Incredibile
come i nostri desideri possano spingerci a oltrepassare ogni nostro
limite, permettendoci di compiere gesta estramamente grandiose o
orrendamente vili.
-Rin.-
Il
grande corpo di Naraku stava cominciando a cedere probabilmente sotto
i colpi combinati dei due Inuyokai e del gruppo di Inuyasha, ma Rin
poteva tranquillamente ammettere di non avere più paura.
La
stretta allo stomaco e la voglia di vomitare erano completamente
spariti nel preciso istante in cui, aprendo gli occhi, aveva
avvertito sulla guancia la dolce carezza della mano artigliata di
Sesshomaru.
Ora
tutto andrà per il meglio.
Poco
distante da lei volava la Regina Vibeke stesa sulla groppa del
proprio cavallo alato e perfettamente guarita dagli enormi squarci,
ma ancora debole da non riuscire a star seduta.
Aveva
seriamente temuto il peggio per l'occidentale. Vibeke rimaneva umana
nonostante fosse eternamente legata a Daiki e Rin era abbastanza
sicura che nessuno avesse mai testato fino a che punto
l'eternità
della Regina si potesse spingere.
A
voler essere sincera, la bambina aveva seriamente creduto che la
bionda sarebbe morta.
Vederla
sveglia e sana, seppur distesa ed esausta, le riempiva il cuore di
gioia.
Le
voglio bene.
Non
smetteva mai di restare sorpresa da quell'umana tanto diversa da lei,
non poteva fare a meno di ammirarla: la sua famiglia le aveva voltato
le spalle e l'aveva maledetta, ma lei ne era uscita più
bella e
forte di prima.
Sperava
di cuore di poterla trattenere, almeno un po', nella sua vita per
poterla conoscere meglio.
L'ennesimo
lembo di corpo di Naraku si staccò e cadde verso di loro,
Vibeke ne
sarebbe stata schiacciata se Sesshomaru non avesse usato la sua
Bakusaiga.
Rin
sorrise, quel demone bianco aveva il cuore più bello che
avesse mai
visto.
Guardò
la Regina e sospirò, pareva nuovamente prossima a svenire e
il suo
colorito già candido stava via via assumendo sempre
più una
sfumatura malsana.
Poverina
è esausta.
Avrebbe
voluto fare qualcosa, poterla aiutare in un qualche modo, ma sapeva
che c'era ben poco da fare.
Quando
sarà finito tutto accenderemo un grande fuoco per tenerla al
caldo e
l'aiuterò a lavarsi i capelli, così
potrà dormire meglio. E se
vorrà, io e Jaken andremo a caccia per lei.
-Come
state, Regina Vibeke?-
L'altra
si sforzò inutilmente di sorridere ma le sue labbra si
piegarono in
una smorfia poco rassicurante. -Alla fine starò bene, ne
sono certa.
Tuttavia, finchè il miasma di Naraku continuerà a
distruggere il
paesaggio esterno, la sofferenza della natura sarà anche la
mia.-
Sente
il dolore della natura?
Aveva
senso, a ben pensarci.
-C'è
qualcosa che possiamo fare per aiutarla?-
Sentì
la braccia di Kohaku stringerla appena nel tentativo di bloccare il
suo eccessivo sbilanciamento verso la bionda, Rin gli sorrise appena
e tornò a concentrarsi sulla Regina, la quale le sorrise
appena
prima di chiudere gli occhi e accasciarsi.
Daiki
le era accanto e la teneva sotto controllo, ma pareva essere
consapevole di non poter far nulla per aiutare la compagna se non
uccidere definitivamente Naraku.
Sesshomaru
continuava con la sua magnifica Bakusaiga a far strada a tutti,
sgretolando con i suoi fendenti ogni possibilità di
rigenerazione
del corpo in cui si trovavano.
Era
maestoso e tronfio, bello come nessun altro.
Il
demone bianco puntò per un solo istante le iridi d'oro su di
lei e
Rin non riuscì a trattenersi dal sorridergli nonostante
indossasse
la maschera anti-miasma di Sango.
Il
demone maggiore parve intuire la piega delle sue labbra e per un solo
istante a Rin parve di vederlo sorriderle di rimando. Sgranò
gli
occhi, meravigliata.
Non
era stato di certo un sorriso pieno, di quelli che solitamente gli
dedicava lei con tutti i denti in mostra e le fossette ben incise,
non sarebbe stato da Sesshomaru lasciarsi andare in quel modo. Era
stato piuttosto un leggero rilassamento di tutto il volto, come se
per qualche istante fossero stati seduti in una radura e non nel
mezzo di uno scontro.
Tuttò
andrà per il meglio, alla fine.
Nel
profondo delle iridi d'oro del Grande Demone Cane che l'aveva accolta
sotto la sua protezione, Rin aveva notato la presenza di sentimenti
così violenti e intensi che il solo pensarci la metteva in
allerta.
Non
riesci più a nasconderli.
Nel
profondo del suo cuore di bambina, Rin sapeva.
La
morte di Naraku avrebbe portato cambiamenti nelle vite di tutti
quelli che lo stavano combattendo e Rin sapeva che quei cambiamenti
avrebbero investito anche la sua esistenza.
E
non potrò ribellarmi.
Il
fragore dell'ennesimo ammasso di carne che collassava su sé
stesso
la ridestò dai suoi pensieri: tutto attorno a loro il corpo
del
ragno era colto da spasmi violentissimi e Sesshomaru e Daiki non
parevano intenzionati a smettere di danneggiarlo.
Ormai,
è la fine.
Dopo
l'ennesimo fendente del Sovrano delle Terre dell'Est, finalmente
arrivarono dinnanzi al loro nemico e Rin sorrise quando
sentì Kohaku
sospirare sollevato: Inuyasha era già arrivato e Kagome,
Sango e
Miroku stavano bene.
-Eccovi
qui, tutti insieme.-
Rin lo
guardò bene e per la prima volta provò disgusto
per quello che era,
per cosa rappresentava.
Il
lato oscuro dell'umanità.
Così
concentrato sul proprio egoismo da aver perso sé stesso.
Vibeke
aveva riaperto gli occhi e per la prima volta da quando il suo
fattore rigenerante era entrato in funzione pareva essere vigile e
pronta a lottare, se necessario.
Nessuno
dei presenti riuscì a fare molto prima che Naraku e la sfera
diventassero una cosa sola.
E
adesso?
Rin
era stata sicura che dinnanzi al nemico, sarebbero bastati un paio di
colpi di Sesshomaru per porre fine allo scontro.
Che la
Sfera dei Quattro Spiriti fosse così cattiva, la bambina non
avrebbe
mai potuto immaginarlo.
Naraku
cambiò completamente aspetto, abbandonando qualunque
caratteristica
lo avesse reso simile ad un demone o ad un umano: era orrendo con
capelli argentei, occhi rossi e un corpo spigoloso e marrone, a Rin
pareva fatto di legno.
Arrivò
presto anche il miasma, concentrato in ammassi violacei velocissimi.
Sesshomaru
e Daiki non permisero a nessuno di questi di oltrepassare la loro
persona, ma Rin comprese quanto questo veleno fosse diverso da quello
precedente.
È
più forte persino di quello che aveva avvolto e sciolto le
carni
della Regina Vibeke.
Fortunatamente
indossava la maschera di Sango, eppure questa pareva non aver effetto
alcuno: Rin percepiva il gusto amaro di quel gas sulle labbra e i
suoi polmoni erano ormai colmi del suo odore acre.
Sesshomaru
si avvicinò loro.
Non
separiamoci.
-Jaken..-
Non
separiamoci.
-Dite,
Padron Sesshomaru.-
Per
favore, non separiamoci.
-Uscite
di qui.-
Rin
sospirò per nulla felice della scelta dello Inuyokai ma non
osò
dire nulla, l'occhiata attenta di Sesshomaru non le permise di farlo.
So
che lo fai per me, eppure..
Jaken
aveva aspettato quel comando di Sesshomaru fin da quando aveva deciso
di entrare, lo sapevano tutti, quindi la bambina non riuscì
a
stupirsi della velocità con cui il piccolo demone
eseguì.
Lei si
voltò a guardare nuovamente Sesshomaru e sorrise nel vedere
che gli
occhi di lui non l'avevano abbandonata neanche per un istante.
-Fate
attenzione Signor Sesshomaru.-
Il
cavallo alato di Vibeke li affiancò velocemente e Rin
pensò che
quella fosse infondo la scelta migliore.
Aveva
cominciato a seguire il demone bianco appena questi, dopo averle
salvato la vita, aveva ripreso il suo cammino senza mai voltarsi
indietro.
Aveva
imparato dal piccolo servitore che si portava appresso (e che
inizialmente aveva chiesto di farsi chiamare Rispettabile Jaken) che
il demone bianco era il Principe Ereditario delle Terre dell'Ovest e
che portava un nome da guerriero.
Sesshomaru.
Nessuno
poteva eguagliare la sua forza, nessuno osava guardarlo direttamente
negli occhi preferendo chinare rispettosamente il capo in sua
presenza ed avere la vita salva.
Rin
sapeva di aver già infranto la maggior parte delle regole di
comportamento richieste di fronte ad un Principe Demone, ma il suo
essere un cucciolo di ningen probabilmente la salvava da qualunque
possibile punizione.
Avevano
iniziato a camminare che il sole era alto nel cielo e oramai le prime
stelle stavano cominciando a spuntare timide quando Padron
Sesshomaru aveva arrestato la sua camminata.
-Jaken,
procurale del cibo.-
Il
piccolo demone verde aveva annuito, anche se contrariato, ed era
sparito a cercarle del cibo dopo aver acceso un piccolo falò
(-per
tenere al caldo il cucciolo ningen- si era giustificato Jaken).
Sesshomaru
allora aveva puntato le sue iridi dorate su lei e Rin, nonostante le
mille raccomandazioni, non riuscì ad abbassare lo sguardo,
troppo
affascinata dalla creatura che aveva dinnanzi.
-Quale
è il tuo nome?-
Aveva
allora sentito un leggero sfarfallio alla gola mentre il cuore
scoppiava di felicità, irradiando tutto il suo corpo di
caldo
affetto.
Non
era più riuscita a parlare da quanto aveva visto la sua
intera
famiglia venir uccisa, ma non poteva tacere dinnanzi una creatura
simile.
-Rin.-
Il
primo tentativo uscì basso e roco, lei stessa
faticò a comprendere
cosa avesse appena detto.
Si
schiarì la gola e puntò lo sguardo dritto in
quello del demone.
-Rin,
il mio nome è Rin.-
Lui
l'aveva guardata senza dire nulla, la bambina allora prese coraggio.
-Il
Vostro nome?-
-Mi
pare tu lo sappia.-
Rin
ridacchiò. -Avete ragione, ma vorrei che ci presentassimo
personalmente.-
L'immortale
l'aveva studiata per qualche istante, poi si era voltato verso il
fuoco che scoppiettava poco distante.
-Sesshomaru.-
Non
aveva usato titoli, nel presentarsi a lei.
-Signor
Sesshomaru, è davvero così strano per un Demone
portarsi dietro una
bambina umana?-
C'era
innocenza nella sua domanda, sul serio.
Conosceva
il punto di vista dei ningen perchè lei stessa lo era e
più volte
aveva ascoltato le vecchie del suo villaggio d'origine raccontare di
come fossero perfidi i demoni.
Mescolarsi
coi demoni, secondo la società umana, significava macchiarsi
irrimediabilmente.
Erano
trascorse già tre stagioni da quando avevano iniziato a
camminare
assieme e Rin si era accorta di potersi permettere confidenze che
nessun altro avrebbe potuto avere.
Lei
si era sempre impegnata a non infastidirlo imparando a cacciare,
pescare e a non fare domande sulle sue azioni; Sesshomaru l'aveva
ricambiata con un nuovo kimono, protezione assoluta e cedendole
Ah-Un.
Il
dono più gradito? Quando il tramonto si colorava dei colori
più
belli, il giovane demone le permetteva di camminargli accanto e ogni
tanto rispondeva alle sue curiosità.
Lui
la guardò in quel preciso istante, incuriosito dalla domanda.
-Intendo
dire, gli umani condannano la cosa. Ma nella società dei
Demoni, è
davvero terribile?-
Jaken
era allora intervenuto, rimproverandola per la stupidità
della
domanda e sottolineando il fatto che era praticamente incomprensibile
il perchè una creatura immortale dovesse perdere tempo con
qualcuno
che si sarebbe consumato in un battito di ciglia.
Non
era cattivo, il piccolo kappa, semplicemente non conosceva la
delicatezza richiesta per trattare con un cucciolo.
Sesshomaru
allora aveva messo a tacere il suo servitore con un'occhiata e poi
aveva posato una mano sul capo di Rin.
-Ha
davvero importanza?-
Rin
allora aveva sorriso, negando con il capo.
Se
a loro andava bene così, perchè preoccuparsi
degli altri?
La nausea era ormai insopportabile e il sangue
sembrava bollirle, tanto
era il dolore che percepiva fisicamente.
Aveva
accettato di uscire dal corpo del ragno perchè sapeva che
sarebbe
solo stata un peso per la battaglia e non voleva dar a Naraku altri
vantaggi su di lei, inoltre necessitava di ripristinare il naturale
equilibrio del paesaggio se voleva recuperare le forze e la
lucidità.
Aprì
gli occhi nel preciso istante in cui avvertì l'aria nei
polmoni
diventare fresca e pulita, poi puntò lo sguardo verso il
paesaggio
circostante e quasi ebbe un mancamento tanto era diventato tutto
irriconoscibile.
Desolazione
assumeva un nuovo significato a partire da quel giorno, si disse
Vibeke.
Aveva
sempre pensato che morte e distruzione fossero quelli che lei aveva
lasciato nel castello dei Wedel-Saacht, ma ora che aveva davanti agli
occhi quello di cui era stato capace Naraku, Vibeke si trovò
a dover
ricalibrare il suo metro di paragone.
L'erba
era sparita in tutta la vallata, gli alberi erano appassiti e alcuni
si erano addirittura accartocciati su sé stessi, i piccoli
animaletti che non erano riusciti a fuggire giacevano a terra e di
loro era rimasto appena qualche osso.
Il
terreno stesso aveva assunto un colore grigio impensabile, segno di
un'infertilità che senza il suo intervento non sarebbe stata
curabile.
Sentiva
il dolore comprimerle il capo e la nausea pareva aumentare sempre
più
mentre la natura sfigurata urlava senza sosta una richiesta d'aiuto.
L'enorme
ammasso di carni e veleno si stava spostando ed ogni lembo di corpo
che si staccava precipitava a terra solidificandosi e diventando un
blocco di miasma puro.
Se il
gas all'interno del corpo era stato terribile, quello che Naraku
aveva emanato all'esterno sembrava essere ancor peggiore.
Vibeke
sgranò gli occhi sorpresa quando i massi velenosi
cominciarono a
colpire terreni coltivati, spaventando gli umani di un piccolo
villaggio.
Non
vorrà davvero..
Naraku
voleva distruggere Musashi, ormai il suo piano pareva evidente.
Vibeke
non poteva capire il motivo di quella scelta, ma non poteva far altro
che provare con tutte le sue forze a salvare il salvabile visto che
tutti i combattenti più forti si trovavano ancora
all'interno del
corpo e non potevano sapere quale folle indea avesse il mezzodemone.
Tocca
a me.
Guardò
Rin e fece segnò a Jaken di alzarsi maggiormente in volo,
certa che
presto il miasma sarebbe fuoriuscito anche da dove si trovavano loro.
Prese
un grosso respiro, si accertò di avere Eien con
sé e poi chiese a
Kin di portarla a terra.
Il
cavallo parve capire immediatamente le sue intenzioni perchè
scese
in picchiata e, dopo averla lasciata a terra, si diresse verso la
sacerdotessa umana del villaggio e attivò la sua aura,
proteggendo
tutti gli umani che lo circondarono.
-Regina
Vibeke, è pericoloso! Venite via!-
Non
prestò attenzione a Rin, in quel preciso istante non poteva.
Piantò
Eien a terra in modo da poter godere della sua protezione, poi si
concentrò e alzò le mani al cielo.
Per
gli umani presenti fu come assistere ad un miracolo: Vibeke
cominciò
a far rinascere ogni pianta sacrificata dalla cattiveria umana e
così
erba, alberi e colture spuntarono inizialmente timidi dal terreno e
poi crebbero più alti e floridi che mai.
La
vista di Vibeke si stabilizzò, il capo smise di pulsare e
finalmente
le tornarono la forza e la determinatezza di cui tanto necessitava.
Non posso distruggerti ma posso rovinare
il tuo piano, Naraku.
Le
liane di cui si serviva solitamente partirono da lontano, dai fianchi
dei monti circostanti il villaggio; Vibeke stessa diede loro la forza
di crescere e allungarsi ed inspessirsi per provare poi a circondare
il corpo del ragno.
Sapeva
che al solo contatto con il corpo le liane sarebbero rinsecchite
quindi per ognuna di esse che cresceva, ve n'era già una che
spuntava nuova e pronta a sostituirla.
A
noi due, mezzodemone.
La
prima serie di liane si alzò e andò a circondare
il ragno,
riuscendo per pochi istanti a fermarne l'avanzata; Vibeke sperava di
poterne far ricrescere le punte mozzate dal miasma ma il gas pareva
sgretolarle fin dalle radici.
Stava
usando tutte le sue forze e nonostante l'aver sistemato la
maggioranza del paesaggio le avesse dato nuove forze, il costante
cadere di blocchi di miasma stava distruggendo tutto di nuovo.
Presto
il corpo cadrà.
Strinse
i denti e piantò saldamente i piedi a terra, poi
alzò nuovamente le
mani e centinaia di liane braccarono il ragno.
Tra
poco usciranno anche gli altri, devo solo tener duro un altro poco.
Il
millenario palazzo dei Wedel-Saacht stava crollando completamente
avvolto dalle fiamme.
I
padroni di quel magnifico edificio avevano perso la vita ben prima
che il palazzo fosse arso dalle fiamme e la consapevolezza che di
loro non sarebbe rimasto nulla le allietava l'anima.
Vibeke
Ulykke dei Wedel-Saacht stava seduta sul pendio di una collina poco
lontana ed ammirava estasiata la sua opera migliore.
Erano
morti tutti.
Aveva
vinto.
Avrebbe
portato con sé in eterno il ricordo di come suo padre avesse
sgranato gli occhi quando si era accorto di essere prossimo alla
morte.
Ghignò
soddisfatta.
Sapeva
che i ricordi non sarebbero cambiati, ma aver cancellato per sempre
la propria casata dalle terre del nord la rendeva estramente
euforica.
Tutto
sarebbe stato più facile ora, anche la guarigione della
propria
anima.
-Spero
di non disturbare le tue preghiere.-
Vibeke
si era voltata stupita verso suo marito, poi aveva puntato nuovamente
gli occhi sul grande incendio.
-Non
ho alcun motivo per pregare. Non mi pento di quello che ho fatto.-
-Non
è peccato, uccidere?-
Vibeke
sorrise appena e annuì, ma non disse altro.
Aveva
atteso quella rivincita da tutta una vita e l'euforia del momento la
rendeva incapace di pensare a quanto il suo gesto fosse
cristianamente punibile.
Bruciare
all'inferno, dopo quello che aveva fatto, sarebbe stato un piacere a
cui non si sarebbe sottratta neanche in punto di morte.
Daiki
sospirò e poi puntò lo sguardo verso il castello
a sua volta.
-Avresti potuto avvisarmi, ti avrei accompagnata.-
Lei
annuì, poi allungò una mano e strinse quella di
suo marito.
-Lo
so, ma questa era la mia battaglia. Dovevo farlo da sola.-
Il
demone annuì e le si sedette accanto.
Stettero
seduti sul pendio di quella collina tutta la notte con gli occhi
fissi su quel fuoco, segno di distruzione e di rinascita, ma
abbracciati. Uniti.
Fu
come essere colpiti da un fulmine, tanto fu violento lo scossone che
lo colpì al cuore dopo aver visto i suoi occhi verdi.
Era
possibile per un demone innamorarsi a prima vista di una creatura che
probabilmente non avrebbe superato la notte e di cui non sapeva
nulla?
Doveva
salvarla.
L'aveva
presa tra le braccia nel preciso istante in cui era svenuta,
sopraffatta dalla perdita di sangue e dal veleno.
Chi
aveva osato ridurre una simile bellezza in quelle condizioni?
Aveva
disinfettato le ferite e le aveva trattate con erbe medicinali
demoniache ma Daiki sapeva di doverla portare assolutamente a corte.
Non
conosceva la sua identità, ma non voleva rischiare di
affidarsi ad
un curatore locale incapace quando a corte avrebbe potuto godere dei
migliori trattamenti.
Considerando
la quantità di sangue sulle vesti, Daiki comprese di non
avere molto
tempo a disposizione quindi la prese tra le braccia e volò
via,
sotto forma di sfera di energia, arrivando in pochissimo tempo presso
il magnifico Castello dei Sovrani dell'Est.
Suo
padre, Re Akihito, gli si sedette accanto mentre i servitori di
palazzo cercavano in tutti i modi di salvare quella sfortunata
mortale.
-Viene
da molto lontano, quella ningen.-
Lui
annuì.
-Avresti
potuto dirmelo, non ti avrei diseredato.-
Guardò
suo padre negli occhi e ridacchiò sprezzante. -Non ti ho
nascosto
nulla, non so neppure il suo nome. Eppure..-
Si
portò una mano al petto ed il padre parve capire
immediatamente la
situazione, tant'è che posò una mano sulla sua
spalla e gli rimase
accanto per tutta la notte.
Daiki
uscì dal corpo di Naraku accanto a Sesshomaru, certo che
ormai non
vi fosse più nulla da fare.
Ora
è una battaglia tra anime, tocca alla sacerdotessa porre
fine alla
storia.
Ripose
la spada nel fodero e sospirò esausto ma quando si
voltò a guardare
lo scempio che era il corpo del ragno, maledisse sua moglie e
cominciò a cercarla freneticamente.
Nonostante
apparisse come una demone, la sua anima era rimasta colma di
sentimenti umani e la predisposizione a mettersi nei guai era un
tratto assolutamente ningen.
Infondo,
l'amava anche per quello.
Nonostante
tutto quello che hai subito, trovi sempre il coraggio per difendere
gli innocenti.
La
trovò frapposta tra il villaggio umano e il corpo in
decadenza, con
le braccia alzate al cielo ed intenta a governare una
quantità
infinita di vegetali per cercare di evitare il disastro.
Daiki
la fissò ammaliato: con i capelli scompigliati e sporchi, le
vesti
occidentali colme di sangue nero e la pelle lucente di sudore era una
visione al dir poco sublime.
Gli
occhi poi, brillanti e determinati, erano quanto di più
bello avesse
mai visto.
Adorava
Vibeke in qualunque sua forma e apprezzava la regalità che
mostrava
nel muoversi elegante e silenziosa a palazzo, ma era sul campo di
battaglia che ella dava il meglio di sé e diventava la
creatura
degna di venerazione che era.
Determinata.
Colma di vita.
Vibeke,
battaglia. Forse tuo padre non ha sbagliato a donarti un simile nome.
Atterrò
al suo fianco, pronto a prenderla tra le braccia e salvarla nel caso
in cui le fossero mancate le forze e poco dopo vennero raggiunti
anche da Inuyasha e la sacerdotessa ningen.
-Appena
Vi darò il segnale, lasciate andare il corpo e mettetevi in
salvo.
Ci penseranno le mie frecce.-
Sua
moglie aumentò il numero di vegetali cercando di bloccare
l'avanzata
dell'ammasso di carni per dare tempo a Kagome di individuare il
bersaglio da colpire.
Avanti,
mocciosa ningen.
-Lasciatelo
andare, ora so dove colpire.-
Ogni
singola liana si ritirò, sparendo alla loro vista con una
velocità
inaudita e Vibeke cadde in ginocchio incapace quasi di riprendere
fiato.
Daiki
si alzò in volo con la bionda tra le braccia e
portò con sé anche
l'arma che un tempo era stata di sua madre.
-Sei
stata stupenda, mia regina.-
La
sentì rilassarsi completamente mentre un leggero sorriso
soddisfatto
le piegava le labbra piene.
-È
tutto finito?-
Il
demone guardò verso terra mentre la sacerdotessa purificava
l'intero
ammasso di miasma, ormai collassato a terra.
Le
baciò con devozione il capo. -Si, è tutto finito.-
Naraku
è morto.
-Quel
monaco non capisce nulla, Signor Sesshomaru.-
Il
demone aveva guardato la bambina con interesse, spingendola a
continuare.
-Intendo
dire, io vi seguo perchè lo voglio.-
Sesshomaru
annuì appena, consapevole che la bimba dicesse la
verità.
-Secondo
voi, perchè quel monaco ci teneva tanto a tenere distanti
umani e
demoni?-
Jaken
aveva sbuffato scocciato ed era intervenuto. -Ovviamente
perchè voi
ningen siete un peso per noi demoni, inoltre il tempo scorre in modo
diverso. Quando tu sarai vecchia, il Signor Sesshomaru probabilmente
non sarà invecchiato di un anno nell'aspetto.-
Rin
aveva allora abbassato il capo. -Signor Sesshomaru, potrò
seguirvi
anche quando sarò vecchia?-
Il
demone bianco anticipò il kappa ed annuì. -Se
sarà un tuo
desiderio, potrai.-
La
bambina aveva sorriso mentre Jaken aveva stampata in volto l'aria
più
scioccata che avesse mai visto. Lo spedì a prendere Ah-Un
per
salvarlo dalla sua ira.
-Terrete
sempre conto della mia volontà?-
L'aveva
guardata dritta negli occhi senza dubbi riguardo alla risposta. -Lo
giuro.-
Lei
sorrise felice, poi poggiò il mazzo di fiori che teneva in
mano
davanti ad una piccola pietra che portava il nome di una donna.
-Quando
morirò, voi vi dimenticherete di me?-
Lui
aveva sgranato gli occhi, colpito dal pensiero che quella bambina
presto sarebbe cresciuta, invecchiata e morta.
Non
aveva mai collegato la natura ningen di Rin all'idea della morte, ma
in quel preciso istante la consapevolezza del poco tempo che avevano
a disposizione lo spinse a giurare a sé stesso che avrebbe
trovato
un modo, qualsiasi modo, per tenerla con sé per
l'eternità.
-Non
dire sciocchezze.-
Sesshomaru
conosceva da sempre quei sentimenti ma ora che sapeva dar loro un
nome, gli pareva quasi di viverli più intensamente.
Dolore,
timore di perdere qualcuno a cui si tiene.
Perdita.
Era
inevitabile e non si sarebbe opposto, ma il solo pensiero di dover
lasciare Rin in un villaggio umano gli gelava il petto.
Era la
cosa migliore da fare.
La
bambina doveva crescere, imparare a fare pace con la sua specie e
soprattutto capire quali e quante possibilità la vita le
avrebbe
donato, oltre a Sesshomaru.
Quando
il tempo verrà, sarà lei a decidere.
I
festeggiamenti per la morte di Naraku si erano prolungati per quasi
tutta la notte, al villaggio di Musashi, nonostante Inuyasha e Kagome
fossero spariti nel Meido.
I
ningen infondo sono egoisti, ora che sanno di essere salvi non
gl'importa d'altro.
Rin,
nonostante fosse stata invitata più volte a sedere attorno
al grande
falò e a mangiare con gli altri bambini, era stata tutto il
tempo
attaccata alla sua mokomoko e si era nutrita solo quando Vibeke, dopo
una bella dormita, le aveva messo sotto il naso un piatto fumante e
colmo di carne, riso e pesce.
Aveva
riso, cantato e mangiato tanto da scoppiare ma non aveva mai lasciato
il suo fianco.
Rin
sapeva, non vi erano dubbi.
Aveva
faticato a farla entrare nella capanna della vecchia sacerdotessa per
farla riposare e quando la sua protetta aveva mostrato le prime gemme
di lacrime, Sesshomaru aveva dato la sua parola di principe che al
suo risveglio lui sarebbe stato lì, esattamente dove era
ora, in
piedi con la schiena poggiata alla capanna della Miko.
Puntò
lo sguardo al cielo e sospirò, la luna crescente quella
notte non
era particolarmente attraente.
Ha
la stessa forma del Meido di quell'impiastro. Chissà se lui..
Bloccò
immediatamente qualunque pensiero avesse cercato di formarsi nella
sua testa e ringraziò chiunque avesse deciso di uscire dalla
capanna
per la distrazione data.
Vibeke..
L'umana
sorrise appena e chinò leggermente il capo, in segno di
rispetto.
Il
demone la osservò con attenzione e notò subito
come avesse
completamente riacquisito le forze ed un colorito sano; non
potè
tuttavia impedirsi di alzare un sopracciglio al grezzo kimono che era
stata costretta ad indossare.
Vibeke
era nata principessa, nel sangue e nell'aspetto, e avrebbe meritato
solo gli abiti migliori; vederla indossare un tessuto così
modesto
era quasi un'onta che avrebbe meritato di essere lavata col sangue.
-Oh,
non guardarmi così. Le donne del villaggio si sono adoperate
con
tutte le loro forze per trovarmi un kimono decente. Manderò
loro
stoffe pregiate, una volta tornata al palazzo.-
Il
demone bianco non disse nulla.
L'umana
gli si avvicinò. -Rin si è addormentata e Jaken
con lei. Era
esausta, povera piccola.-
L'immortale
annuì appena, la Regina delle Terre dell'Est sorrise.
-La
lascerai qui?-
Lui
annuì nuovamente, distogliendo lo sguardo.
-Starà
bene, crescerà bene.-
Crescerà
lontana da me.
Non
aveva voglia di sentire chiacchiere inutili, la scelta era stata
fatta e lui sapeva che era la migliore in assoluto ma parlarne,
esternare quello che aveva dentro, era qualcosa che era assolutamente
incapace di fare.
E non
aveva intenzione di cominciare quella sera con una ningen, in un
villaggio di ningen.
Decise
allora di vertere l'attenzione dell'umana verso il futuro, verso il
rito che ella stessa si era impegnata a compiere su di Rin se questa
avesse deciso di stargli accanto.
-Il
rito. Come funziona?-
Vibeke
si coprì velocemente le labbra con una mano, sbadigliando
con
delicatezza.
-Non è
ancora giunto il tempo per parlare di questo ma ti prometto che
quando potrò dirti tutto, lo farò. So che non ti
è chiaro perchè
io mi sia proposta senza remore, ma un giorno tutto sarà
ovvio. Fino
ad allora, lasciamola crescere serena e felice, senza preoccupazioni
inutili. Dovrà scegliere con sincerità e
dovrà essere convinta con
tutta sé stessa che quella sia l'unica strada per lei
percorribile.
Strade come quella che ho percorso io ti divorano il cuore se vi
è
anche solo un accenno di tentennamento.-
Non
ha intenzione di dire altro, per il momento. Va bene così,
per ora.
La
osservò rientrare nella piccola capanna con più
dubbi di quanti ne
avesse prima.
Cosa
dovrà subire?
Che
strada dovrà percorrere?
Vale
la pena tormentarle il cuore invece di accettare la sua natura
ningen?
Sarebbe
presto sorta l'alba ma si augurò che il sole ritardasse
almeno un
po' la sua salita, lasciandolo lì un po' di più,
a percepire il
respiro sereno della piccola ningen che aveva accolto sotto la sua
ala.
Non
era mentalmente pronto a dire addio a quel piccolo ammasso di carni
mortali, tanto colmo di amore, e gioia, e vitalità da averlo
inizialmente stordito e poi deliziato.
Avrebbe
ripreso a viaggiare con Jaken e le sue domande troppo curiose, senza
più canzoni e filastrocche ad alleggerire la tensione,
avrebbe
dovuto dire addio anche ai mille e più mazzetti di fiori di
campo
che la bambina coglieva e gli dedicava, niente più risa
genuine a
fargli staccare la mente dalle sue strategie militari.
Nessun
cucciolo di ningen per cui cacciare o a cui portare qualche frutto
dopo una lunga battaglia, nessuna bambina fradicia di neve da
avvolgere nella mokomoko dopo i suoi giochi infantili.
La
vita, senza Rin, pareva più grigia e triste di quel che
ricordava.
Il
primo raggio di sole apparve timido, cominciando a scaldare il colore
del cielo.
È
arrivato il momento.
Poco
dopo una piccola testolina fece capolino dalla spessa tenda che
riparava l'uscio della modesta abitazione, gli occhioni assonnati ci
misero qualche istante prima di metterlo a fuoco e poi Rin sorrise,
rasserenata.
-Avete
mantenuto la promessa, buongiorno Signor Sesshomaru.-
-Vieni
Rin, dobbiamo parlare.-
Era
sveglia, la piccola ningen.
Lo era
abbastanza da concedergli di allontanarsi di qualche passo dal
villaggio, prima di anticiparlo.
-Volete
lasciarmi qui, Sesshomaru?-
No.
-Si.-
Gli
occhi della bambina si riempirono immediatamente di lacrime dal
profumo acre, più disperate di quelle piante nel corpo di
Naraku.
-Avevate
promesso di rispettare la mia volontà.-
La
cosa giusta non corrisponde a quello che vuoi, un giorno capirai.
Un
giorno, se vorrai, ci riuniremo.
-Non
sto infrangendo quel giuramento.-
-No?-
La
fulminò con lo sguardo, quel tono inquisitorio non gli
piacque
neanche un po'.
Lei,
realizzando lo sbaglio commesso, chiuse gli occhi e lo
abbracciò con
forza singhiozzando tanto forte da non riuscire quasi a respirare.
-Mi
dispiace per come vi ho risposto, Signor Sesshomaru. Ho forse
sbagliato qualcosa? Sono diventata un peso?-
Le
carezzò appena una guancia, asciungandole un paio di lacrime.
-Voglio
solo che tu impari a stare coi tuoi simili, Rin. Non ti sto
abbandonando.-
-E se
io non volessi?-
Sesshomaru
si lasciò scappare un sospiro. -Quello che vuoi e quello che
è
giusto sono attualmente due cose ben distinte.-
Lei si
strinse maggiormente a lui, stringendo tra i pugni il suo kimono e
scoppiando in un pianto anche peggiore.
-Non
sto rompendo il mio giuramento.-
La
bambina a quelle parole sgranò gli occhi e lo
fissò stupita. -Sul
serio?-
Lui
annuì. -Tornerò quando sarai più
grande. Imparerai a leggere e a
scrivere, imparerai a stare tra gli umani e quando il tempo
sarà
giusto, sceglierai cosa fare della tua vita.-
Lei
sorrise. -Potrò tornare a viaggiare con voi, Sesshomaru?-
Quella
è la mia unica speranza.
-Se lo
desidererai, si.-
Rin
sorrise e si asciugò le lacrime con la manica del kimono.
-Verrete a
trovarmi, qui al villaggio?-
Distese
le labbra, sereno. -Tutte le volte che potrò.-
La
bambina lasciò la presa sul suo kimono e lui si
rialzò, pronto ad
andarsene.
Le
diede le spalle a malincuore, ma non poteva avere ripensamenti.
Le
necessità di Rin verranno sempre prima delle mie.
Sapeva
che la vecchia sacerdotessa l'avrebbe accolta volentieri, aveva dato
il compito a Jaken di parlarci e lei si era assunta l'incarico senza
problemi, già colma di affetto per quel cucciolo.
-Signor
Sesshomaru?-
Voltò
appena il capo in direzione della bambina che ora sorrideva, anche se
addolorata.
-Potrò
seguirvi anche quando sarò vecchia?-
Si
lasciò andare ad un sorriso sincero, rivolto solo a lei.
-Se
sarà un tuo desiderio, potrai.-
La
osservò ridacchiare emozionata.
-Venite
a trovarmi presto, Signor Sesshomaru! Mi mancherete.-
Mi
mancherai anche tu.
Spiccò
il volo con il piccolo kappa attaccato alla mokomoko, sicuro che
quella temporanea separazione avrebbe dato frutti stupefacenti.
Aveva
un paio di avversari da sistemare e poi sarebbe tornato a corte,
pronto a prendere le redini di un regno che gli spettava ma che per
troppo tempo aveva lasciato nelle mani di sua madre.
Rin
sarebbe cresciuta, sarebbe maturata e avrebbe avuto la
libertà che
meritava per sviluppare lo spirito.
Sarebbe
diventata stupenda.
Non
sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro, ma di una cosa eravamo
entrambi indissolubilmente certi: ci saremo rivisti.
E
quel pensiero ci bastò.
-Rin-
Eccomi
di nuovo, sono tornata!
Come
state?
Questo
capitolo è stato una faticaccia mostruosa ma ne sono molto
soddisfatta.
Pronti
a vedere cosa riserverà il futuro ai nostri amati?
Volevo
spendere qualche istante a ringraziare tutti quelli che dedicano il
loro tempo a leggere questa storia, recensirla e metterla tra le
seguite/preferite.
Le
vostre parole e la vostra presenza significano così tanto
per me,
sul serio.
Vi
adoro!
Alla
prossima!
_Lady
Cassiopeia_
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