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Autore: Claire66    20/04/2018    3 recensioni
*Storia Continuerà entro le prossime settimane*
Cosa sarebbe successo se Draco si fosse ribellato al suo destino e avesse deciso di unirsi al magico trio, il giorno in cui furono portati a Villa Malfoy?
E se Harry avesse una sorella gemella, la quale farà breccia nel cuore del Serpeverde, facendogli compiere un cambiamento repentino ?
Preparatevi ad abbandonare il mangiamorte vile e codardo a cui siete abituati, e cominciate a dire "Coloro che sono sopravvissuti", non "Il bambino che é sopravvissuto"
(3)
“Ma quindi significa che se uno di noi muore, muore anche l’altro?”
Chiese Marie con voce tremante e carica di tensione a Silente.
(10)
“Ma allora…” “Vuoi dire che…” Fecero Harry e Marie, all’unisono.
“Il tempo si fermerà.”
(11)
“In fondo, non sarò la prima della nostra famiglia a fuggire da Azkaban. Si tratta solo di seguire le orme di Felpato.”
Harry non riuscì a trovare la forza di restituirle il sorriso.
(12)
Grandi, bui e tormentati voragini luccicanti lo osservavano.
“Come l’hai chiamata?” Domandò Marie.
“Niké.
(16)
“Marie!” Lei si voltò, e fu l’unica ad udirlo.
“…” A qualche passo da Draco, Marie non si mosse, Harry aspettava, paziente.
"Tu sei il mio angelo.
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley | Coppie: Harry/Ginny, Remus/Ninfadora, Ron/Hermione
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
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E Pandemonio Sia


Narcissa spalancò la porta con una spinta, ed il cigolio dei cardini arrugginiti fu subito fagocitato dai mille ticchettii, ronzii e fruscii che animavano la Stanza delle cose Nascoste.
Draco rabbrividì rivedendo quella cattedrale sorta da secoli di fedele illegalità, divenuta per lui una seconda dimora ed ora immersa nella penombra.
Quante cose erano cambiate, pensò, avanzando un passo dopo l’altro fra le pile pericolanti di oggetti accatastati alla rinfusa e riconoscendo il quadro di un omicidio particolarmente cruento. Aguzzando le orecchie, gli parve perfino di distinguere la stessa musica angosciante, ripetuta all’ossessione da un vinile graffiato che aveva tentato più volte di far tacere.
Prima se ne sarebbero andati, meglio era.
Si voltò verso la madre, che gli mise una mano sulla spalla più o meno sana. Rassicurato da quel gesto che gli mancava da tempo, gli occorse un istante per notare che qualcosa non andava.
“Dov’è Marie?”
Narcissa si voltò repentina, i lunghi capelli biondi roteanti e la bacchetta sfoderata.
“Era al mio fianco un attimo fa.”
“Non può essere lontana.”
Draco, maledicendo tra sé la rossa, infilò alla svelta uno stretto corridoio che si apriva proprio alla destra dell’armadio, lungo un tappetto stranamente molle sotto i piedi.
“Draco, aspetta! Dobbiamo restare uniti!”
Lui rallentò appena, voltandosi meccanicamente a destra e sinistra per scrutare ogni viuzza che si apriva fra i muri di ciarpame. Ormai la stanza la conosceva quasi a memoria, sebbene non l’avesse mai esplorata nella sua interezza. Qualcosa gli diceva che Marie non era lontana da loro, e il lungo corridoio che aveva imboccato si apriva in uno spiazzo una decina di metri e alcune montagne di oggetti più indietro rispetto all’armadio.
Un botto gli fece fare un gran balzo, e le sue orme affondarono una buona ventina di centimetri nel tappeto. Si era dimenticato di quel maledetto orologio a cucù demente, che segnava sempre la stessa ora. Poco lontano, il rumore di calici che andavano in frantumi gli confermò che aveva imboccato la strada giusta.
Girò l’angolo con due grandi falcate per ritrovarsi faccia a faccia con Marie che, spaventata dal cucù a cui voltava la schiena, aveva mandato all’aria un’intera schiera di calici scheggiati, abbandonati su di una credenza dalle zampe traballanti e mangiata dall’acido.
“Ma si può sapere che ti salta in mente?” Ansò Draco, furibondo ma sollevato.
Narcissa staccò con fatica lo stivale dal tappeto e svoltò l’angolo a sua volta, con lo stesso sguardo irritato del figlio.
“Mi sono ricordata di un libro…un libro in cui potremmo trovare una pozione per rimarginare la tua ferita.”
Il libro del Principe Mezzosangue faceva capolino fra le sue mani, e Draco si immobilizzò.
“Stai scherzando?” Marie nascose il tomo consunto dietro la schiena.
 “Con quel maledetto libro tuo fratello mi ha quasi ammazzato!”
La copertina era ancora macchiata di sangue.
Narcissa era venuta a sapere tramite Piton come Harry fosse a conoscenza di magia oscura così potente, sebbene ignorasse chi fosse l’artefice dell’incantesimo, e naturalmente non aveva lasciato Draco all’oscuro.
“Forse il fatto che tu lo volessi cruciare ha influito!” gli occhi di Marie fiammeggiarono.
“Per questo me ne sono andata su due piedi, sapevo che ti saresti opposto! Ma senza libro non sarei mai in grado di accorciare il tempo di preparazione!”
Draco guardò il libro con diffidenza, e non diede cenno di voler demordere.
“Senti, fa schifo anche a me questo libro, ma è per te che l’ho recuperato, svegliati!”
Draco sapeva che aveva ragione, ma la sensazione terribile di una lama ardente e affilata che gli tagliava la carne come un filo arroventato era ancora vividissima nella sua memoria, e sapeva che le macchie di sangue sul libro erano le sue.
Eppure Draco non poteva dimenticare nemmeno che proprio fuori da quella stanza, nel corridoio del settimo piano, al sesto anno, quegli stessi occhi felini che lo guardavano ora furenti ed esasperati, gli avevano donato un piccolo, clandestino granello di speranza e comprensione, proprio nel momento in cui si era sentito abbandonato come mai prima nel castello.

Draco camminava spedito per i corridoi di marmo, facendo gli scalini tre a tre e silenziando impietoso i quadri che protestavano per la tarda ora. Malgrado fosse notte, l’ansia e la paura in cui annegava da giorni lo avevano costretto a balzare fuori dal letto e strisciare di soppiatto fino al settimo piano, nell’ennesimo tentativo di riparare l’armadio svanitore. Del resto, da quando Goyle era stato spaventato a morte da un’ipotetica voce incorporea, era diventato sempre più difficile e penoso portarsi dietro i due energumeni, temporaneamente esili ragazzine, come guardia. Di notte, invece, aveva tutto il tempo per dedicarsi indisturbato al suo compito, che si stava rivelando sempre più chiaramente una condanna a morte. Il solito masso appuntito gli gravò sul petto togliendogli l’aria, e dovette fermarsi all’angolo del settimo piano per riprendere fiato e tentare di respirare normalmente malgrado l’angoscia asfissiante che lo pedinava ovunque.
Stava per riprendere la sua decisa avanzata verso l’apparentemente ordinaria striscia di muro che nascondeva la Stanza delle Necessità, quando oltre la grottesca statua di Barnabà e i Troll gli parve di distinguere una figura camminare su e giù, avvolta da una lunga vestaglia nera e con il cappuccio alzato. Si nascose dietro la statua, avanzando di qualche passo.
Quella che giudicò essere una strega, dalle movenze e dalle curve morbide, stava senz’ombra di dubbio entrando nella Stanza, pertanto dubitava che si sarebbe accorta di lui anche se non si fosse nascosto. Bruciava dalla curiosità di sapere chi altri avesse un bisogno così impellente della Stanza, da recarvisi nel pieno della notte. Tuttavia, era impossibile distinguere chi fosse, a meno che le cadesse il cappuccio, ma era già troppo tardi. La porta apparve e lei vi sgusciò dentro, chiudendosela alle spalle, e malgrado Draco avesse voluto correre ad aprirla, si trattenne. Era chiaro che non voleva essere seguita; un duello o baccano avrebbero fatto finire nei guai entrambi.

Tuttavia, Draco non poteva permettersi di perdere tempo. Aveva rischiato parecchio districandosi fin lassù fra Gazza e gli Auror di ronda, e non aveva intenzione di tornarsene al dormitorio senza nemmeno tentare. Non si era mai domandato prima se la Stanza potesse soddisfare contemporaneamente due richieste. Per quanto ne sapeva, avrebbe potuto essere possibile. Uscì dal suo nascondiglio e si mise a camminare su e giù davanti alla parete, concentrandosi con tutte le forze sulla sua richiesta, che ripeté tre volte:
“Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste, Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste, Devo entrare nella Stanza delle Cose Nascoste.”
La porta apparve, e Draco l’aprì non senza stupore.
Possibile che la Stanza fosse in grado di duplicarsi? Tanto meglio, si disse, almeno così poteva continuare indisturbato il suo lavoro.
Però la curiosità ardeva ancora dentro di lui, avrebbe tanto voluto sapere chi era quella figura; possibile che qualcun altro fosse disperato quanto lui?
“Piantala di distrarti Draco, non c’è nessuno con cui confidarti, ti sei già lasciato andare troppo con il fantasma!” Lo redarguì la voce caustica.
Il giovane si diresse deciso verso l’armadio per la strada che conosceva bene. Girò l’angolo davanti al solito enorme ed orrendo Troll impagliato, per poi avanzare per il lungo ed irregolare corridoio, fino a fermarsi ad un’apertura che dava sulla sinistra, ed il suo cuore saltò un colpo. La porta era aperta. Qualcuno era stato lì, non poteva essere altrimenti, si accertava sempre di lasciarla chiusa. Il cinguettio libero e sollevato di un uccellino sembrava deriderlo, e Draco lo scacciò infastidito, prima di realizzare con stupore che era lo stesso uccellino che aveva rinchiuso nell’armadio in uno dei suoi tanti tentativi vani, tornato dal suo padrone, da dovunque fosse finito.
“Trionferai dopo, ora esci di qui prima che ti scopra.”
La parte più ragionevole di lui rifiutava categoricamente che la strega di poco prima avesse potuto avvicinarsi proprio all’armadio, fra i milioni di oggetti nascosti in quella città morente, eppure l’uccellino era appena stato liberato. Non poteva essere altrimenti.
Marie, qualche decina di metri più in là, si guardava intorno triste ma meravigliata, girando su sé stessa e con il naso all’insù come se stesse avanzando fra le navate di una cattedrale. Aveva chiesto alla Stanza di trasformarsi in un luogo in cui potesse nascondere il corpicino del cardellino, che aveva ritrovato senza vita una volta tornata nel dormitorio, quella terribile sera. Prima di risalire sull’espresso, aveva consultato uno dei libri della sezione proibita, ma solamente per leggere di un incantesimo conservativo, di modo che il corpicino non deteriorasse. Ora, tuttavia, il cardellino era stato consumato da quella magia ed era diventato fragile come porcellana, e Marie sapeva che ne era rimasto solo un guscio vuoto.
Quella consapevolezza le avvelenava il cuore, e così aveva deciso di liberarsene.
Dopo averlo depositato in una culla desolatamente incrinata ed abbandonata, era stata attirata da un cinguettio poco lontano, e con il cuore che batteva all’impazzata, credendo di sognare, aveva aperto l’armadio. Con sua enorme delusione, riconobbe subito l’uccellino come estraneo, girò sui tacchi e si diresse verso l’uscita.
Inizialmente, aveva intenzione di tornare sui propri passi, ma il cinguettio continuava e suo malgrado si concesse di sognare che non fosse mai passato un giorno da quando il batuffolo piumato era apparso. Così, sbagliò strada e dovette districarsi con l’incantesimo dei quattro punti per ritrovare l’uscita.

Draco prese la strada più breve e giunse in vista della porta quando questa era appena stata richiusa silenziosamente a sua insaputa. Uscì a sua volta, voltandosi per richiudere con mano felpata l’ingresso, ed il respiro irregolare e composito della stanza si era appena spento, quando fece per avviarsi ed il sangue gli gelò nelle vene.
La figura che gironzolava nella sua mente tempo prima era a pochi metri da lui, a capo scoperto. La disordinata e sbarazzina chioma color fenice era inconfondibile, così come i grandi e felini occhi luccicanti che lo fissavano addolorati. Draco e Marie erano immobili, stregati da quell’attimo di vicinanza e complicità inattesa e imprevedibile. La luce della luna entrava pallida e gentile da una delle piccole finestre del piano più alto del castello, come se temesse di spezzare quel momento di tregua.
Prima che Marie rialzasse il cappuccio e si voltasse senza dire una parola, Draco intravide una scintilla di speranza luccicare distinta come un cristallo nel ghiaccio, e senza preavviso si tagliò con uno dei suoi spigoli. Era pietà, era comprensione quella che inondava lo sguardo di Marie? Rimase solo in compagnia di quella domanda, osservando, scosso, la figura scura che si allontanava leggera verso la Torre di Grifondoro.

Deciso a fidarsi della gemella che lo aveva salvato, e determinato a mettere da parte il tentato omicidio dell’altro gemello, Draco prese Marie sotto braccio e fece per avviarsi verso l’uscita. Lei era ancora scossa per l’aver visto gli eventi di quella notte con la prospettiva di Draco, ma come era già accaduto con i ricordi che avevano condiviso fino ad allora con il Pathos Cogitatio, uno dei due non si accorgeva subito dell’accaduto.
“Aspettate, di qui non si passa.” Cavolo, quella prima non c’era, pensò Draco allarmato.
 “È una sabbia mobile tascabile, meglio fare il giro. Questa dev’essere difettosa, altrimenti ci avrebbe già inghiottito.” Altre persone usavano di continuo la Stanza, quella stanza che era stato abituato a considerare il suo reame, o meglio, il suo girone infernale.
Narcissa di avvicinò alla credenza rovinata per osservare un gioiello che aveva attirato la sua attenzione, e Marie fu scossa da un brivido. Possibile che una simile bellezza fosse esposta in piena luce, si domandò Narcissa, incuriosita e catturata dal fascino scuro dello zaffiro incastonato nel diadema.
Con l’occhio allenato di una donna ricca e corteggiata, sapeva riconoscere il taglio delle pietre preziose e la fattura dei gioielli, e la tiara che aveva di fronte era senza dubbio di valore inestimabile.
“Cosa c’è?” Draco si voltò verso la madre, con Marie immobile come il busto scheggiato su cui era poggiato il diadema. L’oggetto le appariva inspiegabilmente sinistro, eppure famigliare. Si ricordò di quando aveva guidato Harry nella stanza, subito dopo che aveva aggredito Draco, e di come lui avesse sbattuto il busto, una parrucca e la tiara in cima alla credenza per riconoscerla.
Quell’anno, tuttavia, Corvonero la riguardava solo come squadra di Quidditch da sconfiggere.

“Come mai sei da sola Marie? Dov’è Harry?”
“Preferisce non scendere, sai che non gioca no?”
Le rispose lei un po’ scocciata dalla domanda, e dal copricapo chiaramente pro-corvonero sulla testa della bionda.

Nemmeno la voce frizzante ed angelica di Luna poteva sollevarla con Harry lontano, rinchiuso nel pulcioso ufficio di Piton, lontano dal campo di Quidditch. Perfino durante le partite erano ormai abituati ad essere fianco a fianco, lui compiendo ampi giri sul campo, alla ricerca del boccino, e lei zigzagando con le altre due cacciatrici. Quel giorno invece avrebbe dovuto cavarsela da sola; l’unica consolazione era che Ginny, seduta al suo fianco, fosse la cercatrice.
“Su con il morale Marie, ti abbiamo bisogno combattiva!”
Ginny le sorrise raggiante e determinata, e Seamus le passò senza preavviso un surrogato di pluffa, che Marie afferrò prontamente, ma non prima che mandasse a terra lo stravagante cappello di Luna.
“Splendidi riflessi Marie, andrete alla grande!”
Seamus corse via facendo loro l’occhiolino e senza scusarsi per il cappello.
Luna si chinò a raccoglierlo, senza batter ciglio.
Evidentemente Seamus aveva digerito che avesse sostituito lei Katie Bell, rimuginò Marie, ce ne aveva messo di tempo!
 “Niente leone oggi, allora?” Quella di Ginny, nonostante il tono lievemente interrogativo, era un’affermazione, non un’accusa.
“Per una volta che sono in finale, tifo per la mia casa.”
“Naturale.”
“Che cosa rappresenta la corona?”
Marie era determinata a rimanere distratta, per poi potersi concentrare pienamente sulla partita, ed il copricapo era davvero buffo. Due prugne dirigibili galleggiavano ai lati, legate alla radice.
“Non è una corona, ma un diadema. Il diadema di Corvonero.”
“Corvonero ha un diadema? Non ne sapevo nulla.” Cominciava ad interessarle sul serio.
“Certo, è il diadema perduto di Helena Corvonero, detto dispensatore di saggezza per chiunque se ne coroni.” Marie fece vagare lo sguardo su quella che sembrava un’elica, al centro del cappello.
“Ma se è perduto, come fai a sapere che aspetto ha?”
Per quanto volesse bene a Luna, dubitava seriamente che una tiara appartenuta all’illustre Rowena Corvonero potesse apparire così stravagante.
“Oh queste sono supposizioni naturalmente. L’elica di Billywig si dice abbia il potere di innalzare sopra l’ordinario, mentre le prugne dirigibili…”
“Marie, Ginny! È ora, andiamo!” Demelza Robins fece loro segno di affrettarsi dall’altra parte del tavolo.
“Arriviamo Demy”
“Scusa Luna. Peccato non ti facciano più commentare…”

Marie affiancò Narcissa, che aveva preso la tiara fra le mani e la stava esaminando.
“C’è un’incisione, una scritta, tutt’attorno…”
Marie deglutì, non osava crederci.
“Cosa dice?” Mantenne la voce ferma, nonostante dentro di sé tremasse dall’anticipazione.
Narcissa strizzò gli occhi ed avvicinò la tiara scolorita al viso.
“Un ingegno smisurato per il mago è dono grato…”
Ci fu un tonfo, e Marie finì tra le braccia di uno stupefatto Draco Malfoy, che passò da un cremisi intenso per l’imbarazzo di dove metter le mani, direttamente ad un bianco spettrale. Il libro del Principe giaceva dimenticato a terra.
Narcissa continuava a stringere esterrefatta il diadema, osservando perplessa i due, sempre più meravigliata dal tesoro scoperto.
“È quello, l’oggetto di Corvonero per cui siamo venuti ad Hogwarts.” Boccheggiò Marie, incredula.
“Deve essere distrutto.” Draco aveva notato lo sguardo incantato con cui la madre osservava il diadema, e vi lesse altrettanto facilmente la delusione. Si ricordava vividamente le parole sussurrategli da Harry e Marie a Villa Conchiglia, e sapeva che non sarebbero mai scesi a compromessi. Per un’istante temette che sua madre avrebbe voluto tenere la tiara, e di doversi di nuovo fronteggiare su linee opposte.
Marie tese la mano verso Narcissa, senza sfoderare la bacchetta.
Con grande sollievo di Draco e Marie, lei le porse semplicemente la tiara, seppur con un sospiro. Ma Narcissa non dimenticava le promesse fatte, e con Draco vicino, nessun gioiello aveva sufficiente valore.
Marie si chinò a raccogliere il libro, e tentò di infilare il diadema nella saccoccia di Mokessino, senza successo. Per quanto cercasse di allargare l’apertura, la pelle coriacea non ne voleva sapere di muoversi anche solo di mezzo centimetro. Dovette rassegnarsi e infilarsela nella tasca del mantello ormai sfilacciato.
Si fecero strada guardinghi verso l’uscita, con Draco come guida e Marie sovrappensiero.
Perché mai Voldemort avrebbe lasciato un Horcrux così in piena vista?
La risposta tuttavia le giunse prima che potesse finire di porsi la domanda. Maghi molto meno presuntuosi di Voldemort avevano lasciato in quella stanza indizi e oggetti che avrebbero potuto incriminarli, certi che nessuno avrebbe mai potuto trovarli.
Superarono un mucchio impolverato di fiaschi scuri e panciuti, e Marie controllava ossessivamente di avere il diadema ancora in tasca. Né lei né Draco, seppur in minor misura, riuscivano a capacitarsi di aver avuto un tale colpo di fortuna.
Giunsero alla porta.
“Insomma, ci muoviamo?”
“Draco, uscire così allo sbaraglio è pericolosissimo. Tu resti qui.”
“Neanche per sogno” Replicò risoluto alla madre.
“Inoltre, dobbiamo uscire tutti e tre, se rimaniamo nella stanza, gli altri non potranno usarla.”
“Ma potrebbero già essere arrivati.” Marie cominciava a realizzare quale piano traballante avessero buttato là con disinvoltura a Villa Conchiglia.
Ora che erano nella buca del serpente, tutto si rivelava molto più insidioso.
“Aspettate, ho la mappa!” Scuotendo la chioma color fenice, indignata dalla sua lentezza, tentò per la seconda volta di aprire la saccoccia di Mokessino, e Draco si offrì di tenerle il libro. Glielo passò, non senza un’occhiata inquisitoria, che Draco sostenne con un’ombra dell’antico sarcasmo.
“Andiamo, mi sembri la Pince con quello sguardo!”
Lei lo ignorò e sussurrò le parole per far apparire la mappa.
Narcissa e Draco rimasero affascinati dal reticolo che si snodava come se fosse sempre stato lì, il cuore pulsante di Hogwarts si svelava aula dopo aula sotto i loro occhi chiari.
“Allora, ogni persona ha un cartiglio ad indicarne la posizione. Cerchiamo Harry, Ron ed Hermione… E anche Piton, meglio controllare che non sia nel suo ufficio.”
Draco inquadrò subito il cartiglio “Severus Piton”, che naturalmente aleggiava proprio sopra l’unico luogo in cui non avrebbero voluto vederlo.
“Maledetto pipistrello, ti pareva.”
“Trovati, sono loro.” Il tono di Narcissa era decisamente incredulo.
“Ma sei sicura che la mappa funzioni?”
“La mappa non sbaglia mai!”
“E cosa ci fanno nelle cucine, allora?”
Già, cosa ci facevano nelle cucine?
“A Weasley sarà venuto un languorino. Ahi!”
La gomitata di Marie gli ricordò la ferita da rimarginare.
Marie si mordicchiò un labbro, e spostò lo sguardo dalla mappa a Draco, e viceversa.
Lui faceva lo stesso. Narcissa, nervosa, osservava perplessa quella scherma silenziosa.
“Allora, tu raggiungi Harry nelle cucine, qualsiasi cosa ci facciano lì, e io rubo quello che serve dall’ufficio di Piton.”
“Non se ne parla. Non sai cosa ci serve, e come pensi di sottrarglieli sotto il naso?”
“Dimmi gli ingredienti, e mia madre mi aiuterà ad attirarlo fuori dall’ufficio.”
Le rispose lui semplicemente. Marie a questo punto fu presa in contropiede. Moriva letteralmente dal desiderio di ricongiungersi con il gemello, ma non le piaceva l’idea di lasciare il compito più gravoso a Draco, che per giunta era anche ferito.
“Lo aiuterò io, Marie. Tu va.” Lo sguardo deciso di Narcissa non ammetteva repliche.
“Se Piton ti vede, chiamerà Tu-Sai-Chi e tenterà di imprigionarti, assieme all’oggetto da distruggere. È molto meglio così.”
Cosa diavolo mi succede, da quando Malfoy è più stratega di me? Pensò Marie preoccupata.
Il suo cervello stava decisamente andando nel panico, con Harry lontano da così tanto tempo. Una parte di lei era lontana, ed avevano passato praticamente tutta la vita prendendo decisioni assieme. Meglio che questa situazione finisca presto, sospirò tra sé e sé.
Duplicò con un colpo di bacchetta la pagina scribacchiata di Pozioni Avanzate che si era già studiata a memoria, e porse il libro a Draco.
“Servono i tre ingredienti scribacchiati nell’angolo sinistro, e una boccetta di morte vivente, quella la devi cercare nel suo ufficio, ne ha sempre delle scorte.”
Il libro scomparve nella tasca di Draco.
 “Allora si va, ma così allo sbaraglio sarà un miracolo se non ci beccano tutti subito.”
Senza mantello dell’invisibilità era tutto molto più difficile.
“Aspettate, lasciate fare a me.”
Narcissa agitò rapida la bacchetta sopra le loro teste, con un tocco leggero ma deciso sui loro capi, e un rivolo freddo corse loro lungo la schiena.
“Bene, così è già meglio. Tenete a mente la strada, perché disillusi ci potremmo perdere presto di vista, ed allora dovremo dividerci senza tante storie. Io e Draco verso l’ufficio nei sotterranei, e tu verso le cucine.”
Detto questo, anche la figura di Narcissa si fuse con il muro dietro di lei, e se Draco e Marie non avessero saputo dove si trovava, sarebbe stato quasi impossibile distinguerla.
Ripiegata la mappa, Marie sfiorò le dita di Draco, con leggerezza, come se fosse un caso.
“Buona fortuna.”
Avvertì lo sguardo di Draco scorrere come acqua fresca su di lei, ed un istante dopo erano fuori, nel corridoio del settimo piano, con ben altrettante rampe di scale da percorrere inosservati e l’arazzo di Barnabas e i Troll in tutù a canzonarli silenziosamente dalla parete di fronte.
La prima cosa che colpì Marie, Draco e Narcissa fu il buio che si trovarono di fronte. Tutti loro erano pronti ad affrontare i corridoi alla piena luce del giorno, come avrebbe dovuto essere, visto che erano partiti da Edinburgh quel mattino. Invece, le torce fiammeggiavano fioche, di una luce spenta, e la piccola finestra rotonda in fondo al corridoio mostrava un piccolo, ma inconfondibile, spicchio di cielo notturno.
Si voltò per accertarsi che anche Draco vedesse quello che la lasciava a bocca aperta, ma prima che potesse proferire parola, udì la sua voce sussurrare vellutata, proprio vicina al suo orecchio.
“L’armadio deve aver alterato la nostra percezione del tempo ed averci messo molto più di quello che pensavamo. Gli incantesimi con cui lo riparai devono essersi indeboliti.”
“Chissà come sono preoccupati gli altri! Ora sappiamo perché sono nelle cucine, è passato un giorno intero!”
Marie imprecava a tutto volume nella sua mente, e sebbene il Pathos Cogitatio non intervenisse di nuovo come pochi minuti prima, Draco avvertì che Merlino e la sua biancheria venivano tirati in ballo parecchio. Per curiosità, guardò il suo orologio, a cui non prestava un’occhiata dallo sgabuzzino di Villa Conchiglia, e rimase esterrefatto. Era ancora il 2 maggio, giorno in cui, ne era certo, erano volati ad Edinburgh, per poi passare la notte lì.
Si avvicinò di nuovo a Marie, che stava per cominciare a scendere gli scalini, per sussurrarle all’orecchio il miracolo. Lei fece un balzo dallo spavento e rischiò di rotolare giù dalle scale.
Narcissa sibilò irritata.
Marie represse una nuova ondata di improperi a beneficio del silenzio.
“Non è passato un giorno, siamo tornati indietro nel tempo, Marie, indietro.”
Come poteva essere accaduto? Non aveva estratto il Giratempo, Silente aveva detto di non usarlo…eppure…Controllò di avere ancora il ciondolo al collo. Accese la bacchetta. I nodi celtici vorticavano graziosamente, era aperto.
“Il Giratempo, la sabbia deve aver scombussolato l’armadio!”
“Spegni la bacchetta!” Narcissa era rimasta basita da quell’informazione, ma lumos era decisamente una mossa avventata.
Nox
“Chi va la? Fatti avanti!”
Indietreggiarono nell’ombra, il cuore in gola. La voce, tuttavia, era famigliare, e così la stazza, degna di un tricheco.
“Eh, ragazzi, fate attenzione, se vi beccano i Carrow non possiamo fare nulla per aiutarvi.” Lumacorno, parlando come se nulla fosse al corridoio buio, si diresse al piano inferiore.
Se mai sopravviveremo, farò una donazione al Lumaclub, pensarono ben tre futuri benefattori. Se avessero saputo che Lumacorno aveva appena ordinato ai tre elfi di guardia di tornare alle cucine, ordine a cui non potevano disubbidire, la loro generosità sarebbe diminuita alquanto.
Con passi felpati cominciarono a scendere gli scalini, e con loro grande sorpresa, rimasero indisturbati fino al quarto piano, dove una contrariata e insonne Minerva McGranitt faceva la ronda, più che sugli studenti, su eventuali Mangiamorte che si aggiravano, non di rado, profanatori del castello. I tre rallentarono, ed a Marie si strinse il cuore nel vedere la sua vecchia professoressa sola e corrucciata, ma dovevano proseguire.
Ci sarebbe stato tempo per parlare a breve. Passarono il terzo ed il secondo piano senza intoppi, ma tutti loro cominciarono ad avere i nervi a fior di pelle. Avrebbero già dovuto imbattersi almeno in un altro professore o in uno dei Carrow, c’era qualcosa di anomalo e sinistro nei corridoi deserti e fiocamente illuminati.
Al primo piano, riuscivano già ad intravedere le porte, serrate, della Sala Grande, quando Alecto Carrow spuntò dalle scale dei sotterranei. Indietreggiava terrorizzata da qualcosa di indistinguibile.
“Se ti dico che non sono affari tuoi, Alecto, tu tieni il naso fuori dai miei affari, capito?”
Un ringhio basso e gutturale accompagnò quelle parole di minaccia. La Carrow non se lo fece ripetere una seconda volta, indietreggiò fino alle scale e se la diede a gambe.
Narcissa si appiattì contro il muro, e la veste nera di Alecto svolazzò loro accanto per un soffio. Greyback, al contrario, avanzava con passo lento e cadenzato, ma inesorabile. Marie indietreggiò, intuendo che Greyback la stava fiutando.
“Greyback, che fai, dobbiamo andarcene, e subito.”
“Sei tu ad averci messo un’eternità.” Il lupo si voltò a malincuore.
“È stato difficile convincere il pusillanime.”
I due svanirono nell’androne, ma passò del tempo prima che osassero oltrepassare la Sala Grande. Non osarono parlare, ma tutti e tre pensavano la stessa cosa. Di cosa aveva dovuto convincere Piton, e perché Bellatrix si trovava ad Hogwarts?

***

“Allora Harry, dimmi un po’ di voi, ora.”
Neville avanzava baldanzoso, seppur ansante, su per il passaggio segreto fra la Stanza delle Necessità e la Testa di Porco, con Harry, Ron ed Hermione al suo seguito.
Harry stava per rispondere, ma Neville continuò, incapace di trattenere l’euforia.
“È proprio vero, Malfoy è dalla vostra parte ora? Ho un sacco di gente nella Stanza che non ha creduto alle proprie orecchie, durante quella puntata di Radio Potter. Molti dicono che sia stato uno scherzo.”
“Ma Neville, come possono pensare questo?” Hermione era indignata.
“I Carrow gli hanno fuso il cervello, ai nostri? Se fossero stati sul campo per cinque minuti si accorgerebbero che c’è poco da scherzare.” Ron parlava con l’esperienza del fuggiasco e di chi, per un brutto momento, ha abbandonato il suo gruppo.
“Bé, sono d’accordo con voi, io ci ho creduto, per quanto fossi sorpreso.”
Ron dovette ingobbirsi ancora di più, si stavano avvicinando alla porta.
“Ma molti non hanno nessuna intenzione di fidarsi di un Mangiamorte, anzi, non vedono l’ora di farla pagare a chiunque porti il Marchio, dovete saperlo questo.”
Si fermarono alla fine del tunnel e ripresero fiato.
“Sarà meglio stare sulla difensiva quando arriveranno Marie e Malfoy, ma prima, avete un bagno di folla da fare!” Spalancò la porta, chiamando a gran voce i compagni.
Harry, Ron ed Hermione fecero appena in tempo a scorgere amache ed arazzi appesi lungo i muri di quella che assomigliava ad una confortevole cambusa, quando furono strizzati, stretti e abbracciati da amici, compagni e ammiratori in un turbinio di grida eccitate, pacche sulle spalle e strette di mano.
“È Harry!
“Ron! Hermione!”
“Te l’avevo detto, Malfoy non c’è!”
“Marie? Ma sono solo in tre!”
Dopo alcuni secondi, le urla di giubilo sfumarono per lasciare posto alle domande.
“Allora Harry, è vero che siete fuggiti dalla Gringott a cavallo di un Drago?”
Harry era sgomento nel vedere il viso tumefatto di Seamus, ma si riprese subito. Non era l’unico, gli erano occorsi alcuni secondi per riconoscere Michael Corner e Terry Boot quando vennero a stringer loro la mano.
“Certo che è vero!” Ruggì Ron, inchinandosi agli applausi.
“Ma allora, la fuga da Azkaban è una balla?” Il cuore di Harry fece un balzo.
“Girava la voce che i Potter avessero liberato un prigioniero e fossero fuggiti da Azkaban.” Ernie sembrava deluso, ma quando si ritrovò Harry al collo, era decisamente meravigliato.
Harry gli diede una sonora pacca sulla spalla, si riaggiustò gli occhiali sul naso e prese un gran respiro. La pipa non aveva mentito, allora.
“Quelli erano Draco e Marie! Ce l’hanno fatta!”
“Allora dovrebbero essere qui a momenti!” Hermione era divisa fra felicità e ansia.
L’euforia tuttavia svanì veloce com’era apparsa sul viso di Ernie, che s’incupì, e diversi membri dell’ES fecero altrettanto. Per la prima volta da quando erano apparsi, calò il silenzio nella sala.
“Ci state dicendo che un Mangiamorte sta per entrare nel nostro rifugio?”
Calì e Lavanda si guardarono spaventate.
“Non sarà mai!” Anthony Goldstein serrò i pugni, e molti altri assentirono.
“Da quando chiamate Malfoy per nome?” Terry Boot incrociò le braccia robuste e fece scrocchiare le nocche. La sua famiglia aveva un conto aperto con i Malfoy.
Harry guardò Ron ed Hermione, non si era nemmeno accorto di ciò.
“Andiamo Boot, non l’avete ascoltata Radio Potter?”
“Certo che sì, non ci perdiamo mai una puntata!”
“E allora vedete di non perdere la memoria! Il messaggio di Malfoy, alias Pallone Gonfiato, era chiaro!” Prima che Goldstein potesse ribattere, la porta da cui erano appena entrati si aprì e fece entrare altri tre Weasley, Lee Jordan e Luna.
“Qualcuno ha detto alias Pallone Gonfiato?”
“Da quando hanno fatto esplodere mezza Azkaban con quelle prugne, George, il Serpeverde ha davvero fatto colpo sullo staff di Radio Potter, non è vero Lee?”
“Non quanto quelle teste di legno che hanno pensato stessimo trasmettendo uno scherzo.”
Boot, Goldstein e MacMillan trovarono il pavimento di pietra improvvisamente interessante.
“Dico io, ma vi pare che faremmo uno scherzo così serio? Che insulto.”
“State parlando di Draco?” Luna, dopo aver abbracciato Hermione, si stava guardando intorno con meraviglia.
“Spero tornino presto, lui e Marie, altrimenti senza il decotto di ostriche zannute il Marchio lo ucciderà ancora più in fretta.”
“Già, Harry, dov’è Marie?” Chiese George, ma Harry era temporaneamente assente, perso fra le braccia di Ginny ed infischiandosene alla grande della piccola folla che lo circondava.
Era difficile dire chi avesse l’espressione più ottusa, fra Boot, MacMillan o Ron: tutti e tre sembravano essere appena stati colpiti da un battitore estremamente feroce, per due motivi diversi.
Solamente il pensiero della sorella lo fece staccare da Ginny. Non poteva dimenticarsi di quanto fosse bella e del suo sguardo indomito, ma i suoi ricordi non le rendevano giustizia.
“È in viaggio con Malfoy. Dovrebbero farcela ad arrivare qui, nella Stanza, ma Malfoy è gravemente ferito, è probabile che ci mettano di più.”
Le sorelle Patil e Lavanda avevano cominciato a parlottare e ridacchiare per ragioni meglio note soltanto a loro tre.
“Bè, allora vediamo di trovare un modo utile e adatto ai nervi di Ron per passare il tempo.”
Fred strizzò l’occhio ad Harry e Ginny, che si sedettero su un pouf che ricordava molto quelli dell’ES.
“Allora Harry, si combatte, vero?” Neville, e tutto l’ES, guardavano pieni di aspettative il loro maestro. Harry scambiò uno sguardo con Ron ed Hermione, e lesse nei loro occhi la stessa determinazione. Hogwarts non poteva rimanere nelle mani dei Carrow, e non sarebbe passato molto tempo prima che Voldemort volesse controllare anche l’Horcrux nascosto nel castello.
E pandemonio sia, pensò Harry, desiderando di poter scambiare il sorriso malandrino che gli saliva sulle labbra con Marie. Si voltò verso Ginny, e lei, come Malandrina, non era da meno.
“Sì, si combatte.” Un boato assordante salì fino al soffitto.
“Era ora!”
“Evviva Potter!”
“Abbasso Piton e i Carrow!”
Harry fu sottratto all’abbraccio di Ginny, Ron ed Hermone si beccarono altre pacche sulle spalle e Fred e George si affrettarono a montare il necessario per una trasmissione eccezionale di Radio Potter.
“Bene, calmatevi ora, calma! Prima dobbiamo decidere come procedere, giusto Harry?”
Neville, sotto i tagli e i lividi, la barba sfatta e le occhiaia, era raggiante come non mai.
“Giusto, allora, ascoltate.” Tutti tacquero, Fred e George già pronti con i microfoni in mano.
Prima che Marie e Malfoy siano qui con noi…”
Si interruppe, e cambiò tono alla velocità della luce.
La vicinanza di Ginny faceva uscire il capo sopito in lui, con lei accanto, non esitava.
“Vediamo di liquidare la questione una volta per tutte. Non accetto repliche su questo punto. Noi ci fidiamo, e per una buona ragione. Malfoy ci ha salvato la vita, quindi, fate i vostri calcoli.” Fece scorrere lo sguardo sui compagni, contando quanti erano ancora dubbiosi.
“Volete combattere?” Un mormorio di assenso si levò dall’ES.
“E allora, non si perda tempo su questioni inutili! Siamo in guerra, e se non credete in noi, dovreste rivalutare la vostra decisione di mettervi in campo.”
“Mai, noi siamo con voi, Harry!”
“Fino alla fine!”
“Bene, allora, proseguiamo.” Ron gli mandò un cenno di assenso e incoraggiamento.
“Come dicevo, non possiamo cominciare la battaglia vera e propria prima che Marie sia di nuovo al mio fianco. Tuttavia, possiamo sabotare i Carrow e prepararci. Libereremo i prigionieri che Neville ci ha detto essere nei sotterranei, e sonderemo il terreno per dare più forza alla rivolta.”
“Che ne dite di scrivere all’ingresso della Sala Grande “Hogwarts Combatterà?” Farà venire una bella strizza ai Carrow.” Lavanda si fece avanti entusiasta.
“Ma dai, ancora con quelle bravate!” La derise Goldstein.
“Per cominciare, direi che va benissimo. Ma dobbiamo trovare un modo per non farci beccare.”
“Io avrei un’idea Harry”
Hermione fece un passo avanti, rivolgendosi sia ad Harry che ai compagni.
“Come sapete, all’interno di Hogwarts è impossibile smaterializzarsi.
Tuttavia, siete tutti d’accordo che se ci potessimo smaterializzare su e giù per il castello, i Carrow e Piton non riuscirebbero a prenderci?” Fece una pausa ad effetto, e tutti la guardavano trepidanti.
“Allora, alleiamoci con gli elfi, gli unici in grado di smaterializzarsi. Senza dubbio vorranno aiutarci a liberare Hogwarts dagli invasori.”
“Splendida idea Hermione!”
“Geniale!”   
I Tassorosso, la cui sala comune era vicina alle cucine, si batterono una mano sul capo.
“Perché non ci abbiamo pensato prima!”
“Andiamo dagli elfi allora, non vedo l’ora di rivedere Dobby!” Luna batté le mani entusiasta.
“Andiamo nelle cucine!” Neville era già pronto, ma Harry lo trattenne.
“Possiamo evitarci il rischio, finché Marie e Draco non sono qui, è meglio che non sospettino di noi, o potrebbero impedir loro di raggiungerci.”
Si voltò di nuovo verso gli altri.
“Non spaventatevi, adesso chiamo il nostro elfo domestico. Kreacher!”
Crack. Crack. Crack.
“Studia studia Harry, quelli sono tre!”
“Padron Harry, Kreacher è ai suoi ordini. Chi vuole pedinare questa volta?”
“Harry Potter Signore! Dobby ha detto ad Aberforth che l’avrebbe rivisto presto!”
“Gonril è onorata di conoscerla, Signor Potter.”
Un’elfa che Harry non aveva mai visto, dalle lunghe orecchie slanciate, si inchinò fino a sfiorare terra con il naso appuntito, per poi guardarlo con grandi occhi rosati pieni di interesse.
“Kreacher, hai portato degli amici vedo.”
“Padron Harry, Kreacher non ha potuto far nulla per fermarli. Desideravamo incontrarla tutti e tre.”
“Anche noi, guarda caso. Perché?” Harry aveva un ottimo presentimento.
“Gli elfi di Hogwarts, sotto nostro incoraggiamento, hanno deciso di aiutare Harry e Marie Potter a sconfiggere Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e liberare il castello dai suoi cattivi e negligenti usurpatori!” Un secondo boato si levò dalla folla di ragazzi.
“Di un po’ Kreacher, hai già stampato questo proclama?” Domandò Ron.
“È perfetto, prendete nota Lavanda, Padma e Calì, o chiunque andrà a vandalizzare i muri.”
“Splendido, allora potete aiutarci fin d’ora. Ti ho proprio chiamato, Kreacher, per farci smaterializzare nelle cucine, ma Dobby e Gonril potrebbero aiutare altri due nostri gruppi.”
Gonril, con sua sorpresa, si fece avanti.
“Con tutto il rispetto Signor Potter, gli elfi Gonril, Dobby e Kreacher chiedono una promessa in cambio del loro aiuto, ed i loro colleghi richiederebbero una sua visita ufficiale alle cucine.” Ad Harry fece strano sentir parlare di “visita ufficiale”.
“Cosa chiedete, Gonril?” Domandò Hermione, con gli occhi che luccicavano.
Gonril in risposta si inchinò ad Hermione, con i grandi occhi pieni di ammirazione.
“Signorina Granger, onorevole fondatrice del C.R.E.P.A, Gonril ha sentito parlare molto di lei.” Hermione le sorrise, sorpresa. Gonril si irrigidì ed assunse un portamento solenne. La sua voce acuta si propagò per tutta la stanza.
“Gli elfi sopra citati domandano ai gemelli Potter ed alla fondatrice del C.R.E.P.A di impegnarsi solennemente a ripagare gli elfi dell’aiuto che forniranno nelle future battaglie, promuovendo maggiori diritti per gli elfi e maggiore rispetto da parte dei maghi!”
Hermione saltò sul posto dalla gioia, e cominciò a scuotere Ron per un braccio, felice come una Pasqua.
“Certo, certo! Hai visto Ron, avevo ragione, avevo ragione a lottare per loro!”
Fred accese il microfono e sollevò in alto il pugno.
“C.R.E.P.A, Voldy!”
Harry non poté trattenere una risata, ma quando si rivolse ai tre elfi era serio.
“Gonril, Dobby, Kreacher: avete la mia parola d’onore di mago che mi impegnerò solennemente a difendere i diritti degli elfi e la loro rappresentanza nella comunità dei maghi.”
Hermione ripeté la stessa formula, e fece apparire tre nastri argentei con ricamate quelle parole. Harry impugnò il suo ed intascò quello di Marie.
“Non appena mia sorella arriverà rinnoverà la promessa, non dubitate.”
“Dobby ne è felicissimo signore!”
“Ora possiamo aiutare i suoi amici, Signor Potter. Lei può visitare le cucine con Dobby, così gli altri elfi si mobiliteranno.”
Hermione, prima raggiante, tornò seria.
“Harry, non dobbiamo dimenticarci che se rimaniamo nella stanza, Marie Draco potrebbero non riuscire ad usarla ed apparire tramite l’armadio. Ora è il momento buono per uscire tutti, fare quello che dobbiamo fare e poi aspettare che arrivino. Possiamo rifugiarci nelle cucine, e ci troveranno usando la mappa.”
Harry era dubbioso: raggiungerli nelle cucine sarebbe stato tutt’altro che facile.
“Va bene, ma dovremo mettere degli elfi di ronda, di modo che quando escano dalla stanza possano guidarli alle cucine senza pericolo.”
“Allora, ascoltate tutti! Dovete formare tre gruppi, ognuno collabrerà con un elfo, e ci ritroveremo nelle cucine.
Uno si occuperà di scrivere sul muro della Sala Grande “Libereremo il castello dai suoi usurpatori” O quello che vi aggrada, avete capito il succo, insomma.”
“Ce ne occuperemo noi!”
Gridarono all’unisono, e determinate come mai prima, Lavanda, le sorelle Patil e Cho.
“Un altro gruppo libererà i prigionieri nei sotterranei, e li porterà nelle cucine.”
“Questo possiamo farlo noi, abbiamo già esperienza”
Terry Boot, Ernie, Michael Corner e Anthony Goldstein annuirono impazienti.
Un terzo deve avvisare i Capi delle Case McGranitt, Sprite e Vitious della battaglia imminente. Dite loro che Voi-Sapete-Chi presto attaccherà Hogwarts, e di tenersi pronti.
“Ci andrò io Harry, mi prendono molto sul serio ora.” Disse Neville, orgoglioso.
“Perfetto. Già che ci sei Neville, usa i galeoni dell’ES per chiamare chi sia ancora assente e fallo andare alla testa di Porco. Mi riferisco soprattutto a Dean.”
“Fred, George, Lee, trasmettete che tutti coloro che vogliono lottare contro Voi-Sapete-Chi devono recarsi ad Hogsemade, alla Testa di Porco.
“Sicuro Harry? Aberforth ti ammazza…” Lee scherzava solo a metà.
“Sicuro. Lee e Seamus, prendete quelle scope e cercate due squadre di Quidditch, capitanate da Wynn Embrey e Viktor Krum. Se il galeone di Dean funziona, saranno presto di nuovo ad Hogsmeade e il villaggio sarà sicuro, quindi non dovrebbero essere tutti costretti ad ammassarsi alla Testa di Porco. Rimanete lì con loro e istruiteli sulla situazione generale, state pronti alla chiamata.” Riprese fiato, poi, sbraitò per farsi sentire sopra il chiasso.
“Esercito di Silente, sull’attenti!” Silenzio.
“Il segnale di via libera sarà sul vostro galeone: si scalderà e porterà le parole: Ad Hogwarts, si combatte! A quel punto, rovesceremo Piton con l’aiuto degli elfi, dei direttori delle case e di tutti coloro che sarete riusciti a riunire. Poi, arriverà la parte seria, ma ora di lì spero di non essere il solo a dirigevi.”
Harry si asciugò il sudore dalla fronte, prese Ginny per il braccio e si diresse verso i gemelli, prima che cominciassero a trasmettere.
“Fred, George, Ginny, dovete avvisare Bill e l’ordine, da casa di zia Muriel e da Villa Conchiglia” Non voleva farsi sentire dagli altri compagni, l’Ordine era pur sempre segreto.
“Facevo sul serio dicendo che ci ritroveremo Voi-Sapete-Chi sul collo, e lì non ci basterà l’ES. Io, Ron ed Hermione dobbiamo cercare un oggetto, con l’aiuto di Luna.”
“Benissimo generale Potter!” Fred mimò un soldato sull’attenti, ma poi tornò serio.
“Non ti preoccupare Harry, Marie arriverà, e sono sicuro che non si è perso per strada nemmeno quel Malfoy.” George gli mise una mano sulla spalla.
“Prima però dobbiamo sloggiare!”
“Ben detto Freddie. Forza Lee, trasmissione lampo, anzi, fulmine!”
Ginny lo abbracciò ed Harry non pensò a nulla, in quel momento, se non a quanto l’amava ed a come avrebbe voluto che quell’abbraccio durasse in eterno.
“Ci si vede, Potter” Rubarono un ultimo bacio, e poi si voltò verso i gemelli, i capelli infuocati che danzavano dietro di lei.
“Harry, a me non hai dato istruzioni, o sbaglio?” La voce di Luna lo fece tornare sulla terra.
“No Luna, hai ragione. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Verresti con noi nelle cucine, per poi aiutarci a trovare un oggetto di Corvonero? Tu sei la persona adatta, conosci molte leggende e Corvonero è la tua casa. È un oggetto molto importante per distruggere Tu-Sai-Chi.
“Ma certo Harry! Non vedo l’ora di incontrare altri elfi.”
“Affrettiamoci allora.” Alzò il volume, rivolgendosi a tutti.
“A breve vi manderemo degli elfi in aiuto, poi, ricordatevi, la Stanza deve rimanere vuota. Una volta compiuta la vostra missione, ci ritroviamo tutti nelle cucine.”

*

Piton stava osservando con livore il ritratto del vecchio Preside, i piedi incrociati sulla scrivania. Aveva scoperto di trarre enorme piacere da quel piccolo gesto di affronto verso l’uomo che gli stava dando ordini anche ora che era morto, e lui l’aveva ucciso.
Appena Bellatrix aveva tolto il disturbo, era piombato nel medesimo stato di noia in cui si trovava durante le sue notti insonni.
Il pandemonio scoppiato ad Hogsmeade era un sicuro segno che si erano già intrufolati nel castello; tanto meglio, gli facilitava di molto le cose che Bellatrix fosse arrivata in ritardo, ma il tutto risultava ancora mortalmente noioso. Certo, era all’erta e non aspettava altro che i due giovani cadessero nella trappola entrando nel suo ufficio, alla ricerca vana di ingredienti.
Ma ciò non cambiava il fatto che da quando sapeva di dover morire, ogni cosa gli appariva monotona e futile; solo i suoi ricordi gli davano un po’ di sollievo.
Fra tutti i tuoi astuti piani, Silente, non ti è mai passato per quella tua brillante mente che volessi redimermi. Ora, ho trovato il modo, e non me lo potrai impedire, Albus.
Giocherellò con la fiala in cui volteggiava placido un unico, lungo e composito ricordo, assemblato durante quelle suddette notti insonni e tediose.
Giocare al gatto e il topo con Malfoy e la Potter tuttavia rimaneva un diversivo succulento, dopo tutto. Così, lasciò la fiala nel suo sottile trespolo di cristallo, dove una volta stava Fanny la Fenice, e tolse con teatrale gravità i piedi dalla scrivania, intenzionato a tornare nel suo vero ufficio.
“Villano!” Squittì rabbioso Dippett dal suo quadro, ma Piton non gli gettò nemmeno un’occhiata.
Nonostante potesse con pieno diritto trastullarsi nella consapevolezza che fra tutte le pedine in gioco, lui era l’unica in grado di prevedere alcune delle mosse più cruciali in assoluto, e sapesse ben più dei Potter, e perfino di più di Voldemort, ignorava il motivo per cui Bellatrix fosse arrivata in ritardo. La strega si era intrufolata nel suo ufficio, rompendo con poche difficoltà gli incantesimi che Piton aveva messo a sua protezione, per impossessarsi di una piccola fiala di Polisucco.
Bellatrix non sopportava di essere agli ordini di Piton, e rubare dal suo ufficio soddisfava la diabolica bambina dispettosa in lei, così come il piano che aveva architettato. Sapeva che probabilmente non sarebbe risultato fatale ai Potter, ma li avrebbe di certo ostacolati, e, messa alle strette, era ben più che una consolazione. Aver dovuto abbassarsi ad usare quello spocchioso di Zabini come marionetta era fastidioso, ma probabilmente avrebbe fatto una brutta fine, e quella consapevolezza la rallegrava.

*

“Ehi Wynn, non ne è rimasto nemmeno uno, che facciamo?”
Alwyn guardò l’ultimo Mangiamorte precipitare senza un briciolo di stile e schiantarsi sul tetto dei Tre Manici di Scopa, o meglio, provvisoriamente Quattro.
Cadfan e Volkanov affiancarono i rispettivi capitani, ripulendo le loro mazze con un colpo di bacchetta.
“Perché non andiamo a farci una burrobirra?” Broderick studiava dall’alto i Tre Manici.
“Una inglese? Ma ti è partita la pluffa, Bran?”
“Andiamo Lewis, lo dice anche Volkov qui che la burrobirra è buona, e lui è cresciuto a superalcolici.”
“Tanto lo so che tu vuoi solo mettere i piedi a terra per fumare, Bleddyn.”
“Falso, posso farlo benissimo in volo, s’è per questo.”
Dacey fece per estrarre la pipa, ma Wynn lo bloccò. Krum reclamò la sua attenzione.
“Io e la mia squadra dice di scendere ed aspettare. Potter avrà ancora bisogno di aiuto.”
Krum urlò qualcosa ai suoi, che gridarono in assenso.
“Certo, Harry non esiterà a chiamarci di nuovo!” Dean si beccò un’occhiataccia da Krum.
“Nel frattempo potrebbero arrivare altri Mangiamorte, non abbassate la guardia.”
Wynn scoccò uno sguardo particolarmente pungente a Bleddyn. La sua squadra era come una famiglia per lui, e sebbene sapesse che se la cavavano tutti alla grande dopo mesi di vita selvaggia ed agguati più o meno pericolosi, Bleddyn si cacciava sempre nei guai.
“Non ti preoccupare Wynn, ci penso io a lui.” Alwyn affiancò il fratello, scrutando la luna.
Nel frattempo Krum si era già diretto verso la Testa di Porco, dove era certo di aver visto una luce. Per giunta, i Tre Manici di Scopa gli ricordavano quella megera di una giornalista che ronzava sempre intorno ad Hermione.
Le strade di Hogsmeade erano invase da maghi e streghe in vestaglia, stralunati ma euforici nel vedere i Mangiamorte stramazzati a terra.
“Questo qui ci è rimasto secco. Ma proprio sul mio tetto doveva atterrare, disgraziato!” Madama Rosmerta si trovava a dieci metri d’altezza, osservando il danno alle sue tegole.
Gli altri abitanti del villaggio avevano già legato ed imbavagliato i restanti Mangiamorte, alcuni dei quali, scoprirono con una certa delusione, si rivelarono essere Ghermidori.
Furono gettati senza tanti complimenti nelle cantine di Mielandia, che ebbero cura di sigillare.
“Che diavolo succede sta notte, non si può proprio chiudere occhio qui.
“Ve la faccio pagare due galeoni io, la burrobirra, a quest’ora. E che non vi venga in mente di farla diventare un’abitudine, solo perché il mio pub è diventato una stazione ferroviaria.”
“Eddai Ab, lo sappiamo che ti sai divertire la sera, per una volta puoi condividerla con noi.”
“Lee!” Ruggì Dean, saltando addosso all’amico.
“Cercavo proprio te, maledetto fuggiasco! Ti sei dato alla bella vita mentre io lavoravo eh?”
Un tavolo più in là, Bleddyn sussurrava all’orecchio del fratello.
“Spero che scoppi una battaglia, con i Potter al castello. L’unica cosa che vorrei da questa notte, è mettere le mani su Greyback.”
Alwyn mandò giù il suo Whisky incendiario in un colpo solo.
“Anch’io Eddie, e lo incastreremo, questa volta non ci scapperà, fosse l’ultima cosa che faccio!”
I due fratelli guardarono cupi il fondo dei loro bicchieri, e prima che potessero accorgersi di quanto fossero unti, Beaven e Lewis gli furono addosso con la loro solita traboccante energia di battitori. La Testa di Porco non era mai stata tanto affollata, ed Aberforth non poteva fare a meno di pensare che quella notte era appena cominciata.

*

Piton era furioso. Appena avvicinatosi alla porta dell’ufficio, aveva intuito che qualcosa non andava. Qualcuno aveva rotto gli incantesimi di difesa. Si scaraventò dentro, e gli occorse una frazione di secondo per accorgersi di cosa mancava: Pozione Polisucco.
Possibile che la maggior parte dei maghi fosse in grado solamente di rubarla, quella pozione?
Non potevano essere stati i Potter, o Malfoy, a loro non era di alcuna utilità.
Ecco perché Bellatrix era in ritardo, stolto!
Corroso dalla rabbia, faceva su e giù per lo stanzino umido e straripante di boccette e creature immerse in liquidi sinistri, gettando di tanto in tanto uno sguardo allo specchio una volta appartenuto ad Alastor Moody. Delle figure si agitavano, sempre più nitidamente, nel vetro nebuloso. Piton era improvvisamente stanco e stufo di aspettare.
La parte più austera di lui attribuiva quell’impazienza al tedium vitae che non li dava tregua ormai da mesi, ma in cuor suo sapeva che bramava il piccolo viso impertinente che gli aveva permesso, e poteva ancora donargli, attimi di dolce illusione.
“Fatti avanti Potter, è ora di smetterla di aspettare nell’ombra.”
La figura nello specchio si mosse, ed un istante dopo fronteggiava Piton, impugnando la bacchetta nella sinistra ed il Principe nella destra.


Angolo dell’autrice

Allora, non odiatemi per aver lasciato il capitolo così sospeso!
Non preoccupatevi, aggiornerò presto, vi voglio un sacco di bene, dopo tutto;-)
Finalmente abbiamo scoperto in quale occasione Draco ha intravisto la scintilla della salvezza nello sguardo di Marie. Con questo capitolo, ci siamo riallacciati al prologo.
La battaglia si avvicina, ed Harry e Marie presto potranno finalmente riabbracciarsi.
Harry, essendo abituato ad agire in compagnia fin da prima che sapesse camminare, è più socievole ed incline alla collaborazione che nell’originale.
Hermione ha finalmente assaporato la vittoria, alla faccia di tutti gli sbuffi e gli occhi al cielo di Ron ed Harry; i nostri elfi si sono rivelati provvidenziali, ma non sono sprovveduti.
L’ES, senza di loro, faticherebbe parecchio ad eseguire gli ordini di Harry.
La storia dei fratelli Dacey, con la benedizione di Draco e dei gemelli, dovrà pazientare un po’ per svelarsi, ma pian piano scopriremo di più su questi due provetti piloti di Firebolt.

Sono curiosissima di sapere cosa ne pensate, la vostra opinione conta molto per me, e sono
enormemente grata a tutti i miei recensori ed a voi lettori silenziosi.

Vi ringrazio di cuore e spero apprezziate il capitolo.
A presto,
Claire

P.S Mi scuso per gli errori di battitura presenti nell'aggiornamento del 20/notte del 21, quale svista! La data è 2 maggio, anche se ero in dubbio per molto tempo: insomma, Voldemort è stato ucciso il 2, quindi la battaglia era forse il primo maggio? Vabbé , per semplificare le cose, è il 2 maggio come nei resoconti.


  
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