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Capitolo 12 - Sangue e
polvere
Le voci corrono; la gente mormora.
Il popolo ha già deciso la loro sorte (morte) i dignitari
rimasti la sussurrano a fior di labbra, vigliacchi (morte.)
La casata Wesker
cadrà, dice qualcuno.
La casata Wesker
è la dimora dei demoni, mormora qualcun altro.
Lei aspetta un serpente
a due teste, suggerisce una delle serve, arricciando il
nasino delicato.
Stuart ascolta tutte le loro voci, i loro sospetti.
Scivola tra le mura di palazzo come un'ombra, un profilo pallido,
innocuo.
Invisibile.
Alexandra Wesker scriverà nel sangue i loro nomi.
Un mese e cinque giorni; da tanto la guerra con Simmons stava andando
avanti.
La prima battaglia aveva visto la completa sconfitta della cavalleria
della Valentine e dei guerrieri della Hunnigan, un massacro dal quale
Jill aveva fatto ritorno senza un occhio e con un braccio maciullato.
Siede vicino ad Ada, la fasciatura ben stretta al fianco e un cipiglio
crudele sul bel viso pallido.
Non mi
ritirerò, sire, era stato tutto quello che
aveva detto, ed era stata di parola. Ma l'esercito di Simmons era
grande, forse troppo.
Vantava più di ottomila uomini, molti mercenari comprati con
i soldi di Marius Gionne - morto di crepacuore, secondo le Ombre della
Wong.
Ada picchietta le dita sul tavolo, solleva a malapena lo sguardo quando
il re entra nella tenda - l'elmo sotto il braccio, una striscia di
sangue sul viso.
"Quanti?" chiede, e Chris si stropiccia le palpebre, appoggiando i
gomiti sulle ginocchia.
"Cinquecento, almeno. La strategia e la posizione di vantaggio sul
crinale ci permettono di limitare i danni, ma non stiamo facendo
progressi."
Il re annuisce bruscamente, rigido.
Ada studia la sua figura, le spalle contratte, il mantello sporco di
fango e terra.
"Non riusciamo ad avvicinarci a sufficienza; le macchine da guerra di
Lansdale ci colpiscono ancora prima che riusciamo ad arrivare alle loro
trincee."
Piega le labbra in una linea sottile e pallida, il re, cerca Ada - i
suoi occhi.
Leon deglutisce, le sfiora la coscia - qualche cicatrice in
più e un dito in meno alla mano sinistra.
"Stanotte." replica Ada, chiedendosi se questo sia il prezzo della
libertà "Le mie Ombre agiranno stanotte."
Wesker si volta, alza la mano nella sua direzione - la congeda.
"Vorrei parlare un momento da solo con Chris. E Claire."
Claire alza un sopracciglio, fissa Chris - il re.
Ada si alza, stanca:
vuole solo lavarsi via il sudore e la polvere di una giornata che
sembra non finire mai.
Leon la segue, dietro Jill e Alexia - un profilo che Wesker sorveglia
fino a quando non si dissolve nel silenzio della sera.
"Chi?" chiede solo Chris, ed è invecchiato il viso del suo
capitano - meno disteso, solcato da nuove rughe.
"Gli Ashford."
Gli occhi di Claire si spostano sull'ingresso della tenda, tornano poi
dal re.
"Quando?"
"Non lo so."
"Io cosa c'entro?" interviene Claire, tossendo.
"I tuoi arcieri. Alexia non vanta più di trecento uomini,
tutti arcieri. Mi serve che quando
avverrà voi siate pronti a schiacciarli. A
distruggerli senza esitazione."
"Non ci sta chiedendo altro da settimane, sire." intercala
Chris, caustico.
"È la guerra, Chris."
Redfield batte le mani sul tavolo, si avvicina.
"Simmons ci ha in pugno se non avanziamo."
Il re lo fissa, impassibile.
"Se ne sta occupando Ada."
"Come?" lo apostrofa Claire, massaggiandosi la nuca.
Il re alza il mento nella sua direzione, abbozza un sorriso.
"Le sue Ombre. Si infiltreranno nella rocca di Sergei."
Chris assottiglia gli occhi, lo
studia; Claire è più veloce e comprende.
"Domani non ci sarà più alcun muro dentro al
quale nascondere le armi belliche, giusto?"
Il re non replica, non si muove - una statua rossa di sangue e
stanchezza.
Claire ne sostiene lo sguardo fino alla fine.
"Torneremo mai a casa, Ada?"
Ada sospira; si rilassa nella vasca della tenda militare, unico lusso
che si era potuta concedere.
"Non lo so."
Leon si siede al suo fianco, disegna piccoli cerchi nell'acqua tiepida.
"Funzionerà?"
"Birkin non sbaglia mai."
Le sfiora i capelli, la curva tesa del collo.
"Dicono che abbia un'arma segreta."
Ada s'inarca all'indietro, distende le vertebre rigide della schiena.
"Qualcosa che può cambiare le sorti della battaglia."
"E ne sei convinto anche tu?"
Leon storna lo sguardo, lo posa sul fuoco che illumina l'interno della
tenda.
"Credo che se qualcuno abbia un'arma
davvero in grado di ribaltare l'esito di una battaglia del
genere, ma abbia scelto di non usarla - ancora - allora
significa che è qualcosa che ci distruggerà
tutti."
Ada chiude gli occhi e tace.
"Quando possiamo farlo, sorella?"
Alexia controlla il bilanciamento delle sue frecce, ne liscia
l'impennaggio.
"Presto."
"Quando?"
"Non essere impaziente, Alfred." lo riprende, esaminando la corda
dell'arco.
"È un mese che siamo bloccati qui con lui: quando?" ripete, e
sembra - è
- un bambino petulante.
Alexia sospira, l'armatura bianca leggermente sporca sugli schinieri,
lungo i cosciali.
"Quando lo Scorpione invaderà la valle; allora, e solo
allora, il re potrà cadere."
Alfred imbroncia le labbra, si sistema lo spallaccio dell'armatura intonsa.
Alexia si chiede se per Alfred questo non sia solo tutto un gioco.
È diventata più sfacciata, Claire.
Non teme più i suoi sguardi, o le lunghe pause di silenzio
con le quali cercava di allontanarla.
Si era abituata ai suoi toni duri e che esigevano - un
uomo che non conosceva il compromesso.
Apre i lembi della tenda, lo trova
piegato in avanti mentre cerca di cucirsi da solo una
ferita alla spalla.
"Redfield." l'apostrofa, e continua nel suo lavoro.
"È passato un mese."
Il re prosegue, accostando i bordi del taglio e infilandovi l'ago.
"Un mese, sire."
Altro silenzio.
"Sua sorella."
Annoda, stacca con i denti l'estremità del filo - getta poi
gli avanzi nel fuoco.
"I Corvi di Ada possono inviare un messaggio a corte, se volete."
Il re le dà le spalle, un profilo d'oro e bronzo.
"Ormai sarà già..."
"No." la interrompe, fissandola da sopra la spalla offesa, ancora
macchiata di sangue e sporcizia.
"No. Niente
deve arrivare a corte."
Claire apre la bocca, la richiude - si umetta le labbra.
"Un mese è tanto, sire."
"E i traditori sono ovunque, Claire."
Scoppietta il legno nella quiete della tenda del re, nell'aria un vago
sentore di sudore e cuoio.
"Ne sarà dispiaciuta."
Libera una risata asciutta, il re, crudele.
"Ne sarà
devastata." replica, e ruota leggermente le spalle, i
muscoli che si tendono sotto la pelle - si contraggono come
tanti serpenti.
"E per lei va bene così, sire?"
Wesker si volta a malapena, le offre occhi che sembrano grondare
sangue, iridi catturate dai riflessi delle fiamme, rosse.
"Nulla in questa vita è mai stato abbastanza per
me, Claire. Nulla."
Claire storna lo sguardo e si congeda con l'ennesimo segreto nel cuore.
Alex inspira, espira; al suo fianco John le massaggia leggermente la
schiena, conta quante contrazioni si susseguono in un minuto.
"Mia signora." si palesa Stuart, e Alex gli rivolge uno sguardo
affranto - spaventato.
"Quali notizie mi porti da palazzo?"
"Non buone, mia signora: il trono è sempre più
vacillante sotto di lei."
"Lo immaginavo."
Alex digrigna i denti, si flette in avanti - trattiene un grido.
"Fa male." dice, e apre la bocca in un gemito strozzato.
"Lo so." replica John "Ma è normale."
"Normale un cazzo." ribatte Alex, e sbatte il pugno chiuso sul tavolo.
Stuart le porge un bicchiere d'acqua, Alex lo rifiuta con un gesto
secco della mano.
"La morte di Excella non è ancora stata scoperta; credono la
regina nella residenza privata della famiglia Wesker, protetta dalle
preoccupazioni della guerra e con ancora l'erede del re in grembo."
"Magnifico." sibila, e si piega ancora più verso il basso.
"Su di lei, invece, si dicono altre cose."
"Posso immaginarle."
Stuart intreccia un braccio al suo quando la vede quasi crollare sulle
ginocchia, fa un cenno a John.
"Dicono che non ha diritto di decidere al posto della regina."
"Uhm." e chiude gli occhi, Alex, sconquassata da una fitta a basso
ventre che sembra
aprirla.
"Che non ha il potere di emanare editti reali, nemmeno con la firma
della regina."
John si china su di lei, controlla - annuisce.
"Ci siamo quasi." e Alex spalanca gli occhi, ansima.
"Che nel suo ventre vi è una bestia a due teste con una coda
da serpente; il simbolo della sua condotta immorale."
John indica ad Alex il letto, la invita a sdraiarsi.
"Farà male." le dice "Ma il bambino è in
posizione dritta, per cui non dovrebbero esserci problemi."
Alex stringe le labbra in una linea pallida, si passa il dorso della
mano sulla fronte.
Stuart l'affianca, cerca John - qualcosa da fare.
"Passami gli asciugamani quando te lo chiedo. E l'acqua: assicurati che
sia calda, ma non bollente."
Qualcosa tira
- e strappa, dilania, squarcia.
"È il momento di spingere, mia signora."
Alex affonda nei cuscini, si porta il pugno chiuso alla bocca e morde -
sangue lungo le dita, tra le nocche.
"Coraggio." la incita John "Vedo la testa."
Ed è sola, Alex.
È sola, e il pensiero la colpisce con una forza stordente,
un grumo al centro del petto che s'irradia fino al cuore - lo stritola.
"Spinga." le ripete John, e Alex esegue perché è
il suo corpo a parlare - a dirglielo - e urla tra le
lenzuola madide di sudore e sangue, grida per tutto quello che le
è stato strappato,
divorato.
Crack.
Fa male.
Le sembra che qualcosa si aggrappi dall'interno e chieda di uscire - prema, distrugga.
È umida tra le cosce, sangue e altro - arcua la
schiena all'indietro, pianta i talloni nel materasso, sfilaccia parte
della coperta sotto le unghie e...
È come svuotarsi.
"È fuori, mia signora." sente dire a John, e per un attimo
non vede più nulla - nugoli di lucciole davanti agli occhi,
nella mente.
"È una bambina." prosegue Stuart
"Ed è sana." aggiunge John, tagliando il cordone ombelicale
e ripulendole il viso con un panno umido.
Ed è allora che
Alex lo sente.
Un'altra voce. Un'altra
storia.
Un pianto.
Un unico, affamato,
pianto.
Stuart le porge un fagotto bianco e rosso - Alex vi posa sopra lo
sguardo e...
Nero.
Il Lupo orbo cade di notte, quando le stelle bruciano fredde e
indifferenti.
Si sgretolano le sue alte mura, crollano.
Tenta di reagire il Lupo, ma le Ombre sono più veloci -
attacchi rapidi, stilettate avvelenate, feroci.
Esplode tutto ciò che ha sempre custodito, il suo retaggio e
la sua eredità.
Non è nulla
un lupo senza un branco, gli aveva detto una volta il
Falco, solo un cane
randagio che mangia gli avanzi altrui.
Muore, il Lupo orbo.
Muore, e vede un Falco posarsi su quella che è stata la sua
casa.
Cosa ti avevo detto,
mormora, e si liscia qualche piuma arruffata Un lupo solitario è
solo la brutta imitazione di un predatore, Sergei.
Il Corvo banchetterà con la sua putrida carcassa.
Simmons viene svegliato da una boato che scuote la terra, il cielo.
"Il Muro." esala Carla, ed è rosso l'orizzonte - una distesa
di fiamme che consumano, divorano.
"Le Ombre." prosegue, e avvolta solo dalla pallida veste da notte
sembra quasi un fantasma.
"Hanno fatto esplodere il Muro, e con lui le macchine belliche di
Lansdale."
Simmons non riesce a distogliere gli occhi dalla torre di Sergei, ormai
nulla più che un cumulo di pietre e macerie.
"Un attacco suicida."
Dal crinale della collina il simbolo del Serpente sembra ridere di lui
e della sua patetica
follia.
Qualcosa la cerca; preme
contro il suo fianco, ed è morbido. Caldo.
Alex socchiude le palpebre, scorge Stuart addormentato sulla poltrona
vicina, le spalle di John mentre attizza il fuoco.
Si umetta le labbra, fa per chiamare uno dei due quando...
"Guh."
Lei.
Ed è ridicolmente
piccola.
La guarda con occhi enormi e artici - Albert - e le
sorride.
Ha mani soffici, dita minuscole.
Le tiene strette al petto e respira piano nell'incavo del suo braccio.
"Guh." ripete, imbronciando la bocca.
Alex si scopre vuota di parole.
"Sergei è caduto, sire." gli dice Ada, e lo affianca.
"Bene."
Si schiude l'alba davanti ai loro sguardi, diventa una corona di sangue
che illumina i loro profili.
"Molte Ombre sono svanite."
"Lo so."
"Un prezzo alto, sire."
"Quello necessario, Ada."
Il Corvo si chiede fin dove la Serpe sia disposta a spingersi per
vincere.
Claire è già sveglia da ore quando Chris esce
dalla loro tenda, porgendole una tazza di vino caldo.
"A cosa pensi?" le chiede, sedendosi sui talloni vicino a lei.
"A Raccoon. A come staranno procedendo le cose."
Chris annuisce, beve un sorso del suo idromele.
"La sorella del re avrà preso la reggenza - quello ha sempre
fatto, in fondo."
Claire ruota la tazza tra le mani, ne assorbe il tepore.
Si appoggia a lei, Chris, e sospira.
"Andrà tutto bene." la rassicura, stringendole una spalla
"Non preoccuparti."
Claire storna lo sguardo verso sud e si domanda che aspetto abbia
l'erede di un trono d'ossa e spine.
"Quando?" ripete Alfred, agitato.
"Oggi." risponde Alexia, allacciandosi gli schinieri.
Alfred estrae la mezza spada, lascia che la sorella la bagni nella
ricina - lucida sul
metallo, una bava trasparente e appiccicosa.
Alexia gli sorride, accarezzandolo in viso - lungo le spalle.
Alfred è un suo riflesso senza colore.
"Come vuole chiamarla, mia signora?"
Alex fissa la bambina con occhi attoniti, quasi non si capacitasse
d'averla fatta lei.
"Non lo so."
Stuart la culla lievemente, gliela porge.
Alex tende le mani, titubante -
incerta.
"Come avrebbe voluto chiamarla suo fratello?"
Alex alza un sopracciglio, osserva la bambina arrotolarsi contro il suo
petto e sospirare.
"Non... non ne abbiamo mai parlato."
"È unica nel suo genere. Preziosa."
Alex le tocca con la punta dell'indice una guancia, lo ritrae quando la
bambina sbadiglia e gira il volto dall'altra parte.
"Qualsiasi nome andrà bene, mia signora."
Alex la solleva - la inclina verso di sé.
La bambina apre gli occhi - da
lupo - un rado ciuffo di capelli biondi che le ombreggia
già la fronte.
"Eve." dice poi, e abbozza un sorriso "Il suo nome sarà Eve."
L'origine, la testa e la
coda del serpente; l'unica cosa che il destino non avrà il
coraggio di distruggere.
Senza il Muro a dividerli gli eserciti si scontrano come cani rabbiosi
- cozzano,
e si dilaniano a vicenda.
Denti snudati, pelle strappata.
Picche che squarciano,
lame che rompono.
La cavalleria dei Gionne è veloce, potente; quella di
Redfield un rullio instancabile e che non conosce alcuna resa.
Simmons rimane in disparte, segue il combattimento da lontano - osserva
il re fendere la fanteria a cavallo di un baio snello e ordinario -
Hela.
È un profilo nero e
rosso, il re, il serpente che minaccia, uccide, avvelena.
"Terranno fede alla loro promessa?" chiede Carla, ed è una
sagoma oscura al suo fianco, una crisalide nerissima e senza sfumature.
"Sì."
"Quando?"
"Oggi." le risponde, e le truppe di Birkin sfondano il fianco
sinistro, distruggendo
- davanti a loro un Falco che non teme più alcun male.
"Se il re muore..." mormora Carla, e aspetta.
Simmons tira il morso del proprio cavallo e offre le spalle a una
battaglia che è già stata scritta.
Crolla al suo fianco un soldato, cerca di trattenere gli intestini
all'interno dell'addome - nell'aria il lezzo soffocante del piscio e
della terra umida.
Wesker si sposta verso sinistra, scivola - ritrova subito l'equilibrio.
Oltre la celata l'orizzonte è un pugno di rosso e nero - sangue e merda.
Gronda lungo la sua lama, tra le nuove ferite che il suo corpo
dovrà sopportare.
L'esercito di Simmons è una marea di mostri e uomini -
mastini famelici e guerrieri incapaci di provare dolore.
Wesker para un colpo da tergo, si volta - squarcia il volto
del suo avversario, scoperchiandogli la calotta cranica.
Ansima, si preme la mano sul fianco - là, dove
le piastre dell'armatura sono saltate via, lasciando carne e muscoli.
Wesker stringe la presa sull'elsa della spada e si chiede se
conoscerà mai suo figlio.
È vicino, Alfred.
Gli mancano pochi passi - un
nulla che cambierà per sempre la storia.
Scivola tra i fanti di Simmons, un uomo invisibile - un ragazzino
innocuo agli occhi degli altri soldati.
Vestito in un'armatura da parata - sciocca
- Alfred estrae la mezza spada dal fodero - gioca alla guerra,
con la morte.
Il re è una massa di muscoli e rabbia davanti a lui - così
vicino che può quasi toccarlo...
Alfred scorge un vuoto tra le placche della corazza e affonda.
È un colpo solo - alle spalle.
Albert lo vede arrivare, ma è troppo tardi - troppo lento.
La spada di Alfred s'infila tra le placche dell'armatura - spacca, e dilania.
Wesker ne afferra l'estremità, strattona in avanti - il
giovane Ashford espone il fianco (disgraziato
incapace d'un soldatino fallito) e muore, acciaio tra le
costole, nel cuore.
Cade, Alfred, e Wesker si volta - grida nel mezzo della cacofonia della
armi, sovrastandola.
"Gli Ashford!" tuona, e lo sente.
Veleno.
"Gli Ashford hanno tradito."
Chris incrocia il suo sguardo - quello di Claire; annuisce.
Nelle vene, sotto la
pelle: brucia, e
morde.
La cavalleria dei Redfield compie un movimento circolare, ruota su
stessa e attacca -
una tattica di cui avevano già discusso nel caso si fosse
presentata una situazione come quella.
Gli arcieri di Alexia vengono colti di sorpresa da quelli di Claire - rotolano al suolo
come tanti soldatini di latta.
Alexia storna lo sguardo, urla
quando vede il corpo del gemello riverso nella polvere.
Wesker la fissa, allarga le gambe - ruggisce il suo
nome, lo insulta.
Corrode, e divora
tessuti, organi.
Avanza, Alexia, un cavallo candido e il simbolo della libellula che brilla - un
riverbero accecante.
Albert abbassa leggermente la spada, si prepara a colpire i garretti
del cavallo - sbatte le palpebre, confuso.
Il veleno un filo acido
lungo la gola, nel naso.
Alexia si avvicina -
troppo.
Albert tossisce
- sangue lungo il mento, tra i denti serrati.
Barcolla, cerca di mantenere la posizione - trema.
Si erode dall'interno,
contraendosi in uno spasmo che lo paralizza.
Alexia spalanca gli occhi, immobile.
Fiorisce sulle sue labbra una macchia rossa e bianca - apre la bocca, vomita un fiotto di
sangue e saliva.
Albert ciondola in avanti, viene afferrato per la schiena da qualcuno.
Birkin.
Solleva lo sguardo, vede William - la sua spada macchiata di rosso e
nero.
Alexia.
"Albert." lo chiama, e crolla sulle ginocchia - al suo fianco.
"Albert." ripete, e Alexia è lì, a
terra - tra gli zoccoli del suo stesso cavallo.
Lo guarda con occhi morti, il petto squarciato e un seno esposto da
sotto l'armatura spaccata.
"Albert." lo invoca William - lo
scrolla, ma è così
stanco e vuole solo chiudere gli occhi per un momento, uno solo, e...
Albert.
Sorride quando sente la sua voce.
"Lo uccideranno in combattimento; avvelenato."
La notizia che più temeva; che non aveva avuto il coraggio
di dirle prima,
mentre Eve stava nascendo.
Che non poteva dirle;
che mai avrebbe
voluto.
Alex stringe le dita sul bordo della culla, fissa sua loro figlia -
tutto ciò che resta.
"È stato tradito da uno dei suoi stessi soldati."
Ashford.
Eve ride - allunga le mani verso il suo volto.
"Simmons è già pronto a prendere il comando: a
mettere in discussione la vostra autorità."
Alex le sfiora la fronte con la punta dell'indice, ingoia un grumo di
lacrime e parole non dette.
"Alla sua morte l'esercito non saprà come comportarsi, non
avrà più una guida."
Chiude gli occhi, inspira con forza.
"Sarete condannata a morte per tradimento. Incesto. Omicidio.
Tradimento. Il vostro nome cancellato dalla storia. Prima torturata,
poi gettata nell'acqua bollente fino a quando la pelle non si
staccherà dalle ossa. E se sarete ancora viva, allora
procederanno a bruciarvi sul rogo. "
Eve emette un verso strano - buffo - e si porta alla bocca l'orlo della
sua manica.
"La bambina sarà uccisa. Per purificare. Per rigenerare. Per
espiare."
Alex si flette - crolla su stessa.
"Dovete scappare, mia signora."
Si morde le labbra, ne lascia stillare sangue e disperazione.
"Ho già preparato tutto: stanotte potrete partire. Nessuno
vi troverà, nemmeno io."
Eve aggrotta le sopracciglia (la mamma è triste) le tocca il
polso un paio di volte.
"No." e cade nel silenzio quella parola "No, Stuart."
Alex si volta - bellissima e pallida; al collo un serpente nero e
rosso.
"Tu partirai. Con Eve."
Stuart sgrana gli occhi, le regala un'espressione attonita - sorpresa.
"Ti nasconderai, e la crescerai come se fosse figlia tua."
"Ma, mia signora..."
"No." ribatte - ringhia "Questa decisione è irrevocabile."
Eve la trattiene per la seta del vestito, inconsapevole - innocente.
Alex indurisce lo sguardo, vibra di una rabbia pura e cieca - assoluta.
"E voi cosa farete, mia signora? Non posso lasciarvi qui a morire."
"Il regno può anche affondare nella sua stessa merda, per
quel che m'interessa!" e quasi grida, snuda i denti e tende i muscoli
delle spalle.
"Io vado a riprendermi mio fratello."
Occhi artici, capelli dorati sciolti sulle spalle, nell'incavo dei
seni: Alexandra Wesker si trasfigura in uno di quegli idoli antichi che
il popolo del Nord venerava con così tanta tenacia - Kelora
e la sua ieratica bellezza.
Si porta le dita al collo, strappa - a terra ciò che resta
di un simbolo, una casata.
"Preparami Zanor, delle provviste; parto questa notte."
Alex insegue la morte e il suo tragico filo.
Un luogo che non riconosce; un ricordo intrappolato tra le cicatrici
della sua mente.
Alex è giovane al suo fianco, libera.
"Ti hanno avvelenato." gli dice, e inclina il mento nella sua
direzione.
"Lo so."
"Morirai."
Albert si riflette nei suoi occhi, aggrotta le sopracciglia.
"Pensavi d'esserlo già?" gli chiede Alex, e sorride,
avvicinandosi.
"Sì."
"No, Albert." mormora, e gli sfiora il viso, la bocca "Non ancora."
Wesker intreccia le dita nei suoi capelli, ne studia il profilo
elegante, la curva socchiusa delle labbra.
"Ma lo sarai presto. E anche io."
"Non è questo che volevo."
Ride, Alex, ed è un suono leggero - che non sente da troppo
tempo.
"Lo so, Albert. Lo so."
Affonda, Wesker, e si chiede se è questo il sapore della
solitudine - dell'abbandono.
Alex sorride sulla sua bocca, respira - un corpo morbido, languido.
"Sto arrivando." gli dice, e lui scuote la testa - nega.
"No."
"Non puoi fermarmi, Albert."
"Non è questo quello che volevo."
"L'hai già detto, fratello."
Albert nasconde il viso nell'incavo del suo collo, ascolta la
pulsazione regolare di un cuore che ha (ri)conosciuto fin dal suo primo
battito.
"Ma è quello che voglio io."
Wesker chiude gli occhi e mormora il suo nome.
È piccola, Eve.
È un fagotto tiepido tra le sue braccia, innocente - che ha
potuto stringere al petto per una notte sola.
È fragile, esposta al vento che spira da nord - pelle
morbida di cui Alex si è impressa l'odore nella memoria.
Indossa già i paramenti da guerra, i capelli raccolti in un
nodo strettissimo e severo.
"È tua." gli dice, e la consegna a Stuart "Portala dove non
potranno trovarla, lontano."
"E se riusciste a tornare, mia signora? Se il re vincesse?"
Alex gli rivolge un sorriso triste, bellissimo: una piega morbida su
labbra pallide e piene.
"Vai a est, Stuart; nelle terre della Valentine, e di Redfield.
Là non vi faranno alcun male."
Stuart stringe le dita attorno alla pesante sacca che porta al collo,
china il capo.
"Partirò solo quando avrò avuto vostre notizie,
mia signora."
Alex annuisce, fissa Eve - i suoi occhi che la cercano, la implorano.
"Non ti convincerò del contrario, uhm?"
Stuart scuote la testa, risoluto.
"No."
Eve emette un verso debole, un pigolio che assomiglia all'inizio di un
pianto.
Tende le dita verso il suo braccio, scivola sulle pesanti placche
metalliche che le proteggono gli arti - non trova nessun appiglio.
Alex inclina il mento nella sua direzione, la osserva dimenarsi tra le
braccia di Stuart - lacrime silenziose per una bambina già
orfana.
"Aspetta." chiede - grida - e accorcia la distanza che li separa.
"Quando sarà grande..." deglutisce, Alex: ingoia un grumo di
rimpianti e dolore.
"Quando sarà grande, daglielo." e gli porge l'anello che
Albert le aveva regalato il giorno delle nozze "Dille di chi era: cosa
rappresentava."
Che il serpente cambia pelle, ma non muore mai.
Stuart fissa la banda in oro e rubini che Alex lascia cadere tra le
coperte di Eve, annuisce - incrollabile.
Riposa il serpente sul ventre di Eve, le fauci spalancate, gli occhi
che grondano sangue e veleno.
Alex si sfrega l'anulare sinistro, improvvisamente nudo.
"Lo farò, mia signora."
Eve apre la bocca, borbotta qualcosa - la chiama.
"Lo so." replica Alex, accarezzandole un'ultima volta la guancia "Lo
so, Eve."
Stuart la culla leggermente, cerca di tranquillizzarla - osserva Alex
montare Zanor e ruotarlo verso le porte della città.
"Non fidarti di nessuno, Stuart. Proteggila."
"Morirei per lei, mia signora."
Alex piega le labbra in una smorfia asimmetrica, disperata.
"Lo so, Stuart." e tira il morso di Zanor, lo prepara al galoppo "Lo
so."
Eve comincia a piangere, Alex china il capo - sprona Zanor in avanti e
si lascia alle spalle tutto.
Stuart ascolta il pianto di Eve e si chiede se questo sia il rumore che
fa un cuore quando si spezza.
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