorte, alcuni dei quali, scoprirono con una certa
delusione, si rivelarono essere Ghermidori.
Furono gettati senza tanti complimenti nelle cantine di Mielandia, che
ebbero cura di sigillare.
“Che diavolo succede sta notte, non si può proprio chiudere occhio qui.
“Ve la faccio pagare due galeoni io, la burrobirra, a quest’ora. E che
non vi venga in mente di farla diventare un’abitudine, solo perché il
mio pub è diventato una stazione ferroviaria.”
“Eddai Ab, lo sappiamo che ti sai divertire la sera, per una volta puoi
condividerla con noi.”
“Lee!” Ruggì Dean, saltando addosso all’amico.
“Cercavo proprio te, maledetto fuggiasco! Ti sei dato alla bella vita
mentre io lavoravo eh?”
Un tavolo più in là, Bleddyn sussurrava all’orecchio del fratello.
“Spero che scoppi una battaglia, con i Potter al castello. L’unica cosa
che vorrei da questa notte, è mettere le mani su Greyback.”
Alwyn mandò giù il suo Whisky incendiario in un colpo solo.
“Anch’io Eddie, e lo incastreremo, questa volta non ci scapperà, fosse
l’ultima cosa che faccio!”
I due fratelli guardarono cupi il fondo dei loro bicchieri, e prima che
potessero accorgersi di quanto fossero unti, Beaven e Lewis gli furono
addosso con la loro solita traboccante energia di battitori. La Testa
di Porco non era mai stata tanto affollata, ed Aberforth non poteva
fare a meno di pensare che quella notte era appena cominciata.
*
Piton era furioso. Appena avvicinatosi alla porta dell’ufficio, aveva
intuito che qualcosa non andava. Qualcuno aveva rotto gli incantesimi
di difesa. Si scaraventò dentro, e gli occorse una frazione di secondo
per accorgersi di cosa mancava: Pozione Polisucco.
Possibile che la maggior parte dei maghi fosse in grado solamente di
rubarla, quella pozione?
Non potevano essere stati i Potter, o Malfoy, a loro non era di alcuna
utilità.
Ecco perché Bellatrix era in ritardo, stolto!
Corroso dalla rabbia, faceva su e giù per lo stanzino umido e
straripante di boccette e creature immerse in liquidi sinistri,
gettando di tanto in tanto uno sguardo allo specchio una volta
appartenuto ad Alastor Moody. Delle figure si agitavano, sempre più
nitidamente, nel vetro nebuloso. Piton era improvvisamente stanco e
stufo di aspettare.
La parte più austera di lui attribuiva quell’impazienza al tedium vitae
che non li dava tregua ormai da mesi, ma in cuor suo sapeva che bramava
il piccolo viso impertinente che gli aveva permesso, e poteva ancora
donargli, attimi di dolce illusione.
“Fatti avanti Potter, è ora di smetterla di aspettare nell’ombra.”
La figura nello specchio si mosse, ed un istante dopo fronteggiava
Piton, impugnando la bacchetta nella sinistra ed il Principe nella
destra.
Angolo dell’autrice
Allora, non odiatemi per aver
lasciato il capitolo così sospeso!
Non preoccupatevi, aggiornerò
presto, vi voglio un sacco di bene, dopo tutto;-)
Finalmente abbiamo scoperto in
quale occasione Draco ha intravisto la scintilla della salvezza nello
sguardo di Marie. Con questo capitolo, ci siamo riallacciati al prologo.
La battaglia si avvicina, ed
Harry e Marie presto potranno finalmente riabbracciarsi.
Harry, essendo abituato ad agire
in compagnia fin da prima che sapesse camminare, è più socievole ed
incline alla collaborazione che nell’originale.
Hermione ha finalmente
assaporato la vittoria, alla faccia di tutti gli sbuffi e gli occhi al
cielo di Ron ed Harry; i nostri elfi si sono rivelati provvidenziali,
ma non sono sprovveduti.
L’ES, senza di loro,
faticherebbe parecchio ad eseguire gli ordini di Harry.
La storia dei fratelli Dacey,
con la benedizione di Draco e dei gemelli, dovrà pazientare un po’ per
svelarsi, ma pian piano scopriremo di più su questi due provetti piloti
di Firebolt.
Sono curiosissima di sapere cosa
ne pensate, la vostra opinione conta molto per me, e sono
enormemente grata a tutti i miei
recensori ed a voi lettori silenziosi.
Vi ringrazio di cuore e spero
apprezziate il capitolo.
A presto,
Claire
P.S Mi scuso per gli errori di
battitura presenti nell'aggiornamento del 20/notte del 21, quale
svista! La data è 2 maggio, anche se ero in dubbio per molto tempo:
insomma, Voldemort è stato ucciso il 2, quindi la battaglia era forse
il primo maggio? Vabbé , per semplificare le cose, è il 2 maggio come
nei resoconti.
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